GAZA, LUGLIO 2014: UMANITA’ DOVE SEI? – PARTE PRIMA

Se le “democrazie” di tutto il mondo – compreso lo stato italiano – forniscono a Israele armi di distruzione di massa; se i media mainstream gridano allo scandalo di centinaia di razzi lanciati – che per fortuna non hanno fatto vittime ( e spero non ne faranno) – e chiamano terroristi i palestinesi, di cui la maggior parte donne e bambini, ammazzati come mosche; se i coloni israeliani si godono lo spettacolo dei bombardamenti seduti come a un cinema all’aperto e applaudendo a ogni esplosione; se Israele continua a fare vittime innocenti, dov’è l’umanità? Negli oltre cento martiri palestinesi di questi giorni.

D. Q.

 

Qui la foto che ritrae i coloni di Sderot mentre vanno al “cinema”:

“[…] gli abitanti di Sderot, nel sud di Israele, ieri notte hanno portato le loro sedie in cima alla collina che sovrasta la Striscia di Gaza per godersi lo spettacolo “cinematografico” dei bombardamenti: secondo il giornalista Allan Sorensen, che ha postato la foto su Twitter, gli spettatori applaudivano a al suono di ogni esplosione.”

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Fonte: Nena News

 

Qui un articolo de il manifesto sulle armi fornite a Israele:

Ecco il contributo dell’Italia ai raid dell’aviazione di Tel Aviv

— Manlio Dinucci,

Armi. La cooperazione sancita da una legge del 2005. Coinvolte le forze armate all’interno di un vincolo di segretezza

I cac­cia­bom­bar­dieri che mar­tel­lano Gaza sono F-16 e F-15 for­niti dagli Usa a Israele (oltre 300, più altri aerei ed eli­cot­teri da guerra), insieme a migliaia di mis­sili e bombe a guida satel­li­tare e laser.

Come docu­menta il Ser­vi­zio di ricerca del Con­gresso Usa (11 aprile 2014), Washing­ton si è impe­gnato a for­nire a Israele, nel 2009–2018, un aiuto mili­tare di 30 miliardi di dol­lari, cui l’amministrazione Obama ha aggiunto nel 2014 oltre mezzo miliardo per lo svi­luppo di sistemi anti-razzi e anti-missili. Israele dispone a Washing­ton di una sorta di cassa con­ti­nua per l’acquisto di armi sta­tu­ni­tensi, tra cui sono pre­vi­sti 19 F-35 del costo di 2,7 miliardi. Può inol­tre usare, in caso di neces­sità, le potenti armi stoc­cate nel «Depo­sito Usa di emer­genza in Israele». Al con­fronto, l’armamento pale­sti­nese equi­vale a quello di chi, inqua­drato da un tira­tore scelto nel mirino tele­sco­pico di un fucile di pre­ci­sione, cerca di difen­dersi lan­cian­do­gli il razzo di un fuoco artificiale.

Un con­si­stente aiuto mili­tare a Israele viene anche dalle mag­giori potenze euro­pee. La Ger­ma­nia gli ha for­nito 5 sot­to­ma­rini Dol­phin (di cui due rega­lati) e tra poco ne con­se­gnerà un sesto. I sot­to­ma­rini sono stati modi­fi­cati per lan­ciare mis­sili da cro­ciera nucleari a lungo rag­gio, i Popeye Turbo deri­vati da quelli Usa, che pos­sono col­pire un obiet­tivo a 1500 km. L’Italia sta for­nendo a Israele i primi dei 30 veli­voli M-346 da adde­stra­mento avan­zato, costruiti da Ale­nia Aer­mac­chi (Fin­mec­ca­nica), che pos­sono essere usati anche come cac­cia per l’attacco al suolo in ope­ra­zioni bel­li­che reali.

La for­ni­tura dei cac­cia M-346 costi­tui­sce solo una pic­cola parte della coo­pe­ra­zione mili­tare italo-israeliana, isti­tu­zio­na­liz­zata dalla Legge n. 94 del 17 mag­gio 2005. Essa coin­volge le forze armate e l’industria mili­tare del nostro paese in atti­vità di cui nes­suno (nep­pure in par­la­mento) viene messo a cono­scenza. La legge sta­bi­li­sce infatti che tali atti­vità sono «sog­gette all’accordo sulla sicu­rezza» e quindi segrete. Poi­ché Israele pos­siede armi nucleari, alte tec­no­lo­gie ita­liane pos­sono essere segre­ta­mente uti­liz­zate per poten­ziare le capa­cità di attacco dei vet­tori nucleari israe­liani. Pos­sono essere anche usate per ren­dere ancora più letali le armi «con­ven­zio­nali» usate dalla forze armate israe­liane con­tro i palestinesi.

La coo­pe­ra­zione mili­tare italo-israeliana si è inten­si­fi­cata quando il 2 dicem­bre 2008, tre set­ti­mane prima dell’operazione israe­liana «Piombo fuso» a Gaza, la Nato ha rati­fi­cato il «Pro­gramma di coo­pe­ra­zione indi­vi­duale» con Israele. Esso com­prende: scam­bio di infor­ma­zioni tra i ser­vizi di intel­li­gence, con­nes­sione di Israele al sistema elet­tro­nico Nato, coo­pe­ra­zione nel set­tore degli arma­menti, aumento delle eser­ci­ta­zioni mili­tari con­giunte.
In tale qua­dro rien­tra la «Blue Flag», la più grande eser­ci­ta­zione di guerra aerea mai svol­tasi in Israele, cui hanno par­te­ci­pato nel novem­bre 2013 Stati uniti, Ita­lia e Gre­cia. La «Blue Flag» è ser­vita a inte­grare nella Nato le forze aeree israe­liane, che ave­vano prima effet­tuato eser­ci­ta­zioni con­giunte solo con sin­goli paesi dell’Alleanza, come quelle a Deci­mo­mannu con l’aeronautica ita­liana. Le forze aeree israe­liane, sot­to­li­nea il gene­rale Ami­kam Nor­kin, stanno spe­ri­men­tando nuove pro­ce­dure per poten­ziare la pro­pria capa­cità, «accre­scendo di dieci volte il numero di obiet­tivi che ven­gono indi­vi­duati e distrutti». Ciò che sta facendo in que­sto momento a Gaza, gra­zie anche al con­tri­buto italiano.

Fonte:

http://ilmanifesto.info/ecco-il-contributo-dellitalia-ai-raid-dellaviazione-di-tel-aviv/

 

Qui gli ultimi aggiornamenti da Nena News:

11 lug 2014
by Redazione

Israele intima a 100mila gazawi residenti a Beit Lahiya e Beit Hanoun di lasciare le proprie case. Abbas fa lo stesso appello: “Negoziati falliti”. Obama si offre come mediatore

 

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Giorno 3 – giovedì 1o luglio

Giorno 2 – mercoledì 9 luglio

Giorno 1 – martedì 8 luglio

 

dalla redazione

AGGIORNAMENTO ore 18 – ONU: “L’ATTACCO ISRAELIANO POTREBBE VIOLARE IL DIRITTO INTERNAZIONALE”

Secondo l’ufficio per i diritti umani delle Nazioni Unite, l’operazione israeliana in corso contro Gaza solleva dubbi sul rispetto del diritto internazionale, il diritto internazionale umanitario e quello di guerra. La portavoce, Ravina Shamdasani, ha detto che l’ufficio ha ricevuto rapporti su “numerose vittime civili, compresi bambini, dovuti al bombardamento di case. Tali rapporti sollevano dubbi sul rispetto da parte israeliana del diritto internazionale”. La Shamdasani ha aggiunto che gli attacchi alle case sono una violazione del diritto di guerra a meno che non siano usate per fini militari, ma che “in caso di dubbio, se l’edificio è normalmente utilizzato per fini civili, come abitazione, non può essere considerato un target legittimo”.

 

AGGIORNAMENTO ore 17.30 – COLPITA LA MOSCHEA DI ZEITOUN

La moschea del quartiere di Zeitoun è stata colpita dall’aviazione israeliana dopo la preghiera del venerdì. Almeno sette i feriti.

 

AGGIORNAMENTO ore 15.15 – HAMAS MINACCIA: “COLPIREMO L’AEROPORTO DI TEL AVIV”

Le Brigate Al Qassam, braccio armato di Hamas, hanno emesso un comunicato diretto alle compagnie aeree internazionali, nel quale avvertono dell’intenzione di colpire con i missili l’aeroporto Ben Gurion di Tel Aviv, perché sede della base aerea militare n. 27.  ”Decliniamo ogni responsabilità legale e etica per danni ai vostri passeggeri o ai vostri aerei da e per il suddetto aeroporto”, si legge nel comunicato. Secondo l’Autorità israeliana per gli aeroporti, le attività dello scalo sono state sospese per 10 minuti dopo l’allarme lanciato da una sirena di emergenza, ma tutti i voli programmati sono partiti e arrivati senza problemi.

AGGIORNAMENTO ORE 14.10: LE REAZIONI INTERNAZIONALI

OIC: L’organizzazione per la Cooperazione islamica ha condannato i continui raid israeliani su Gaza e ha esortato il  Consiglio di Sicurezza dell’Onu a impegnarsi per il cessate-il-fuoco.

TURCHIA: Il primo ministro turco Recep Tayyip Erdogan avverte Tel Aviv: “Fermate l’oppressione, altrimenti la distensione dei rapporti tra Turchia e Israele non sarà possibile”.

Le relazioni tra i due Paesi erano precipitate ai minimi storici nel 2010, in seguito al blitz delle forze speciali israeliane sula Mavi Marmara, una delle navi della Freedom Flotilla che tentava in maniera pacifica di rompere il blocco su Gaza. Nell’assalto, avvenuto in acque internazionali, erano stati uccisi nove attivisti turchi. L’azione aveva provocato l’espulsione l’ambasciatore israeliano, la richiesta di scuse formali, di un risarcimento per le vittime e della fine dell’embargo sulla Striscia.

Lo crisi diplomatica tra i due Paesi, trasformatasi in uno stallo delle relazioni, è durata oltre un anno e la svolta, che dovrebbe portare a una normalizzazione, è arrivata con l’intervento del presidente Usa, Barack Obama.

Ieri Erdogan, candidato per le presidenziali di agosto, ha detto che sebbene le prime due condizioni – scuse e risarcimento – siano state soddisfatte, l’operazione militare contro Gaza mostra che Israele non ha intenzione di soddisfare la terza condizione posta da Ankara, cioè la fine dell’embargo. Condizione che comunque Tel Aviv non sembrava affatto intenzionata a soddisfare.  Nena News

 

AGGIORNAMENTO ORE 13.15: L’Egitto ha chiuso il valico di Rafah dopo appena un giorno di apertura durante il quale sono riuscite a passare soltanto 11 persone. Nei raid israeliani sono stati feriti 600 palestinesi e il Cairo aveva aperto il valico ieri per consentire ai feriti gravi di curarsi in Egitto.

 

AGGIORNAMENTO ORE 13.00: LE REAZIONI INTERNAZIONALI

EGITTO: Oggi il Cairo ha stigmatizzato l’attacco israeliano a Gaza, parlando di “oppressive politiche di punizione collettiva” con un impiego “eccessivo e non necessario della forza militare” che sta provocando la “morte di innocenti”.

Una critica che arriva dopo il rifiuto egiziano di mediare una cessate-il-fuoco tra Tel Aviv e Hamas, che aveva fatto sperare in una fine delle violenze. L’intervento egiziano era stato richiesto da Abbas che ieri ha dovuto arrendersi di fronte al diniego del Cairo.

Il ministero egiziano degli Esteri ha rivolto un appello alla cosiddetta comunità internazionale per il raggiungimento di quella tregua che però il Cairo non ha voluto mediare, come accaduto nel 2012 per la precedente campagna militare contro Gaza denominata ‘Pilastri di difesa’.

Da allora la situazione in Egitto è molto cambiata. Il golpe del 3 luglio dell’anno scorso ha portato al potere il generale Abdel Fattah al-Sisi, nemicoga giurato dei Fratelli Musulmani legati ad Hamas. Soltanto ieri l’Egitto ha aperto il valico di Rafah, l’unica via di fuga oltre a Erez controllato dagli israeliani, per consentire il passaggio dei feriti più gravi. Nena News

 

AGGIORNAMENTO ORE 12.00: Sono 11 le vittime della quarta notte consecutiva di raid israeliani sulla Striscia di Gaza, tra cui cinque membri della famiglia Ghannam la cui casa, a Rafah, è stata rasa al suolo. L’offensiva denominata ‘Barriera Protettiva’ sinora ha fatto cento morti tra i palestinesi intrappolati in questo piccolo lembo di terra e circa la metà sono donne e bambini. È la più grande operazione militare israeliana contro Hamas a Gaza dal 2012: sono stati colpiti 1.090 obiettivi, mentre i razzi lanciati dalla Striscia sarebbero 407 e altri 118 sono stati intercettati dal sistema di difesa israeliano Iron Dome, secondo quanto riferito dalle Forze armate israeliane.

Nonostante le dichiarazioni di Tel Aviv che parla di attacchi mirati, nel mirino dell’aviazione israeliana non ci sono soltanto basi di Hamas e della Jihad islamica, o gli edifici pubblici, ma le case di decine di famiglie di gazawi. Oltre 300 abitazioni private sono state distrutte o danneggiate e circa duemila persone sono rimaste senza casa.

Durante la notte la marina israeliana ha puntato i suoi cannoni sul porto di Gaza City, colpendo anche l’Arca di Gaza, l’imbarcazione già bruciata lo scorso aprile che avrebbero dovuto compiere un viaggio simbolico nel Mediterraneo per rompere l’embargo israeliano.

 

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L’allerta è alta per il timore di un’offensiva di terra. Israele ha schierato i suoi carri armati al confine, ha richiamato almeno 40.000 riservisti  e ieri ha bombardato il versante palestinese del valico di Erez. Sami Abu Zuhri, portavoce di Hamas, ha accusato di codardia gli israeliani, dicendo che un’offensiva di terra sarebbe un errore. In una dichiarazione separata, il braccio armato del movimento islamico che governa Gaza dal 2007, le Brigate al-Qassam, ha di fatto minacciato di rapire soldati israeliani: “Un’offensiva via terra sarebbe un’opportunità per i prigionieri palestinesi”.

TERRITORI OCCUPATI

C’è rabbia nei Territori Occupati per la sorte dei palestinesi di Gaza. Ieri sera Betlemme una marcia di solidarietà è finita in scontri con i soldati israeliani: almeno nove i feriti tra i palestinesi, tra cui un ragazzo colpito da un proiettile al piede. Intanto, nel secondo venerdì di Ramadan, le autorità israeliane hanno limitato l’accesso alla moschea di al-Aqsa. Nena News

 

AGGIORNAMENTO ORE 9.30: Un razzo sparato dalla Striscia di Gaza ha colpito una stazione di rifornimento nei pressi di Ashdod, stamattina, 28 chilometri dal nord di Gaza, provocando un’esplosione in cui sono rimaste ferite tre persone, di cui una in maniera grave, secondo quanto riferito da fonti israeliane.

Nella Striscia, invece, il bilancio delle vittime continua ad aumentare. Secondo il portavoce del Servizio di emergenza di Gaza, Ashraf al-Qudra, sono circa 95 i gazawi uccisi da quando è iniziata l’operazione ‘Barriera Protettiva’ quattro giorni fa.

AGGIORNAMENTO ORE 9.00: Due razzi sono stati lanciati dal Libano, dall’area di Hasbaya, alle 6.30 di stamattina e sono caduti nei pressi dell’insediamento di Kfar Yuval, senza provocare danni, secondo quanto riferito dalle Forze armate israeliane che hanno risposto con l’artiglieria.

 

Gerusalemme, 11 luglio 2014, Nena News – L’offensiva via terra si avvicina. La tragedia che soffoca Gaza potrebbe intensificarsi ancora di più: con una serie di sms il governo di Tel Aviv ha intimato a 100mila gazawi residenti nel nord della Striscia, a Beit Lahiya, Beit Hanoun e Abasan al-Saghira, di lasciare le proprie case. Il presidente dell’ANP Abbas – dopo aver annunciato il fallimento di ogni tentativo di dialogo anche attraverso la mediazione parziale dell’Egitto – ha fatto appello alla popolazione perché se ne vada nel timore di una carneficina.

Israele ha richiamato 20.000 riservisti e stanotte è entrata in azione la marina israeliana che ha lanciato almeno due missili verso il porto di Gaza City. In fiamme anche Arca di Gaza della FreedomFlotilla.

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Novanta palestinesi sono morti nei raid. Ogni tentativo diplomatico è fallito. Ieri, durante una riunione di emergenza del Consiglio di Sicurezza dell’Onu, il Segretario Generale Ban Ki-moon ha lanciato un appello al cessate-il-fuoco, mentre il presidente Usa, Barack Obama ha parlato con il premier Netanyahu offrendosi come mediatore per un cessate-il-fuoco con Hamas. Negli ultimi giorni sono stati lanciati circa 550 razzi dalla Striscia di Gaza, mentre i raid israeliani sono stati oltre 800.

Fonte:

TURCHIA: IN MIGLIAIA SFIDANO I DIVIETI NEL GIORNO DELL’ANNIVERSARIO DI GEZI PARK

1 / 6 / 2014

 

Durissima la violenza di Erdogan contro i manifestanti nell’anniversario di Gezy Park.

La Piattaforma Taskim Solidarity  aveva invitato tutti in piazza alle 19 nella Piazza simbolo di Taksim e in molte altre città del Paese.

Erdogan aveva vietato ogni concentramento: “alle nostre forze di polizia sono state date istruzioni chiare. Faranno tutto ciò che è necessario” ed infatti per cercare di fermare i manifestanti sono stati schierati nella sola Istanbul più di 25mila agenti appoggiati da 50 blindati.

Ma nonostante questo imponente schieramento migliaia di persone sono scese in piazza a Istanbul, Ankara, Antalya, Adana e in altre città sono scese in piazza, sfidando lacrimogeni, idranti e cariche per affermare il diritto a manifestare e riportare nelle strade i temi delle lotte di quest’anno: la libertà, i diritti e la difesa dei beni comuni contro il saccheggio e la devastazione.

Presi di mira durante le violenze della polizia anche diversi giornalisti che documentavano quel che succedeva mentre in rete decine di foto e video attestavano le brutalità della polizia.

Lacimogeni anche verso le finestre dei palazzi da cui la gente solidarizzava con i manifestanti.

Gli scontri sono durati fino a tarda notte, gli avvocati turchi parlano di più di un centinaio di fermati a Istanbul.

 

CRONACA DA MILANO IN MOVIMENTO

Istanbul blindata ad un anno dalla rivolta (aggiornamenti)

Ad un anno dalla rivolta di Gezi Park e di Piazza Taksim Istanbul risulta completamente blindata.

In questo anno il governo Erdogan ha aumentato la morsa repressiva sul paese (come ben dimostrato dalla feroce repressione delle proteste dopo la strage nella miniera di Soma). La società turca sembra però in continuo movimento.

Questi gli aggiornamenti dalla città: divieto di riunirsi, nessuna manifestazione autorizzata, piazza blindata, i quartieri popolari e via di fuga occupati militarmente, poliziotti ad ogni angolo e ogni dove, vie laterali bloccate, elicotteri in aria, cielo grigio a rischio pioggia.

15,15 –  Istiklal Caddesi, la lunga via pedonale che dalla parte medievale della città porta a Piazza Taksim è completamente bloccata. Polizia in tutte le vie laterali.

16,23 – Mentre Erdogan, con i soliti toni arroganti ed autoritari minaccia la piazza pontificando che: “Non vi sarà consentito fare come l’anno scorso”. Si parla di un blitz ad un’agenzia di stampa (oltre al fermo e successivo rilascio di una troupe della CNN). Si parla di qualcosa come 25.000 agenti mobilitati.

16,45 – Arresti immotivati avvengono su Istiklal Caddesi. L’apparato poliziesco è schierato ovunque.

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16,53 – Giunge notizia di una prima carica su Istitklal in direzione Taksim, ma visto lo spiegamento di forze e la frammentarietà della situazione è difficile verificare.

17,01 – Su Istiklal diversi concentramenti spontanei. Tra i vari canti di lotta, come l’anno scorso, risuona “Bella Ciao”.

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18,15 – Utilizzo di gas sempre nella zona di Istiklal. Poliziotti in borghese eseguono fermi.

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18,51 – Incidenti in corso a Cihangir, una zona molto vicina a Piazza Taksim.

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 18,55 – La polizia carica i manifestanti in fondo a Istiklal spingendoli verso Galata Tower (https://vine.co/v/MpueLgHXWhh). Lo scopo principale sembra quello di impedire a qualsiasi costo ai manifestanti di raggiungere Taksim ed ai concentramenti di strutturarsi.

19,03 – Incidenti in corso anche ad Ankara con massiccio uso di idranti.

19,05 – Incidenti in corso anche nella città di Adana, nel Sud del paese. Ad Istanbul, plotoni di polizia vengono fermati dalla popolazione solidale.

19,57 – Barricate a Galata (Istanbul).

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20,03 – Manifestazioni anche a Denizli, Kadikoy, Antakya e molte altre città.

20,08 – Fermi violenti ad Istanbul.

20,15 – Su Istiklal i fermi sono assolutamente casuali.

20,23 – Continua l’uso massiccio di lacrimogeni per contrastare qualsiasi tipo di assembramento ad Istanbul: https://vine.co/v/Mpu30QqE5aj

1,49 – Incidenti in moltissime città turche. Ad Istanbul si parla di molti arresti con cifre che vanno da 70 a più di 100. Repressione molto dure con cariche indiscriminate verso qualsiasi tipo di assembramento. Il governo Erdogan non ha nulla da invidiare in termini repressivi con le giunte militari di 30 anni fa (sempre e comunque fedeli cani da guardia della NATO). Impressionanti l’assordante silenzio dell’Europa e degli Stati Uniti…

Tratto da:

 

 

Fonte:

http://www.globalproject.info/it/mondi/turchia-in-migliaia-sfidano-i-divieti-nel-giorno-dellanniversario-di-gezy-park/17282

 

 

 

 

ISTANBUL: DUE MORTI IN MENO DI 24 ORE. COME E PERCHE’?

Due morti in meno di 24 ore. Come e perché?

Dal blog di Murat Cinar:

 

Pubblicato su 23 Maggio 2014, 10:26am

 

Ieri, 22 Maggio 2014, nella località di Okmeydani nella città di Istanbul durante gli scontri avvenuti tra le persone che manifestavano e la polizia una persona è stata colpita alla sua testa con una munizione vera sparata da una pistola. La persona in questione era in piedi ad assistere un rito funebre che si svolgeva presso il luogo di culto per la fede alevita (Cemevi). La persona colpita, Ugur Kurt, ha perso la sua vita in serata.

In merito alla morte di Kurt hanno rilasciato dei comunicati stampa diverse associazioni alevite, tra cui c’era anche Ercan Gecmez, il presidente generale dell’Associazione Haci Bektas. Gecmez ha accusato il governo di portare avanti delle politiche dell’odio contro le persone di fede alevita.

In merito alla morte di Kurt oggi durante la riunione allargata del partito al governo AKP, ha parlato il Primo Ministro Recep Tayyip Erdogan. Tra le sue parole Erdogan ha difeso e legittimato la reazione della polizia durante quello che è accaduto ieri a Okmeydani.

Durante tutta la notte del 22 in Okmeydani ma anche in altri quartieri di Istanbul parecchie persone sono scese in piazza per protestare l’intervento della polizia. Durante le proteste le persone a manifestare si sono scontrate con la polizia. Anche in questi momenti una persona è rimasta colpita ed ha perso la sua vita stamattina, 23 Maggio 2014.

Fonte:

http://turchia.over-blog.com/2014/05/due-morti-in-meno-di-24-ore-come-e-perche.html

 

TURCHIA: PROTESTE IN DIVERSE CITTA’ CONTRO IL GOVERNO

Pubblicato su 15 Maggio 2014, 08:27am

Dopo l’esplosione avvenuta nella miniera di carbone in località Soma della città di Manisa il 13 Maggio 2014 i numeri hanno già superato i 200 e dentro risultano ad esserci più di 100 persone ancora.

Le reazioni, prima di tutto del Primo Ministro Recep Tayyip Erdogan e del resto del partito al governo AKP non hanno fatto altro che aumentare la rabbia delle persone. Erdogan durante la conferenza stampa ieri a proposito la domanda di un giornalista aveva detto che gli episodi come Soma sono nella natura di questo lavoro e sono cose che capitano come è capitato sempre nella storia mondiale.

Erdogan ieri, 14 Maggio, è stato protestato proprio a Soma da parte dei cittadini quando cercava di passeggiare in città e per motivi di sicurezza ad un certo punto ha dovuto rifugiare in un supermercato. Dopo questo episodio è partito un corteo spontaneo in città e le persone hanno invitato il governo a dimettersi gridando tra le vie di Soma. Presto le forze dell’ordine hanno caricato i manifestanti e la gendarmeria ha portato alcune persone in caserma. Nel mentre per quanto riporta fotograficamente il quotidiano nazionale SoL uno dei consulenti del Primo Ministro, Yusuf Yerkel mentre la gendarmeria cercava di portare via un manifestante per terra, l’ha preso a calci. Durante la “visita” di Erdogan alcuni cittadini ha preso a calci la sua auto e l’hanno circondato protestandolo. Dopo poche ore alcune persone hanno preso in assalto la sede del partito al governo, AKP, spaccando l’insegna luminosa ed i vetri dell’ufficio.

Sempre a Soma ieri era presente anche il Ministro dell’Energia Taner Yildiz, alcuni cittadini l’hanno protestato e Yildiz ha provato a parlare con uno di loro. Yildiz ha accusato questa persona di fare la politica in una giornata di dolore come ieri. Le persone intorno a Yildiz l’hanno invitato a dimettersi insieme ad altri ministri del governo. Yildiz non ha risposto a queste richieste ed ha dovuto abbandonare la zona.

Ieri in diverse città della Turchia le persone sono scese in piazza per protestare il governo ed il Primo Ministro Recep Tayyip Erdogan, dimostrando la loro solidarietà con i minatori ed i familiari di questi ultimi.

Ad Istanbul prima di tutto in zona Taksim poi a Kadikoy, Karakoy, Atsehir, Besiktas, Beylikduzu, Levent, Ikitelli, Maltepe, Sarigazi, Kartal, Sariyer, Tophane e Gazi sono state organizzate delle manifestazioni. Particolarmente a Taksim migliaia di persone hanno camminato lungo la via principale della zona Istiklal Caddesi, la polizia presto ha caricato le persone sparando dei lacrimogeni e l’acqua. Secondo l’Associazione dei Legali di Istanbul 18 persone sono state prese in detenzione provvisoria. La stessa reazione presto è stata data anche a Kadikoy. Sopratutto a Taksim gli scontri con la polizia sono andati avanti fino alle prime ore della notte. Sempre ieri davanti a diversi palazzi della giustizia alcuni avvocati hanno letto dei comunicati di stampa per protestare l’irresponsabilità delle autorità nella strage di Soma.

C’erano delle proteste anche ad Ankara. Già nelle prime ore del 13 Maggio gli universitari del Politecnico di ODTU erano scesi in piazza per protestare il governo ed avevano ricevuto la risposta della polizia. Tuttavia ieri in modo molto più massiccio le persone sono scese per le strade di Ankara per manifestare il loro dissenso. Anche in questa occasione fino alle prime ore della notte la polizia ha caricato le persone, le ha sparato dei lacrimogeni (anche dentro i locali commerciali) ed ha usato i mezzi idranti per respingerle con l’acqua.

Le manifestazioni di protesta sono state organizzate anche in altre città come Eskisehir, Denizli, Bolu, Bursa, Afyon, Canakkale, Samsun, Edirne, Antakya, Izmir, Izmit, Antalya, Artvin, Giresun, Antalya, Konya. In parecchie università gli studenti hanno messo in atto un collettivo boicottaggio accademico ed hanno letto dei comunicati di stampa nelle zone aperte delle facoltà. Come ad Istanbul ed Ankara anche in altre città la polizia durante, prima oppure dopo le proteste ha caricato le persone sparando dei lacrimogeni.

Ieri la parola comune in tutte le proteste ancora per un’altra volta era; “Governo dimissioni”.

 

Fonte:

http://turchia.over-blog.com/2014/05/proteste-in-diverse-citta-contro-il-governo.html

TURCHIA: DALLE ELEZIONI AL PRIMO MAGGIO – AUDIOREPORTAGE

 

 

 

Dalle voci di sindacati, esponenti di movimento e della società civile, un reportage che descrive il clima conseguente ai risultati di elezioni amministrative che non hanno visto intaccata la leadership del controverso primi Ministro Turco Recep Tayp Erdoğan; contemporaneamente guardando al 1 maggio, giorno in cui tutto il variegato fronte che si oppone al governo vorrà raggiungera Piazza Taksim nonostante i divieti.

Qui l’audio:

https://soundcloud.com/dinamopress/audioreportage-di-serena-tarabini-turchia-dalle-elezioni-al-primo-maggio

 

 

Fonte:

http://www.dinamopress.it/news/turchia-dalle-elezioni-al-primo-maggio-audioreportage

TURCHIA: ELEZIONI AMMINISTRATIVE,ERDOGAN VINCE ANCORA. ACCUSE DI BROGLI

Notizia scritta il 31/03/14 alle 12:29. Ultimo aggiornamento: 31/03/14 alle: 16:13

trchiaElezioni amministrative in Turchia.  Qui il voto ha assunto i tratti di un vero e proprio test di gradimento nei confronti del premier Erdogan, che alla fine ha vinto un po’ in tutto il paese aggiudicandosi anche le due principali città: Istanbul e Ankara. Mesi di scandali legati alla corruzione nel paese,  intercettazioni perlomeno imbarazzanti, la brutale repressione nei confronti dei movimenti antigovernativi di Gezi Park e da ultimo la chisura di twitter e youtube non hanno  influito sull’esito del voto.

L’Akp ottiene, a livello nazionale,  il 45,6% anche se registra un calo rispetto al 49,6% conquistato alle politiche del 2011. Il principale partito di opposizione, il Chp, si  ferma invece al 29%. I nazionalisti ottengono  il 15,3% dei voti e il partito curdo del Bdp si attesta quasi al 6%. Tra le grandi città Erdogan tiene il controllo  sia di Istanbul che della capitale, Ankara. Smirne invece, la terza città del paese,  tradizionalmente socialdemocratica,  è rimasta  nelle mani dell’opposizione, come la maggior parte della costa dell’Egeo fino ad Antalya e con la Turchia europea.

Il commento a questa tornata elettorale della giornalista Orsola Casagrande. [Download

L’analisi del giornalista turco che vive in Italia Murad Cynar. [Download

Ottimi risultati per il BDP,  il partito kurdo che ha imposto i suoi candidati sindaco nelle principali città kurde. Quale il clima e la situazione a Van? Lo abbiamo chiesto a Pino Giampietro della conf. Cobas in questi giorni in Turchia al seguito di una commissione di osservatori internazionali

Dopo la vittoria Erdogan fa la voce grossa.  Il premier ha minacciato: “chi ha tradito la nazione pagherà. C’e’ chi cercherà di scappare domani, ma pagheranno per quello che hanno fatto”.

Non mancano le accuse di brogli avanzate dall’opposizione che ha portato prove di un voto manipolato, segnalando diversi blackout alquanto sospetti in diverse zone del paese durante le operazioni di scrutinio.

La giornata alle urne è stata macchiata anche dal sangue con scontri tra sostenitori dei diversi candidati nelle province vicino al confine con la Siria: il bilancio è di otto morti e almeno venti feriti.

Fonte:

http://www.radiondadurto.org/2014/03/31/turchia-erdogan-vince-ancora/

TURCHIA: IL MOVIMENTO DI GEZI PARK TORNA IN PIAZZA

12 mar 2014

by Redazione di Nena News

Nuova ondata di proteste in tutto il Paese dopo la morte del giovanissimo Berkin Elvan, ucciso da un candelotto lacrimogeno. La polizia attacca le manifestazioni.

turky1

AGGIORNAMENTO ore 15.30 – SCONTRI IN TURCHIA DOPO LA MORTE DI BERKIN ELVAN

Decine di migliaia di manifestanti sono scesi in piazza oggi per commemorare la morte di Berkin Elvan. La polizia ha cercato di disperdere la folla a Ankara e Istanbul con gas lacrimogeni e cannoni d’acqua. “Gli assassini di Berkin sono i poliziotti dell’AKP (il partito di Erdogan, ndr)”, hanno gridato i manifestanti.

di Serena Tarabini

Istanbul, 12 marzo 2014, Nena News – Okmeydanı è un quartiere a maggioranza alevita, corrente dell’Islam con riti e credenze  marcatamente eterodossi. In questo quartiere vive la famiglia, di confessione alevita, di Berkin Elvan e li si trova l’ospedale dove era ricoverato.

Berkin Elvan vi era entrato 269 giorni prima, colpito da un candelotto lacrimogeno alla testa, sparato ad altezza uomo, mentre stava andando a comprare il pane. Con i suoi 15 anni, 14 al momento del ferimento, rappresenta la più giovane e la più inaccettabile di quelle che sono diventate le sette vittime della repressione della polizia durante le proteste di Gezi Park. Polizia che non ha risparmiato di cariche e lacrimogeni nemmeno le decine di persone che da giorni presidiavano l’ospedale e la cui rabbia e dolore sono esplosi ieri mattina alla notizia della morte del ragazzo.

Nel corso della giornata nel quartiere le serrande dei negozi si sono abbassate e le strade si sono riempite di gente, che circondava la Cem evi, la casa assembleare dove gli aleviti, uomini  e donne insieme, svolgono le loro cerimonie. Quando arriviamo, nel tardo pomeriggio, vediamo le barricate erette per impedire l’accesso alla polizia; e la spontaneità ed efficienza  dei preparativi per l’accoglienza con cibo, bevande, illuminazione, sedie per le centinaia, forse migliaia, di persone che si sarebbero recate lì per rendere omaggio alla famiglia e al corpo del ragazzo. Le foto di Berkan sono ovunque, attaccate ai muri o nelle mani delle persone, si lanciano cori, si chiacchiera, si beve un tè, si prega. Ogni tanto partono piccoli cortei per il quartiere.

Nel frattempo la notizia della morte di Berkin scuoteva il Pese e faceva riesplodere le piazze. Non si possono contare le diverse forme  di protesta che si sono susseguite nel corso di tutta la giornata in decine e decine di città di tutto il territorio turco. Solo ad Istanbul, in serata i concentramenti erano molti: nella centrale Taksim ma anche in tanti altri quartieri, per iniziativa dei Forum, gli ambiti di discussione seguiti a Gezi Park, di associazioni, di partiti o anche solo di semplici cittadini.

A Taksim il dispiegamento di forze di polizia è impressionante, mentre la rabbia, il dolore e il numero di persone sono alti. Sembrano riecheggiare nell’aria le parole pronunciate dal primo ministro Erdoğan durante i giorni di Gezi: “Ho dato io gli ordini alla polizia”. E contro il premier e il suo governo ancora una volta esplode la rabbia. A Taksim assistiamo al consueto rituale: l’ingresso alla piazza è impedito e i manifestanti che si radunano a migliaia sulla centrale via Istiklal, vengono attaccati a più riprese con i toma, i blindati della polizia che sparano acqua pressurizzata a cui sono stati aggiunti additivi chimici irritanti.

Seguono i lacrimogeni, che tornano a intossicare le strade del centro  per ore, le cariche con i manganelli e i fucili a salve, gli inseguimenti, i feriti, gli arresti a decine. L’azione della polizia è pesante, ma i manifestanti sono tantissimi e non demordono. Lo stesso scenario si sta svolgendo in altri quartieri, a Osmanbey, non troppo lontano, e a Kadikoy, nella parte asiatica, dove i manifestanti, nonostante l’ingente utilizzo di gas lacrimogeni, rifiutano di disperdersi e a tratti costringono la polizia ad arretrare. Il tutto va avanti fino a notte fonda. L’allerta è massima anche oggi, per lo svolgimento dei funerali e altre manifestazioni già convocate in tutto il Paese.

Si tratta della più grande manifestazione dopo Gezi Park. Ed in un altro duro colpo per l’immagine di Recep Tayp Erdoğan, a due settimane da un banco di prova delicato per il suo governo come quello delle elezioni amministrative. Il premier intanto tace: questa volta non può gridare al complotto. Nena News

Fonte:

http://nena-news.it/turchia-il-movimento-di-gezi-park-torna-piazza/

*

Nuova ondata di proteste in tutto il Paese dopo la morte del giovanissimo Berkin Elvan, ucciso da un candelotto lacrimogeno. La polizia attacca le manifestazioni.

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Nuova ondata di proteste in tutto il Paese dopo la morte del giovanissimo Berkin Elvan, ucciso da un candelotto lacrimogeno. La polizia attacca le manifestazioni.

 

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AGGIORNAMENTO ore 15.30 – SCONTRI IN TURCHIA DOPO LA MORTE DI BERKIN ELVAN

Decine di migliaia di manifestanti sono scesi in piazza oggi per commemorare la morte di Berkin Elvan. La polizia ha cercato di disperdere la folla a Ankara e Istanbul con gas lacrimogeni e cannoni d’acqua. “Gli assassini di Berkin sono i poliziotti dell’AKP (il partito di Erdogan, ndr)”, hanno gridato i manifestanti.

di Serena Tarabini

Istanbul, 12 marzo 2014, Nena News – Okmeydanı è un quartiere a maggioranza alevita, corrente dell’Islam con riti e credenze  marcatamente eterodossi. In questo quartiere vive la famiglia, di confessione alevita, di Berkin Elvan e li si trova l’ospedale dove era ricoverato.

Berkin Elvan vi era entrato 269 giorni prima, colpito da un candelotto lacrimogeno alla testa, sparato ad altezza uomo, mentre stava andando a comprare il pane. Con i suoi 15 anni, 14 al momento del ferimento, rappresenta la più giovane e la più inaccettabile di quelle che sono diventate le sette vittime della repressione della polizia durante le proteste di Gezi Park. Polizia che non ha risparmiato di cariche e lacrimogeni nemmeno le decine di persone che da giorni presidiavano l’ospedale e la cui rabbia e dolore sono esplosi ieri mattina alla notizia della morte del ragazzo.

Nel corso della giornata nel quartiere le serrande dei negozi si sono abbassate e le strade si sono riempite di gente, che circondava la Cem evi, la casa assembleare dove gli aleviti, uomini  e donne insieme, svolgono le loro cerimonie. Quando arriviamo, nel tardo pomeriggio, vediamo le barricate erette per impedire l’accesso alla polizia; e la spontaneità ed efficienza  dei preparativi per l’accoglienza con cibo, bevande, illuminazione, sedie per le centinaia, forse migliaia, di persone che si sarebbero recate lì per rendere omaggio alla famiglia e al corpo del ragazzo. Le foto di Berkan sono ovunque, attaccate ai muri o nelle mani delle persone, si lanciano cori, si chiacchiera, si beve un tè, si prega. Ogni tanto partono piccoli cortei per il quartiere.

Nel frattempo la notizia della morte di Berkin scuoteva il Pese e faceva riesplodere le piazze. Non si possono contare le diverse forme  di protesta che si sono susseguite nel corso di tutta la giornata in decine e decine di città di tutto il territorio turco. Solo ad Istanbul, in serata i concentramenti erano molti: nella centrale Taksim ma anche in tanti altri quartieri, per iniziativa dei Forum, gli ambiti di discussione seguiti a Gezi Park, di associazioni, di partiti o anche solo di semplici cittadini.

A Taksim il dispiegamento di forze di polizia è impressionante, mentre la rabbia, il dolore e il numero di persone sono alti. Sembrano riecheggiare nell’aria le parole pronunciate dal primo ministro Erdoğan durante i giorni di Gezi: “Ho dato io gli ordini alla polizia”. E contro il premier e il suo governo ancora una volta esplode la rabbia. A Taksim assistiamo al consueto rituale: l’ingresso alla piazza è impedito e i manifestanti che si radunano a migliaia sulla centrale via Istiklal, vengono attaccati a più riprese con i toma, i blindati della polizia che sparano acqua pressurizzata a cui sono stati aggiunti additivi chimici irritanti.

Seguono i lacrimogeni, che tornano a intossicare le strade del centro  per ore, le cariche con i manganelli e i fucili a salve, gli inseguimenti, i feriti, gli arresti a decine. L’azione della polizia è pesante, ma i manifestanti sono tantissimi e non demordono. Lo stesso scenario si sta svolgendo in altri quartieri, a Osmanbey, non troppo lontano, e a Kadikoy, nella parte asiatica, dove i manifestanti, nonostante l’ingente utilizzo di gas lacrimogeni, rifiutano di disperdersi e a tratti costringono la polizia ad arretrare. Il tutto va avanti fino a notte fonda. L’allerta è massima anche oggi, per lo svolgimento dei funerali e altre manifestazioni già convocate in tutto il Paese.

Si tratta della più grande manifestazione dopo Gezi Park. Ed in un altro duro colpo per l’immagine di Recep Tayp Erdoğan, a due settimane da un banco di prova delicato per il suo governo come quello delle elezioni amministrative. Il premier intanto tace: questa volta non può gridare al complotto. Nena News

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Dal blog http://turchia.over-blog.com/  a cura di Murat Cinar:

Pubblicato su 12 Marzo 2014, 11:51am

 

Ieri (11 Marzo 2014) Berkin Elvan ha perso la sua vita dopo 296 giorni di coma all’ospedale perché è stato colpito alla sua testa con un lacrimogeno il 16 Giugno 2013 mentre andava a comprare del pane in zona Okmeydani (Istanbul) dove si svolgevano le manifestazioni di protesta solidali con la rivolta del Parco Gezi.

Ieri sera in diverse parti della Turchia sono state organizzate delle manifestazioni di protesta ed in primis il governo insieme al Primo Ministro Recep Tayyip Erdogan sono stati presi di mira. Le persone in piazza non hanno risparmiato gli slogan come “Governo dimissioni” e “Erdogan assassino”.

Erdogan durante e dopo la rivolta ha sempre mantenuto una linea piuttosto coerente e contro le manifestazioni. Spesso volentieri ha legittimato la reazione della polizia. Durante la rivolta e dopo con Berkin in totale 8 persone hanno perso la loro vita. Per questo Erdogan ha ricevuto delle critiche negative da una parte del Paese a proposito le sue dichiarazioni.

La rete dei giornalisti indipendenti BiaNet oggi ha ripubblicato una dichiarazione pubblica di Erdogan (durante un comizio nella città di Erzurum il 23 Giugno 2013) in cui dice apertamente queste parole:

In Piazza Taksim c’è il Centro Culturale Ataturk. Hanno appeso degli striscioni e dei manifesti su questo Centro delle organizzazioni illegali e legali e quelli che insultano il Primo Ministro. Non basta. Monumento della Repubblica, Monumento di Ataturk, la stessa cosa. Hanno appeso le foto dei traditori della patria con quelle di Ataturk e la bandiera turca. Dove sono i nazionalisti? Dove sono quelli del CHP? Perché non hanno rimosso queste cose? Ci sono rimaste per 3, 4, 5 giorni. Sono rientrato dall’estero, ho notato che erano ancora lì. Ormai la cosa aveva superato il limite di sopportazione. Ho parlato con il mio Ministro degli Interni. Ho detto di pulire in 24 ore il Centro Culturale di Ataturk. 24 ore. Ho detto di pulire la Piazza ed il Monumento. Dopo di che ho detto di pulire anche il Parco Gezi.

Chiedono: <Chi ha dato l’ordine alla polizia?> L’ho dato io!

Avremmo dovuto guardare le forze dell’occupazione? Avremmo dovuto guardare tutto questo perché il resto del mondo deve divertirsi guardando quello che succedeva? Abbiamo pulito tutto. Il Monumento è stato pulito. Piazza Taksim è stata pulita. Il Parco Gezi è stato pulito“.

 

Fonte:

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Su Berkin Elvan leggere anche i seguenti articoli:
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Sulla rivolta di Piazza Taksim  per Gezi Park leggere il blog di Andrea Mazzone: