Sophia Wilansky: la ragazza che ha perso un braccio per difendere Standing Rock

 

 

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http://earthriot.altervista.org/blog/3989-2/

Nord Dakota, idranti e gas lacrimogeni contro manifestanti: continua la protesta dei Sioux contro l’oleodotto

Nord Dakota, idranti e gas lacrimogeni contro manifestanti: continua la protesta dei Sioux contro l'oleodotto
 (reuters)
Idranti e gas lacrimogeni contro i manifestanti. Le proteste non si fermano in Nord Dakota, dove qualche centinaio di persone sta da mesi manifestando contro la realizzazione di un oleodotto che distruggerebbe i territori sacri ai Sioux. Alcuni dei presenti hanno denunciato l’uso di proiettili di gomma da parte della polizia, come è stato documentato anche dai fotografi Reuters. “Li hanno attaccati con gli idranti – afferma LaDonna Brave Bull Allard, della tribù dei Standing Rock – Quella notte era freddo, il termomentro segnava meno cinque gradi”. Molti hanno rischiato l’ipotermia, denuncia lo Standing Rock Medic & Healer Council tramite un post su Facebook. Il dipartimento dello sceriffo di Morton County si è giustificato denunciando l’aggressività dei manifestanti
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Calais,migliaia di migranti iniziano ad essere deportati in una Europa avara di solidarietà

Lunedì 24 Ottobre 2016 14:50

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Si parla all’ attuale di 1051 migranti evacuati da Calais secondo la prefettura, a oltre 15 ore dall’ inizio delle operazioni di sgombero della Jungle, che procedono a rilento rispetto alle tempistiche dichiarate. Llo smantellamento e la demolizione delle strutture si affianca dunque lo spostamento forzato di migliaia di persone che lì ci hanno vissuto.

I media nostrani si stanno applicando a fare da sponda ai colleghi generalisti d’oltralpe, con l’ ANSA che ha definito “un inferno” la Jungle, luogo diventato patria quasi forzata per approssimativamente 10mila persone migranti.

Le resistenze all’ interno del campo sono state al momento neutralizzate dall’ ingente presenza di forze dell’ ordine armate, aggiuntesi a quelle già presenti nel circondario di Calais con l’ utilizzo di grossi bus a più piani.
Nel vortice della disputa francese e non solo, nell’ incalzare di una propaganda mediatica nazionalista senza esclusioni di colpi e con pochi riguardi di umanità per le migliaia di persone giunte dopo infiniti esodi rifuggendo povertà e situazioni a rischio per la propria esistenza, l’aria attorno alla Jungle si è fatta man mano pesante fino a diventare irrespirabile nelle ultime settimane.
Irrespirabile come i lacrimogeni lanciati ieri notte contro i migranti che si sono frapposti all’ inizio delle operazioni o come quelli destinati a chi si è ribellato al muro della vergogna voluto a Calais dal Governo Inglese.

Calais come simbolo della cristallizzazione dell’ innalzarsi di nuove barriere e della incapacità di forme di solidarietà efficaci a poterne contrastare il loro sorgere in un contesto globale che tra crisi in “occidente” da una parte, e focolai di guerre per le risorse strategiche dall’ altra, mette all’ ultimo posto la dignità degli uomini poveri e l’umanità nei loro confronti.

Ora ci si chiede di prestare attenzione acché i bambini sgomberati non finiscano nelle mani di trafficanti; pare che siano 1291 i minori non accompagnati che resteranno a Calais in attesa di una collocazione certa, il che la dice lunga sulla preparazione di questa operazione, portata a livello militare ma senza alcuna strategia pregressa effettivamente mirata di collocamento di persone, se non di un eventuale reinserimento in una società che in buona parte li sta ripudiando e in cui peraltro non vorrebbero stare. Citando una frase apparsa in queste ore sul web: “Radunati all’alba. Impacchettati e spediti altrove. Questa è l’idea di “accoglienza” della Fortezza Europa”.

 

 

Fonte:

http://www.infoaut.org/index.php/blog/migranti/item/17768-calaismigliaia-di-migranti-iniziano-ad-essere-deportati-in-una-europa-avara-di-solidariet%C3%A0

Charlotte, non si placa la rabbia: sfidato il coprifuoco, terza notte di scontri; morto un manifestante ferito

Venerdì 23 Settembre 2016 08:33

 

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Terzo giorno di proteste e scontri con la polizia a Charlotte. La comunità afroamericana non si dà pace, e non vuole sottostare al silenzio che si cerca di imporre manu militari nella città del Carolina. L’ondata di proteste ha raggiunto il centro-città, laddove ci sono stati i tentativi più decisi di disperdere la folla con lacrimogeni e bombe stordenti. Muore intanto un uomo di colore ferito per colpi di arma da fuoco nei primi giorni di scontri proprio a seguito dell’uccisione di Lamont Scott, accrescendo ancor di più la tensione, con il sindaco che ha dichiarato il coprifuoco notturno estendendolo a tutta la città.

Come se non bastasse l’arroganza dell’atteggiamento repressivo dei cops a Charlotte, è sopraggiunta la notizia di un’altra morte in appartamento per un 21enne afroamericano pestato da cinque agenti in Alabama.

Anche in questo caso la macchina mediatica del fango nordamericana si è messa repentinamente in moto, deviando l’attenzione sui comportamenti alterati del ragazzo che avrebbero portato alla segnalazione alle pattuglie di polizia che si sono mosse per fare poi irruzione nell’appartamento.

Cresce la solidarietà anche in altri stati federali, con varie marce e cortei, in particolare a New York, dove due notti fa un blocco improvvisato nei pressi di Manhattan ha portato all’arresto di 9 persone.

Frattanto, la continuità delle proteste e dei blocchi stradali a Charlotte sta mettendo in apprensione l’apparato istituzionale dello Stato Federale, portando al coprifuoco nelle strade, non rispettato dai manifestanti. La tensione è palpabile, anche perché il meccanismo protettivo delle guardie federali nei confronti del loro collega che ha ucciso Keith Lamont Scott (disabile) ha portato a dire che non risulterebbe chiaro se la vittima avesse in mano con sè un’arma da fuoco. Una comunicazione a mezzo stampa che stride fortemente con i testimoni oculari della scena del delitto, e di certo non placa la sete di giustizia nè può smorzare l’odio di chi è sceso in strada.

 

 

Fonte:

http://www.infoaut.org/index.php/blog/metropoli/item/17631-charlotte-non-si-placa-la-rabbia-sfidato-il-coprifuoco-terza-notte-di-scontri-morto-un-manifestante-ferito

 

Leggi anche qui:

http://www.infoaut.org/index.php/blog/prima-pagina/item/17619-afroamericano-ucciso-a-charlotte-dalla-polizia-scoppia-la-rivolta-e-i-media-gettano-fango

BRASILE: ALMENO OTTO UCCISIONI DI POLIZIA DURANTE LE OLIMPIADI

Forze di sicurezza in Brasile
Forze di sicurezza in Brasile

Il Brasile ha perso la più importante medaglia di Rio 2016: diventare campione dei diritti umani“, ha dichiarato Atila Roque, direttore generale di Amnesty International Brasile.

Secondo l’organizzazione per i diritti umani, a Rio de Janeiro durante lo svolgimento delle Olimpiadi sono state uccise almeno otto persone nel corso di operazioni di polizia e manifestazioni pacifiche sono state duramente represse.

Le autorità brasiliane hanno perso un’occasione d’oro per dare seguito alla promessa di adottare politiche in materia di sicurezza che avrebbero reso Rio una città sicura per tutti. L’unico modo per rimediare ai molti errori commessi durante le Olimpiadi è quello di assicurare indagini efficaci sulle uccisioni e sulle altre violazioni dei diritti umani commesse dalle forze di polizia e assicurare i responsabili alla giustizia” – ha aggiunto Roque.

Nel 2016 le uccisioni ad opera della polizia sono aumentate di mese in mese mentre Rio si preparava a dare il benvenuto al mondo.

Secondo l’Istituto per la pubblica sicurezza dello stato di Rio de Janeiro, in città la polizia ha ucciso 35 persone ad aprile, 40 a maggio e 49 a giugno, con una media sempre superiore a un omicidio al giorno.

Operazioni di polizia segnate dalla violenza si sono svolte per tutta la durata delle Olimpiadi in diverse parti di Rio, tra cui Acari, Cidade de Deus, Borel, Manguinhos, Alemão, Maré, Del Castilho e Cantagalo. Tre persone sono state uccise a Del Castilho, quattro a Maré e una a Cantagalo. Il bilancio potrebbe aumentare se arriverà la conferma di ulteriori morti in due altre favelas, Acari e Manguinhos.

Gli abitanti di queste zone hanno denunciato altre violazioni dei diritti umani da parte della polizia, come irruzioni nelle abitazioni, minacce di morte e aggressioni fisiche e verbali.

La “guerra alla droga” e l’uso di armi pesanti nel corso delle operazioni di sicurezza hanno posto a rischio la vita degli stessi agenti di polizia, almeno due dei quali sono stati uccisi nei primi 10 giorni delle Olimpiadi.

Nella prima settimana di svolgimento dei Giochi (5-12 agosto), nella regione metropolitana di Rio hanno avuto luogo 59 scontri a fuoco (in media, quasi otto e mezzo al giorno), rispetto ai 32 della settimana precedente.

Nello stesso periodo, la violenza armata ha causato almeno 12 morti e 32 feriti, secondo Cross-Fire, una app lanciata a luglio da Amnesty International per segnalare episodi di violenza nelle favelas.

Le manifestazioni di protesta sono state durante represse dalle forze di polizia, sia all’interno che all’esterno degli impianti sportivi. Dal 5 al 12 agosto, proteste pacifiche sono state sciolte con violenza, anche mediante l’uso di gas lacrimogeni e granate stordenti. Diverse persone sono state arrestate mentre altre sono state allontanate dagli impianti sportivi per il mero fatto d’indossare magliette su cui erano scritti messaggi di protesta, in violazione del diritto alla libertà d’espressione.

A San Paolo, il 5 agosto, la polizia ha represso una manifestazione con estrema violenza arrestando 100 persone, tra cui almeno 15 minorenni.

Al termine dei Giochi olimpici ci ritroviamo con politiche di pubblica sicurezza ancora più militarizzate, basate su una repressione molto selettiva, sull’uso eccessivo della forza e sull’impiego di agenti di polizia nelle favelas come se fossero in azione da combattimento. Il risultato già si è visto: l’aumento del numero delle uccisioni e di altre violazioni dei diritti umani, soprattutto ai danni di giovani neri” – ha commentato Roque.

Ancora una volta, l’eredità di un grande evento sportivo svolto in Brasile è stata macchiata dalle uccisioni di polizia e dalle violazioni dei diritti umani ai danni di manifestanti pacifici. Il Comitato olimpico internazionale e altri organismi che si occupano di organizzazione di eventi sportivi non devono permettere che questi si svolgano a scapito dei diritti umani delle persone” – ha concluso Roque.

 

 

Fonte:

http://www.amnesty.it/Brasile-almeno-otto-uccisioni-polizia-durante-olimpiadi

Ventimiglia, caricati i migranti alla frontiera. Comunicato del presidio No Borders

 

Fonte:

https://www.facebook.com/permalink.php?story_fbid=1009470369171143&id=782827925168723

Alta tensione al confine tra Ventimiglia e Mentone. La polizia ha sgomberato con violenza circa 200 migranti che – come l’anno scorso – avevano nuovamente occupato la pineta dei Balzi Rossi, a 50 metri dalla frontiera. Tutto ha avuto inizio nella notte del 4 agosto, quando un gruppo di oltre 300 persone è riuscito ad allontanarsi dal centro della Croce rossa a Ventimiglia, passando dalla ferrovia. Cercavano di raggiungere la Francia. Il giorno dopo, il gruppo si è accampato al confine, raggiunto da un imponente schieramento di polizia.

Gli attivisti che l’anno scorso avevano accompagnato i migranti nel campeggio No Border alla frontiera, hanno cercato di portare loro cibo e acqua, ma sono stati respinti dalla polizia e portati in caserma a Ventimiglia. Due persone hanno ricevuto il “foglio di via”, che impedisce loro di accedere a 16 comuni della provincia di Imperia, altre due sono state trattenute nella stazione francese della Police de Frontières (Paf) e gli è stato notificato il divieto di tornare in Italia per cinque anni.

Durante una giornata di trattative, i migranti hanno ribadito le loro richieste e l’indisponibilità a rientrare in quello che considerano un carcere in cui si verificano “quotidiani soprusi”: l’accampamento di container installato alla periferia di Ventimiglia e gestito dalla Croce rossa. Hanno chiesto la libertà di un loro compagno, arrestato giorni prima.
E poi, la carica. Un gruppo di migranti riesce a fuggire oltreconfine, ma parte la caccia della polizia francese.
In totale, 17 attivisti europei sono stati fermati dalla polizia italiana e francese, 7 solidali sono stati portati in questura a Imperia. Un immigrato, rimasto gravemente ferito, è stato ricoverato all’ospedale traumatologico. La polizia ha anche fatto irruzione nei locali del Freespot, uno spazio di solidarietà ai migranti aperto dai No Border a Camporosso.

Sono tornati nei container 118 migranti, altri 25 sono nelle mani della Paf, altri sono stati mandati nei centri di identificazione nel sud Italia, dove saranno identificati ed espulsi. Gli attivisti denunciano che diversi autobus delle Lignes d’Azur hanno “deportato” i migranti impedendogli di scendere, su indicazione della polizia e che solo 60 di loro sono stati riammessi in Italia. Per oggi è stato indetto un presidio a Ventimiglia.

Intanto, continuano le polemiche e le prese di posizione. La senatrice del Pd, Donatella Albano, dice che “non è tollerabile che si blocchino strade o si ripetano insediamenti abusivi”, ma chiede che “i diritti vengano rispettati”. Il sindaco di Ventimiglia, Enrico Ioculano avverte che: «il centro di accoglienza del Parco Merci dev’essere l’unico punto di riferimento. Chi crea disagi a Ventimiglia non ci può stare. La manifestazione è pretestuosa e non porta a alcun risultato. È ormai evidente che attività di questo genere vengono studiate ad hoc per creare disagio e disturbo».
Ed è salito a 400 il numero dei migranti che oramai da un mese sono accampati nei giardini della stazione ferroviaria di Como. Sono in maggior parte etiopi ed eritrei che hanno inutilmente tentato di raggiungere la Germania in treno e che sono stati respinti a Chiasso dalle autorità svizzere.

Geraldina Colotti da il manifesto

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Comunicato del presidio No Borders Ventimiglia – 6 agosto 2016.

Dopo un volantinaggio in spiaggia abbiamo deciso di andare verso il centro della Croce Rossa, dove i migranti erano stati forzati a rientrare in seguito alla protesta dei balzi rossi di ieri.

Stavamo tranquillamente raggiungendo il luogo lungo i binari dismessi del Parco Roja quando d’improvviso una camionetta di polizia antisommossa si è schierata di fronte a noi per bloccarci.

Non c’è stato nessuno “scontro”, i celerini, scudi e manganelli alla mano, hanno sparato diversi gas lacrimogeni per allontanarci. Di fronte alla nostra ritirata, siamo stati inseguiti e attaccati dalle camionette in corsa a tutta velocità.

I poliziotti sono riusciti a fermare alcuni compagni a suon di manganellate.

Le persone fermate sono 11.

Abbiamo poi appreso dalla stampa che un agente è rimasto vittima di un infarto durante questa operazione.

Sappiamo che c’è già chi sarà pronto a strumentalizzare questo episodio, ma la responsabilità di quanto accaduto è tutta della questura e delle istituzioni, della loro assurda gestione dei migranti in transito a Ventimiglia.

Questa giornata ne è l’ennesima prova.

 

 

Fonte:

http://www.osservatoriorepressione.info/ventimiglia-caricati-migranti-alla-frontiera-comunicato-del-presidio-no-borders/

BAMBINO PALESTINESE UCCISO DALLE FORZE ISRAELIANE CON UN PROIETTILE NEL CUORE

13729162_10155063404560760_3291163995241314617_nGerusalemme. Martedì sera, un bambino palestinese di 12 anni, Muhye Muhammad Sidqi al-Tabbakhi, è stato ucciso dai soldati israeliani al-Ram, nel nord di Gerusalemme: proiettili di metallo rivestiti di gomma lo hanno colpito al cuore.

Il bambino è stato dichiarato morto all’arrivo in ospedale.

A al-Ram erano scoppiati scontri tra le forze di occupazione e giovani locali. Alle pietre lanciate dai ragazzi i soldati hanno risposto con proiettili e lacrimogeni.

© Agenzia stampa Infopal

“Agenzia stampa Infopal – www.infopal.it”

http://www.infopal.it/bambino-palestinese-ucciso-dalle-forze-israeliane-con-un-proiettile-nel-cuore/

Rio 2016: Jhonata, 16 anni ucciso con uno sparo alla testa da un poliziotto militare nella favela Borel

01.07.16

RIO 2016: JHONATA, 16 ANNI, UCCISO CON UNO SPARO ALLA TESTA DA UN POLIZIOTTO MILITARE NELLA FAVELA BOREL. LA GIUSTIFICAZIONE: SACCHETTO DI POP CORN “CONFUSO” PER UN SACCHETTO DI DROGA

Un altro giovane nero di una favela di Rio è stato ucciso dalla polizia militare ieri sera (30.06) nella favela Morro do Borel a Rio de Janeiro. Si chiamava Jhonata Dalber Matos Alves e aveva 16 anni.

Jhonata non abitava in quella zona, vi si era recato per far visita agli zii. Era uscito di casa insieme ad un amico per andare a comprare un sacchetto di pop corn e forse proprio quel sacchetto che aveva in mano gli è stato fatale: sarà droga, hanno pensato i poliziotti militari e BUM! Centrato in piena testa. I poliziotti diranno poi che nella zona era in corso un conflitto a fuoco con i trafficanti, che una moto con dei banditi a bordo era appena transitata e che il ragazzo è stato colpito per sbaglio, la solita storia insomma…

Tutte le testimonianze degli abitanti della zona concordano nel dire che la situazione era assolutamente tranquilla e che non c’era nessuna sparatoria in corso.

Un abitante della favela ha filmato il momento in cui il ragazzo è stato raccolto e portato via dai poliziotti, ancora in vita. All’ospedale hanno tentato un intervento urgente, ma Jhonata non ce l’ha fatta. Nella serata gli abitanti di Borel sono scesi in strada per protestare. La polizia ha represso la giusta rivolta con lacrimogeni e pallottole di gomma. Nella favela è scattato il coprifuoco e a tarda notte giungevano notizie di abitanti chiusi nelle loro case invase dai gas lacrimogeni. Mentre scriviamo mancano 35 giorni, 14 ore e 34 minuti alla cerimonia di apertura dei Giochi Olimpici.

13.07.16

Nei quartieri dei ricchi la polizia militare non si confonde mai

Il 30 giugno scorso, Jhonata, studente di 16 anni, è stata l’ennesima vittima delle UPP (Unità di Polizia Pacificatrice) in una favela di Rio. è stato “PACIFICATO PER SEMPRE” con uno proiettile conficcatogli nella testa da un poliziotto militare. Secondo le testimonianze degli abitanti della favela, i poliziotti avrebbero confuso il sacchetto di pop corn che Jhonata portava in mano con un sacchetto di droga. La polizia militare di Rio de Janeiro (come potrete constatare in questo breve documento) è un’autentica specialista in “confusioni”! Si confonde praticamente ogni giorno, ma solo nelle favelas e nelle periferie. Non si registrano, infatti, casi di “confusione” nei quartieri benestanti della città…

I numeri spaventosi di omicidi commessi dai poliziotti militari di Rio sono tornati spaventosamente a crescere con l’approssimarsi della Coppa del Mondo di calcio prima ed ora con le Olimpiadi.

Negli ultimi 10 anni, secondo i dati raccolti dalla ONG Human Rights Watch, la sola polizia di Rio ha ucciso “ufficialmente” più di 8000 persone, il 77% delle quali giovani, nere e abitanti nelle periferie e nelle favelas. Tra gennaio e maggio di quest’anno, sempre secondo i dati ufficiali, si sono registrati 322 omicidi. Anche i poliziotti muoiono in servizio: le statistiche indicano che un poliziotto muore ogni 25 civili uccisi.

Fonte:

http://carlinhoutopia.wix.com/carlinhonews#!jhonata-16-anni-ucciso-dalla-polizia-mil/c1bnl

Parigi, manifestante ferito da un lacrimogeno durante la manifestazione contro la Loi Travail

#‎FRANCIA‬
Ieri a Parigi, nella manifestazione nazionale contro la Loi Travail et son monde, un manifestante ha ricevuto una granata lacrimogena tirata ad altezza uomo. L’impatto gli ha danneggiato la nuca, le capsule gli si sono aperte addosso cospargendogli il corpo di gas lacrimogeno e bruciando il colletto della sua t-shirt. Adesso rischia di rimanere tetraplegico.
Questa foto è brutta da guardare ma riflette una realtà delle manifestazioni, in Francia, nel 2016.
Le violenze della polizia contro i manifestanti crescono di giorno in giorno – numerosi sono stati i feriti alla manifestazione di ieri e copioso era il sangue su Boulevard des Invalides – così come però la determinazione del movimento a non lasciarsi intimidire. Qui il video del momento della caduta del manifestante, con la polizia che inizialmente allontana e colpisce medici e giornalisti: http://bit.ly/1tqHq73.

foto di DINAMOpress.

Corteo in ricordo di Clément Meric

Domenica 05 Giugno 2016 15:08

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Il 4 di giugno a Parigi si è reso omaggio con un corteo antifascista partecipato e determinato a Clément Méric, militante antifascista ucciso da estremisti di destra tre anni fa. La manifestazione di ieri arriva in pieno movimento sociale contro la Loi travail, in un momento di criminalizzazione dei gruppi militanti che vede un particolare accanimento nei confronti dei compagni dell’Antifa Paris Banlieue, in seguito al caso della macchina della polizia bruciata, per la quale alcuni di loro sono stati accusati. Proprio in questo senso va letta la decisione della prefettura di obbligare la manifestazione di ieri a percorrere il canale sul quai de Valmy, luogo ostile in termini di mobilità per la prossimità al canale e luogo in cui la famosa macchina della polizia è stata data alle fiamme qualche settimana fa. Molti slogan hanno infatti mostrato la solidarietà agli incolpati sottolineando la strategia della prefettura a colpire nel mucchio cercando di delegittimare e indebolire il movimento.

Arrivati dunque all’altezza di quai de Valmy la polizia ha deciso di bloccare il corteo che avrebbe dovuto proseguire il percorso fino a Menilmontant effettuando una sorta di vendetta a colpi di cariche violente, lacrimogeni, granate (le stesse che hanno ridotto in coma un giornalista due settimane fa) e flashball. Nonostante la volontà delle prime file di proteggere il corteo e di avanzare, la violenza del dispositivo poliziesco ha impedito alla manifestazione di continuare oltre, finendo per creare una “nassa” (modalità di accerchiamento dei manifestanti) sotto una pioggia di lacrimogeni. La situazione si è quindi cristallizzata per più di quattro ore, concludendosi con varie decine di persone portate in commissariato per un controllo di identità, dove all’uscita hanno trovato un presidio di solidarietà ad attenderle.

Il 4 giugno a Parigi è stata una giornata importante, densa di voci che all’unisono hanno scandito “Siamo tutt* antifascist*”, di solidarietà di fronte a chi tenta di dividere chi lotta, di ricordo a tutte le vittime del fascismo e della polizia. Ma anche difficile da affrontare in un contesto sempre più repressivo che ha il chiaro obiettivo di impedire con ogni arma, poliziesca o giuridica, l’espressione del conflitto.

Da Clement a Dax passando per Zyed e Bounna, un solo grido : on n’oubli pas on ne pardonne pas (non dimentichiamo e non perdoniamo).

Parigi 5 giugno 2016

Fonte: