Per il PD di Renzi la “serenità” è una testa spaccata

Mercoledì 12 Ottobre 2016 09:26

testaspaccatademariaNel PD di Renzi ad essere consigliati di “stare sereni” c’è minimo da guardarsi le spalle con tre occhi, dato che un simile augurio prelude ad accoltellamenti alle spalle e colpi sporchi e bassamente sleali – che spesso si risolvono ai danni degli stessi colleghi di partito, in una primordiale faida di potere.

Così non deve sorprendere che nella giornata di ieri, nel corso delle violente operazioni di sgombero del Condominio Sociale Occupato di via Mario de Maria a Bologna, piccoli cloni renziani come la neo-assessora alla casa Virginia Gieri parlino, dopo aver dichiarato di “non conoscere la strategia di operazione della polizia”, di occupanti “usciti serenamente”.

Non solo la mattinata bolognese è stata costellata da minacce e intimidazioni da parte della celere ai cronisti, fisicamente impossibilitati a documentare gli eventi da vicino (anche se non è mancato chi ha sgomitato fino all’ultimo per accaparrarsi l’osso rancido mollato dal banchetto della questura: “sembra di vedere bambini usati come scudi umani…”); non solo l’estrema resistenza degli occupanti ed il corteo selvaggio dei solidali hanno comunicato un’atmosfera nel quartiere Bolognina non esattamente da Mulino Bianco; ma c’è chi effettivamente è rimasto intossicato dai gas al peperoncino, raggiunto dagli agenti dopo l’abbattimento da parte di questi di un muro interno (in un edificio il cui sgombero è stato caldeggiato da taluni media per presunti dissesti strutturali) e finito in ospedale, con la testa aperta. Non è mancato il tentativo da parte degli agenti di insabbiare i propri misfatti sequestrando i telefoni cellulari degli occupanti e cancellando foto e video che li inchiodavano.

murodemariaLa realtà viene così ad essere contraddetta in modo assolutamente plateale e grottesco: una costante istituzionale degli ultimi tempi laddove nella vicina Piacenza, davanti all’uccisione dello scioperante Abdesselem, la locale procura si era sprecata a dichiarare che al momento della tragedia “non fosse in corso nessun picchetto”. Oppure che a Roma, durante la sua custodia nelle mani dello Stato, il povero Stefano Cucchi sia morto di “epilessia”.

Non possiamo a questo punto che augurare a nostra volta tanta serenità al PD nei mesi a venire; ed un grande NO sociale, dal basso e da più parti, che dia finalmente la sveglia a questo disastrato paese.

 

 

Fonte:

http://www.infoaut.org/index.php/blog/varie/item/17712-per-il-pd-di-renzi-la-serenit%C3%A0-%C3%A8-una-testa-spaccata

POST DAL CONFINE SERBO-UNGHERESE DOPO LE CARICHE E I GAS CONTRO I MIGRANTI

Pubblichiamo questo post scritto da Valentina un’attivista della staffetta #overthefortress

Quello che abbiamo visto ieri al confine serbo-ungherese è sicuramente una delle cose più angosciati e vergognose che possano capitare alle porte dell’Europa fortezza.

Da mezzanotte di lunedì migliaia di persone sono confluite in questo punto del confine, memori dei giorni precedenti in cui si riusciva ancora a passare in Ungheria e la Merkel dichiarava di accogliere tutti. Le informazioni che il confine si stava fortificando arrivavano anche a loro, ma nessuno credeva sino in fondo che la militarizzazione sarebbe stata così spinta. Due giorni fermi lì, quindi, in piedi davanti al cancello, urlando “open the door open the door we want freedom thank you Germany“, ma niente.

All’inizio la polizia ungherese sembrava “tranquilla” sebbene in assetto antisommossa. Poi manganellate sulle mani a chi si appoggiava al cancello. Alcuni scuotono la rete e partono gli spray urticanti. Qualcuno lancia dentro degli oggetti ed immediatamente lacrimogeni.

Inizia una mezz’ora di delirio, copertoni bruciati, dal lato ungherese si avvicina un camion-idrante che spara acqua, sale e urticante.

La polizia serba osserva senza agire, suggerisce solo di stare attenti. Tutto ad un tratto la polizia ungherese indietreggia e abbassa gli scudi, lo stesso fa il camion. I migranti si fermano e si avvicinano tranquilli al cancello, felici, applaudendo e urlando “thank you thank you“.

Si apre un varco nella rete, entra la prima persona, un ragazzo siriano con un megafono gestisce la situazione tenendo calme le persone. Lentamente iniziano ad entrare le persone, si avvicinano piano alla polizia ferma, che non reagisce. Gli uomini si fermano a metà (mentre altri aprono definitivamente il cancello verde e spostano le barriere antipanico), la gestione dei presenti da parte dei ragazzi davanti è perfetta: no caos, no agitazioni. A questo punto sembra fatta: il muro della fortezza Europa è caduto, si può passare, una donna con due bambini mi abbraccia, entrambe con le lacrime agli occhi. “Troppo facile“, penso. “Fanno passare avanti donne e bambini“. Ma no, donne bambini e giornalisti davanti, non può succedere niente“. Vedo tre persone dietro la polizia con la pettorina dell’UNHCR, trattano con polizia, qualche volontario e le prima donne arrivate davanti. E’ fatta, ne sono tutti sicuri. Due, tre o quattrocento persone confluiscono a ridosso della polizia. “Ora si spostano, ora si spostano.” Indietreggio per lasciare passare questo fiume di persone che sorride e piange di felicità. “Li fanno passare!”

E’ un attimo, un rumore, un urlo.. La polizia carica. Quanti sono? 50 o 100 poliziotti, caricano tutti, manganellano, il camion spara in aria lacrimogeni che cadono sulla gente che scappa verso la Serbia, fuga, paura negli occhi delle persone, bambini che urlano e piangono dal male che fa il gas. Bambini che sanguinano, donne disperate, giornalisti feriti. Panico, 10 minuti di puro panico. Le ambulanze serbe soccorrono i feriti.

Ma c’è qualcuno che non è riuscito a tornare indietro: la donna che ho abbracciato con i suoi figli non si vede, probabilmente è stata trattenuta e sicuramente non per fare richiesta asilo. Un padre ha perso il figlio (di cui abbiamo il documento). Temiamo che ci siano feriti gravi, dentro.

La domanda è: era tutto premeditato, vero? Perché li avete fatti entrare per poi caricarli così brutalmente? Perché?

Staffetta ‪#‎overthefortress‬, 17 settembre 2015

 

 

Fonte:

http://www.meltingpot.org/Post-dal-confine-serbo-ungherese-dopo-le-cariche-e-i-gas.html#.Vfs6MJerF6J

UN ALTRO GIORNO DI LOTTA AI CONFINI INTERNI DELLA FORTEZZA EUROPA

 

La repressione delle autorità europee contro i migranti si intensifica ovunque, e nello stesso tempo crescono le lotte per opporsi al regime dei controlli e delle frontiere.
Una breve panoramica sulle ultime 24 ore.

Ungheria

A Bicske, a 40 km da Budapest, la maggior parte migranti che erano stati fatti salire con l’inganno, facendogli credere di essere diretti in Germania, ma destinati ad un centro identificazione, hanno resistito alla deportazione e la protesta continua tuttora. Oltre alla segregazione nei centri, rifiutano anche acqua e cibo: tutto quel che vogliono è poter lasciare il paese.

Ungheria: i migranti in protesta a Bicske

Nel centro identificazione , sempre a Bicske, i migranti stamattina sono fuggiti.

Ungheria: i migranti in fuga dal centro identificazione di Bicske

A Budapest, mille persone migranti bloccate alla stazione di Keleti hanno intrapreso stamattina una marcia per raggiungere l’Austria a piedi.

#Ungheria La marcia dei migranti a Budapest, per lasciare il paese

Nel centro di detenzione di Roszke , al confine con la Serbia, stamattina centinaia di persone recluse sono riuscite a scappare. E’ intervenuta la polizia antisommossa con lacrimogeni e spray urticanti.

#Ungheria la fuga dal centro detenzione e la repressione a Röszke

Grecia

Nel centro di detenzione di Amygdaleza, vicino ad Atene, i migranti reclusi hanno cominciato ieri sera uno sciopero della fame. Le condizioni del centro, rimasto aperto malgrado le promesse governative, sono rimaste disastrose, il cibo è pessimo e manca l’assistenza sanitaria.

Nell’isola di Kos ieri sera i migranti sono stati attaccati e picchiati da un gruppo di fascisti, e ciò è avvenuto davanti alla stazione di polizia, senza che questa muovesse un dito. Ne è seguita una protesta e un blocco stradale dei migranti per lasciare l’isola, questa volta la polizia ha caricato e lanciato gas lacrimogeni sui migranti e i solidali.

Grecia: Cariche della polizia contro i migranti

Nell’isola di Lesbo un migliaio dei diecimila e più migranti presenti hanno protestato e provato a imbarcarsi su una nave diretta ad Atene: anche in questo caso la polizia è intervenuta con gas lacrimogeni, sgomberando la zona del porto.

Francia

A Calais ieri sera presidio dei migranti, che hanno rifiutato di entrare nel ghetto di Jules Ferry, uno pseudo centro accoglienza creato dalle autorità . Rifiutano l’assistenza umanitaria, il cibo e l’acqua erogati dal centro di distribuzione Salaam e vogliono libertà di movimento.

Francia: la protesta dei migranti a Calais

Italia

Ieri protesta dei migranti dei centri accoglienza davanti al Municipio di Taranto, per chiedere documenti d’identità per tutti e l’elargizione dei pocket money.

Taranto, presidio davanti al municipio

Oggi a Foggia manifestazione dei lavoratori agricoli migranti e dei solidali per rivendicare permessi di soggiorno, residenza, rispetto dei minimi contrattuali, casa acqua e trasporto gratuiti per tutti.

Domani 5 settembre a Roma, presidio in solidarietà ai/alle reclusi nel CIE di Ponte Galeria.

5settembrePonteGaleria

Fonte:
http://hurriya.noblogs.org/post/2015/09/04/un-altro-giorno-di-lotta-ai-confini-interni-della-fortezza-europa/

Scontri dopo il funerale di Freddie Gray a Baltimora

  • 27 Apr 2015 21.54

Almeno due persone sono state arrestate dopo il funerale di Freddie Gray a Baltimora. Dopo la cerimonia un centinaio di persone si sono radunate per manifestare per i diritti civili dei neri e chiedere giustizia per Gray, morto una settimana dopo l’arresto, per le ferite riportate. Alcuni manifestanti hanno tirato pietre contro gli agenti, che hanno risposto usando spray urticanti contro la popolazione.

Fonte:

http://www.internazionale.it/notizie/2015/04/27/scontri-dopo-il-funerale-di-freddie-gray-a-baltimora

SALE A 198 IL BILANCIO DELLE VITTIME PALESTINESI. DIRETTORE DELL’OSPEDALE AL-WAFA RICEVE CHIAMATA DA ISRAELE: “DISTRUGGIAMO ENTRO DOMATTINA”

15 lug 2014
by Redazione


Gaza

Giorno 7 – lunedì 14 luglio

Giorno 6 – domenica 13 luglio

Giorno 5 – sabato 12 luglio

Giorno 4 – venerdì 11 luglio

Giorno 3 – giovedì 10 luglio

Giorno 2 – mercoledì 9 luglio

Giorno 1 – martedì 8 luglio

 

AGGIORNAMENTO ore 01.00 – BOMBE SU RAFAH: 2 MORTI E 4 FERITI. BILANCIO SALE A 198 VITTIME

AGGIORNAMENTO ore 00.00- ABBAS AL CAIRO DOMANI PER PARLARE DELLA TREGUA. OLP: “IL CESSATE IL FUOCO IGNORA HAMAS”

Il presidente dell’ANP Abbas andrà domani al Cairo per incontrare il presidente egiziano Al-Sisi e discutere dell’implementazione della tregua. Poi andrà in Turchia, dove vedrà il premier Erdogan.

Dall’OLP si alzano però voci contrarie al cessate il fuoco. Al quotidiano israeliano Haarezt un leader dell’OLP ha criticato l’azione dell’Egitto e di Abbas “perché ignora Gaza. I leader di Hamas si sono sentiti umiliati perché la proposta è stata resa pubblica senza consultarli sui contenuti”.

AGGIORNAMENTO ore 23.30 – DIRETTORE DELL’OSPEDALE AL-WAFA RICEVE CHIAMATA DA ISRAELE: “DISTRUGGIAMO ENTRO DOMATTINA”

Il direttore dell’ospedale Al Wafa di Gaza City, il dottor Al Aishi, ha ricevuto una chiamata dall’esercito israeliano in cui si intima l’evacuazione della struttura che “sarà distrutta entro domattina”.

Dati sui feriti: quasi 1.400 di cui il 35% bambini secondo quando riferisce Tommaso Fabbri, capo missione di Medici Senza Frontiere nella zona.

 

AGGIORNAMENTO ore 23 – ORDINE DI EVACUAZIONE A GAZA CITY

L’esercito israeliano ha intimato alla popolazione residente a Nord della Striscia e nei quartieri di Zeitoun e Shayaja a Gaza City di evacuare le proprie case entro domattina. Lo stesso ordine è arrivato agli internazionali che si trovano in questi giorni dentro l’ospedale di riabilitazione Al Wafa. Si temono pesanti bombardamenti su una delle aree più popolate di Gaza.

 

AGGIORNAMENTO ORE 22.30 – DUE PALESTINESI UCCISI E NUMEROSI FERITI A RAFAH DOPO UN RAID ISRAELIANO, IL BILANCIO E’ DI 196 MORTI

 

AGGIORNAMENTO ORE 22 – HAMAS, TESTIMONI: “ABBATTUTO DRONE ISRAELIANO”, IL SECONDO OGGI

La contraerea di Hamas avrebbe abbattuto un drone israeliano nel pomeriggio di oggi nel centro della Striscia di Gaza. Lo riferisce l’agenzia turca Anadolu citando testimoni. Poche ore fa la notizia era stata data dall’emittente di Hamas al-Aqsa Tv. Si tratterebbe del secondo drone israeliano abbattuto nella giornata di oggi, il quarto dall’inizio dell’offensiva israeliana “Barriera protettiva”.

AGGIORNAMENTO ORE 21 – NETANYAHU: “HAMAS NON CI LASCIA ALTRA SCELTA CHE ESPANDERE L’OPERAZIONE”. INCOGNITA SULL’INVASIONE VIA TERRA

“Se non c’è il cessate il fuoco, c’è il fuoco”. Sono le parole del premier israeliano Netanyahu al termine della riunione di gabinetto di questa sera, che ha spiegato che dato che Hamas ha rifiutato la tregua proposta dall’Egitto, Israele è costretto a intensificare le operazioni militari. Al-Jazeera riferisce che ancora non ci sono dettagli su un’eventuale operazione via terra e aggiunge che Netanyahu ha implicitamente criticato le chiamate alla rioccupazione di Gaza fomentate dal proprio ministro degli Esteri Avigdor Liebermann bollandole come “rumori di sottofondo”. Intanto Netanyahu ha rimosso il vice ministro degli Esteri Danny Danon dal suo incarico: Danon si era pubblicamente schierato contro la decisione del governo di accettare il cessate il fuoco proposto dall’Egitto.

AGGIORNAMENTO ORE  19.20 – L’Agenzia Reuters riferisce della prima vittima israeliana da quando è iniziata l’offensiva ‘Barriera Protettiva’ contro Hamas a Gaza. Si tratta di un civile ucciso da un razzo caduto nei pressi del valico di Erez. Sinora i lanci di razzi dalla Striscia avevano provocato soltanto feriti. Intanto, è salito a 193 il bilancio dei morti a Gaza. L’ultima vittima è un uomo di 77 anni morto oggi pomeriggio nei raid su Khan Yunis, nella zona meridionale della Striscia.

Stasera a Gerusalemme si è verificata un’altra aggressione di estremisti ebrei ai danni di un avvocato palestinese, la signora Sanaa Dweik, in compagnia di una cliente a Deir Yassin. Gli aggressori hanno spruzzato spray al peperoncino mentre le due vittime entravano in auto all’esterno di un tribunale di Gerusalemme ovest.

AGGIORNAMENTO ORE 18.00 – Il ministro palestinese della Sanità, Jawad Awad, ha annullato la sua visita all’ospedale Shifa di Gaza City, dopo essere stato accolto da un gruppo di manifestanti irati al suo arrivo dall’Egitto, attraverso il valico Rafah, che da quando è iniziata l’offensiva israeliana ‘Barriera Protettiva’, è stato quasi sempre chiuso.

La folla ha lanciato scarpe e uova contro la macchina su cui viaggiava Awad. Altri manifestanti si  sono radunati davanti all’ospedale di Shifa, brandendo striscioni contro il governo tecnico insediatosi lo scorso 2 giugno, dopo l’accordo di riconciliazione tra Hamas e Fatah. La gente ha criticato Awad per avere aspettato otto giorni prima di recarsi nella Striscia, sotto il fuoco israeliano dall’8 luglio.

La tenuta dell’accordo è messa duramente alla prova dall’offensiva israeliana. Il movimento islamico non ha commentato l’accaduto, ma Mussa Abu Marzuq, membro dell’ufficio politico in esilio, ha condannato l’incidente sulla sua pagina Facebook.

AGGIORNAMENTO ORE 17.30 – Un uomo di 77 anni è morto in un raid e altre nove case sono state colpite dai missili israeliani. Le Forze armate israeliano hanno riferito di avere colpito trenta obiettivi dalla ripresa dei bombardamenti.

AGGIORNAMENTO ORE 17.00 – La distruzione provocata dai raid israeliani su Gaza è “immensa”, ha detto il portavoce dell’Unrwa, Sami Mshasha. Secondo i dati raccolti dall’agenzia Onu per i rifugiati palestinesi, il bilancio delle vittime è destinato ad aumentare. Sono state distrutte completamente 560 case e migliaia di edifici sono stati danneggiati, tra cui 47 strutture dell’Unwra.

Gli sfollati sono almeno 17.000 e in migliaia si sono rifugiati in venti scuole dell’agenzia. La Croce Rossa internazionale, ha parlato dei danni alle strutture di rifornimento dell’acqua e nei prossimi giorni l’intera popolazione della Striscia rischia di non avere più accesso all’acqua. Nei bombardamenti degli ultimi otto giorni sono stati uccisi anche diversi tecnici del Comune e sarà difficile riuscire a riparare i danni e a garantire il rifornimento ala popolazione, in parte già tagliata fuori dalle forniture elettriche.

AGGIORNAMENTO ORE ore 15:40 LIEBERMAN: “BISOGNA TERMINARE LA MISSIONE SOLO QUANDO TZAHAL CONTROLLERA’  TUTTA LA STRISCIA”. 

Nel corso di una conferenza stampa il Ministro degli Esteri israeliano e leader del partito di estrema destra Yisrael Beitenu, Avigdor Lieberman, ha dichiarato poco fa: “il mondo deve incoraggiarci ad andare fino in fondo. Bisogna terminare la missione solo quando Tzahal [acronimo per Esercito di difesa d’Israele, ndr] controllerà tutta la Striscia”. Secondo il Ministro, infatti, anche se le due parti dovessero giungere ad un cessate il fuoco, resteranno immutate le condizioni per l’inizio di un “nuovo round”. “E’ evidente – ha aggiunto Lieberman – che durante il periodo di calma Hamas continuerà a fabbricare altri razzi e a contrabbandare altro materiale esplosivo”

 

AGGIORNAMENTO ORE 14:55  RIPRENDONO I RAID ISRAELIANI

L’esercito israeliano ha ripreso poco fa i raid aerei slla Striscia di Gaza interrotti stamani alle 9 dopo che il Gabinetto di Sicurezza aveva accettato la proposta di coprifuoco presentata dall’Egitto.  Fonti palestinesi sostengono che gli attacchi israeliani si stanno concentrando nel campo profughi di al-Burj e a Khan Yunis. Anche durante il periodo di calma è stato registrato almeno un attacco nell’area orientale della città di Gaza.

Il comandante israeliano del fronte meridionale, il capitano Sami Turjeman, ha detto al quotidiano Haaretz che “alla luce del continuo lancio di razzi  da parte di Hamas verso il territorio israeliano, agiremo con forza. Hamas ha iniziato la battaglia e si è fatta del male. Non abbiamo ancora utilizzato tutto il nostro potenziale e, se richiesto, lo useremo.  E’ ancora troppo presto per terminare questa operazione”.

L’esercito sostiene che dalle 9 alle 15 sono stati sparati più di 40 missili dalla Striscia.

AGGIORNAMENTO ORE 13:30  DA STAMATTINA CHIUSO VALICO DI EREZ

Stamattina Hamas ha chiuso il valico di Erez a causa dei bombardamenti israeliani. “Erez resterà chiuso finché non otteniamo rassicurazioni internazionali che non verrà più bombardato da Israele” ha detto un ufficiale del movimento islamico a News 24. Bloccato un gruppo di 20 palestinesi che sarebbe dovuto entrare nello stato ebraico per sottoporsi a cure mediche.

AGGIORNAMENTO ORE 13:00 ABU MAZEN DOMANI AL CAIRO. MINISTRO INTERNI ISRAELIANO CONVOCA UN VERTICE CON TUTTI I MEMBRI DEL GOVERNO.

Il Segretario di Stato americano, John Kerry, ha detto che “la proposta egiziana di cessate il fuoco è una buona occasione per fermare la violenza e far tornare la calma. Accolgo con piacere la decisione del Gabinetto di Sicurezza israeliano di accettare l’iniziativa del Cairo e invito tutte le parti a comportarsi in modo simile”.

Secondo la stampa egiziana il Presidente palestinese Abu Mazen domani sarà al Cairo ed incontrerà al-Sisi.

Il Ministro degli Interni israeliano, Gideon Sa’ar, ha chiesto di convocare una riunione di tutti i membri del governo per discutere la proposta egiziana di cessate il fuoco-

La notizia di una fine dei raid aerei israeliani a Gaza, diffusa dall’Agenzia palestinese Ma’an un’ora fa, è stata subito smentita. Mezz’ora fa l’aviazione israeliana ha colpito un campo agricolo nel quartiere al-Sha’af ad est della città di Gaza.

Sul versante israeliano un soldato israeliano è stato ferito leggermente dai frammenti di un razzo sparato verso Sderot. Il sistema Iron Dome ha intercettato due missili indirizzati verso Ashkelon e Rehovot. Le sirene sono tornate a suonare ad Ashdod, Rishon LeTzion, Rehovot, Tel Aviv e Afula (non molto lontano da Nazaret). Secondo l’esercito israeliano dalle 9 di stamattina sono stati sparati 35 missili dalla Striscia di Gaza verso Israele

AGGIORNAMENTO ORE 12:20 AGENZIA MA’AN: “ISRAELE HA SOSPESO ATTACCHI SU GAZA”

Secondo l’Agenzia palestinese Ma’an, l’esercito israeliano ha detto di aver sospeso i suoi attacchi su Gaza. Al momento la notizia non trova conferma sui media israeliani.

AGGIORNAMENTO ORE 11:50  HAMAS: “NON SIAMO STATI CONSULTATI SULL’INIZIATIVA EGIZIANA DI CESSATE IL FUOCO”

Il portavoce di Hamas, Abu Zuhri: “non siamo stati consultati sull’iniziativa egiziana che abbiamo appresa solo dai mezzi di comunicazione. La rifiutiamo. Non capisco dove sia il vantaggio se viene eliminata la resistenza [palestinese, ndr] mentre l’aggressione [l’attacco di Israele, ndr] continua”.

Colpite due case ad Ashdod da un missile sparato dalla Striscia di Gaza. Le sirene sono suonate ad Eshkol, Ashkelon, Rehovot e Nes Tziona, Wadi Ara. Non si segnalano danni né feriti.

AGGIORNAMENTO ORE 11:30  NETANYAHU: “SE HAMAS NON RISPETTA IL CESSATE IL FUOCO, INASPRIREMO L’ATTACCO”

Prima di iniziare l’incontro con il Ministro degli Esteri tedesco, il Premier israeliano Netanyahu ha dichiarato: “se Hamas non accetterà il cessate il fuoco, inaspriremo l’attacco”.  Il Primo Ministro ha poi aggiunto: “abbiamo risposto positivamente alla proposta egiziana di cessate il fuoco per dare una possibilità alla Striscia di Gaza di essere privata dei razzi”. Tuttavia, ha avvertito, “se Hamas continuerà a sparare avremo tutta la legittimità internazionale per intervenire”.

 

AGGIORNAMENTO ORE 10:45  DA STAMATTINA CINQUE PALESTINESI UCCISI, 192 DALL’INIZIO DELL’OPERAZIONE “BORDO PROTETTIVO”. 

Cessate il fuoco più o meno vicino, a Gaza si continua a morire. Ashraf al-Qudra, portavoce del Ministero della Sanità palestinese a Gaza, ha affermato che  Sulayman Abu Luli (33 anni), Bushra Khalil Za’rab (53) e ‘Ata al-’Umur (58) sono stati uccisi nel raid aereo compiuto dall’aviazione israeliana a Khan Yunis. Sono 192 le vittime palestinesi  dall’inizio dell’Operazione “Bordo protettivo”. Più di 1400 i feriti.

AGGIORNAMENTO ORE 10:15   POSTICIPATA LA VISITA DI KERRY AL CAIRO PREVISTA PER OGGI

E’ stata posticipata la visita del Segretario di Stato statunitense John Kerry al Cairo che era annunciata oggi.

La destra radicale israeliana critica con toni aspri la decisione del Gabinetto di Sicurezza di approvare il cessate il fuoco proposto dagli egiziani. Il Ministro della Casa e dell’Edilizia, Uri Ariel, ha giudicato la scelta del Gabinetto “un errore strategico”. Favorevole il partito laburista. “Accolgo con favore l’iniziativa egiziana perché riporterà il silenzio tra i cittadini del sud d’Israele”. ha dichiarato il leader di HaAvoda Itzhak Hertzog. “Speriamo – ha aggiunto – che Hamas la rispetterà”.

Intervistato dalla rete panaraba al-Mayadeen, un leader di Hamas ha affermato che “nessuno finora ha discusso con noi o con la Jihad l’iniziativa egiziana”.

 

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della redazione

Gaza, 15 luglio 2014, Nena News – Le Brigate Ezzedin al-Qassam, braccio armato di Hamas, rifiutano la proposta egiziana di cessate il fuoco, che definiscono una “resa”, e  minacciano di “inasprire” ulteriormente il conflitto con Israele. Il passo segue la posizione  presa nel corso della notte dalla leadership politica del movimento islamico contraria a una tregua senza un accordo complessivo. Si raffreddano perciò le speranze dei tanti di coloro che avevano auspicato l’accoglimento immediato dell’iniziativa egiziana che prevede l’avvio di trattative per un accordo complessivo entro 48 dall’inizio della tregua.

  Proprio oggi al Cairo arriva il segretario di Stato americano John Kerry per discutere  i punti del cessate il fuoco con il suo omologo egiziano Sameh Shukri.

Il secco no di Hamas è stato seguito dall’accettazione della proposta egiziana da parte del gabinetto di sicurezza di Israele (contrari il Ministro degli Esteri Lieberman e quello dell’Economia Bennet). Il premier Netanyahu  ora intende chiedere, riferisce la stampa locale, la consegna da parte delle organizzazioni armate palestinesi delle riserve di razzi. La ‘smilitarizzazione’ di Gaza è la richiesta centrale di Israele. Nessuno però crede che sarà accettata da un Hamas che grazie alla nuova guerra ha riconquistato prestigio tra i palestinesi e gli arabi e ora alza il tiro. Il movimento islamista vuole la riapertura di tutti i valichi con Gaza, i fondi per pagare gli stipendi di circa 40.000 dipendenti pubblici nella Striscia e la liberazione dei suoi militanti arrestati da Israele in Cisgiordania dopo il recente rapimento dei tre ragazzi ebrei. 

Ha detto sì alla proposta egiziana invece il presidente dell’Anp Abu Mazen. Lo riferisce l’agenzia di stampa palestinese Wafa.   Abu Mazen ha lanciato un appello ”a tutte le parti” affinche’ assecondino gli sforzi egiziani, nell’ intento di risparmiare ulteriori vittime al popolo palestinese e ”nel supremo interesse nazionale”. Il presidente ha poi espresso la speranza che questa tregua possa spianare la strada verso uno sforzo politico che faccia terminare l’occupazione e possa dare vita ad uno stato palestinese”.

Intanto l’offensiva militare israeliana prosegue. Nelle ultime ore almeno quattro palestinesi, tra i quali una donna di Rafah, sono stati uccisi da raid aerei nel sud della Striscia. Un bilancio ufficioso parla di 191 morti e 1400 feriti.  Dieci persone sono state ferite ad Eilat nel sud d’Israele da un razzo palestinese. Secondo i dati forniti dall’esercito israeliano nella giornata di ieri sono stati almeno 100 i missili sparati dalla Striscia (più di 900 dall’inizio dell’Operazione “Bordo Protettivo”). Tre razzi sono stati sparati anche dalla Siria e dal Libano verso il nord d’Israele, le Alture del Golan occupato e la Galilea Occidentale. Nena News

Carlo Giuliani

Il 20 luglio 2001, durante il G8 di Genova, a Piazza Alimonda, rimase ucciso il giovane Carlo Giuliani.
Questo è il sito del Comitato a lui dedicato:

http://www.piazzacarlogiuliani.org/

BREVE CRONOLOGIA DEI FATTI DEL 20 LUGLIO 2001:
PIAZZA ALIMONDA ORE 17.27

Venerdì 20 luglio
Il vicepresidente del Consiglio, on. Gianfranco Fini, con altri esponenti di Alleanza Nazionale, tra cui l’on. Ascierto, si trovano nella Caserma dei Carabinieri di San Giuliano dove si trattengono per diverse ore. Le forze dell’ordine vengono dislocate nelle zone dove passeranno i cortei e nelle vicinanze delle piazze tematiche.
Sono stati rimossi i cestini della spazzatura ma molti cassonetti si trovano tuttora lungo i percorsi e nelle piazze dove si raccolgono i manifestanti.
Fin dalla mattina compare il Black block: gruppi di 10, 15, al massimo 20 persone alla volta, molte delle quali dall’accento straniero, si aggirano per la città distruggendo vetrine, incendiando cassonetti, auto, motorini.
Fanno incetta di sassi, spranghe e bastoni.
Diversi privati cittadini, da varie zone della città, denunciano il fatto alle autorità competenti. Un gruppo si concentra in piazza Paolo da Novi, la piazza tematica dei Cobas; inizia a smantellare la pavimentazione e a caricare i cassonetti con pietre.
Alcuni manifestanti tentano di fermarli.
Le forze dell’ordine, che si trovano a breve distanza, no.
Indietreggiano, sparando lacrimogeni. Li inseguono nelle vie adiacenti senza mai fermarli davvero.
(Alcuni filmati, anche del sabato, riprenderanno strani personaggi che prima parlano con le forze dell’ordine e poi si avvicinano ad alcuni Black block. Altri filmati riprendono dei personaggi che, in motorino, prima parlano con i Black block, poi con le forze dell’ordine, e così via).
Il black block passa sotto il tunnel della ferrovia all’altezza di corso Torino dividendosi quindi in due gruppi : uno si dirige verso il Carcere, l’altro sale la scalinata Montaldo verso piazza Manin.
Ore 15. Un filmato riprende alcuni blindati dei Carabinieri nella piazza antistante il Carcere di Marassi e gruppi di agenti a piedi.
Una ventina di Black block si avvicina al carcere lanciando sassi.
I Carabinieri si ritirano.
I Black block rompono alcuni vetri delle finestre del Carcere e incendiano un portone ed una finestra. Poi se ne vanno indisturbati.
Nel frattempo il corteo dei Disobbedienti, “armati” con scudi di plexiglass, imbottiture di polistirolo, gommapiuma e bottiglie di plastica, lasciato lo Stadio Carlini, si avvia lentamente lungo il tragitto autorizzato, incontrando sul suo cammino cassonetti rovesciati e auto bruciate.
A metà di via Tolemaide viene duramente e improvvisamente aggredito dai Carabinieri, sostenuti da 4 blindati. Ricordiamo che i portavoce dei Disobbidienti avevano precedentemente concordato con la Questura il percorso fino a piazza Verdi, (la piazza che si trova di fronte alla stazione Brignole). Ci sarebbero, quindi, ancora circa 500 metri di strada da percorrere. La zona rossa, protetta dalle grate in ferro, è ben più lontana.
L’attacco respinge per alcuni metri i manifestanti che, retrocedendo, si compattano verso corso Gastaldi. Non ci sono vie di fuga: alle spalle 10000 persone premono non comprendendo cosa stia accadendo; da un lato la massicciata della ferrovia, dall’altro file continue di palazzi.
Nel frattempo, i Black block saliti a piazza Manin, dove sono radunati Pax Christi, Mani Tese, Rete Lilliput, ecc., proseguono indisturbati verso piazza Marsala; dietro a loro sopraggiunge la Polizia che spara lacrimogeni e carica i pacifisti con le mani, pitturate di bianco, alzate; vengono picchiate e ferite soprattutto le donne.
Tornando a via Tolemaide, dopo ogni carica al corteo dei Disobbedienti, i blindati e i militari indietreggiano, ritirandosi fino all’angolo con corso Torino.
Alcuni ragazzi del corteo li inseguono, tirando sassi e cercando di rompere i vetri dei blindati.
Una camionetta, dopo aver percorso a velocità sostenuta, su e giù, quel tratto di strada, minacciando di travolgere i manifestanti, si blocca improvvisamente a marcia indietro contro un cassonetto. L’autista fugge lasciando soli i colleghi.
I carabinieri schierati poco più avanti non intervengono in loro aiuto.
I ragazzi assaltano il blindato, visibilmente infuriati, con sassi e spranghe; permettono comunque ai carabinieri che occupano il mezzo di allontanarsi. Quindi lo incendiano.
La Polizia respinge il corteo in via Tolemaide.
Ore 16.30 circa – Carlo si unisce al corteo dei Disobbedienti, che già da tempo, bloccato frontalmente, stremato dalle cariche ripetute, intossicato dai lacrimogeni, scottato dagli idranti urticanti, tenta di defluire per le vie laterali e di tornare al Carlini.
Carlo indossa un pantalone della tuta blu, una canottiera bianca e una giacca della tuta grigia legata in vita.
A questo punto le forze dell’ordine, carabinieri e polizia, attaccano nuovamente il fronte del corteo: blindati lanciati a 70Km/h sui ragazzi, idranti urticanti, colpi d’arma da fuoco, lacrimogeni al gas CS, manganelli Tonfa.
I ragazzi rispondono lanciando sassi, lanciando indietro alcuni lacrimogeni, facendo piccole barricate con i bidoni per la raccolta differenziata della carta e della plastica.
Carlo indossa il passamontagna blu.
Sul fianco di via Tolemaide si aprono 2 strade strette, che portano in piazza Alimonda.
Ore 17.15. Un drappello di una ventina di carabinieri appoggiato da 2 defender si posiziona in una di queste due stradine. Partono i lacrimogeni, che vengono lanciati in mezzo al corteo.
I manifestanti reagiscono.
I militari, improvvisamente, cominciano ad indietreggiare, fino a scappare disordinatamente verso via Caffa, attraverso piazza Alimonda.
Un gruppo di manifestanti li inseguono urlando.
I due defender proseguono in retromarcia, superano un primo cassonetto che si trova in mezzo alla strada di fronte alla Chiesa del Rimedio.
Un defender, raggiunto uno slargo, fa manovra e raggiunge i colleghi in via Caffa; l’altro si ferma contro un cassonetto di rifiuti mezzo vuoto che si trova sul lato destro della strada.
Un plotone di polizia, con defender e blindati, è schierato in via Caffa a pochi metri dal defender. Un ingente schieramento di forze di polizia e blindati si trova in piazza Tommaseo, la piazza in cui sfocia via Caffa, lunga 300 metri.
Alcuni manifestanti raggiungono il defender fermo in piazza Alimonda, alcuni di loro tornano indietro verso via Tolemaide, altri cominciano a tirare sassi contro le forze dell’ordine schierate in via Caffa, altri ancora lanciano pietre e tirano colpi con assi di legno al defender.
Una persona raccoglie da terra un estintore, comparso sulla scena in questo momento, e lo lancia da una distanza ravvicinata e nel senso della lunghezza, contro il defender; l’estintore colpisce il lunotto posteriore e cade fermandosi sulla ruota di scorta.
Uno scarpone spunta dal lunotto e lo scalcia facendolo rotolare a terra.
In questo momento attorno al defender ci sono 4 fotografi e 5 manifestanti.
Una pistola spunta dal lunotto posteriore.
Un ragazzo con la felpa grigia vede la pistola, si china e scappa.
Carlo, si avvicina, si china a raccogliere l’estintore, si alza in torsione per ritrovarsi quasi di fronte al retro del defender…
… Solleva l’estintore sopra la testa…

In questo momento, Carlo si trova a 3,37 metri di distanza dal lunotto posteriore del defender.
Sono le 17.27.
Parte il primo sparo.
Carlo cade a terra in avanti, trascinato dall’estintore che sta lanciando, e rotola sul fianco destro verso il defender.
I manifestanti presenti nella piazza scappano precipitosamente mentre parte un secondo colpo di pistola. I fanali della retromarcia del defender sono accesi.
Qualcuno grida “fermi, stop” al Defender che passa due volte sul corpo di Carlo, una prima volta in retromarcia sul bacino, la seconda in avanti sulle gambe.
Sono passati 5 secondi dal secondo sparo quando il defender è già in via Caffa, oltre lo schieramento della Polizia.
I giornalisti che si trovano vicino al defender cominciano a fotografare e riprendere Carlo a terra, che sta morendo.
Si avvicinano alcuni manifestanti che cercano di fermare lo zampillo di sangue che sgorga a ritmo cardiaco dallo zigomo sinistro di Carlo.
A questo punto, le forze di polizia avanzano, sparando lacrimogeni e disperdendo i pochi manifestanti ancora nei pressi.
Le forze di polizia circondano il corpo.
10 minuti dopo, un’infermiera del GSF che cerca di soccorrere Carlo sente ancora il suo cuore che batte. Arriva una seconda infermiera.
Le infermiere tolgono il passamontagna a Carlo e notano sulla fronte una grossa e profonda ferita che non sanguina, una ferita, dunque, che è stata provocata da un colpo in fronte inferto dopo l’uccisione. Sulla tempia destra di Carlo ci sono abrasioni e ferite.
Più di un testimone racconterà di aver visto rappresentanti delle forze dell’ordine che hanno preso a calci in testa Carlo prima che arrivassero le infermiere del GSF.

Nella relazione del primo semestre 2002, i Servizi Segreti italiani hanno ammesso “infiltrazioni di elementi di estrema destra tra i black block a Genova durante le manifestazioni anti-G8”.

Tutto quanto raccontato è visibile dai numerosi filmati elencati in questo sito alla voce “Bibliografia”, o dalle numerose fotografie riportate nelle contro-inchieste.
Sul Black Block e l’assalto al Carcere di Marassi si veda in particolare “Le strade di Genova”, di Davide Ferrario.

» La ricostruzione e qualche domanda

 

 

Fonte:
http://www.piazzacarlogiuliani.org/carlo/iter/20lug.php

Nel sito del Comitato Piazza Carlo Giuliani è presente molto altro  materiale, tra cui videi di documentari che ricostruiscono l’omicidio. Rinvio alla visita del sito stesso.

Su Carlo Giuliani ho letto un paio di libri di cui consiglio la lettura. Si tratta di una raccolta di racconti  dedicati a Carlo e pubblicati a dieci anni dalla sua uccisione e di un grafic novel che ne racconta la vita.

Per sempre ragazzo

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

CARLO GIULIANI

 

La famiglia Giuliani da quel giorno lotta per sapere la verità sull’omicidio del figlio, sui fatti del g8 di Genova 2001 e dà il suo sostegno anche per tutti gli altri casi di malapolizia. Costante è dunque l’impegno della madre Haidi Gaggio Giuliani , cofondatrice, insieme a Francesco Barilli, del sito http://www.reti-invisibili.net/, del padre Giuliano e della sorella Elena.

Qui gli ultimi articoli sull’omicidio di Carlo:

G8, "Giusto sparare a Giuliani" Sallusti a giudizio per diffamazione

 

http://www.ilsecoloxix.it/p/genova/2013/06/23/APcfvxoF-giuliano_giuliani_voglio.shtml

http://www.ilsecoloxix.it/p/genova/2013/06/26/APbPurpF-giuliano_giuliani_morto.shtml

http://www.ilsecoloxix.it/p/genova/2013/10/09/AQhu73c-ritorna_morte_giuliani.shtml

http://www.ilsecoloxix.it/p/genova/2014/01/27/AQ0MALdB-credevo_colpito_giuliani.shtml

http://genova.repubblica.it/cronaca/2014/03/27/news/g8_giusto_sparare_a_giuliani_sallusti_a_giudizio_per_diffamazione-82065957/

Segnalo il prossimo evento organizzato per ricordare Carlo:

Fonte:

http://www.osservatoriorepressione.info/?tribe_events=per-non-dimenticarlo-genova-19-20-luglio-2014

Paolo Scaroni

1 luglio 2014

La prossima volta che vi vengono dei dubbi sulla repressione verso il modo ULTRA’…CHIEDETELO A LUI!
La prossima volta che vi vengono dei dubbi sulla violenza gratuita delle divise blu…..CHIEDETELO A LUI!

Paolo Scaroni ORGOGLIO ULTRAS!

#numeriidentificativisubito!

PAOLO SCARONI
I segni della terribile violenza subita da Paolo sono ancora evidenti: invalidità civile al 100%, ecolalia, un grave disturbo del linguaggio che porta a ripetere due o tre volte le parole involontariamente e la gamba destra che non funziona quasi più.
I fatti risalgono al 24 settembre 2005 in occasione del match Verona – Brescia, partita a rischio per la rivalità tra le due tifoserie. Quel giorno però sembra tutto filare liscio anche se la tensione è palpabile.
I veri problemi iniziano nel dopopartita alla stazione ferroviaria di Verona dove, dopo una prima fase di relativa tranquillità, la polizia lancia una carica “a freddo” contro i tifosi del Brescia. Non si è mai capito il motivo di quella carica. La situazione, come provato dalle telecamere e dalle testimonianze, non presentava alcun tipo di criticità. La questura parla di ultras che occupavano i binari, tesi smentita dalle testimonianze dei macchinisti e del personale di un treno. Fatto sta che la carica parte. Per terra rimane Paolo Scaroni stordito prima con lo spray urticante, illegale, poi selvaggiamente picchiato con pugni e manganelli. Finito il pestaggio il ragazzo riesce a scappare sul treno; pochi minuti, il tempo necessario a raccontare l’accaduto agli amici, poi perde i sensi. I soccorsi arrivano in ritardo perché la polizia chiama il 118 segnalando un codice giallo 2, niente di grave. Una volta sul posto gli operatori del 118 attivano il codice rosso 3 ovvero paziente in condizioni critiche. La questura dichiarerà che Scaroni è rimasto ferito da un sasso lanciato dai tifosi.
Paolo rimane in coma per due mesi e al risveglio si rende conto che i suoi ricordi partono dal pestaggio. Dei suoi 34 anni di vita non ha più memoria. Infanzia, adolescenza, lavoro, fidanzata: tutto è svanito. Comincia un calvario fatto di riabilitazioni, visite mediche e lunghe visite dal logopedista. E poi i suoni e i rumori che nel suo cervello danneggiato rimbombano in maniera insostenibile; la gamba claudicante, le cicatrici sul cranio. Per tutto questo gli viene riconosciuta una pensione di invalidità di appena 280 euro.
Si arriverà ad un processo che vedeva indagati otto celerini del reparto di Bologna, processo che è stato l’ennesima beffa per Paolo. Gli imputati sono stati assolti perché il fatto non sussiste. In mancanza del numero identificativo sulla divisa non si sono potuti riconoscere con certezza gli aggressori di Paolo.

 

 

Fonte:

https://www.facebook.com/photo.php?fbid=10201788570310028&set=a.1059540062800.9802.1654871816&type=1&theater

 

Le info sono tratte da qui:

https://www.facebook.com/AcadOnlus/photos/a.521317134596232.1073741829.495593257168620/521317331262879/?type=3&theater

TURCHIA: IL MOVIMENTO DI GEZI PARK TORNA IN PIAZZA

12 mar 2014

by Redazione di Nena News

Nuova ondata di proteste in tutto il Paese dopo la morte del giovanissimo Berkin Elvan, ucciso da un candelotto lacrimogeno. La polizia attacca le manifestazioni.

turky1

AGGIORNAMENTO ore 15.30 – SCONTRI IN TURCHIA DOPO LA MORTE DI BERKIN ELVAN

Decine di migliaia di manifestanti sono scesi in piazza oggi per commemorare la morte di Berkin Elvan. La polizia ha cercato di disperdere la folla a Ankara e Istanbul con gas lacrimogeni e cannoni d’acqua. “Gli assassini di Berkin sono i poliziotti dell’AKP (il partito di Erdogan, ndr)”, hanno gridato i manifestanti.

di Serena Tarabini

Istanbul, 12 marzo 2014, Nena News – Okmeydanı è un quartiere a maggioranza alevita, corrente dell’Islam con riti e credenze  marcatamente eterodossi. In questo quartiere vive la famiglia, di confessione alevita, di Berkin Elvan e li si trova l’ospedale dove era ricoverato.

Berkin Elvan vi era entrato 269 giorni prima, colpito da un candelotto lacrimogeno alla testa, sparato ad altezza uomo, mentre stava andando a comprare il pane. Con i suoi 15 anni, 14 al momento del ferimento, rappresenta la più giovane e la più inaccettabile di quelle che sono diventate le sette vittime della repressione della polizia durante le proteste di Gezi Park. Polizia che non ha risparmiato di cariche e lacrimogeni nemmeno le decine di persone che da giorni presidiavano l’ospedale e la cui rabbia e dolore sono esplosi ieri mattina alla notizia della morte del ragazzo.

Nel corso della giornata nel quartiere le serrande dei negozi si sono abbassate e le strade si sono riempite di gente, che circondava la Cem evi, la casa assembleare dove gli aleviti, uomini  e donne insieme, svolgono le loro cerimonie. Quando arriviamo, nel tardo pomeriggio, vediamo le barricate erette per impedire l’accesso alla polizia; e la spontaneità ed efficienza  dei preparativi per l’accoglienza con cibo, bevande, illuminazione, sedie per le centinaia, forse migliaia, di persone che si sarebbero recate lì per rendere omaggio alla famiglia e al corpo del ragazzo. Le foto di Berkan sono ovunque, attaccate ai muri o nelle mani delle persone, si lanciano cori, si chiacchiera, si beve un tè, si prega. Ogni tanto partono piccoli cortei per il quartiere.

Nel frattempo la notizia della morte di Berkin scuoteva il Pese e faceva riesplodere le piazze. Non si possono contare le diverse forme  di protesta che si sono susseguite nel corso di tutta la giornata in decine e decine di città di tutto il territorio turco. Solo ad Istanbul, in serata i concentramenti erano molti: nella centrale Taksim ma anche in tanti altri quartieri, per iniziativa dei Forum, gli ambiti di discussione seguiti a Gezi Park, di associazioni, di partiti o anche solo di semplici cittadini.

A Taksim il dispiegamento di forze di polizia è impressionante, mentre la rabbia, il dolore e il numero di persone sono alti. Sembrano riecheggiare nell’aria le parole pronunciate dal primo ministro Erdoğan durante i giorni di Gezi: “Ho dato io gli ordini alla polizia”. E contro il premier e il suo governo ancora una volta esplode la rabbia. A Taksim assistiamo al consueto rituale: l’ingresso alla piazza è impedito e i manifestanti che si radunano a migliaia sulla centrale via Istiklal, vengono attaccati a più riprese con i toma, i blindati della polizia che sparano acqua pressurizzata a cui sono stati aggiunti additivi chimici irritanti.

Seguono i lacrimogeni, che tornano a intossicare le strade del centro  per ore, le cariche con i manganelli e i fucili a salve, gli inseguimenti, i feriti, gli arresti a decine. L’azione della polizia è pesante, ma i manifestanti sono tantissimi e non demordono. Lo stesso scenario si sta svolgendo in altri quartieri, a Osmanbey, non troppo lontano, e a Kadikoy, nella parte asiatica, dove i manifestanti, nonostante l’ingente utilizzo di gas lacrimogeni, rifiutano di disperdersi e a tratti costringono la polizia ad arretrare. Il tutto va avanti fino a notte fonda. L’allerta è massima anche oggi, per lo svolgimento dei funerali e altre manifestazioni già convocate in tutto il Paese.

Si tratta della più grande manifestazione dopo Gezi Park. Ed in un altro duro colpo per l’immagine di Recep Tayp Erdoğan, a due settimane da un banco di prova delicato per il suo governo come quello delle elezioni amministrative. Il premier intanto tace: questa volta non può gridare al complotto. Nena News

Fonte:

http://nena-news.it/turchia-il-movimento-di-gezi-park-torna-piazza/

*

Nuova ondata di proteste in tutto il Paese dopo la morte del giovanissimo Berkin Elvan, ucciso da un candelotto lacrimogeno. La polizia attacca le manifestazioni.

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Nuova ondata di proteste in tutto il Paese dopo la morte del giovanissimo Berkin Elvan, ucciso da un candelotto lacrimogeno. La polizia attacca le manifestazioni.

 

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AGGIORNAMENTO ore 15.30 – SCONTRI IN TURCHIA DOPO LA MORTE DI BERKIN ELVAN

Decine di migliaia di manifestanti sono scesi in piazza oggi per commemorare la morte di Berkin Elvan. La polizia ha cercato di disperdere la folla a Ankara e Istanbul con gas lacrimogeni e cannoni d’acqua. “Gli assassini di Berkin sono i poliziotti dell’AKP (il partito di Erdogan, ndr)”, hanno gridato i manifestanti.

di Serena Tarabini

Istanbul, 12 marzo 2014, Nena News – Okmeydanı è un quartiere a maggioranza alevita, corrente dell’Islam con riti e credenze  marcatamente eterodossi. In questo quartiere vive la famiglia, di confessione alevita, di Berkin Elvan e li si trova l’ospedale dove era ricoverato.

Berkin Elvan vi era entrato 269 giorni prima, colpito da un candelotto lacrimogeno alla testa, sparato ad altezza uomo, mentre stava andando a comprare il pane. Con i suoi 15 anni, 14 al momento del ferimento, rappresenta la più giovane e la più inaccettabile di quelle che sono diventate le sette vittime della repressione della polizia durante le proteste di Gezi Park. Polizia che non ha risparmiato di cariche e lacrimogeni nemmeno le decine di persone che da giorni presidiavano l’ospedale e la cui rabbia e dolore sono esplosi ieri mattina alla notizia della morte del ragazzo.

Nel corso della giornata nel quartiere le serrande dei negozi si sono abbassate e le strade si sono riempite di gente, che circondava la Cem evi, la casa assembleare dove gli aleviti, uomini  e donne insieme, svolgono le loro cerimonie. Quando arriviamo, nel tardo pomeriggio, vediamo le barricate erette per impedire l’accesso alla polizia; e la spontaneità ed efficienza  dei preparativi per l’accoglienza con cibo, bevande, illuminazione, sedie per le centinaia, forse migliaia, di persone che si sarebbero recate lì per rendere omaggio alla famiglia e al corpo del ragazzo. Le foto di Berkan sono ovunque, attaccate ai muri o nelle mani delle persone, si lanciano cori, si chiacchiera, si beve un tè, si prega. Ogni tanto partono piccoli cortei per il quartiere.

Nel frattempo la notizia della morte di Berkin scuoteva il Pese e faceva riesplodere le piazze. Non si possono contare le diverse forme  di protesta che si sono susseguite nel corso di tutta la giornata in decine e decine di città di tutto il territorio turco. Solo ad Istanbul, in serata i concentramenti erano molti: nella centrale Taksim ma anche in tanti altri quartieri, per iniziativa dei Forum, gli ambiti di discussione seguiti a Gezi Park, di associazioni, di partiti o anche solo di semplici cittadini.

A Taksim il dispiegamento di forze di polizia è impressionante, mentre la rabbia, il dolore e il numero di persone sono alti. Sembrano riecheggiare nell’aria le parole pronunciate dal primo ministro Erdoğan durante i giorni di Gezi: “Ho dato io gli ordini alla polizia”. E contro il premier e il suo governo ancora una volta esplode la rabbia. A Taksim assistiamo al consueto rituale: l’ingresso alla piazza è impedito e i manifestanti che si radunano a migliaia sulla centrale via Istiklal, vengono attaccati a più riprese con i toma, i blindati della polizia che sparano acqua pressurizzata a cui sono stati aggiunti additivi chimici irritanti.

Seguono i lacrimogeni, che tornano a intossicare le strade del centro  per ore, le cariche con i manganelli e i fucili a salve, gli inseguimenti, i feriti, gli arresti a decine. L’azione della polizia è pesante, ma i manifestanti sono tantissimi e non demordono. Lo stesso scenario si sta svolgendo in altri quartieri, a Osmanbey, non troppo lontano, e a Kadikoy, nella parte asiatica, dove i manifestanti, nonostante l’ingente utilizzo di gas lacrimogeni, rifiutano di disperdersi e a tratti costringono la polizia ad arretrare. Il tutto va avanti fino a notte fonda. L’allerta è massima anche oggi, per lo svolgimento dei funerali e altre manifestazioni già convocate in tutto il Paese.

Si tratta della più grande manifestazione dopo Gezi Park. Ed in un altro duro colpo per l’immagine di Recep Tayp Erdoğan, a due settimane da un banco di prova delicato per il suo governo come quello delle elezioni amministrative. Il premier intanto tace: questa volta non può gridare al complotto. Nena News

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Dal blog http://turchia.over-blog.com/  a cura di Murat Cinar:

Pubblicato su 12 Marzo 2014, 11:51am

 

Ieri (11 Marzo 2014) Berkin Elvan ha perso la sua vita dopo 296 giorni di coma all’ospedale perché è stato colpito alla sua testa con un lacrimogeno il 16 Giugno 2013 mentre andava a comprare del pane in zona Okmeydani (Istanbul) dove si svolgevano le manifestazioni di protesta solidali con la rivolta del Parco Gezi.

Ieri sera in diverse parti della Turchia sono state organizzate delle manifestazioni di protesta ed in primis il governo insieme al Primo Ministro Recep Tayyip Erdogan sono stati presi di mira. Le persone in piazza non hanno risparmiato gli slogan come “Governo dimissioni” e “Erdogan assassino”.

Erdogan durante e dopo la rivolta ha sempre mantenuto una linea piuttosto coerente e contro le manifestazioni. Spesso volentieri ha legittimato la reazione della polizia. Durante la rivolta e dopo con Berkin in totale 8 persone hanno perso la loro vita. Per questo Erdogan ha ricevuto delle critiche negative da una parte del Paese a proposito le sue dichiarazioni.

La rete dei giornalisti indipendenti BiaNet oggi ha ripubblicato una dichiarazione pubblica di Erdogan (durante un comizio nella città di Erzurum il 23 Giugno 2013) in cui dice apertamente queste parole:

In Piazza Taksim c’è il Centro Culturale Ataturk. Hanno appeso degli striscioni e dei manifesti su questo Centro delle organizzazioni illegali e legali e quelli che insultano il Primo Ministro. Non basta. Monumento della Repubblica, Monumento di Ataturk, la stessa cosa. Hanno appeso le foto dei traditori della patria con quelle di Ataturk e la bandiera turca. Dove sono i nazionalisti? Dove sono quelli del CHP? Perché non hanno rimosso queste cose? Ci sono rimaste per 3, 4, 5 giorni. Sono rientrato dall’estero, ho notato che erano ancora lì. Ormai la cosa aveva superato il limite di sopportazione. Ho parlato con il mio Ministro degli Interni. Ho detto di pulire in 24 ore il Centro Culturale di Ataturk. 24 ore. Ho detto di pulire la Piazza ed il Monumento. Dopo di che ho detto di pulire anche il Parco Gezi.

Chiedono: <Chi ha dato l’ordine alla polizia?> L’ho dato io!

Avremmo dovuto guardare le forze dell’occupazione? Avremmo dovuto guardare tutto questo perché il resto del mondo deve divertirsi guardando quello che succedeva? Abbiamo pulito tutto. Il Monumento è stato pulito. Piazza Taksim è stata pulita. Il Parco Gezi è stato pulito“.

 

Fonte:

*
Su Berkin Elvan leggere anche i seguenti articoli:
*
Sulla rivolta di Piazza Taksim  per Gezi Park leggere il blog di Andrea Mazzone: