25 aprile 2020: Buon compleanno csoa A. Cartella

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Csoa Angelina Cartella

VERSO IL 25 APRILE
Le limitazioni alla libertà di movimento di questi tempi, a volte davvero incomprensibili e comunque non più sopportabili, ci impediscono di realizzare quanto volevamo fare in questo 25 aprile: volevamo stare insieme, ballare, vedere le immagini che registrano i18 anni di storia del Cartella, 18 anni di occupazione, resistenza, mille cose fatte insieme. Insieme a* moltissim* che sono passati per questo posto, per poco o tanto tempo non importa, ma contribuendo a fare vivere questa esperienza. Che l’hanno supportata, sostenuta. Che l’hanno difesa. Rivedere i volti cari di chi non c’è più. Dobbiamo rimandare. Nell’attesa abbiamo ricevuto questo graditissimo regalo da TELEMULUNI. È un modo di stare insieme anche ai tempi del coronavirus e di tenere a mente che la RESISTENZA non è solo il ricordo rituale di un giorno l’anno.
Grazie a CiccioPunk e a tutt*. Ci rivedremo presto.

25 aprile 2020: Buon compleanno A. Cartella|. 18 anni di Lotte, Manifestazioni, Teatro, Musica….
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25 aprile 2020: Buon compleanno A. Cartella|. 18 anni di Lotte, Manifestazioni, Teatro, Musica….
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Csoa Angelina Cartella

Magari il 25 aprile “Bella Ciao” cantiamola in strada, sotto casa, e non dal balcone.
😁E’ poca cosa ma cominciamo a riprenderci lo spazio pubblico!

E chi se lo aspettava un 25 aprile 2020 così! L’avevamo riempito di aspettative, di idee e di iniziative, perché per noi aveva anche il valore aggiunto di essere il diciottesimo anniversario di occupazione del nostro Centro Sociale “Angelina Cartella”. Quante ne ha viste e vissute il Cartella, quante persone sono passate da qui, anche se per poco tempo non importa, hanno comunque lasciato il loro segno, contribuendo ad arricchire e far crescere questa esperienza, facendola arrivare viva fino ad oggi, quell’oggi che ci trova a dover resistere in spazi di socialità sempre più asfittici e ristretti. Quante e quanti non ci sono più. Assenze importanti il cui ricordo risuona ancora tra queste mura più volte bruciate, le loro voci, le loro battute, i loro modi di dire nello stormire delle fronde del nostro parco. Avremmo voluto ricordarli in questo giorno: da Dino Frisullo, a Carletto Macrì, da Angelo Crea “il Bonzo”, a Ciccio Svelo, e come dimenticare Orazio Cartella, Claudio Modafferi “BUBBINGA”, Osvaldo Pieroni, Mimmo Martino, … Nicla! E tante altre persone, tante esistenze che hanno voluto incrociare il nostro percorso e condividere qualcosa.
Avremmo voluto ritrovarci attorno ad un po’ di musica, video e diapositive, un bicchiere di vino, per ricordare le mille iniziative messe in piedi, racconti belli, tristi o incazzati non importa, comunque ricordi delle tante volte che ci siamo dovuti stringere insieme a fronte di un compagno che ci lasciava, ad un attentato, ad una delle tante ingiustizie perpetrate sul nostro territorio o nel mondo, piccole o grandi, contro le quali ci siamo ribellati e abbiamo lottato… e qualche volta anche vinto: il Ponte sullo Stretto, il raddoppio dell’impianto di trattamento rifiuti a Pettogallico o dell’inceneritore di Gioia Tauro, la campagna per l’acqua bene comune, il ripristino degli 11 milioni di euro del Decreto Reggio al settore degli alloggi popolari. Ne abbiamo fatte di battaglie! magari con un po’ di arroganza, magari sbagliando qualcosa, ma ne abbiamo fatte, incrociando tante esistenze e tanti modi di pensare anche molto diversi dal nostro, ma le battaglie si fanno, si vincono o si perdono assieme. Tanti anche i personaggi noti che hanno attraversato il nostro spazio, da Jack Hirshman a Paul Connett, da Alex Zanotelli a Don Ciotti, da Giorgio Cremaschi a Zero Calcare e poi compagne e compagni storici come Marco Bersani, Silvia Baraldini, Renato Curcio, Barbara Balzerani… impossibile ricordare tutte e tutti. Senza dimenticare che la solidarietà internazionale ci ha fatti incontrare con delegazioni palestinesi, saharawi, cubane, curde o persone speciali come Blandine e Paul Sankara.
Sì, ci avrebbe fatto piacere questo 25 aprile 2020 avere tutte e tutti qui, al Cartella, a festeggiare con noi. Vuol dire solo che dovremo rimandare. Perché il CSOA è ancora qui con la voglia di fare ancora molta strada. Perché neanche i domiciliari imposti dall’emergenza coronavirus hanno fermato il nostro lavoro di supporto solidale, di denuncia, di mutualismo conflittuale. Di riflessione critica su un modello di sviluppo neoliberista che fa acqua da tutte le parti e ci ha portati sull’orlo del baratro. Critiche mai lesinate su una narrazione univoca della crisi sanitaria che non ci convince e approssima scenari molto tetri; su un grande fratello, sempre più invasivo e pervasivo, che sottrae sempre più diritti chiedendoci cieca obbedienza.
Altre grandi sfide ci attendono alla riapertura. Vorremmo affrontarle insieme.

ORA E SEMPRE RESISTENZA!
L’assemblea del Centro Sociale Occupato Autogestito “Angelina Cartella”

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CORTEO NO PONTE

foto di Rete No Ponte.
LUG26

Corteo No Ponte

Pubblico

 · Organizzato da Rete No Ponte
  •  
    Domani dalle ore 18:00 alle 21:00
  •  
    Torre Faro (Messina)

    Lo Stretto di Messina, il più bello dei nostri paesaggi e la maggiore delle nostre risorse, è nuovamente a rischio. Una classe politica disperata e disperante, incapace di soddisfare anche i più essenziali dei bisogni e fornire i servizi primari alla popolazione, sta provando a riavviare l’iter del Ponte sullo Stretto, opera per la quale sono stati spesi centinaia di milioni di euro (312 quelli certificati nei bilanci della Società Stretto di Messina S.p.a.) senza che gli abitanti dei luoghi interessati dall’opera ne abbiano ricevuto alcun vantaggio. Il Ponte è la risposta ingannevole che viene data alla richiesta di una moderna mobilità, della messa in sicurezza del territorio, delle abitazioni e delle scuole, della bonifica dei territori devastati dalle produzioni inquinanti, del riammodernamento della rete idrica.
Per più di 10 anni un grande movimento è sceso in strada, svelato la vera natura della grande opera, elaborato alternative. Quel movimento deve oggi tornare a mobilitarsi per fermare il nuovo tentativo di rimettere in moto la macchina del Ponte. Quel movimento deve ancora una volta fronteggiare un’idea di territorio monetizzato, da svendere per pochi spiccioli, da devastare in cambio della promessa di posti di lavoro che non arriveranno mai, opere compensative che rimarranno sulla carta, ricadute turistiche infondate che appartengono all’immaginario di altri tempi e altri scenari. Quel movimento deve nuovamente farsi carico di pensare un futuro per i nostri territori, impedire che la disperazione si trasformi in incubo.

Noi pensiamo che un futuro possa ancora esserci, che la via d’uscita all’impoverimento cui siamo stati spinti non stia in infrastrutture che servono a scappare più velocemente possibile dalla nostra terra. Noi vogliamo infrastrutture per restare. Per noi, il territorio non è un intralcio, ma uno spazio da vivere, attraversare, di cui godere. Noi pensiamo ad un grande progetto di sostenibilità. Noi pensiamo ad un territorio che possa ancora essere visitato, non devastato da un turismo mordi e fuggi che mortifica la bellezza dei nostri luoghi e che ci lascia più poveri di prima. Noi pensiamo ad una agricoltura responsabile e difesa dall’aggressività delle multinazionali. Noi pensiamo ad un grande progetto di bonifica dei nostri territori.

Gli altri annunciano manifestazioni. Noi le manifestazioni le facciamo, le abbiamo sempre fatte. In quella del 26 luglio ci saranno i territori che resistono, che vogliono decidere del proprio futuro. Il No Ponte è una lotta che ne contiene tante altre. E’ sempre stato così. Per il 26 luglio chiamiamo a raccolta gli abitanti dei luoghi interessati dall’opera, ma, al tempo stesso, chiediamo a tutti coloro che si battono in difesa del proprio territorio di farlo insieme a noi.

NO AL PONTE SULLO STRETTO

PER LE INFRASTRUTTURE E LA MESSA IN SICUREZZA DEI TERRITORI

CONTRO LE GRANDI OPERE INUTILI E LA DEVASTAZIONE AMBIENTALE

Hanno sottoscritto l’appello e aderito alla Manifestazione:

Movimento No Muos
Coordinamento No discarica Armicci Lentini
NoTriv Licata
Comitato Stop Veleni
Comitato Cittadino Salute e Ambiente – Scicli
Comitato NO FRANE
No Inceneritore del Mela
Associazione cinque-sei Terme Vigliatore
Comitato Nonsisvuotailsud
Puli-AMO Messina
Associazione Cameris
Magazzino di Mutuo Soccorso – Eolie
Fridays For Future Messina
Parliament Watch Italia
Arci Scambio Milazzo
Arci Scirocco
Laboratorio Territoriale
A Sud Sicilia
A Sud Onlus
CDCA – Centro Documentazione Conflitti Ambientali
Unione Degli Studenti – Messina
Cgil Messina
Or.S.A. Messina
Unione Inquilini Messina
Fronte Popolare Autorganizzato- SI Cobas Messina
COBAS lavoro privato – Messina
COBAS – Messina
Fiom-Cgil Messina
FISAC CGIL Messina
Non Una di Meno – Messina
Comitato IL SUD CONTA – Messina
Circolo Peppino Impastato PRC – Messina
CSC Nuvola Rossa
USB Federazione del Sociale – Reggio Calabria
Potere al Popolo Reggio Calabria
Comunità Resistente Piazzetta – CPO Colapesce
Potere al Popolo – Catania
Comitato Il Sud Conta – Catania
Comitato Il Sud Conta – Palermo
Comitato NoMuos Palermo
Potere al Popolo – Palermo
Cobas Palermo
Federazione Usb Palermo
Democrazia e Lavoro – Palermo
Riconquistiamo Tutto! Palermo
Sinistra Comune
Non una di meno – Palermo
Teatro Mediterraneo Occupato
Centro Sociale ExKarcere
Centro Sociale Anomalia
Studenti Autonomi Palermitani
Fajdda – Unione Giovanile Indipendentista
Antudo

Fonte:

PROTESTA A REGGIO CALABRIA PER IL DIRITTO ALL’ABITARE

  1. Oggi a Reggio c’è stata l’ennesima protesta al Comune per chiedere l’assegnazione degli alloggi popolari. Il sit-in è stato come sempre organizzato dalle Associazioni “Un mondo di mondi”, Reggio Non Tace, il Csoa Angelina Cartella, la Società dei Territorialisti/e Onlus, la Collettiva Autonomia, il Centro Sociale Nuvola Rossa, il Comitato Solidarietà Migranti, l’Osservatorio sul disagio abitativo, il quale riunisce questa rete di associazioni). Come si legge nel comunicato stampa, distribuito in volantini durante il sit-in, continua ad essere negato il diritto delle famiglie a basso reddito. Negli ultimi due anni sono stati ottenuti dei risultati preliminari (delibera di Consiglio Comunale 10 febbraio 2017, verifiche della società Hermes, regolamento articolo 31) che non sono stati ancora applicati. Le associazioni sono scese ancora una volta in piazza per chiedere, innanzitutto, di effettuare le decadenze ed il recupero degli alloggi per portare a termine le verifiche che, da mesi, sono state completate dalla società  di servizi Hermes. Ciò, secondo legge e la delibera di Consiglio Comunale del 10 febbraio 2017, permetterebbe al Comune di riprendere decine di alloggi e assegnarli alle famiglie che ne hanno diritto. Le associazioni chiedono anche l’assegnazione degli alloggi confiscati alla ‘ndrangheta alle famiglie in disagio abitativo oltre che alle famiglie dell’ ex  Polveriera. Il dato che preoccupa di più i cittadini bisognosi degli alloggi è il blocco della graduatoria per i vincitori del bando del 2005. La mancanza di una casa rende difficile la vita quotidiana di questi cittadini e vanifica ogni altro diritto. Non sono mancati perciò  i toni esasperati dei cittadini durante l’incontro con il delegato comunale per il patrimonio edilizio Giovanni Minniti. Questi ha tentato di rassicurare cittadini e associazioni facendosi carico di contattare la Hermes, attraverso un’istanza di sollecito. Tali parole non hanno però convinto i partecipanti al sit-in, i quali da troppo tempo si sentono fare sempre le stesse rassicurazioni.

D. Q.

Qui di seguito le foto da me scattate durante la protesta.

 

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Reggio Calabria, nasce l’Osservatorio sul disagio abitativo

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Nasce l’Osservatorio sul disagio abitativo

Venerdì 12 maggio, al Nuvola Rossa di Villa San Giovanni, si è tenuta una pubblica assemblea sul tema del disagio abitativo nella città metropolitana di Reggio Calabria, promossa dalla stessa realtà autogestita villese, insieme al Co.S.Mi. (Comitato Solidarietà Migranti), al c.s.o.a. Angelina Cartella, all’associazione Un Mondo di Mondi e alla Società dei Territorialisti.
I promotori dell’iniziativa, partendo da punti di vista e ambiti di intervento a volte diversi, convergono tutti verso la stessa idea: in Italia – e soprattutto in Calabria – non dovrebbe esistere alcun disagio abitativo, né bisogno di case.
I dati esistenti lo confermano pienamente: ci sarebbero case per tutti ed anche di più!
Dal censimento Istat 2011 e successivi datascape (es. ricerche “Riutilizziamo l’Italia” e “L’Italia del riciclo”) si rilevano “oltre otto milioni di case ed appartamenti sottoutilizzati”, circa un quarto dell’intero patrimonio abitativo italiano, di cui quasi cinque milioni effettivamente vuoti o inutilizzati. In Calabria il dato supera le 500 mila unità abitative, a fronte di una domanda, tra locali e immigrati, di “appena” 20 mila unità!
Al dato del “vuoto” poi andrebbe sommato quello del patrimonio ERP, in parte ancora nella disposizione di persone che, per vari motivi, hanno perso i requisiti necessari all’assegnazione: si stima che gli alloggi che si liberebbero dalle doverose verifiche, spesso inesistenti, già da soli coprirebbero la domanda locale di casa.
Appare evidente che tutto ciò, ai diversi livelli nazionale, regionale, locale, costituisce un enorme spreco economico ed ambientale, che accentua i termini del degrado territoriale, dovuto a consumo di suolo, cementificazione irrazionale, dissesti, inquinamenti e abbandono.
Uno spreco inaccettabile che ha indotto le realtà promotrici dell’assemblea pubblica ad avviare un nuovo percorso, ambizioso ma necessario per rompere quel meccanismo odioso che al bisogno di abitazioni degne risponde con la costruzione di nuove case: risposta facile, ma poco intelligente, per le amministrazioni poco attente al problema, risposta conveniente per speculatori e palazzinari.
Per questo percorso, aperto a chiunque voglia collaborare e portare il proprio contributo, si sono già individuate delle direttrici di lavoro. Un primo obiettivo è approfondire l’indagine sul patrimonio abitativo, per aggiornare e contestualizzare continuamente i dati, aspirando a realizzare un vero e proprio censimento delle strutture abitative immediatamente accessibili.
Accanto ad una necessaria analisi del vuoto, però, è fondamentale spronare gli enti competenti ad una maggiore efficacia ed efficienza nella gestione del proprio patrimonio (che rischia una totale dequalificazione), e alla ratifica di protocolli per un uso sociale del patrimonio privato; è evidente non solo che l’attuale linea governativa consista nella repressione di ogni disagio, in nome del “decoro” e della “sicurezza”, ma che le stesse leggi vigenti in materia facciano riferimento ad una concezione vecchia e anacronistica del diritto all’abitare, legata solo alla “casa” fisica, mentre una visione moderna del diritto all’alloggio adeguato, così come definito dalla stessa ONU, è molto più complessa e contempla anche e soprattutto il contesto sociale in cui la casa insiste, nonché le trasformazioni dei nuclei familiari al suo interno.
In base a questo “nuovo” concetto di diritto all’abitare, non solo il ghetto di Arghillà – ad esempio – non dovrebbe esistere, ma non troverebbero terreno fertile neanche progetti come quello comunale sull’ex-Polveriera, che vede ancora la realizzazione di nuove case dove concentrare e ghettizzare il disagio.
«Ammassare le povertà è l’errore più grande che si possa fare. Raccogliendo tutte le disperazioni in un unico posto, si creano delle zone franche in cui il più forte detta legge» diceva qualche giorno fa all’auditorium Calipari don Maurizio Patriciello, parroco di Caivano, tra i principali centri della cosiddetta Terra dei fuochi. Eppure è un errore che chi amministra continua a ripetere, senza scusante alcuna.

Co.S.Mi. (Comitato Solidarietà Migranti) – c.s.c. Nuvola Rossa – c.s.o.a. Angelina Cartella – Associazione Un Mondo di Mondi – Società dei Territorialisti

 

Fonte:

https://www.facebook.com/permalink.php?story_fbid=1510587632325727&id=1510568985660925

Casetta Rossa: lo storico spazio sociale di Garbatella rischia di chiudere

By Roberto Consiglio
On 21 ottobre 2016 At 9:39

Ci risiamo, ad una settimana di distanza dall’attacco istituzionale nei confronti del centro sociale Corto Circuito, ecco che un nuovo luogo di socialità romano viene messo sotto attacco. Questa volta a doversi difendere è lo spazio sociale Casetta Rossa alla Garbatella.

Un intimidazione vera e propria, fatta partire dalle stanze dell’VIII Municipio capitolino, secondo gli attivisti di via Giovanni Battista Magnaghi 14. Come per il CSOA Corto Circuito, il pretesto per attuare lo sgombero nel giro di dieci giorni, è quello di messa in regola di alcuni spazi del posto.

Ciò che gli attivisti contestano è che, con la chiusura di Casetta Rossa, cadrebbe nel degrado più totale anche il vicino parco dedicato alla figura di Cavallo Pazzo e che dà su via Ignazio Persico. Lo stesso parco, infatti, da molti anni viene gestito dagli stessi cittadini della zona che, col tempo, vi hanno costruito una vera e propria area giochi ed un area riservata ai cani.

Secondo gli stessi attivisti: ” Il Municipio chiede, di fatto, la revoca della convenzione con argomenti nuovamente pretestuosi e l’interruzione della programmazione culturale per sostituirla con i sigilli della burocrazia al potere. Questo nonostante i ripetuti, quanto inutili e a oggi ingannevoli incontri con la nuova giunta municipale che garantiva a chiacchiere la tutela e la valorizzazione dell’esperienza sociale di Casetta Rossa“.  Per fermare questo sgombero, domenica 23 ottobre 2016, è stata organizzata, dalla mattina alla sera, una giornata di festa nello stessa zona verde di Garbatella.

Di seguito riportiamo il comunicato stampa fatto uscire alcune ore fa dagli attivisti dello spazio sociale:

In una città dove gli spazi sociali e culturali vengono sgomberati o censurati attraverso strumenti amministrativi, dove la politica si arrende alla tecnica anche Casetta Rossa è di nuovo minacciata.
Allo spazio pubblico, che offre servizi al quartiere e alla città, luogo di eventi culturali di prossimità e di grande rilevanza internazionale, è intimata la chiusura entro i prossimi dieci giorni e rischia di essere sottratto alla fruizione dei cittadini del Municipio assieme al Parco Pubblico di via Ignazio Persico.
Da parte del Municipio dove sventola la bandiera a 5 stelle, arriva arrogante il linguaggio della carta bollata e della tecnica. In poche righe, il Municipio chiede, di fatto, la revoca della convenzione, con argomenti nuovamente pretestuosi e l’interruzione della programmazione culturale per sostituirla con i sigilli della burocrazia al potere. Questo nonostante i ripetuti, quanto inutili e a oggi ingannevoli incontri con la nuova giunta municipale che garantiva a chiacchiere la tutela e la valorizzazione dell’esperienza sociale di Casetta Rossa.
A casetta rossa promuoviamo la presa in cura comunitaria dello spazio, che, a differenza di altri parchi del quartiere e di Roma abbandonati alla discontinuità della gestione pubblica, è tenuto con cura e presidiato secondo un progetto di autogestione concepito in passato con l’ente municipale.
Casetta rossa è il riferimento per iniziative culturali di tanti artisti conosciuti e meno conosciuti, è un laboratorio aperto di buona politica, di mutualismo e di produzione culturale senza padroni. E’ anche il luogo in cui Vandana Shiva parla di conversione ecologica e difesa dei semi, in cui Erri De Luca ci parla di narrativa non omologabile, Paco Ignacio Taibo II giura che la rivoluzione sia ancora possibile e dimostra come, Valerio Evangelisti e Pino Cacucci ci parlano di nuovi e vecchi pirati, Nassrin Abdallah comandante curda delle YPJ, le unità di difesa delle donne, racconta del valore storico della lotta all’ Isis.
Qui, come loro, sono di casa le famiglie di Garbatella che partecipano ad esempio alle attività del gruppo di acquisto solidale, che conta più di trecento iscritti, o ancora le decine di abitanti del territorio che ogni domenica vengono a cuocere il pane nel Forno Popolare, e tutti i bambini e le bambine che ogni settimana affollano i laboratori gratuiti che si organizzano nel parco di via Ignazio Persico.
E ancora l’Associazione Proletari Escursionisti che da un anno organizza in città e in giro per il Lazio camminate collettive alla scoperta di memorie dimenticate e paesaggi incontaminati, i gruppi di conversazione linguistica, il gruppo di lettura Cavallo Pazzo Legge, gli incontri di allattamento della Leche League International e tanti altri.
Mille attività che sono accompagnate dal servizio dell’Osteria Popolare di Casetta Rossa, che si attiva anche per progetti sociali come ad esempio cucinare ogni mercoledi per i rifugiati del Baobab o sostenere da due mesi a questa parte la campagna di solidarietà con le comunità colpite dal sisma ad Amatrice e in centro Italia.
Per tutto questo e tanto altro ancora, non ci è possibile dare seguito alle richieste della lettera pervenuta, la Casetta Rossa non chiuderà mai e proteggeremo queste esperienze con ogni mezzo necessario.
C’eravamo prima e ci saremo dopo di voi.
I prossimi appuntamenti a cui chiamiamo tutte e tutti i cittadini e le cittadine solidali di Garbatella e di Roma per sventare la chiusura di Casetta Rossa e del Parco di via Ignazio Persico sono:
– Domenica 23 Ottobre dalla mattina alla sera Festa al Parco Cavallo Pazzo da zero ai 99 anni con giochi per bambini, musica, laboratorio di Tree Climbing e manutenzione collettiva del Parco.
– Da Lunedi a Venerdi invasione a sorpresa del Municipio“.

 

 

Fonte:

http://oltremedianews.it/casetta-rossa-lo-storico-spazio-sociale-di-garbatella-rischia-di-chiudere/

 

Diciamo No allo sgombero del Corto Circuito

Giovedì 13 Ottobre 2016 15:11

corto

18.29 Per le strade del Quadraro, il corteo grida forte e chiaro “Riprendiamoci il Corteo Circuito!

ore 18.15 Dopo lo sgombero di questa mattina, si è appena conclusa l’assemblea a Piazza dei Cavalieri del lavoro. Tanti gli interventi in soliderietà al Centro Sociale Corto Circuito. Adesso si parte in corteo nelle strade del Quadraro.

ore 15 Questa mattina è stato sgomberato il Centro Sociale Corto Circuito, uno degli spazi sociali storici di Roma da sempre punto di riferimento per il quartiere ma anche per il resto della città. Già dalle prime ore del mattino sono accorsi decine di solidali per sostenere il presidio che si è formato a Piazza Cavalieri del lavoro. Durante la mattinata è stata chiamata un’assemblea pubblica alle 17 di questo pomeriggio.

L’ordine di sgombero è arrivato dalla magistratura che ha disposto di mettere sotto sequestro gli “abusi edilizi” dell’area di via Filippo Serafini. E’ evidente la contraddizione in termini di queste disposizioni in una città dove la speculazione di palazzinari e banche le fa da sempre da padrona. E’ evidente a tutti che le ragioni di legalità avanzate da questura e magistratura non hanno nessun fondamento soprattutto per tutti coloro che frequentavano lo spazio attivo da 26 anni.

Non è possibile, infatti, lasciare spazio alle accuse e alle narrazioni tossiche di chi prova a delegittimare spazi ed esperienze di autogestione e riappropriazione. Nella città di Roma è necessario, al contrario, rispondere con una stagione di occupazioni e lotta che possa ribadire l’essenzialità degli spazi in cui i quartieri dal basso riescono a ristabilire le priorità di chi li vive. Contro la vera speculazione, contro la cementificazione dei territori, contro l’invasione della grande distribuzione, contro la chiusura di spazi culturali e sociali, contro la mancanza di strutture sportive accessibili a tutti, contro l’emergenza abitativa.

Diciamo NO!

La partita non si è conclusa con questa mattina l’assemblea di questo pomeriggio deciderà delle prossime iniziative da mettere in campo. “Riprendiamoci quello che è nostro, riprendiamoci il Corto Circuito”. Di seguito il comunicato del Centro Sociale Corto Circuito

 

Lo sgombero del Corto Circuito è un atto politico mascherato da motivazioni giudiziarie fasulle

ore 17.00 Piazza Cavalieri del Lavoro manifestazione cittadina

“26 anni di storia non si cancellano. Giù le mani dal Corto”

Alle sei del mattino hanno chiuso tutti gli accessi al quartiere Lamaro con centinaia di celerini, carabinieri e vigili del gruppo di pronto intervento di DiMaggio. L’ordine è quello di mettere sotto sequestro l’area di via Filippo Serafini dove da più di 26 anni è attivo il centro sociale Corto Circuito. Intervengono sulla spinta della magistratura che intima di rimuovere gli abusi edilizi e gli illeciti amministrativi. Le scuole della zone restano semideserte e il traffico è paralizzato per chilometri. Vediamo di cosa si tratta.

Concretamente il sequestro riguarda un tendone che il collettivo del Corto ha posizionato nell’area dopo che nel 2012 un incendio ha completamente distrutto uno dei padiglioni dove si svolgeva la gran parte delle attività. A nulla sono valse le richieste di ricostruzione debitamente depositate presso gli uffici competenti e la raccolta dei fondi completamente autogestita che doveva consentire di rimettere in piedi la struttura incendiata. Tutto fermo da anni a causa di una colpevole volontà di impedire che il centro sociale continuasse a vivere.

Che il tendone non possa configurarsi come abuso edilizio lo capisce anche un bambino, paradossale che a capirlo non sia un magistrato.

Peraltro le cubature che insistono sull’area di via Serafini sono state abbondantemente ridotte dai due incendi che hanno riguardato nel tempo due dei tre padiglioni che originariamente erano presenti. Questo significa che anche l’altra struttura in legno che pure oggi è stata sequestrata, un prefabbricato posizionato qualche anno fa come spazio per dibattiti e attività di doposcuola, fa rimanere gli stabili esistenti ben al di sotto dei volumi che un tempo occupavano l’area.

Il Corto però in questi anni non poteva accettare l’inerzia delle varie amministrazioni. Poiché non poteva sperare che Alemanno intervenisse o che lo facesse Marino (che invece con la delibera 140 ha complicato la vita per centinaia di associazioni e centri sociali), ci siamo predisposti ad una ricostruzione coraggiosa quando una nuova amministrazione si è presentata alla città. La ricostruzione è ancora in corso ma sta avvenendo con una tecnica ultramoderna che consente di realizzare uno stabile ignifugo con materiali di bioedilizia ed un avveniristico sistema di scarico delle acque. Un esempio da seguire e riprodurre, non certo una esperienza da cancellare o demolire.

Sono venuti questa estate ad imparare questa tecnica giovani neolaureati da tutta Italia ma perfino dalle università statunitensi. Abbiamo mostrato quello che stavamo facendo anche ad alcuni amministratori della nuova giunta ed abbiamo confidato nel fatto che la ragione e la conoscenza potessero avere la meglio sulla grigia prassi amministrativa, completamente svuotata di senso. Prendiamo atto che non è così, ma certamente non ci arrendiamo.

L’area di via Filippo Serafini è stata occupata 26 anni fa quando i tre padiglioni di allora erano stati completamente abbandonati al degrado dalle amministrazioni di allora. Questi anni sono stati ricchi di tantissime esperienze e conquiste. Sono passati di qua migliaia di giovani e il Corto Circuito oggi fa parte integrante del Lamaro e della città di Roma. Cancellarlo non è solo un’idiozia, non è possibile.

La nuova amministrazione dispone degli strumenti per fermare questa oscenità. Innanzitutto far sentire il suo ruolo di proprietario dell’area e degli stabili. Fermare il sequestro e consegnare definitivamente la struttura a chi l’ha gestita in tutti questi anni, consentendo che si ricostruisca (o finisca di ricostruire) quello che andò distrutto più di 4 anni fa. Poi superare definitivamente il contenzioso con la Corte dei Conti, questa storia kafkiana che riguarda centinaia di realtà di Roma e che solo atti politici dovuti da parte della nuova giunta può risolvere. I centri sociali sono autentici beni comuni che appartengono alla città, costituiscono un bene prezioso da difendere e sviluppare.

A tutti quelli che in questi anni hanno creduto nelle ragioni dell’autogestione e dell’organizzazione dal basso chiediamo un nuovo sforzo di amore e di lotta. Riprendiamoci quello che è nostro, riprendiamoci il Corto Circuito.

Centro Sociale Corto Circuito

 

 

 

Fonte:

http://www.infoaut.org/index.php/blog/prima-pagina/item/17720-in-aggiornamento-diciamo-no-allo-sgombero-del-corto-circuito

 

Un’utopia concreta: il confederalismo democratico curdo. Proposta per concedere la cittadinanza onoraria della città di Reggio Calabria a Abdullah Öcalan, leader del popolo curdo.

Settembre
04
2016

Un’utopia concreta: il confederalismo democratico curdo

Scritto da c.s.o.a. Angelina Cartella

La guerra che sta dilaniando la Siria e l’Iraq, infiammando tutta l’area mediorientale e producendo migliaia di profughi e sfollati, rivela ogni giorno di più un groviglio di ingarbugliate alleanze in cui ciascuna delle potenze in campo persegue un suo obiettivo, spesso divergente da quello stesso dei presunti alleati e nessuno vuole scendere a patti, ma tutti sembrano tuttavia d’accordo sulla necessità di sacrificare il consolidamento dell’esperienza avviata nella Rojava curda, dove popoli diversi (curdi, arabi, turkmeni, armeni, assiri, ceceni) si sono autorganizzati in un progetto di democrazia partecipativa orizzontale, fondata sul rispetto della pluralità e dell’uguaglianza di genere, sui principi del socialismo in una relazione cooperativa fra le persone e con la natura, per il timore che questa  rivoluzionaria esperienza possa ulteriormente affermarsi ed espandere.

Settembre
09
2016

Proposta per concedere la cittadinanza onoraria della città di Reggio Calabria a Abdullah Öcalan, leader del popolo curdo

Scritto da c.s.o.a. Angelina Cartella

Concedere la cittadinanza onoraria a Öcalan significa schierarsi dalla parte della Pace, significa credere in un mondo dove tutti contino allo stesso modo, a prescindere da sesso, etnia o religione, significa volere un mondo più giusto, senza oppressione e sfruttamento dell’uomo sulla donna, del ricco sul povero, del genere umano sul mondo naturale. Le battaglie di Öcalan non sono lontane, sono nelle navi che assalgono le nostre coste, negli sguardi di quei disperati che sbarcano al Porto di Reggio Calabria ormai quasi quotidianamente: quelle battaglie sono anche le nostre battaglie!

Per aderire alla proposta manda una mail a [email protected] specificando se si tratta di adesione individuale o collettiva, nome e indirizzo

Fonte:

Proibizionismo d’agosto: di “laboratori della droga” e muri sfondati

425319486_63710Di prima mattina il quartiere San Paolo si è risvegliato con un’intero isolato militarizzato, cinque camionette di carabinieri e polizia, gazzelle e auto della digos hanno chiuso l’accesso di via Millio per procedere a una solerte operazione volta alla perquisizione del Centro Sociale Gabrio. Decine di uomini in uniforme sono penetrati nel centro sfondando tutte le porte, rovistando in ogni stanza e addirittura sfondando un muro per accedere ai locali informatici.

L’obiettivo è stato mettere sotto accusa una delle pratiche militanti del centro sociale, l’antiproibizionismo. Sono state infatti sequestrate le piante di marijuana presenti nel centro e gli strumenti per la loro coltivazione. Attività che da anni portiamo avanti apertamente. Siamo consapevoli che praticare coerentemente l’antiproibizionismo significa disobbedire a leggi ingiuste così come sappiamo che tale pratica può portare ad affrontare forme di repressione come quella adottata questa mattina dal reparto mobile della questura di Torino con l’avallo della procura. Siamo d’altronde sicuri che l’autoproduzione sia l’unico sistema per scardinare il sistema delle narcomafie da un lato e del controllo sociale oscurantista dall’altro. L’autoproduzione è condivisione, non spaccio.

E’ stata certamente anche una buona occasione per la questura per mettere il naso nei locali dove si svolgono le numerose attività politiche e sociali del centro.

Nella giornata in cui i principali mezzi di stampa rilanciano le dichiarazioni del magistrato Cantone sull’importanza e la necessità di legalizzare la cannabis per evitare il gioco delle425307103_63701 narcomafie è a dir poco paradossale che la procura e la questura di Torino si lancino in una operazione che va a colpire una delle poche esperienze reali in tale direzione. Noi lo sappiamo da anni, non abbiamo bisogno di un magistrato per capirlo.
Il risultato è che nel momento in cui scriviamo un compagno è in questura e un’altro è denunciato a piede libero, compagni ai quali va tutta la vicinanza, amicizia, complicità.
Tutte le attività del centro sociale programmate in questi giorni continueranno regolarmente.

 

Le compagne e i compagni del CSOA Gabrio

 

 

Fonte:

https://gabrio.noblogs.org/post/2016/08/18/proibizionismo-dagosto-di-laboratori-della-droga-e-muri-sfondati/

 

MESSICO: UN ANNO SENZA I 43

Messico. Una settimana di mobilitazione per gli studenti scomparsi

Messico, manifestazione per i 43 scomparsi

Grande allarme, in Mes­sico, tra i movi­menti e i fami­gliari dei 43 stu­denti scom­parsi il 26 set­tem­bre dell’anno scorso. Si teme una nuova ondata di repres­sione: annun­ciata dall’intervento vio­lento della poli­zia che mar­tedì ha attac­cato la caro­vana di madri che cer­cava di rag­giun­gere la capi­tale: «Siamo arri­vati al limite della pazienza — ha dichia­rato Roge­lio Ortega, gover­na­tore dello stato del Guer­rero -, da adesso in poi, chiun­que attac­chi le isti­tu­zioni dovrà rispon­derne di fronte alla legge». Si rife­riva alla pro­te­sta dei fami­gliari che hanno fatto irru­zione nei locali della Pro­cura gene­rale per gri­dare slo­gan con­tro l’impunità e il nar­co­stato. Quanto alla lega­lità vigente nel Guer­rero, spec­chio di tutto un paese, val­gono le cifre for­nite dallo stesso pre­si­dente neo­li­be­ri­sta Enri­que Peña Nieto: almeno 25.000 scom­parsi dal 2006, la mag­gio­ranza dei quali durante la sua gestione.

Il 26 set­tem­bre dell’anno scorso, un gruppo di stu­denti delle scuole rurali di Ayo­tzi­napa è stato vio­len­te­mente attac­cato da poli­zia locale e nar­co­traf­fi­canti. Il bilan­cio è stato di sei morti — due stu­denti, due gio­vani cal­cia­tori, un tas­si­sta e una pas­seg­gera -, nume­rosi feriti e 43 desaparecidos.

Gli stu­denti delle com­bat­tive scuole rurali pro­te­sta­vano con­tro le poli­ti­che di pri­va­tiz­za­zione del governo. Erano arri­vati a Iguala per rac­co­gliere fondi per cele­brare un altro mas­sa­cro, com­piuto dall’esercito il 2 otto­bre del 1968: la strage di Tla­te­lolco, una delle tante di cui è costel­lata la sto­ria del Mes­sico. Allora, i reparti spe­ciali dell’esercito e della poli­zia ucci­sero oltre 300 gio­vani, a pochi giorni dalle Olim­piadi di Città del Mes­sico. L’anno scorso, gli stu­denti ave­vano «preso in pre­stito» alcuni auto­bus, com’è loro con­sue­tu­dine durante le mobi­li­ta­zioni. Dopo un primo scon­tro con un gruppo di uomini armati accom­pa­gnati da agenti della poli­zia locale, gli stu­denti hanno cer­cato di rac­con­tare l’episodio ai gior­na­li­sti, ma i loro auto­bus sono stati presi di mira da altri indi­vi­dui armati di fucili mitra­glia­tori. In quel fran­gente è stato attac­cato anche un pull­man di cal­cia­tori che tor­nava da una par­tita. Chi non è riu­scito a fug­gire — all’inizio si è par­lato di 58 scom­parsi — è stato inghiot­tito nel buco nero del Messico.

Secondo la ver­sione uffi­ciale, la poli­zia ha con­se­gnato gli stu­denti ai nar­co­traf­fi­canti, che li hanno uccisi e bru­ciati in una disca­rica del cir­con­da­rio, a Cocula. Un’indagine basata sulle dichia­ra­zioni dei pen­titi, ma subito con­te­stata dalle con­tro­in­chie­ste gior­na­li­sti­che e dalle peri­zie indi­pen­denti. Di recente, il Gruppo Inter­di­sci­pli­nare di Esperti Indi­pen­denti (Giei), isti­tuito dalla Com­mis­sione Inte­ra­me­ri­cana per i Diritti Umani — organo dell’Organizzazione degli stati ame­ri­cani (Osa) -, ha pre­sen­tato un rap­porto di 500 pagine che con­futa i risul­tati uffi­ciali. Per lo stato, quella con­se­gnata ai media e alle fami­glie, è la verità «sto­rica». Così l’aveva defi­nita l’ex Pro­cu­ra­tore gene­rale Murillo Karam. La sua rispo­sta alle domande del pub­blico — «adesso mi sono stu­fato» — è diven­tata lo slo­gan capo­volto dei mani­fe­stanti in piazza, che hanno urlato: «Io mi sono stan­cato» delle false verità di stato.

Il Giei ha invece evi­den­ziato l’impossibilità di bru­ciare un così gran numero di corpi in quella disca­rica. Ha chia­mato in causa le com­pli­cità dell’esercito e della poli­zia fede­rale, ed ha anche avan­zato l’ipotesi che gli stu­denti quel giorno pos­sano aver messo le mani su un grosso carico di droga tra­spor­tata su uno dei pull­man. Finora, sono stati iden­ti­fi­cati i resti cal­ci­fi­cati di due stu­denti. Ma gli esperti indi­pen­denti avan­zano dubbi: intanto, i fram­menti di un dito e di un dente non cer­ti­fi­cano la morte; e poi, nes­suno ha visto il sacco nero con­te­nente i resti nella disca­rica di Cocula; e ancora: se gli stu­denti sono stati ince­ne­riti, dove può esi­stere un forno cre­ma­to­rio così grande? Nelle caserme mili­tari — rispon­dono i fami­gliari — dove si tor­tura e si uccide. Una pra­tica pro­vata in tutti quei paesi — come la Colom­bia e il Mes­sico — dove i para­mi­li­tari fanno scom­pa­rire le loro vit­time con la com­pli­cità dell’esercito.

In Mes­sico e in altre parti del mondo, è ini­ziata una set­ti­mana di mobi­li­ta­zioni. I fami­gliari degli scom­parsi hanno ini­ziato uno scio­pero della fame. Anche quelli dei gio­vani cal­cia­tori, il cui pull­man è stato attac­cato un anno fa, chie­dono giu­sti­zia e un incon­tro urgente con il pre­si­dente Nieto. Chie­dono anche che gli esperti Giei pos­sano inda­gare per altri sei mesi. Nieto ha pro­messo una com­mis­sione d’inchiesta indi­pen­dente a cui nes­suno crede: anche per­ché, al Senato, l’arco dei par­titi non ha tro­vato un accordo per for­marla. Cin­que madri degli scom­parsi hanno intanto rag­giunto gli Stati uniti, dove con­tano di incon­trare il papa e di espor­gli le ragioni dello scio­pero della fame. Hanno già par­te­ci­pato a una veglia per i diritti dei migranti e con­tano di recarsi al Con­gresso a Washing­ton per chie­dere a Obama che ritiri il soste­gno a Nieto e alle sue poli­ti­che narco-militari. Il 27, andranno poi a Fila­del­fia, dove si recherà Ber­go­glio per pre­sen­ziare all’Incontro mon­diale delle fami­glie. Spe­rano dica qual­cosa con­tro le spa­ri­zioni forzate.

Anche in Ita­lia sono annun­ciati dibat­titi e ini­zia­tive. E’ già attiva una cam­pa­gna per ricor­dare il gior­na­li­sta Ruben Espi­nosa, ucciso di recente. Si sono espresse asso­cia­zioni come Amne­sty inter­na­tio­nal, che ha dedi­cato ampio spa­zio al Mes­sico degli scom­parsi nel suo ultimo rap­porto. Sabato a Roma (Cen­tro sociale La Strada) si pro­iet­terà un video a par­tire dal libro-inchiesta di Fede­rico Mastro­gio­vanni, edito da Derive Approdi. Ieri, alla Camera, il gior­na­li­sta — che vive in Mes­sico — ha par­te­ci­pato a una con­fe­renza stampa indetta da Sel, che chie­derà al governo Renzi san­zioni con­tro Peña Nieto.

 

 

Fonte:

http://ilmanifesto.info/un-anno-senza-i-43/

2 SETTEMBRE: PRESIDIO AL TRIBUNALE DI MESSINA IN SOLIDARIETA’ CON UNA COMPAGNA E UN COMPAGNO ARRESTATI

Martedì 1 settembre 2015

Dopo i vergognosi arresti di ieri, i centri sociali messinesi si mobilitano. Inoltriamo il comunicato dei compagni del Pinelli

Sui fatti di ieri, sulla repressione e sull’urgenza di aprire nuovi spazi di libertà

La sequenza dei fatti accaduti ieri e l’arresto di due compagni, attualmente ai domiciliari, mostrano con chiarezza quale sia il quadro securitario dentro cui ci muoviamo. Al massimo controllo sui deboli (migranti, sfrattati, disoccupati,”pazzi”) e su chiunque si opponga allo stato di cose presenti, corrisponde la totale deregolamentazione per imprese, lobby e speculatori.

Con la questione del decoro urbano, in questa vicenda, si vorrebbe celare un’incapacità di fondo ad affrontare questioni sostanziali come ad esempio il problema abitativo, quello degli abusi psichiatrici e più in generale quello di un’opposizione sociale sempre più slegata dai dispositivi istituzionali.

Al netto delle falsità raccontate sulla dinamica dei fatti, le misure sproporzionate adottate verso chi partecipava ad un presidio contro la criminalizzazione della miseria e del disagio, sono chiaramente un atto di repressione nei confronti di militanti impegnati in un percorso di mobilitazione contro una “governance autoritaria” non certo confinata nella città dello stretto.

Le paranoie di un consigliere comunale, nostalgico del ventennio, ingastrito alla vista di una tenda, diventano scenario di criminalizzazione e repressione di tutte le forme di dissenso e di conflittualità eccedenti lo spazio – sempre più asfittico e sclerotico – del discorso politico dominante. Non a caso la compagna arrestata è anche una militante del Movimento NOMUOS.

Complici e solidali con Irene e Sergio ne pretendiamo la immediata liberazione.

Per questo chiediamo a tutte e tutti di essere al Tribunale Mercoledì 2 settembre alle 9, per dire ancora una volta che rifiutiamo una organizzazione della società che produce solo povertà, paure e solitudini.

TEATRO PINELLI

Qui le circostanze degli arresti di ieri

Leggi anche

 

 

Fonte:

http://www.officinarebelde.org/spip.php?article1119

 

Qui l’evento su Facebook:

https://www.facebook.com/events/118460885171475/