Il difficile dibattito in Italia per un linguaggio inclusivo

di Alessandra Vescio

Il 25 luglio scorso, il giornalista Mattia Feltri ha dedicato la sua rubrica “Buongiorno” sul quotidiano La Stampa al tema dell’asterisco e dello schwa [ndr, simbolo dell’alfabeto fonetico internazionale e spesso corrispondente a una vocale media-centrale], soluzioni di cui da anni si discute negli studi di genere e in linguistica nell’ottica di creare un linguaggio inclusivo. Sarcasticamente intitolato “Allarmi siam fascistə”, nel suo pezzo Feltri ha schernito le proposte, considerandole di difficile applicazione, uso e pronuncia, e ha attribuito la soluzione dello schwa a “un’accademica della Crusca” che ne avrebbe – a suo dire – parlato su Facebook.

Pochi giorni dopo, il Presidente dell’Accademia della Crusca Claudio Marazzini ha inviato una lettera di risposta al direttore de La Stampa Massimo Giannini per fare alcune precisazioni: “La notizia che un’accademica della Crusca si sarebbe pronunciata a favore dell’utilizzo dello schwa e dell’asterisco […] è falsa in tutti i sensi”, non solo perché “la persona con cui Mattia Feltri polemizzava non è affatto accademica della Crusca” e non lo è “da parecchio tempo”, ma anche perché “nessun accademico […] ha sostenuto quelle tesi”, anzi in più occasioni l’istituzione ha manifestato la stessa linea espressa da Feltri. Concludendo con “Ci riserviamo di difendere comunque nelle sedi opportune il buon nome dell’Accademia”, il presidente Marazzini ha dunque criticato l’operato del giornalista in particolar modo per aver associato l’istituzione a una (ex) collaboratrice e alle sue tesi, ma ha anche fatto emergere una certa affinità con Feltri e non soltanto per le posizioni sulle questioni linguistiche. Com’è stato infatti fatto notare dalla scrittrice Carolina Capria e dalla giornalista e autrice Loredana Lipperini, né il Presidente dell’Accademia della Crusca né Mattia Feltri hanno fatto il nome della donna di cui stavano parlando, mostrando così non solo la volontà di dissociarsi da lei e dai temi di cui si occupa, ma anche di svilirne il lavoro e la dignità personale e professionale. Una posizione che l’Accademia ha ribadito anche in un post successivo, pubblicato il 3 agosto, in cui il Presidente Marazzini ha parlato di “disinvolta leggerezza” con cui La Stampa ha attribuito la qualifica di accademica a “persona che non aveva nessun diritto a tale titolo”.

Chi è del settore o conosce l’ambiente, ha capito presto che Marazzini e Feltri stavano parlando di Vera Gheno, sociolinguista, traduttrice e docente universitaria, che – come ha tenuto a precisare nuovamente l’Accademia in un post con scopo di chiarimento – ha interrotto la collaborazione con l’istituzione nel 2019. Gheno, autrice di numerosi saggi di linguistica e comunicazione tra cui “Potere alle parole” e “Femminili singolari”, da tempo studia alcuni fenomeni linguistici molto dibattuti come il superamento del binarismo di genere e del maschile sovraesteso nella lingua italiana.

Il maschile sovraesteso

L’italiano è una lingua flessiva con due soli generi, il maschile e il femminile, e in caso di moltitudini miste prevede che si ricorra al maschile sovraesteso, detto anche generalizzato: basta che un solo uomo sia presente in un gruppo numeroso, infatti, per declinare il plurale al maschile.

L’Enciclopedia Treccani, in un approfondimento sul rapporto tra genere e lingua, spiega i modi diversi con cui il maschile sovraesteso si applica nella lingua italiana: con il ricorso a termini maschili che indicano gruppi composti da uomini e donne (“i politici italiani”, per indicare donne e uomini in politica); con quella che viene definita “servitù grammaticale”, ovvero l’accordo al maschile in presenza di parole maschili e femminili (“bambini e bambine erano tutti stretti ai loro genitori”) o tramite l’utilizzo di espressioni fisse al maschile che possono però anche riferirsi alle donne (“i diritti dell’uomo”, per indicare “i diritti umani”). “Ancora più particolare”, prosegue Treccani, “è l’uso di termini, professionali e no, al maschile, quando il referente, noto e specifico, è donna”.

Dei nomina agentis (o nomi professionali) al femminile si discute in Italia da molto tempo: ne hanno parlato ad esempio Alma Sabatini, nel suo saggio “Il sessismo nella lingua italiana” nel 1987, e Cecilia Robustelli, nelle “Linee guida per l’uso del genere nel linguaggio amministrativo”, sottolineando la validità linguistica e l’importanza politica di declinare al femminile le professioni svolte da una donna. In uno dei suoi ultimi lavori, anche Vera Gheno ha mostrato come da un punto di vista linguistico l’italiano ammetta e preveda la formazione dei femminili. Le forzature e le stonature che alcune persone dichiarano di percepire quando si declinano certi termini al femminile, perciò, non possono essere ricondotte a motivazioni grammaticali e morfologiche quanto a una questione di abitudine o a un fatto socio-culturale, per cui il ricorso al femminile – stereotipicamente considerato come più debole rispetto al maschile – porta a immaginare uno svilimento della carica o del ruolo professionale.

Se la lingua evolve, però, è perché la società in cui viviamo sta cambiando: fino a non molto tempo fa, infatti, la presenza delle donne era limitata in alcuni settori e posizioni lavorative, per cui la necessità di declinare i nomi delle professioni in maniera corretta non era così ampiamente diffusa. Oggi che invece ci sono molte più avvocate, ministre, sindache, assessore, chiamarle con il loro nome diventa un’affermazione di esistenza, oltre che un’operazione linguisticamente esatta.

Come fa notare poi Gheno nel suo lungo e articolato post di risposta al “Buongiorno” di Feltri, il maschile sovraesteso viene spesso confuso con il genere neutro, che però in italiano non esiste: la nostra lingua infatti, come si è detto, comprende solo due generi, il maschile e il femminile, motivo per cui si parla anche di binarismo linguistico.

Il binarismo di genere e il rapporto con la lingua

Il binarismo di genere è un concetto che deriva dai gender studies e riconosce l’esistenza di due sole categorie, uomo e donna, a cui sono associati ruoli e caratteri specifici: all’uomo corrisponde tutto ciò che nell’immaginario comune è considerato maschile, alla donna tutto ciò che è definito come stereotipicamente femminile.

Il binarismo di genere non ammette, dunque, l’esistenza di identità di genere altre rispetto a quelle di uomo e donna, rinnega la distinzione tra sesso e genere e si basa su preconcetti che ci portano a definire per esempio la forza e l’autorevolezza come tratti tipicamente maschili e la sensibilità e la predisposizione alla cura come caratteristiche femminili. Il sesso e il genere invece sono ormai anche a livello istituzionale concepiti come entità separate: il sesso è l’insieme di caratteristiche fisiche, biologiche e anatomiche che caratterizzano un individuo mentre il genere è un costrutto sociale, che cambia nel tempo e nello spazio, e riguarda i comportamenti che la società attribuisce a un determinato sesso (ovvero il ruolo di genere), ma anche la percezione che ciascuno ha di sé (l’identità di genere). Il superamento del binarismo implica la concezione del genere non più come una classificazione fatta da due soli elementi, bensì come uno spettro di più possibilità. Coloro che non si identificano nelle categorie uomo-donna, ad esempio, possono riconoscersi come persone non binarie. Anche le persone transgender, ovvero coloro che hanno un’identità di genere diversa rispetto al sesso assegnato alla nascita, possono non rivedersi nel binarismo; e lo stesso vale per le persone intersex, ovvero chi nasce con caratteristiche cromosomiche, anatomiche e/o ormonali che non possono essere definite rigidamente come maschili o femminili.

Negli studi di genere e in certi ambiti della linguistica, ci si sta dunque interrogando su come costruire un linguaggio inclusivo che tenga conto di tutte le soggettività.

Le proposte per un linguaggio inclusivo

Nel saggio “Femminili singolari”, pubblicato nel 2019 dalla casa editrice effequ, l’autrice Vera Gheno propone – a suo stesso dire, in modo scherzoso – l’introduzione dello schwa, simbolo dell’alfabeto fonetico internazionale e spesso corrispondente a una vocale media-centrale. Per fare un esempio, nella frase “Buonasera a tutti” rivolta a un gruppo misto di persone, si potrebbe sostituire il maschile sovraesteso espresso dalla desinenza “-i” con lo schwa e dire dunque “Buonasera a tuttə”. La pronuncia corrisponde a un suono vocalico neutro, indistinto, già presente in molti dialetti del centro e sud Italia.

A prendere spunto da questa riflessione è stata proprio la casa editrice effequ in un’altra delle sue pubblicazioni. In “Il contrario della solitudine”, scritto dall’autrice brasiliana Marcia Tiburi e tradotto da Eloisa Del Giudice, effequ ha infatti introdotto lo schwa in riferimento a una moltitudine mista. Nel testo originale Tiburi ha adottato una delle soluzioni più utilizzate dai movimenti femministi e dalla comunità LGBTQIA+ di lingua spagnola, ovvero sostituire la desinenza maschile “-o” e quella femminile “-a” con una neutra “-e”, scrivendo per esempio “todes” al posto di “todos”. Per mantenere la neutralità del linguaggio e rispettare la scelta politica dell’autrice, effequ ha perciò deciso di tradurre “todes” con “tuttə”.

Per quanto al momento lo schwa appaia come la soluzione più praticabile poiché si tratta di un fonema neutro, già esistente e applicabile, presenta anch’esso dei limiti. Come spiega infatti proprio Gheno in un articolo uscito su La Falla, magazine del Cassero LGBT Center di Bologna, lo schwa “non compare al momento sulle tastiere di cellulari o computer”, ma solo nella sezione dei simboli e caratteri speciali dei programmi di scrittura: conseguenza di ciò è che scrivere un testo con lo schwa può risultare piuttosto macchinoso. Inoltre, essendo un suono presente solo in alcuni dialetti dell’Italia meridionale, può risultare difficile da comprendere e pronunciare per coloro che non conoscono e non parlano quei dialetti. Per provare a far fronte a queste difficoltà, è nata “Italiano inclusivo”, una piattaforma che ha lo scopo di promuovere l’introduzione dello schwa e superare il binarismo linguistico. “Italiano inclusivo” infatti offre diversi strumenti utili per conoscere, scrivere e pronunciare il fonema.

Nel frattempo, molte altre sono le proposte di cui si discute nell’ambito degli studi di genere, come l’asterisco o la vocale “-u” (che però in alcuni dialetti italiani indica il maschile). In una nota introduttiva al suo saggio “Post porno. Corpi liberi di sperimentare per sovvertire gli immaginari sessuali” (Eris Edizioni), ad esempio, l’autrice Valentine Wolf chiarisce che, “in un’ottica di inclusività”, nel testo si è preferito non ricorrere al maschile generalizzato ma utilizzare l’asterisco e la desinenza “-u”. Proprio pochi giorni prima dell’uscita del “Buongiorno” di Feltri in cui si è parlato dello schwa, anche la condivisione di questa nota sui social ha generato una serie di reazioni polemiche e sprezzanti.

Il linguaggio inclusivo negli altri paesi

Mentre l’Accademia della Crusca ha manifestato ritrosia nei confronti della presa in considerazione di soluzioni inclusive, in molti altri paesi il tema dell’inclusività e il rispetto delle soggettività sono centrali anche da un punto di vista linguistico. Nel 2019 il celebre vocabolario statunitense Merriam-Webster ha scelto il pronome “They” come parola dell’anno. Nella lingua inglese infatti si sta sempre più diffondendo l’uso di “they” e “them” come pronomi singolari, per riferirsi alle persone non binarie e che dunque non si riconoscono nei pronomi “he/him” (lui), “she/her” (lei).

In Svezia, invece, nel 2015 l’Accademia che ogni dieci anni aggiorna il dizionario ufficiale della lingua, ha introdotto il pronome neutro “hen”, da utilizzare in relazione a persone che non si identificano nel pronome maschile (“han”) o femminile (“hon”) o laddove non si voglia fare riferimento al genere di qualcuno. Per quanto riguarda la Germania, dove il dibattito è da tempo molto acceso, il ministero della Giustizia ha di recente invitato gli uffici pubblici a utilizzare un linguaggio neutro nelle comunicazioni ufficiali. E ancora, nello spagnolo, oltre alla già citata desinenza “-e”, si sta diffondendo l’uso del simbolo “-@” e della lettera “-x” per sostituire il maschile generalizzato.    

Una nuova esigenza sociale

Ogni scelta linguistica è una scelta politica”, ha scritto la giornalista Jennifer Guerra nel suo saggio femminista “Il corpo elettrico” (edizioni Tlon). In una vera e propria “Nota alla traduzione”, infatti, l’autrice parla della necessità di un continuo confronto che durante la stesura del libro, proprio come fa di solito chi traduce un testo, ha dovuto mettere in atto con il linguaggio e con le parole, affinché la complessità potesse essere raccontata al meglio.

Di complessità ha parlato anche la stessa Vera Gheno nel suo intervento a “Prendiamola con filosofia”, evento organizzato dall’Associazione Tlon il 23 luglio scorso. “Saper vivere la complessità del presente”, infatti, è una delle competenze che la linguista definisce essenziali per essere pienamente cittadini, da aggiungere a “saper leggere, scrivere e far di conto”, menzionate da Don Milani. Saper vivere la complessità del presente vuol dire, secondo la studiosa, anche riconoscere il cambiamento e provare curiosità nei suoi confronti, anziché rifiutarlo a priori. Proprio le discussioni attorno allo schwa, continua Gheno, testimoniano che qualcosa attorno a noi si sta muovendo: “C’è una nuova esigenza sociale alla quale la lingua sta cercando di stare dietro”, ha detto la studiosa, e ha aggiunto che se una lingua viva continua a creare parole nuove è perché “la realtà continua a cambiare”.

Immagine in anteprima via breezy.hr

 

Fonte:

https://www.valigiablu.it/linguaggio-inclusivo-dibattito/

 

What do you want to do ?

New mail

La pandemia del permafrost: nuove malattie mortali dai ghiacci dell’Artico?

Mentre l’Artico si surriscalda, un gruppo di scienziati sta valutando il rischio che possano ritornare malattie mortali dal lontano passato: si tratta di batteri e microbi che si sarebbero conservati negli strati di ghiaccio permanente, che è però sempre più a rischio di disgelo

La settimana scorsa in alcune parti del Circolo Polare Artico faceva più caldo di quanto ne abbia mai fatto nel Regno Unito. Inoltre i dati satellitari indicano che mentre l’aria nel nord-est della Siberia raggiungeva i torridi 38° C, la temperatura della superficie terrestre era ancora più alta, 45° C – allarmante. Questa ondata di caldo da record, legata, sia chiaro, al riscaldamento globale, arriva mentre il mondo intero è colpito dalla pandemia di Covid-19, un virus microscopico che ha ucciso mezzo milione di persone e paralizzato l’economia globale.

Le due crisi potrebbero essere meno distanti di quanto non sembri. L’Artico svolge un ruolo importante nella storia del cambiamento climatico. Non solo si sta surriscaldando almeno al doppio della velocità del resto del mondo, ma ciò che accade lì si ripercuote ovunque. L’innalzamento del livello del mare? È dovuto allo scioglimento dei ghiacciai. Il cambiamento climatico fuori controllo? A causa del metano e del carbonio immagazzinati nel permafrost.

Il ruolo che l’area può svolgere nel rilascio di malattie a lungo latenti è meno chiaro. Ne risulta una vera e propria trama di fantascienza che affascina i giornalisti ma si tratta di un campo piuttosto recente per un’adeguata ricerca scientifica.

 

Per decenni solo i russi hanno effettivamente analizzato se e per quanto tempo i microbi potrebbero sopravvivere nel permafrost, ma ora l’intera comunità scientifica ne sta prendendo atto.

 

Lo scorso novembre a Hannover, in Germania, scienziati provenienti da tutto il mondo e competenti in tutti i settori di studio essenziali, dalla climatologia alla geologia e virologia, si sono incontrati per il primo grande scambio di esperienze concentrandosi sulla minaccia di microbi rivitalizzati dal disgelo del permafrost.

 

LA SCOMPARSA DEL PERMAFROST

È qualsiasi materiale terrestre sottoposto a temperature pari o inferiori a 0 gradi centigradi per un periodo di due o più anni consecutivi. Il materiale terrestre può essere qualsiasi cosa: terreno organico, terreno minerale, sabbia, ghiaia. Il ghiaccio di un ghiacciaio o una banchisa può rientrare in questa definizione, ma gli specialisti del permafrost tendono a non includerlo.

Il permafrost, ha sottolineato il dottor Romanovsky a “Unearthed”, non si scioglie. Si disgela. All’interno vi è del ghiaccio ma una volta sciolto, il terreno rimane. Quando ciò accade, cessa di essere permafrost e ciò che era congelato ora non lo è più. Tale disgelo potrebbe portare al rilascio delle enormi riserve di gas serra di carbonio e metano del permafrost, uno dei punti di non ritorno che potrebbero preannunciare il precipitare del cambiamento climatico.

«In molte aree il permafrost si sta già disgelando dall’alto verso il basso», ha detto il dottor Romanovsky, spiegando che sebbene il permafrost più sotterraneo rimanga congelato tutto l’anno, vasti tratti del permafrost superiore, fino a mezzo metro di profondità, stanno subendo uno spostamento totemico. «Abbiamo osservato che nell’estremo nord dell’Artico canadese, dove le temperature del permafrost sono ancora intorno ai -14° C, si sta già disgelando dall’alto.

 

Ciò significa che parte del materiale che è stato congelato per migliaia di anni non è più ininterrottamente congelato.

 

Questo è uno sviluppo recente, solo degli ultimi 10 o 20 anni».

Le temperature in rapido aumento nell’area stanno aumentando la profondità dello strato attivo del permafrost, la parte, il più delle volte vicino alla superficie, che per i periodi dell’estate è composto d’acqua anziché ghiaccio. Il dottor Romanovsky ha affermato: «Quanto del permafrost si è già disgelato? Non molto, perché il processo è appena iniziato.L’aumento del livello attivo è iniziato negli anni ’90 mentre il disgelo a lungo termine del permafrost solo recentemente, negli ultimi 10 anni. Questo è solo l’inizio. Ma si velocizzerà con il passare del tempo e dovremmo aspettarci che il deterioramento del permafrost aumenti nei prossimi decenni».

 

LA VITA TROVA SEMPRE UN MODO PER FARSI STRADA

Il permafrost non ha bisogno di sciogliersi del tutto né tutto l’anno per permettere ai microrganismi congelati nel terreno di prendere vita o di raggiungere il talik, uno strato sopra il permafrost, raramente se non mai congelato. Tale strato attivo, sempre più grande e da più tempo attivo, diventa un nuovo habitat, dove «è sufficiente un aumento di acqua non congelata per attivare alcuni processi biologici».

Difatti, questi microbi, risvegliati dal loro lungo letargo, possono approfittarne per spostarsi verso i talik, dove è più difficile che si ricongelino. Dopo Romanovsky, la platea di Hannover ha successivamente ascoltato Jean Michel Claverie, un virologo dell’Università di Aix-Marseille, il quale lavora con sua moglie Chantal Abergel, rinomata esperta a pieno titolo.

 

«L’idea che i batteri possano sopravvivere a lungo penso che sia definitivamente accettata», ha detto il dottor Claverie a Unearthed.

 

«Il dibattito ormai è: per quanto tempo? Per un milione di anni? 500.000? 50.000? Ma, sì, ci sono documenti estremamente validi che affermano che si possono rivitalizzare i batteri dal permafrost più profondo».

La coppia utilizza virus a Dna (di cui ne riparleremo a breve) recuperati dal permafrost nei pressi del fiume Kolyma nella Siberia nord-orientale e infetta l’ameba per determinare in sicurezza se funzionano ancora come dovrebbero. La dottoressa Abergel ha dichiarato: «Questa è una prova del principio che stiamo eseguendo in laboratorio. Siamo in grado di rivitalizzare i virus da antichi campioni di permafrost. Finora non siamo stati in grado di raggiungere i 30.000 anni, ma in futuro potremmo arrivarci».

 

 

La regione russa della Kolyma (fonte:commons.wikimedia.org)

 

 

LA WATCHLIST

Quindi quali sono le malattie latenti studiate? C’è davvero una pandemia del permafrost che dovremmo temere? Gli scienziati non sono sicuri.

Secondo Abergel e Claverie, i virus a Dna rappresentano il principale motivo di preoccupazione. Essendo più resistenti dei virus a Rna, è più probabile che emergano relativamente intatti dal loro stato congelato. «I virus a Rna sembrano essere molto più fragili, normalmente non dovrebbero essere in grado di sopravvivere così a lungo. Invece i virus a Dna essendo chimicamente più stabili risultano più robusti per questo tipo di processo», ha affermato Claverie.

«Nessuno ha mai provato a rivitalizzare i virus a Rna dal permafrost perché non infettano l’ameba o altre specie, ad esempio. E l’unico modo per valutare la sopravvivenza dei virus è utilizzare gli organismi ospiti». Ciò comporterebbe che è estremamente improbabile che i batteri dell’influenza spagnola, che come Covid-19 è un virus a Rna, trovati nei cimiteri dell’Alaska del nord, saltino fuori dal ghiaccio.

 

Il virus a Dna più noto, a cui fa riferimento il lavoro dei coniugi virologi, è il vaiolo, la malattia più mortale della storia moderna, ma che è stata sradicata a seguito delle vaccinazioni.

 

Il dottor Claverie è in gran parte scettico rispetto alla minaccia di malattie batteriche rivitalizzate, come la peste, per esempio, perché «uccideranno un paio di persone ma ora disponiamo di antibiotici». Forse l’epidemia più nota di una malattia artica è stata quella della varietà batterica dell’antrace. Ma l’episodio del 2016 febbrilmente riportato, che ha ucciso migliaia di renne in Siberia e infettato circa una dozzina di persone, potrebbe non essere emerso dal permafrost, secondo un recente studio.

Romanovsky e i suoi colleghi ritengono che l’epidemia sia stata così grave perché il governo russo ha modificato la sua politica sulla vaccinazione degli animali, che ha poi annullato. La dottoressa Brigitta Evengård, a capo della realizzazione dello storico evento di Hannover, è stata decisamente meno pronta a escludere la minaccia dei batteri congelati. Lei considera l’emergente crisi di resistenza agli antibiotici come un moltiplicatore di rischio.

Dopo essere tornata da una breve pausa dall’esercizio della medicina, quando i medici svedesi sono stati chiamati a sostenere gli sforzi per far fronte alla Covid-19, a “Unearthed” ha affermato: «Il mio peggior scenario? Quello che sta già succedendo di tanto in tanto, solo qualche anno fa vi è stato un focolaio in Madagascar. La Pasteurella pestis, ossia la peste, resistente agli antibiotici».

Sebbene abbia ammesso che il rischio di insorgenza di malattie resistenti agli antibiotici sia basso, non è impossibile. «La resistenza pandemica agli antibiotici ucciderà ogni anno più della pandemia di coronavirus». E per quanto riguarda le possibili pandemie dall’Artico? «In base alle nostre conoscenze, le due che potrebbero emergere dal permafrost sono l’antrace e il vaiolo, ma oltre a questi è un vaso di Pandora».

 

TROVARE UN ORGANISMO OSPITE

Una volta scongelati, questi microbi del permafrost devono trovare un ospite per sopravvivere. Ma hanno un problema: non ci sono molte persone che vivono nella zona e quelli che ci vivono, spesso si tratta di abitanti di villaggi indigeni, non sono in frequente contatto con estranei, il che significa che la diffusione dell’infezione sarebbe presumibilmente limitata.

«Il vero pericolo non è di per sé il disgelo del permafrost», ha affermato il dottor Claverie,«è che gli uomini, soprattutto i russi, stanno iniziando a sfruttare le regioni artiche e stanno realizzando grandi fori da cui estrarre strati di permafrost che risalgono a un milione di anni». «Questa è la ricetta per un disastro perché mettiamo in contatto uomini e virus, quando quest’ultimo è fresco. Cosa succede quando i virus vengono rilasciati dal permafrost in natura? Si riversano nel fiume. Sono esposti all’ossigeno, che è dannoso per i virus. Sono esposti alla luce, che è altresì dannoso. E quindi se non trovano rapidamente un ospite non resteranno rivitalizzati a lungo».

 

Quindi è come se il permafrost fosse l’oceano e i microbi gli squali. Non andare a fare surf quando ci sono gli squali nell’acqua e dovrebbe andare tutto bene.

 

La dottoressa Abergel ha dichiarato: «Se [i virus] entrano in contatto con un adeguato organismo ospite, si riattiveranno. Quindi se metti un essere umano in un posto con virus congelati associati alla pandemia, quegli uomini potrebbero essere infettati e replicare il virus, iniziando una nuova pandemia».

Ma come ha sottolineato la dottoressa Evengård, gli uomini non sono gli unici potenziali ospiti là fuori. «Con i cambiamenti climatici, vediamo la migrazione degli animali. Noi individui, tendiamo a stare nelle nostre case se ci troviamo relativamente bene. Tuttavia supponiamo che siate vicino alla costa del Bangladesh, in tal caso potreste già iniziare a spostarvi verso l’entroterra. La più grande migrazione di rifugiati climatici è ancora nei loro paesi d’origine. Ma gli animali si muovono».

La dottoressa ha sottolineato che i cambiamenti climatici hanno portato il flusso dell’ecosistema globale a muoversi ed è quasi impossibile dire come andranno le cose.

 

Le alci e le lepri, ad esempio, stanno migrando verso nord mentre la vegetazione affiora e poi ovviamente ci sono uccelli e pesci e i loro flussi migratori che a volte attraversano il globo.

 

«Questi animali possono portare i microrganismi in aree incontaminate», ha detto la dottoressa Evengård, “e accadranno cose che semplicemente non possiamo prevedere. Si può dire che l’Artico è spazioso e poco popolato, ma ci sono persone che vanno e vengono, sì, i minatori, e ci sono microrganismi che vengono con animali e che risalgono persino dalla terra. La dinamica in corso è nuova». L’esperienza del Coronavirus «ha appena rafforzato la mia convinzione che quello che sto facendo è assolutamente importante», ha detto.

«Non sono sorpresa, non si tratta di sapere se questo sarebbe successo ma quando sarebbe successo. L’unico vero nemico è la nostra ignoranza, alla quale non stiamo provvedendo. Abbiamo tutte queste conoscenze, non è poi una novità. Questo è il processo dinamico nel quale stiamo entrando con l’era del cambiamento climatico. Dovremmo essere più preparati, invece siamo seduti qui, paralizzati dalla paura […] Questo è un avvertimento da parte della natura e succederà ancora e ancora e ancora, ne sono certa».

 

Articolo originariamente pubblicato su Unearthed.

Traduzione dall’inglese di Giulia Musumeci per DINAMOpress

Foto di copertina di Sarah N da Pixabay

 

 

Fonte:

https://www.dinamopress.it/news/la-pandemia-del-permafrost-nuove-malattie-mortali-dai-ghiacci-dellartico/

I bambini abusati nel coro di Ratisbona furono almeno 547. Il legale: «Georg Ratzinger sapeva»

La denuncia nel rapporto finale presentato dall’avvocato Ulrich Weber, e divulgato dai media tedeschi. Cinquecento bambini subirono violenze corporali; 67 anche violenze sessuali. «All’ex direttore del coro va rinfacciato di non aver fatto nulla nonostante sapesse»

Sono almeno 547 i bambini che, tra il 1945 e il 1992, hanno subito violenze nel coro del Duomo di Ratisbona. Ad affermarlo è il rapporto finale di una inchiesta avviata nel 2015 presentato dall’avvocato Ulrich Weber, presentato oggi in una conferenza stampa in Germania. Stando al documento, c’è «un’altissima probabilità» che 500 bambini abbiano subito violenze corporali, e 67 anche violenze sessuali. Secondo Weber 49 colpevoli sono stati identificati. «Nella scuola del coro», si legge nel report», «dominavano paura e senso di impotenza», e «la violenza era un metodo applicato quotidianamente» per ottenere «massimi risultati» e «assoluta disciplina».

Il coro venne diretto, dal 1964 al 1994, dal fratello del Papa emerito Benedetto XVI, Georg Ratzinger (qui l’intervista di Danilo Taino con lui nel 2010: «Io mi occupavo di musica, mai avuto notizia di casi del genere»). Nel suo rapporto Weber attribuisce a Georg Ratzinger delle «corresponsabilità»: nella conferenza stampa di oggi, il legale, secondo la Dpa (riportata dall’agenzia Ansa), ha affermato che all’ex direttore del coro va «rinfacciato di aver fatto finta di non vedere, e di non essere intervenuto nonostante sapesse».

Nel 2010, quando il caso era emerso per la prima volta, Ratzinger aveva detto che alcuni ragazzi gli avevano raccontato come andavano le cose nella scuola di preparazione, ma che le loro storie non lo avevano indotto a pensare di «dover intervenire in qualche modo». Ratzinger ha sempre ammesso di aver saputo delle violenze fisiche, ma di non sapere nulla di abusi sessuali. Secondo quanto riportato nel 2010 dalla Passauer Neuen Presse, lo stesso fratello maggiore del Papa ha ammesso di aver dato qualche schiaffo ai ragazzi fino agli anni ‘70 e di essere stato «sollevato» quando le punizioni fisiche vennero vietate dalla legge all’inizio degli anni ‘80.

Nel 2010 l’allora vescovo di Ratisbona ed ex prefetto emerito della Congregazione per la Dottrina delle Fede, Gerhard Ludwig Muller, ha ammesso gli abusi nel coro, precisando però che gli episodi di pedofilia «non coincidono con il periodo dell’incarico del maestro professor Ratzinger». Anche Muller viene accusato nel rapporto finale sul caso per la debolezza «strategica, organizzativa e comunicativa» con cui lo scandalo venne affrontato.

Muller divenne capo dell’ex sant’Uffizio nel 2012, dall’allora papa Joseph Ratzinger. Papa Francesco lo ha da pochi giorni sollevato dall’incarico. L’attuale vescovo di Ratisbona, Rudolf Voderholzer, ha già annunciato di voler offrire alle vittime compensazioni finanziarie tra i 5 e i 20 mila euro a testa entro la fine dell’anno.

© RIPRODUZIONE RISERVATA
Fonte:
http://www.corriere.it/esteri/17_luglio_18/i-bambini-abusati-coro-ratisbona-furono-almeno-547-79dfc3f6-6ba6-11e7-9094-d21d151198e9.shtml

Amnesty International, bambini Intersessuali sottoposti a interventi dolorosi e non necessari

Lo denuncia il rapporto “Primo, non ferire” che ha raccolto testimonianze di 16 persone intersessuali in Germania e Danimarca. Diritti umani e salute a rischio

Amnesty International, bambini Intersessuali sottoposti a interventi dolorosi e non necessari

Il rapporto “Primo, non ferire rilasciato qualche giorno fa da Amnesty International si basa su uno studio della realtà medica di Germania e Danimarca e sulle testimonianze di 16 persone intersessuali e 8 genitori di persone intersessuali raccolte nei due Paesi.

Fino 5 interventi non urgenti, invasivi e traumatici nel primo anno di vita

Secondo quanto documentato e denunciato dal rapporto, i bambini nati con caratteristiche sessuali che non corrispondono alle norme o alle aspettative maschili e femminili rischiano di essere sottoposti a una serie di procedure mediche e chirurgiche non necessarie, invasive e traumatiche – fino a cinque nel corso solo del primo anno di vita – in violazione dei loro diritti umani. Si tratta di interventi assolutamente non urgenti e spesso irreversibili con conseguenze a lungo termine sulla salute psicofisica e sul benessere delle persone che vi sono sottoposte, senza poter esprimere alcun parere o consenso, per la sola ragione di non corrispondere agli obsoleti stereotipi di genere.

Procedure di ‘normalizzazione’ solo per via degli stereotipi

«Queste cosiddette procedure di ‘normalizzazione’ vengono condotte senza la completa conoscenza degli effetti potenzialmente dannosi a lungo termine che producono sui bambini», ha dichiarato Laura Carter, ricercatrice di Amnesty International sull’orientamento sessuale e l’identità di genere.

«Stiamo parlando di incisioni che vengono fatte su tessuti sensibili, con conseguenze per tutta la vita, tutto a causa degli stereotipi su ciò a cui un ragazzo o una ragazza dovrebbe assomigliare. La domanda è a chi giova, perché la nostra ricerca mostra che si tratta di esperienze incredibilmente tristi».

Un rischio che cade su una percentuale di popolazione stimata a livello globale intorno all1’7%. Come quella delle persone coi capelli rossi.

Interventi chirurgici con danni permanenti e irreversibili

Sulla base delle interviste alle persone intersessuali, alle loro famiglie e ai medici professionisti in Danimarca e Germania, Amnesty ha raccolto le prove che bambini nati con variazioni delle caratteristiche sessuali sono sottoposti, spesso nei primissimi anni di vita, a procedure quali la riduzione della “clitoride allargata, con danni sensoriali, cicatrici e dolori, la vaginoplatica o chirurgia vaginale, per creare o ampliare un’apertura vaginale, la gonadectomia, con la rimozione delle gonadi, inclusi tessuti ovarici e testicolari che comporta la necessità di trattamenti ormonali a vita e l’impossibilità di concepire figli, e ad operazioni di riparazione di ipospadia per riposizionare l’uretra all’apice del pene e creare un pene funzionale considerato esteticamente normale, al prezzo di complicazioni permanenti.

La testimonianza, medici incapaci di pensare fuori dallo schema binario ‘maschio’ – ‘femmina’

Sandrao, persona intersessuale che vive in Germania, racconta di come solo due anni fa, a oltre trent’anni, abbia scoperto di aver subito l’asportazione dei testicoli a 5 anni e di aver rimosso completamente i suoi primi 11 anni di vita. «Ho avuto altre operazioni, chirurgia genitale. Non so se avevo una vagina alla nascita o è stata ricostruita. La mia uretra è in una posizione diversa, Ho visto un ginecologo nel 2014 e ha trovato un sacco di cicatrici» – Racconta – «Sapevo di essere differente, pensavo di essere una sorta di mostro, ero incapace di sviluppare un’identità di genere. Ero spinto verso il ruolo femminile, dovevo indossare camicette, avevo capelli lunghi. Era doloroso avere rapporti sessuali con gli uomini e pensavo che fosse normale».

Una condizione che nessuno gli aveva spiegato finché non decide di approfondirla: «Ho preso parte a uno studio e hanno trovato un “disordine genetico”. Ma non mi piace questa parola. Io ho una variazione». Una cosa però appare certa: «I medici non danno abbastanza informazioni ai genitori. Penso che la professione medica pensa solo al sistema binario di genere. Anziché dire che “tuo figlio è normale, e crescerà in salute”, loro dicono che c’è “qualcosa di sbagliato che può essere corretto con la chirurgia”».

Impressione confermata, a Sandrao, anche dai primi colloqui avuti con i sanitari: «Ho visto un endocrinologo. Quando l’ho incontrato la prima volta mi ha detto che dovevo decidere se essere maschio o femmina. Erano incapaci di pensare fuori dallo schema. Ma ora ha cambiato opinione. Questo è quel che mi dà il potere e la forza di combattere».

Violati diritti umani dei bambini

Un’esperienza questa che riassume il percorso di molte persone intersessuali, medicalizzate sulla semplice base di stereotipi e pregiudizi sin dai primi mesi di vita, poco o male informate da medici e familiari, costrette a subire per tutta la vita le conseguenze di scelte consumatesi sulla loro testa.

«Quando penso a quello che è accaduto, sono sconvolto, perché non si trattava di qualcosa che spettava ad altri decidere – si sarebbe potuto aspettare», ha detto H. dalla Danimarca.

Amnesty International ritiene che l’attuale approccio al trattamento dei bambini intersessuali in Danimarca e Germania non protegge i loro diritti umani, compresi quelli alla riservatezza e al più alto livello di salute raggiungibile.

Anche gli esperti delle Nazioni Unite hanno esplicitamente condannato tali pratiche, classificando interventi chirurgici inutili in bambini intersessuati come pratiche nocive e in violazione dei diritti del bambino.

Fonte:

http://www.prideonline.it/2017/05/15/amnesty-international-bambini-intersessuali-sottoposti-interventi-non-necessari/

 

What do you want to do ?

New mail

L’eredità siriana di Alois Brunner, il nazista protetto da Damasco

  • 11 Gen 2017 17.08

Alois Brunner, senza data. - Afp
Alois Brunner, senza data. (Afp)

Alois Brunner, il criminale di guerra nazista più ricercato dal 1945, due volte condannato a morte in Francia negli anni cinquanta e giudicato responsabile dello sterminio di più di 135mila ebrei, è rimasto nazista fino alla fine ed è morto a Damasco nel dicembre 2001 a 89 anni. Lo racconta la rivista francese XXI in un’inchiesta esclusiva che esce l’11 gennaio 2017, e che sarà pubblicata anche da Internazionale il 13 gennaio e dalla rivista svizzera Reportagen.

L’inchiesta si basa sulle testimonianze esclusive di tre guardie del corpo addestrate nella scuola dei servizi segreti siriani e distaccate al settore 300 – quello incaricato del controspionaggio e della protezione di Brunner – e rivela il ruolo centrale svolto dall’ex nazista nel regime di Assad.

Il braccio destro di Adolf Eichmann, che alla fine degli anni cinquanta aveva messo la sua “esperienza” al servizio del clan Assad, è stato sepolto dal regime di Damasco di notte e in gran segreto al cimitero di Al Afif, nella capitale siriana, a meno di due chilometri dalla sede dove il nazista aveva vissuto le sue ultime ore. Il suo corpo è stato lavato secondo il rito musulmano. “Le strade erano state bloccate in modo che nessuno vedesse, solo otto persone avevano il diritto di assistere alla cerimonia”, racconta un ex agente dei servizi di sicurezza siriani. “È stato lui a formare tutti i responsabili del regime siriano”, confida una delle ex guardie del corpo di Brunner, citando i nomi dei direttori dei servizi di sicurezza siriani addestrati proprio da Brunner.

“Al suo arrivo in Siria è andato direttamente a incontrare Hafez al Assad presentandosi come intimo collaboratore di Hitler e da allora è stato scelto come uno dei suoi consiglieri”, afferma un’altra delle sue ex guardie del corpo. “Era stato mandato a Wadi Barada, che era una base dei servizi segreti, e lì ha addestrato tutti i responsabili”.

Queste testimonianze si trovano in un documento dei servizi segreti francesi pubblicati dalla rivista XXI. Il documento, che porta la data del 21 gennaio 1992 ed è stato trasmesso alla sezione ricerche della gendarmerie, afferma che “secondo un’informazione del febbraio 1988 Alois Brunner era all’epoca consigliere del governo siriano in materia di sicurezza”. Altri documenti dell’ufficio del procuratore di Francoforte, della Cia e del Bnd, i servizi segreti tedeschi, confermano che all’epoca queste informazioni erano conosciute da diversi stati.

Il patto formale dell’ex nazista con lo stato siriano risale al 1966, quando Hafez al Assad era arrivato al ministero della difesa in seguito a un colpo di stato militare. Con Brunner l’uomo forte della Siria aveva costruito un apparato repressivo di rara efficacia. E questo è il sistema che alla sua morte nel 2000 ha ereditato il figlio, l’attuale presidente siriano Bashar al Assad.

Il regime di Damasco ha sempre negato la presenza di Brunner in territorio siriano.

(Traduzione di Andrea De Ritis)

 

 

Fonte:

http://www.internazionale.it/notizie/2017/01/11/siria-nazista-internazionale

La questione delle cose fasciste pubblicate dagli agenti che hanno ucciso Anis Amri

  • 24 dicembre 2016

Sulle pagine Facebook e Instagram di Cristian Movio e Luca Scatà, ora inaccessibili, sono state trovate cose di cui non andar fieri

movio_ape

Luca Scatà e Cristian Movio sono i due agenti di polizia del commissariato di Sesto San Giovanni che venerdì mattina, nel corso di un normale controllo di documenti, hanno ucciso Anis Amri, l’uomo che ha guidato un camion attraverso un mercatino di Natale a Berlino lunedì 19 dicembre, uccidendo 12 persone. Amri, dopo essere stato fermato dai due agenti, ha tirato fuori una pistola e ha sparato, prima di essere ucciso: ha ferito alla spalla in modo non grave il 36enne Cristian Movio, capo pattuglia e agente con diversi anni di esperienza, ed è stato ucciso da un colpo al torace sparato da Luca Scatà, 29enne che da nove mesi lavorava come “agente in prova”.

Scatà e Movio sono stati molto celebrati per il loro lavoro e ringraziati pubblicamente dai loro superiori, dal ministro degli Interni Marco Minniti e dal presidente del Consiglio Paolo Gentiloni. Nel corso della giornata di ieri, tuttavia, hanno cominciato a girare online screenshot di alcuni loro post pubblicati su Facebook e Instagram, molti dei quali con riferimenti e frasi razziste o inneggianti al fascismo. In particolare sul profilo di Luca Scatà sono stati trovati tre diversi post che inneggiavano al fascismo e a Mussolini (in uno di questi si vede lo stesso Scatà fare il saluto romano), mentre sulla pagina Facebook di Movio sono stati trovati diversi post razzisti e contenuti del sito xenofobo “tuttiicriminidegliimmigrati.com”. I profili sui social network dei due agenti sono stati resi inaccessibili nel corso della giornata di venerdì, per ordine – dice la Stampa – del questore di Milano Antonio De Iesu, per «tutelare l’immagine dei nostri agenti». La decisione del ministro Minniti di diffondere i nomi di Scatà e Movio aveva ricevuto inizialmente qualche critica, per la possibilità che i due subissero ritorsioni.

Le foto pubblicate sui social network da Scatà e Movio:

Fonte:
*
Dalla pagina Facebook Informazione Antifascista:

Ecco l'”eroe” che ieri a Milano ha sparato al tunisino sospettato di essere l’autore dell’attacco terrorista a Berlino.
Uno dei tipici prodotti delle caserme nostrane: ragazzini semianalfabeti con le sopracciglia ad ali di gabbiano, infarciti di fascismo, pregiudizi e sessismo da operetta.

L'immagine può contenere: 1 persona, sMS

 

 

 

Rilasciato l’uomo sospettato di essere l’autore dell’attentato a Berlino. L’Isis ha rivendicato l’attentato

  • 20 Dic 2016 20.31
Rilasciato l’uomo sospettato di essere l’autore dell’attentato a Berlino. Le autorità tedesche non hanno prove per procedere contro il richiedente asilo pachistano che in un primo momento era stato arrestato come sospetto autore dell’attentato del 19 dicembre al mercatino natalizio di Breitscheidplatz in cui sono morte dodici persone. Al momento si teme una vittima italiana, Fabrizia Di Lorenzo, di 31 anni. Il gruppo Stato islamico ha rivendicato l’attentato.
Fonte:

Aggiornamenti sull’attentato a Berlino, 12 morti

Attentato a Berlino, 12 morti. È successo a Breitscheidplatz, nel quartiere di Charlottenburg, vicino alla chiesa Kaiser-Wilhelm-Gedächtniskirche. Nella zona si stava svolgendo un mercatino natalizio. La polizia segue la pista del terrorismo.

Vedi tutte le notizie

Fonte:

http://www.internazionale.it/

Un camion travolge la folla a Berlino, nove morti

Un camion travolge la folla a Berlino, nove morti

Aggiornato 5 minuti fa

È successo a Breitscheidtplatz, nel quartiere di Charlottenburg, vicino alla chiesa Kaiser-Wilhelm-Gedächtniskirche. Nella zona si stava svolgendo un mercatino natalizio.


  • 19 Dic 2016 22.46

Il ministro dell’interno non conferma la pista dell’attentato

Il ministero dell’interno ha fatto sapere che non è ancora chiaro il motivo per il quale il camion ha travolto le persone presenti al mercato natalizio a Charlottenburg e che potrebbe essersi trattato sia di un incidente sia di un attacco premeditato.

  • 19 Dic 2016 22.33

Le immagini da Berlino

Il luogo dove il camion ha travolto la folla a Berlino, in un video diffuso dall’agenzia Associated Press.


  • 19 Dic 2016 22.19

Il passeggero a bordo del camion è morto

La polizia tedesca ha scritto su Twitter, confermando che l’altra persona che si trovava a bordo del camion è morta nello scontro. Le forze dell’ordine hanno aggiunto che non si temono altre minacce, per il momento.

Currently, there are no indications of further dangerous situations in the city near .

  • 19 Dic 2016 22.09

Il camion proveniva dalla Polonia

La polizia ha fatto sapere che il camion che ha travolto la folla a Berlino aveva una targa polacca registrata a Danzica e appartiene a una ditta di trasporti polacca. Il veicolo ha lasciato la Polonia questo pomeriggio diretto verso Berlino e l’azienda sostiene di aver perso i contatti verso le 16. Sembrerebbe quindi che il veicolo sia stato rubato.

  • 19 Dic 2016 21.43

Cosa sappiamo finora

  • Verso le 20.15 un camion ha travolto la folla in un mercatino natalizio a Breitscheidtplatz, una piazza di Berlino che si trova nel quartiere di Charlottenburg, nella zona ovest della città. È uno dei mercati più popolari della capitale tedesca.
  • La polizia ha dichiarato che ci sono almeno nove morti e almeno cinquanta feriti. Non è ancora chiaro se si tratti di un incidente oppure no. Si ritiene probabile che si tratti di un attentato, ma questa ipotesi non è stata ancora confermata.
  • È stata arrestata una persona, che potrebbe essere quella che era alla guida del camion. Un altro sospettato che era a bordo del veicolo è morto.
  • La polizia ha invitato i residenti a restare a casa e a “non diffondere voci” sull’episodio.
  • 19 Dic 2016 21.33

Un video girato subito dopo che il camion ha travolto la folla a Charlottenburg.

Scene at the Christmas market after semi truck plows into crowd. Several injured.

  • 19 Dic 2016 21.22

I morti sono nove

La polizia tedesca conferma che ci sono nove morti e diversi feriti

BREAKING: Berlin police say 9 killed, many injured when truck slams into Christmas market.

 

Fonte:

http://www.internazionale.it/live/berlino-attentato-charlottenburg-live

DA E PER ALEPPO

Dal mio profilo Facebook:

DIC17

Sab 10:00 · Roma, Lazio
Interessa a 680 persone · 147 persone parteciperanno
Commenti
Donatella Quattrone

Scrivi un commento…
 
Donatella Quattrone ha condiviso l’evento di Arci Genova.

14 min ·

DIC19

Domani alle ore 18:00 · Piazza Raffaele De Ferrari, 16121 Genova GE, Italia
Interessa a 200 persone · 141 persone parteciperanno
Commenti
Donatella Quattrone

Scrivi un commento…
 
L'immagine può contenere: nuvola, cielo e spazio all'aperto
L'immagine può contenere: 2 persone, persone in piedi, folla e spazio all'aperto
L'immagine può contenere: 5 persone, persone che sorridono, folla, cielo e spazio all'aperto
L'immagine può contenere: 3 persone, persone in piedi e spazio all'aperto
L'immagine può contenere: cielo, nuvola e spazio all'aperto
+9

Rosanna Sirignano ha aggiunto 13 nuove foto — con Fiore Haneen Sarti e altre 50 persone.

Aleppo wir sind mit euch!
Aleppo we are with you!
We cried, sang, prayed for Aleppo
بكينا غنينا صلينا لحلب
Mannheim 17.12.2016 Die Türkei-Deutschland unterstü

Altro…

Commenti
Donatella Quattrone
Scrivi un commento…

Fiore Haneen Sarti ha pubblicato una nota.

6 h ·

BASTA CON LA CARNEFICINA DI ALEPPO!
STOP ASSAD E I SUOI COMPLICI!
VITA E LIBERTA’ PER IL POPOLO SIRIANO!
Commenti
Donatella Quattrone
Scrivi un commento…
L'immagine può contenere: 5 persone, persone in piedi

Joey Husseini Ayoub

From the protest for Syria today in Palestine
“We refuse that the butcher of Damascus covers his crimes with his rhetoric of defending Palestine” https://t.co/Ez4xGFt4hx

Commenti
Donatella Quattrone
Scrivi un commento…

Francesco Tronci presso Aleppo.

2 h ·

#Aleppo
Da una testimonianza fuori dalla Siria:
“Chattando con un amico ad Aleppo in questo momento: “Dobbiamo andarcene. La situazione qui è orribile. Non è

Altro…

Commenti
Donatella Quattrone
Scrivi un commento…
L'immagine può contenere: 1 persona, in piedi, folla, cielo e spazio all'aperto

Una Lenta Impazienza – Il Blog presso Kilis Öncü Pınar Sınır Kapısı.

L’UMANITÀ
#Aleppo Tre giorni fa era partita una carovana di cittadini turchi che avevano l’ideale intenzione di raggiungere Aleppo e rompere l’assedio. Portano

Altro…

Commenti
Donatella Quattrone
Scrivi un commento…

Da Francesco Tronci:

“In diretta da #Aleppo, nell’ultimo ospedale rimasto: sporcizia, sangue ovunque, feriti sul pavimento. Questa è la situazione descritta dal giornalista americano Bilal Abdul Kareem, intrappolato nella città assieme al resto dei civili. Chiede sempre la stessa cosa: parlatene, condividete, impegnatevi.
#SaveAleppo
#SaveSyria

-1:18
Visualizzazioni: 213.163

Bilal Abdul Kareem ha aggiunto un nuovo video.

Patients freezing in a bombed out hospital. Dried blood on the walls and floor.
This is life in E. Aleppo. #TrappedInAleppo

SHARE

Commenta