La pandemia del permafrost: nuove malattie mortali dai ghiacci dell’Artico?

Mentre l’Artico si surriscalda, un gruppo di scienziati sta valutando il rischio che possano ritornare malattie mortali dal lontano passato: si tratta di batteri e microbi che si sarebbero conservati negli strati di ghiaccio permanente, che è però sempre più a rischio di disgelo

La settimana scorsa in alcune parti del Circolo Polare Artico faceva più caldo di quanto ne abbia mai fatto nel Regno Unito. Inoltre i dati satellitari indicano che mentre l’aria nel nord-est della Siberia raggiungeva i torridi 38° C, la temperatura della superficie terrestre era ancora più alta, 45° C – allarmante. Questa ondata di caldo da record, legata, sia chiaro, al riscaldamento globale, arriva mentre il mondo intero è colpito dalla pandemia di Covid-19, un virus microscopico che ha ucciso mezzo milione di persone e paralizzato l’economia globale.

Le due crisi potrebbero essere meno distanti di quanto non sembri. L’Artico svolge un ruolo importante nella storia del cambiamento climatico. Non solo si sta surriscaldando almeno al doppio della velocità del resto del mondo, ma ciò che accade lì si ripercuote ovunque. L’innalzamento del livello del mare? È dovuto allo scioglimento dei ghiacciai. Il cambiamento climatico fuori controllo? A causa del metano e del carbonio immagazzinati nel permafrost.

Il ruolo che l’area può svolgere nel rilascio di malattie a lungo latenti è meno chiaro. Ne risulta una vera e propria trama di fantascienza che affascina i giornalisti ma si tratta di un campo piuttosto recente per un’adeguata ricerca scientifica.

 

Per decenni solo i russi hanno effettivamente analizzato se e per quanto tempo i microbi potrebbero sopravvivere nel permafrost, ma ora l’intera comunità scientifica ne sta prendendo atto.

 

Lo scorso novembre a Hannover, in Germania, scienziati provenienti da tutto il mondo e competenti in tutti i settori di studio essenziali, dalla climatologia alla geologia e virologia, si sono incontrati per il primo grande scambio di esperienze concentrandosi sulla minaccia di microbi rivitalizzati dal disgelo del permafrost.

 

LA SCOMPARSA DEL PERMAFROST

È qualsiasi materiale terrestre sottoposto a temperature pari o inferiori a 0 gradi centigradi per un periodo di due o più anni consecutivi. Il materiale terrestre può essere qualsiasi cosa: terreno organico, terreno minerale, sabbia, ghiaia. Il ghiaccio di un ghiacciaio o una banchisa può rientrare in questa definizione, ma gli specialisti del permafrost tendono a non includerlo.

Il permafrost, ha sottolineato il dottor Romanovsky a “Unearthed”, non si scioglie. Si disgela. All’interno vi è del ghiaccio ma una volta sciolto, il terreno rimane. Quando ciò accade, cessa di essere permafrost e ciò che era congelato ora non lo è più. Tale disgelo potrebbe portare al rilascio delle enormi riserve di gas serra di carbonio e metano del permafrost, uno dei punti di non ritorno che potrebbero preannunciare il precipitare del cambiamento climatico.

«In molte aree il permafrost si sta già disgelando dall’alto verso il basso», ha detto il dottor Romanovsky, spiegando che sebbene il permafrost più sotterraneo rimanga congelato tutto l’anno, vasti tratti del permafrost superiore, fino a mezzo metro di profondità, stanno subendo uno spostamento totemico. «Abbiamo osservato che nell’estremo nord dell’Artico canadese, dove le temperature del permafrost sono ancora intorno ai -14° C, si sta già disgelando dall’alto.

 

Ciò significa che parte del materiale che è stato congelato per migliaia di anni non è più ininterrottamente congelato.

 

Questo è uno sviluppo recente, solo degli ultimi 10 o 20 anni».

Le temperature in rapido aumento nell’area stanno aumentando la profondità dello strato attivo del permafrost, la parte, il più delle volte vicino alla superficie, che per i periodi dell’estate è composto d’acqua anziché ghiaccio. Il dottor Romanovsky ha affermato: «Quanto del permafrost si è già disgelato? Non molto, perché il processo è appena iniziato.L’aumento del livello attivo è iniziato negli anni ’90 mentre il disgelo a lungo termine del permafrost solo recentemente, negli ultimi 10 anni. Questo è solo l’inizio. Ma si velocizzerà con il passare del tempo e dovremmo aspettarci che il deterioramento del permafrost aumenti nei prossimi decenni».

 

LA VITA TROVA SEMPRE UN MODO PER FARSI STRADA

Il permafrost non ha bisogno di sciogliersi del tutto né tutto l’anno per permettere ai microrganismi congelati nel terreno di prendere vita o di raggiungere il talik, uno strato sopra il permafrost, raramente se non mai congelato. Tale strato attivo, sempre più grande e da più tempo attivo, diventa un nuovo habitat, dove «è sufficiente un aumento di acqua non congelata per attivare alcuni processi biologici».

Difatti, questi microbi, risvegliati dal loro lungo letargo, possono approfittarne per spostarsi verso i talik, dove è più difficile che si ricongelino. Dopo Romanovsky, la platea di Hannover ha successivamente ascoltato Jean Michel Claverie, un virologo dell’Università di Aix-Marseille, il quale lavora con sua moglie Chantal Abergel, rinomata esperta a pieno titolo.

 

«L’idea che i batteri possano sopravvivere a lungo penso che sia definitivamente accettata», ha detto il dottor Claverie a Unearthed.

 

«Il dibattito ormai è: per quanto tempo? Per un milione di anni? 500.000? 50.000? Ma, sì, ci sono documenti estremamente validi che affermano che si possono rivitalizzare i batteri dal permafrost più profondo».

La coppia utilizza virus a Dna (di cui ne riparleremo a breve) recuperati dal permafrost nei pressi del fiume Kolyma nella Siberia nord-orientale e infetta l’ameba per determinare in sicurezza se funzionano ancora come dovrebbero. La dottoressa Abergel ha dichiarato: «Questa è una prova del principio che stiamo eseguendo in laboratorio. Siamo in grado di rivitalizzare i virus da antichi campioni di permafrost. Finora non siamo stati in grado di raggiungere i 30.000 anni, ma in futuro potremmo arrivarci».

 

 

La regione russa della Kolyma (fonte:commons.wikimedia.org)

 

 

LA WATCHLIST

Quindi quali sono le malattie latenti studiate? C’è davvero una pandemia del permafrost che dovremmo temere? Gli scienziati non sono sicuri.

Secondo Abergel e Claverie, i virus a Dna rappresentano il principale motivo di preoccupazione. Essendo più resistenti dei virus a Rna, è più probabile che emergano relativamente intatti dal loro stato congelato. «I virus a Rna sembrano essere molto più fragili, normalmente non dovrebbero essere in grado di sopravvivere così a lungo. Invece i virus a Dna essendo chimicamente più stabili risultano più robusti per questo tipo di processo», ha affermato Claverie.

«Nessuno ha mai provato a rivitalizzare i virus a Rna dal permafrost perché non infettano l’ameba o altre specie, ad esempio. E l’unico modo per valutare la sopravvivenza dei virus è utilizzare gli organismi ospiti». Ciò comporterebbe che è estremamente improbabile che i batteri dell’influenza spagnola, che come Covid-19 è un virus a Rna, trovati nei cimiteri dell’Alaska del nord, saltino fuori dal ghiaccio.

 

Il virus a Dna più noto, a cui fa riferimento il lavoro dei coniugi virologi, è il vaiolo, la malattia più mortale della storia moderna, ma che è stata sradicata a seguito delle vaccinazioni.

 

Il dottor Claverie è in gran parte scettico rispetto alla minaccia di malattie batteriche rivitalizzate, come la peste, per esempio, perché «uccideranno un paio di persone ma ora disponiamo di antibiotici». Forse l’epidemia più nota di una malattia artica è stata quella della varietà batterica dell’antrace. Ma l’episodio del 2016 febbrilmente riportato, che ha ucciso migliaia di renne in Siberia e infettato circa una dozzina di persone, potrebbe non essere emerso dal permafrost, secondo un recente studio.

Romanovsky e i suoi colleghi ritengono che l’epidemia sia stata così grave perché il governo russo ha modificato la sua politica sulla vaccinazione degli animali, che ha poi annullato. La dottoressa Brigitta Evengård, a capo della realizzazione dello storico evento di Hannover, è stata decisamente meno pronta a escludere la minaccia dei batteri congelati. Lei considera l’emergente crisi di resistenza agli antibiotici come un moltiplicatore di rischio.

Dopo essere tornata da una breve pausa dall’esercizio della medicina, quando i medici svedesi sono stati chiamati a sostenere gli sforzi per far fronte alla Covid-19, a “Unearthed” ha affermato: «Il mio peggior scenario? Quello che sta già succedendo di tanto in tanto, solo qualche anno fa vi è stato un focolaio in Madagascar. La Pasteurella pestis, ossia la peste, resistente agli antibiotici».

Sebbene abbia ammesso che il rischio di insorgenza di malattie resistenti agli antibiotici sia basso, non è impossibile. «La resistenza pandemica agli antibiotici ucciderà ogni anno più della pandemia di coronavirus». E per quanto riguarda le possibili pandemie dall’Artico? «In base alle nostre conoscenze, le due che potrebbero emergere dal permafrost sono l’antrace e il vaiolo, ma oltre a questi è un vaso di Pandora».

 

TROVARE UN ORGANISMO OSPITE

Una volta scongelati, questi microbi del permafrost devono trovare un ospite per sopravvivere. Ma hanno un problema: non ci sono molte persone che vivono nella zona e quelli che ci vivono, spesso si tratta di abitanti di villaggi indigeni, non sono in frequente contatto con estranei, il che significa che la diffusione dell’infezione sarebbe presumibilmente limitata.

«Il vero pericolo non è di per sé il disgelo del permafrost», ha affermato il dottor Claverie,«è che gli uomini, soprattutto i russi, stanno iniziando a sfruttare le regioni artiche e stanno realizzando grandi fori da cui estrarre strati di permafrost che risalgono a un milione di anni». «Questa è la ricetta per un disastro perché mettiamo in contatto uomini e virus, quando quest’ultimo è fresco. Cosa succede quando i virus vengono rilasciati dal permafrost in natura? Si riversano nel fiume. Sono esposti all’ossigeno, che è dannoso per i virus. Sono esposti alla luce, che è altresì dannoso. E quindi se non trovano rapidamente un ospite non resteranno rivitalizzati a lungo».

 

Quindi è come se il permafrost fosse l’oceano e i microbi gli squali. Non andare a fare surf quando ci sono gli squali nell’acqua e dovrebbe andare tutto bene.

 

La dottoressa Abergel ha dichiarato: «Se [i virus] entrano in contatto con un adeguato organismo ospite, si riattiveranno. Quindi se metti un essere umano in un posto con virus congelati associati alla pandemia, quegli uomini potrebbero essere infettati e replicare il virus, iniziando una nuova pandemia».

Ma come ha sottolineato la dottoressa Evengård, gli uomini non sono gli unici potenziali ospiti là fuori. «Con i cambiamenti climatici, vediamo la migrazione degli animali. Noi individui, tendiamo a stare nelle nostre case se ci troviamo relativamente bene. Tuttavia supponiamo che siate vicino alla costa del Bangladesh, in tal caso potreste già iniziare a spostarvi verso l’entroterra. La più grande migrazione di rifugiati climatici è ancora nei loro paesi d’origine. Ma gli animali si muovono».

La dottoressa ha sottolineato che i cambiamenti climatici hanno portato il flusso dell’ecosistema globale a muoversi ed è quasi impossibile dire come andranno le cose.

 

Le alci e le lepri, ad esempio, stanno migrando verso nord mentre la vegetazione affiora e poi ovviamente ci sono uccelli e pesci e i loro flussi migratori che a volte attraversano il globo.

 

«Questi animali possono portare i microrganismi in aree incontaminate», ha detto la dottoressa Evengård, “e accadranno cose che semplicemente non possiamo prevedere. Si può dire che l’Artico è spazioso e poco popolato, ma ci sono persone che vanno e vengono, sì, i minatori, e ci sono microrganismi che vengono con animali e che risalgono persino dalla terra. La dinamica in corso è nuova». L’esperienza del Coronavirus «ha appena rafforzato la mia convinzione che quello che sto facendo è assolutamente importante», ha detto.

«Non sono sorpresa, non si tratta di sapere se questo sarebbe successo ma quando sarebbe successo. L’unico vero nemico è la nostra ignoranza, alla quale non stiamo provvedendo. Abbiamo tutte queste conoscenze, non è poi una novità. Questo è il processo dinamico nel quale stiamo entrando con l’era del cambiamento climatico. Dovremmo essere più preparati, invece siamo seduti qui, paralizzati dalla paura […] Questo è un avvertimento da parte della natura e succederà ancora e ancora e ancora, ne sono certa».

 

Articolo originariamente pubblicato su Unearthed.

Traduzione dall’inglese di Giulia Musumeci per DINAMOpress

Foto di copertina di Sarah N da Pixabay

 

 

Fonte:

https://www.dinamopress.it/news/la-pandemia-del-permafrost-nuove-malattie-mortali-dai-ghiacci-dellartico/

Yulia Tsvetkova, l’artista e attivista russa che rischia 6 anni di galera per i suoi disegni della vagina. La mobilitazione per fermare il processo

10 Luglio 2020

Yulia Tsvetkova è un’artista e un’attivista russa impegnata nella difesa dei diritti delle donne e Lgbt. Il suo lavoro ha provocato cambiamenti positivi nelle discussioni sulla body positivity (il movimento che vuole trasmettere un messaggio ottimista nei confronti del proprio corpo) e sugli stereotipi di genere. Eppure questo successo l’ha resa un bersaglio.

Il 9 giugno scorso Tsvetkova è stata accusata di “produzione e diffusione di materiale pornografico” per aver pubblicato, nel 2018, sul social network russo VKontakte alcuni disegni stilizzati di vagine per promuovere una campagna sulla body positivity nella pagina del suo gruppo “Monologhi della vagina”, che prende il nome dal titolo dell’opera teatrale di Eve Ensler e che si pone come obiettivo celebrare il corpo femminile e protestare contro i tabù che lo circondano.

Se condannata, la donna rischia sei anni di carcere.

Residente a Komsomolsk-on-Amur, una cittadina della Russa orientale, in un’area della Siberia che ospitava i gulag, il 22 novembre 2019 Tsvetkova è stata messa agli arresti domiciliari revocati quattro mesi dopo, il 16 marzo 2020, ed è tuttora sottoposta a severe restrizioni di viaggio.

Da quando le autorità l’hanno pesa di mira la 27enne non può più esercitare le sue attività.

A marzo dello scorso anno è stata infatti costretta a cancellare il Festival delle arti della gioventù da lei curato perché la polizia lo ha ritenuto un gay pride camuffato.

In Russia la “propaganda omosessuale” viene punita in base a una legge controversa entrata in vigore nel 2013 e condannata dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo nel 2017 perché omofoba.

In un’intervista telefonica rilasciata alla CNN, Tsvetkova ha raccontato che i problemi con la polizia sono cominciati all’inizio del 2019, quando ha portato in scena, con la compagnia teatrale Merak da lei diretta, due spettacoli che affrontavano temi particolarmente scottanti per le autorità: gli stereotipi di genere e il militarismo.

«Non so quale sia stato lo spettacolo peggiore per loro, se quello sul genere, che non capiscono e di cui hanno paura, o l’altro, che era piuttosto politico, molto acuto. Immagino sia stata la combinazione di entrambi», ha detto.

Da quel momento la donna è stata convocata alla stazione di polizia periodicamente. All’inizio ogni settimana, poi ogni due settimane, per essere interrogata sui suoi disegni, una serie di vignette sulle donne accompagnate da didascalie come “Le donne vere hanno i peli sui propri corpi ed è normale” o “Le donne vere hanno i muscoli ed è normale”.

A novembre dello scorso anno la polizia ha perquisito la sua abitazione, sequestrando materiale informatico e documenti.

«Mi hanno fatto molte domande e poi hanno trovato il mio lavoro su Internet e hanno capito in che modo poter costruire il caso», ha dichiarato. «È uno schema abbastanza comune: la polizia va alla ricerca di un reato che può trovare nel lavoro dell’attivista e poi apre il caso».

A causa di un disegno raffigurante due famiglie dello stesso sesso con bambini, accompagnato dalla didascalia “La famiglia è dove c’è amore. Sostieni le famiglie Lgbt!”, a gennaio 2020 Tsvetkova è stata inoltre accusata di “propaganda omosessuale”.

Tsvetkova – che organizza conferenze per la comunità Lgbt e che tiene lezioni sull’educazione sessuale vietata nelle scuole russe – ha dichiarato di non essersi stupita per l’accusa di propaganda sessuale e per aver ricevuto una sanzione (50.000 rubli russi che corrispondono a circa 620 euro), ma di essere rimasta molto sorpresa per l’incriminazione del reato di pornografia. «So che cos’è la pornografia e non è quella», ha detto riferendosi ai suoi disegni.

L’attivista, che nel frattempo ha ricevuto e continua a ricevere minacce, non è molto ottimista sul processo: «Sto cercando di non perdere la speranza, ma in Russia solo l’1% dei casi è assolto. Questo significa che ho solo l’1% [di possibilità] di essere prosciolta».

Insignita lo scorso 17 aprile del premio Freedom of Expression 2020 nella categoria “arte” conferitole da Index on Censorship (un’organizzazione per la difesa della libertà di espressione con sede a Londra), la donna ritiene di essere stata accusata dalle autorità di diffondere materiale pornografico perché si tratta di un reato “infamante”, che può ridurre al minimo il sostegno in suo favore dell’opinione pubblica, e pensa che la “vaghezza” della legge sulla pornografia sia un buon pretesto per reprimere il suo attivismo.

 

In Russia, le autorità promuovono fortemente i valori familiari tradizionali. Non è un caso che gli emendamenti costituzionali recentemente approvati con una consultazione referendaria abbiano incluso un articolo in cui si afferma che il matrimonio è esclusivamente quello celebrato tra un uomo e una donna, vietando di fatto i matrimoni omosessuali.

Come riportato da Deutsche Welle, un recente sondaggio condotto da Levada Center, il principale istituto indipendente che si occupa di rilevazioni in Russia, ha rivelato che il 50% delle persone intervistate pensa che gli omosessuali debbano essere “liquidati” o tenuti isolati dalla società. La percentuale scende al 27% se si tratta di femministe, poiché il concetto di “femminismo” è spesso visto come appartenente all’Occidente ed estraneo alla Russia. Eppure, in passato, il paese è stato a lungo all’avanguardia nell’uguaglianza di genere, garantendo nel 1917 pari diritti alle donne e diventando nel 1920 il primo paese a legalizzare l’aborto.

Nonostante si sia aperta una caccia alle streghe, è grande il sostegno mostrato nei confronti di Yulia Tsvetkova.

Associazioni che si occupano della difesa dei diritti umani come Amnesty International e la ONG russa Memorial l’hanno dichiarata prigioniera di coscienza e una petizione lanciata su change.org, in cui viene chiesto il ritiro delle accuse, ha raccolto quasi 240.000 firme.

Il 27 giugno, Giornata nazionale della gioventù in Russia, oltre cinquanta agenzie di stampa hanno organizzato lo “sciopero dei media per Yulia”, chiedendo che il procedimento giudiziario contro di lei venga fermato. Scrittori, giornalisti, attori, influencer e blogger hanno pubblicato post con l’hashtag #forYulia (#заЮлю) e #FreeJuliaTsvetkova (#СвободуЮлииЦветковой).

Durante l’ultimo fine settimana di giugno circa quaranta manifestanti sono stati arrestati a Mosca e a San Pietroburgo nel corso di una manifestazione pacifica a sostegno dell’attivista russa. A riferirlo OVD-info, un gruppo che fornisce assistenza legale alle vittime di arresti arbitrari. La maggior parte dei dimostranti sarebbe stata fermata per aver violato il regolamento sui raduni pubblici, incluso il divieto di organizzare eventi di massa introdotto nel paese a marzo scorso per bloccare la diffusione del COVID-19.

Sui social tantissime donne hanno mostrato il proprio sostegno all’attivista russa pubblicando foto in cui mostrano i propri corpi o immagini e disegni femministi o oggetti di uso quotidiano, come fiori o frutti, che sembrano vagine, accompagnate dallo slogan “il mio corpo non è pornografia”.

Di recente, l’Alto commissario dei diritti umani della Federazione Russa, Tatyana Moskalkova, ha annunciato che a seguito del grande “riscontro pubblico” sollevato dal caso intende seguirlo personalmente inviando un membro del suo staff a monitorare il processo.

Per Tsvetkova il supporto nazionale e internazionale è “incredibile” e rappresenta un’ancora di salvezza. «Mi aiuta a non sentirmi sola. L’anonimato è la cosa più spaventosa. Lo so perché ero sola all’inizio e questo significava che quando andavo alla stazione di polizia, sapevo che avrebbero potuto fare quello che volevano e nessuno lo avrebbe mai scoperto», ha detto.

L’attenzione suscitata nell’opinione pubblica ha dimostrato che l’attivismo della giovane donna russa ha colpito nel segno mostrando quanto il paese abbia bisogno di una discussione pubblica sull’uguaglianza di genere e la comunità Lgbt.

«Voglio continuare a lavorare come attivista. E il fatto di essere stata incriminata aumenta soltanto il mio desiderio di cambiare le cose e combattere le ingiustizie».

Immagine anteprima “Le donne non sono bambole”, 2018 – Yulia Tsvetkova/TAN via Ministry of Counterculture

Fonte:
https://www.valigiablu.it/yulia-tsvetkova-artista-russa-processo/
What do you want to do ?

New mail

PARLIAMO DI ARMI CHIMICHE IN SIRIA

Parliamo di armi chimiche in Siria

E’ uscito un rapporto Opcw che non piacerà ai complottisti

14 Giugno 2018 alle 21:21

La Via del sarin

I resti di un razzo sparato dalle forze del regime nella città di Douma, nella regione di Ghouta. Foto LaPresse

Due giorni fa l’Opcw, l’Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche, ha pubblicato il suo ultimo rapporto sull’uso di armi chimiche in Siria. C’è scritto che nel marzo 2017 ci furono un attacco con l’agente nervino e uno con il cloro contro due villaggi nel centro del paese, vicino Hama. Pochi giorni dopo, il 4 aprile, ci fu l’attacco con una bomba al sarin contro il villaggio di Khan Shaykhun, vicino Idlib, che fece cento morti. I primi due passarono inosservati perché provocarono molti meno morti e meno documentati, il terzo causò una strage. Lo scriviamo per quei testoni che ancora credono che gli attacchi con le armi chimiche in Siria siano stati soltanto tre in otto anni di guerra civile, quelli coperti dalla grancassa dei media mondiali. Sono stati decine. Se si è parlato molto soltanto di quei tre attacchi è perché hanno colpito concentrazioni di esseri umani più dense e hanno fatto molte vittime, ma erano un fatto molto più comune di quanto si crede. E invece dopo ogni strage con le armi chimiche abbastanza grave da finire sui telegiornali ci tocca ascoltare qualche teoria del complotto che comincia con la domanda carica di insinuazioni: “Perché proprio adesso?”. Perché non vi siete accorti degli altri attacchi, quelli minori, eravate troppo distratti a seguire altro.

 

Questo rapporto è stato scritto dalla missione così detta Fact Finding dell’Opcw, che non ha il compito di attribuire una responsabilità (anche se le bombe furono sganciate da elicotteri, che soltanto il regime ha). La missione successiva dell’Opcw per capire chi è stato è stata bloccata da un veto della Russia al Consiglio di sicurezza. Chissà perché.

 

Fonte:

https://www.ilfoglio.it/esteri/2018/06/14/news/parliamo-di-armi-chimiche-in-siria-200600/?paywall_canRead=true

Russia, arrestati alcuni attivisti gay. Protestavano contro abusi in Cecenia verso gli omosessuali. Altre informazioni da Amnesty International

La polizia russa ha arrestato una decina di attivisti gay oggi a San Pietroburgo nel corso di una protesta contro i presunti abusi nei confronti degli omosessuali in Cecenia, denunciate da Novaya Gazeta. Lo ha constato un giornalista presente oggi a San Pietroburgo e la testata online Fontanka.ru.
Attivisti Lgbt sono allarmati dopo le notizie diffuse da Novaya Gazeta che da circa un mese pubblica una serie di reportage denunciando che la polizia cecena arresta, tortura e uccide le persone sospettate di essere omosessuali.
Fontanka.ru ha scritto che gli attivisti arrestati hanno urlato “Kadirov (il leader ceceno filo-Cremlino, ndr) all’Aia”, riferendosi alla Corte penale internazionale.

RIPRODUZIONE RISERVATA © Copyright ANSA

Fonte:

*
Altre informazioni e un appello da Amnesty International:

Cecenia: uomini sospettati di omosessualità rapiti, torturati e uccisi

Il 1 aprile il Novaya Gazeta, quotidiano indipendente russo, ha riportato che oltre cento uomini sospettati di essere omosessuali erano stati rapiti nei giorni precedenti, nell’ambito di una campagna coordinata. A quanto si dice, gli uomini sono stati torturati o comunque maltrattati e costretti a svelare l’identità di altre persone LGBTI a loro note. Novaya Gazeta ha affermato di aver verificato le informazioni su almeno tre uomini che sono stati uccisi dai loro carcerieri, anche se affermano che in base alle loro fonti ci sono stati molti altri omicidi.

Pare che alcuni degli uomini rapiti siano stati riconsegnati alle loro famiglie, probabilmente perché i loro rapitori non hanno confermato il loro orientamento sessuale, ma essi rimangono in grave pericolo a causa dell’intolleranza omofobica locale. Membri dell’Ong Russian LGBTI network hanno confermato queste informazioni e hanno creato una linea telefonica diretta per offrire aiuto a coloro che potrebbero star cercando protezione al di fuori della regione.

Le reazioni dei funzionari ceceni a queste notizie variano dalla negazione (per esempio da parte di Alvi Karimov, portavoce del leader ceceno) al ritenerle false, a ulteriori velate minacce. Il 3 aprile Dimitry Peskov, addetto stampa dell’Amministrazione Presidenziale Russa, ha annunciato che il Ministero degli Interni stava “verificando le informazioni sulla presunta persecuzione di uomini con orientamento non-tradizionale”.

News correlate

lgbti-cecenia

Minacce contro i giornalisti che hanno denunciato le persecuzioni in Cecenia

Fonte:

Attacco Usa in Siria, Trump sconfessa la sua linea. Ma l’avvertimento preventivo alla Russia conferma l’intesa con Mosca

Attacco Usa in Siria, Trump sconfessa la sua linea. Ma l’avvertimento preventivo alla Russia conferma l’intesa con Mosca

Attacco Usa in Siria, Trump sconfessa la sua linea. Ma l’avvertimento preventivo alla Russia conferma l’intesa con Mosca
Mondo
Il bombardamento della base aerea di Shayrat non rappresenta in sé un’escalation nella crisi siriana. Altrimenti metterebbe a rischio le intese che Mosca, Washington e Ankara hanno raggiunto per stabilire sul Paese, ormai in macerie, la loro personale area d’influenza. Se Russia e Cina sono state davvero informate dell’attacco, il bombardamento Usa alla base di Shayrat ha scopo puramente dimostrativo
“Quello che sto dicendo è rimanete fuori dalla Siria!”. Lo scriveva Donald Trump su twitter il 4 settembre del 2013, pochi giorni dopo l’attacco con armi chimiche nella zona di Ghouta, a Damasco, dove circa 1400 persone vennero uccise. Allora, per il presidente Barack Obama, era stata superata la linea rossa tracciata dall’ex segretario di Stato John Kerry. A quel tempo l’intervento americano non ci fu. Perché grazie alla mediazione russa si trovò un accordo per chiedere a Damasco di consegnare, sotto la supervisione di osservatori dell’Opac – l’organizzazione mondiale per la proibizione delle armi chimiche -, tutti i quantitativi di sarin stoccati nei magazzini. Quell’intesa segnò una nuova pagina per la crisi siriana che condusse l’amministrazione Obama verso un ruolo più defilato, in favore di una Russia maggiormente attiva nel contesto siriano.Con l’amministrazione Trump, che aveva criticato l’approccio di Obama nella questione mediorientale, è parso subito chiaro che gli Usa sposassero una linea non interventista, cercando con la Russia un’intesa per un coordinamento nella lotta al terrorismo. Una visione che aveva avuto risvolti politici, almeno a parole.

La settimana scorsa Nikki Haley, ambasciatrice Usa presso le Nazioni Unite, aveva affermato che “per gli Usa la rimozione di Assad non era più la priorità”. A fare da eco alle sue parole ci aveva pensato anche Rex Tillerson, segretario di Stato Usa che, durante una visita ad Ankara il 30 marzo scorso, aveva detto che “il destino di Assad sarebbe stato scelto dai siriani”.

Dichiarazioni in linea con la posizione del Cremlino che ha sempre ribadito il suo appoggio al governo di Damasco. Ed emergeva così il raggiungimento di una visione comune o almeno un cambio di rotta.

Non a caso il 7 marzo scorso ad Antalya, in Turchia, i tre capi di Stato maggiore di Usa, Turchia e Russia si erano riuniti per discutere della situazione intorno a Munbij, città siriana nel nord della Siria, dove le forze armate sostenute da questi tre paesi si erano scontrate. “C’è la volontà di creare un coordinamento efficace negli sforzi per eliminare ogni gruppo terroristico dalla Siria”, aveva dichiarato il primo ministro turco, Binali Hildirim.

Ma secondo molti analisti questo coordinamento aveva come scopo quello di creare per ogni potenza aree d’influenza sotto l’ombrello della lotta al terrorismo. Solo due giorni dopo, il 9 marzo, centinaia di marines sono entrati in Siria per combattere contro lo Stato Islamico a fianco delle ‘Forze democratiche siriane’, una formazione predominata dai curdi e sostenuta da Washington. Mentre la Turchia, in quegli stessi giorni, intensificava la sua operazione “scudo dell’Eufrate” per creare una zona cuscinetto nel nord della Siria.

Ma dopo l’attacco chimico a Khain Sheikhun il 4 aprile scorso, l’approccio americano in Siria sembra cambiare drasticamente. “Quello che ho visto ieri su bambini e neonati ha avuto un grande impatto su di me. Quello che è successo ieri è inaccettabile. Su Assad ho cambiato idea”, ha detto Trump il giorno dopo in conferenza stampa con re Abdullah II di Giordania.

Dopo l’attacco con 59 missili che ha colpito la base di Shayrat, il portavoce del Pentagono ha riferito che “i russi erano stati informati dei piani Usa per minimizzare i rischi per il personale russo e siriano presente nella base aerea”. Mentre il presidente cinese Xi Jinping, scrive la stampa, è avvisato personalmente da Trump durante il meeting in Florida.

Se Russia e Cina sono state davvero informate dell’attacco, allora il bombardamentoUsa alla base di Shayrat ha scopo puramente dimostrativo. Motivato dal desiderio di riaffermare il ruolo di Washington sullo scacchiere internazionale. Per la Cina rappresenta invece un segnale di imprevedibilità di Trump che continua a alzare i toni contro la Nord Corea, sostenuta da Pechino. Quindi Pyongyang potrebbe non essere più immune a rappresaglie Usa. Ma la cosa più importante dell’avvertimento preventivo a Cina e Russia è che l’attacco della notte scorsa non rappresenta un’escalation della crisi siriana. Perché in quel caso a rimetterci sarebbero le varie potenze che hanno raggiunto alcune intese per stabilire sul Paese, ormai in macerie, la loro personale area d’influenza.

Fonte:

Aggiornamenti sulla strage di capodanno a Istanbul

Turchia: strage in night club a Istanbul, 39 morti e 69 feriti. Tra le vittime 24 stranieri

Terrorista in fuga, ombra dell’Isis

Il terrorismo colpisce la Turchia nella notte di Capodanno: è di almeno 39 morti e 69 feriti l’ultimo bilancio ufficiale di un attacco avvenuto in una famosa e affollatissima discoteca di Istanbul, non ancora rivendicato ma le cui caratteristiche fanno pensare a un attentato a firma Isis. IL VIDEO, TERRORISTA RIPRESO DURANTE L’ATTACCO

L’attentatore del nightclub Reina di Istanbul non indossava il costume di Babbo Natale, come riferito finora da alcune testimonianze, e ha lasciato la pistola prima di fuggire. Lo ha detto il premier turco, Binali Yildirim.

E nel pomeriggio un uomo armato ha sparato davanti ad una moschea di Istanbul ferendo almeno due persone prima di fuggire. Lo riferiscono i media locali. La sparatoria è avvenuta nel quartiere di Sariyer.

C’era anche un gruppo di giovani italiani nel nightclub, secondo quanto riporta la tv locale modenese Trc-Telemodena. Per la tv, la compagnia italiana, che stava festeggiando il Capodanno, è riuscita a scampare alla strage gettandosi a terra quando i primi spari nel locale hanno fatto scattare il panico. Alcuni di loro, avrebbero riportato solo lievi escoriazioni nella calca. Si tratterebbe di tre modenesi e altri amici di Brescia e Palermo, in Turchia per lavoro.

 La polizia di Istanbul ha diffuso le foto del presunto killer che ha sparato e ucciso 39 persone nel ‘Reina’ nightclub. Dalle foto, riprese dal video di sorveglianza, risulta essere un giovane con barba e capelli neri. Dopo la strage, l’attentatore è fuggito e una caccia all’uomo è in corso in tutta la Turchia.

LA STRAGE – L’attacco non è stato ancora rivendicato ma l’attentatore, secondo le testimonianze di alcuni dei sopravvissuti, avrebbe urlato ‘Allah Akbar’ mentre apriva il fuoco dentro il locale. Secondo un deputato dell’opposizione, che ha visitato ospedali e obitorio, 24 vittime sono straniere: sette sono saudite, tre irachene, tre giordane, due libanesi, due tunisine, due indiane, una da Kuwait, Siria e Israele, un belga di origine turca ed un canadese-iracheno. Tra le vittime turche, c’è anche una guardia di sicurezza che era sopravissuta il 10 dicembre scorso al duplice attentato dinamitardo al vicino stadio di calcio del Besiktas. Anche tra i feriti ci sono diversi stranieri. 

 

Per il resto, sono ancora molti i punti da chiarire sulla dinamica dell’attacco. Non si sa con certezza se il terrorista abbia agito effettivamente da solo. Di lui si sa che è entrato vestito di nero e incappucciato con un fucile automatico in braccio con cui ha sparato ad un agente di guardia al locale, che all’interno era vestito di bianco con un cappello a pon-pon bianco, che si è cambiato dopo aver massacrato le persone all’interno del locale, “sparando ovunque, come un pazzo”, ed è riuscito a fuggire nella notte, scatenando stamani una gigantesca caccia all’uomo estesa a tutta la Turchia ala quale partecipano almeno 17.000 agenti. Le poche certezze sono quelle suggerite dalle immagini catturate dalle telecamere di sicurezza, ma alcuni testimoni sopravissuti alla strage hanno raccontato di aver sentito sparare più di una persona, forse due o tre terroristi.

L’unico uomo armato immortalato dalle telecamere è entrato in azione intorno all’1.30 locale (le 23.30 in Italia), mentre nel locale si trovavano circa 700 persone. Ha ucciso l’agente all’ingresso prima di entrare e iniziare a sparare sui clienti. Per sfuggire alla strage, alcuni dei clienti si sono lanciati nelle acque gelide del Bosforo e sono poi stati tratti in salvo, anche se non c’è certezza che tutti siano stati salvati. I testimoni sopravissuti sono concordi su una cosa: i terroristi “sparavano a casaccio”, sparavano su tutti, sulla folla. “Sparavano ovunque, come dei pazzi”, ha raccontato alla Cnn turca una donna, ferita a una gamba da un proiettile. Un altro testimone afferma che le forze speciali sono intervenute portando via i sopravissuti. “Ero di spalle e mio marito ha urlato: ‘Buttati giù!’. Eravamo vicino a una finestra e ho sentito due o tre persone che sparavano. Poi sono svenuta”, ha raccontato una donna.

“Stanno cercando di creare caos, demoralizzare il nostro popolo, destabilizzare il nostro Paese con attacchi abominevoli che prendono di mira i civili – ha detto il presidente turco Recep Tayyip Erdogan -. Ma manterremo il sangue freddo come nazione e resteremo più uniti che mai e non cederemo mai a questi sporchi giochi”. Durante la notte c’è stata la condanna della Casa Bianca, che per bocca del portavoce Eric Schultz ha parlato di “attacco terroristico orribile” e ha offerto aiuto ad Ankara. Il Dipartimento di Stato ha quindi aggiunto che gli Usa sono “solidali con il loro alleato Nato, la Turchia, nella lotta contro la costante minaccia del terrorismo”. L’ambasciata americana ad Ankara ha però negato le notizie comparse su alcuni social media secondo cui l’intelligence Usa sapeva in anticipo che un nightclub di Istanbul era a rischio di attentato terroristico. “Il nostro dovere comune è combattere il terrorismo”, ha scritto il presidente russo Vladimir Putin al presidente turco. “La tragedia di Istanbul ci ricorda che la lotta contro il terrore non conosce pause né feste o Paesi o continenti. Serve unità. Ad ogni costo”, ha twittato Alfano.

RIPRODUZIONE RISERVATA © Copyright ANSA

Fonte:


SIRIA. IL TERRORE DEI BAMBINI IN FUGA DALLA SCUOLA DOPO UN BOMBARDAMENTO DI ASSAD/PUTIN AD ARBIN

 Dalla pagina Facebook Una Lenta Impazienza – Il Blog

di Francesco Tronci:

Una Lenta Impazienza – Il Blog

#Siria Oggi, mentre erano in corso i negoziati per un “cessate il fuoco” in Siria (l’ennesima tregua che sarà violata?), un pesante bombardamento da parte di Assad e della Russia ha colpito Arbin, distruggendo gli edifici residenziali attorno ad una scuola. Terrore e panico tra i bambini che, con lo zainetto in spalla, scappano. C’è qualcuno dotato di senso della decenza morale che nutre ancora qualche dubbio? Che ancora si sta interrogando per capire “che posizione prendere” su questa guerra contro una popolazione indifesa condotta da un tiranno finito e dai suoi alleati? Condividere per denunciare.
#SaveSyria
#FreeSyria

 

IL CORO DELL’ARMATA ROSSA E IL NATALE IN SIRIA

E’ di stamattina la notizia di un aereo militare russo diretto in Siria e  precipitato nel Mar Nero senza superstiti. A bordo c’erano 92 persone tra cui 60 membri del  Coro dell’Armata rossa e il resto quasi tutti militari (http://bobfabiani.blogspot.it/2016/12/ultimora-ministro-della-difesa-russo.html), eccetto 9 giornalisti (http://it.euronews.com/2016/12/25/incidente-aereo-in-russia-sul-tupolev-viaggiavano-anche-9-giornalisti?utm_medium=Social&utm_campaign=Echobox&utm_source=Facebook&utm_term=Autofeed#link_time=1482679173). La pietà non è selettiva. Mi dispiace per i membri del Coro dell’Armata rossa e per i giornalisti, che certo non meritavano di finire in questo modo, ma tra dei militari che andavano a trascorrere le feste in un paese che avevano bombardato (ricordiamoci dei bombardamenti russi sulla Siria) con il coro a seguito che andava a cantare sulle macerie e i civili siriani, il mio pensiero più grande resta verso quest’ultimi.

Ieri era la vigilia di Natale. Ecco come è stata trascorsa in Siria:

Dalla pagina Una Lenta Impazienza – Il Blog

di Francesco Tronci

#SIRIA VIGILIA DI COSA?
La scorsa notte bombe a grappolo hanno colpito Khan al-Asal, zona rurale di Aleppo dove la popolazione espulsa dalla città si è sistemata. Le bombe di Putin inseguono i residenti di Aleppo est, anche quando essi sono stati cacciati dalle loro case ed espulsi dalla città. Oggi, invece, almeno sei morti (tra cui una donna e due bambini) e decine di feriti in un bombardamento russo su Al-Atareb, sempre zona rurale di Aleppo ovest. Nel frattempo 7 persone di diversa età sono state giustiziate dalle forze di Assad nel quartiere Sakhour di Aleppo est.

Non solo: almeno 47 (tra cui 14 bambini di meno di 8 anni) sono i morti dei bombardamenti di Erdogan su al-Bab, città controllata da Daesh. Una strage i cui numeri sono destinati a crescere, dato che molti sono i feriti gravi e i dispersi. Il bombardamento è giunto come rappresaglia dopo la sconfitta delle forze turche e dei loro alleati da parte di Daesh e mentre Erdogan riceveva Bana Alabed, la bambina di Aleppo che si è salvata dall’assedio. Gli abitanti di al-Bab hanno giustamente detto: “His warplanes are killing us and his forces are besieging us while he is receiving the child Bana who got out of the siege, is this how he understands humanity?”.

Nel frattempo la città di Aleppo viene depredata. Ha scritto l’attivista Abdulkafi Alhamdo: “Il mio vecchio quartiere di Aleppo è stato evacuato perfino di cavi e rubinetti. Il padre di uno dei miei amici è riuscito ad entrare e ha visto qualcosa di simile a un mercato di mobili di seconda mano. Le case vengono svuotate di tutto. Egli ha descritto una situazione simile: un soldato o un ufficiale arriva con un commerciante e vende l’edificio per intero. Il commerciante arriva con i suoi lavoratori per prendere l’edificio e rivenderlo”.

Non dimenticarsi della Siria.
#SaveAleppo
#SaveSyria
#FreeSyria

 
*

Oggi ad Aleppo è stata celebrata la messa di Natale tra le rovine di una chiesa:

Aleppo, la messa di Natale tra le rovine di una chiesa

E’ successo mel quartiere Jdeideh ad Aleppo dove gli abitanti hanno celebrato la messa in una chiesa distrutta dai raid

globalist 25 dicembre 2016

Fonte:
 
 
 
 
 
 
 

 

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

 

 
 
 

 

 

 

 

 

 

ALEPPO: ESPULSIONE COMPLETATA

Dalla pagina Facebook https://www.facebook.com/unalentaimpazienza/

di Francesco Tronci

#ALEPPO: ESPULSIONE COMPLETATA
Non ci saranno più immagini da parte degli attivisti di Aleppo est: la criminale espulsione dei suoi abitanti è stata completata e la leggendaria città di Aleppo è ora sotto il controllo del regime e dei suoi alleati, ovvero del responsabile della morte di mezzo milione di siriani.

La comunità internazionale ha risposto ai crimini di Assad con il trasferimento coatto degli abitanti, ovvero con un’azione che costituisce un crimine di guerra e un crimine contro l’umanità. Questo è il “piano di pace” di Assad, della Russia e dell’Iran per la Siria: la sistematica espulsione di tutte le comunità che si oppongono al regime.

Uomini, donne, bambini, feriti e anziani, deperiti e affamati, che raccontano storie di orrore, di esseri umani rimasti sotto le macerie senza che nessuno potesse aiutarli, sono stati espulsi dalle loro case. Hanno scelto di andare a Idlib e nella campagna a ovest di Aleppo, ovvero in zone sotto il controllo dei ribelli e costantemente colpite da bombardamenti e barili bomba. Scelgono questo piuttosto che tornare sotto il dominio di Assad, perché sanno bene quello che li attenderebbe. Idlib sarà la prossima?

Sei anni fa i siriani si sollevarono per la democrazia in un paese governato per mezzo secolo dalla dittatura di una dinastia mafiosa e brutale. Nessuno li supportò. Furono completamente abbandonati. Sono stati calunniati, colpiti a morte, torturati, bombardati, gasati e ridotti alla morte per fame. E, per finire, esiliati dalle loro case, contro la loro volontà, e costretti a vivere al gelo senza sapere cosa sarà di loro.

Nelle case bombardate e abbandonate molti hanno lasciato delle scritte sui muri perché l’esercito di Assad potesse leggerle: “Sotto ogni casa distrutta ci sono famiglie sepolte con i loro sogni da Bashar e i suoi alleati”, oppure semplicemente: “Torneremo”.

Forse alcuni di loro riusciranno a raggiungere le strade delle nostre città e li chiameremo “rifugiati”. La città è stata schiacciata, ma i suoi abiatnti non sono scomparsi: sono al freddo e al rischio di nuove carneficine e chiedono, ancora, di non essere nuovamente dimenticati. Saranno ascoltati?

Nel frattempo, il tiranno genocida continua a sedere sul suo trono.
#SaveAleppo
#SaveSyria
#FreeSyria

L'immagine può contenere: una o più persone, persone in piedi e spazio all'aperto

ALEPPO, EVACUAZIONE BLOCCATA TRA L’INDIFFERENZA DEL MONDO POLITICO

Dal mio profilo Facebook:

Donatella Quattrone ha condiviso il post di Shady Hamadi.
Adesso ·

L'immagine può contenere: 4 persone, persone sedute
L'immagine può contenere: 2 persone, spazio all'aperto
Shady Hamadi ha aggiunto 2 nuove foto.

Due facce della stessa #Aleppo, ma una nega l’altra: Due ragazze posano davanti ai ruderi Carlton Hotel. Altre aspettano evacuazione #Siria
Aleppo, Syria December 17, 2016. REUTERS/ Omar Sanadiki

Mi piaceVedi altre reazioni

Commenta

 

Donatella Quattrone ha condiviso il post di Shady Hamadi.

1 h ·

Intervista con Radio Vaticana. Buon ascolto

Nonostante la risoluzione firmata pochi giorni fa dall’Onu, è stata rinviata di circa 24 ore l’evacuazione delle ultime zone di Aleppo est ancora in mano ai ribelli
it.radiovaticana.va
Commenti
Donatella Quattrone

Scrivi un commento…

Fiore Haneen Sarti ha pubblicato una nota.

di Julien Salingue, da resisteralairdutemps.blogspot.it, traduzione di Chiara Carratù
«Compagno»,
Commenti
Donatella Quattrone
Scrivi un commento…
L'immagine può contenere: 1 persona, in piedi e spazio all'aperto
L'immagine può contenere: una o più persone e spazio all'aperto
L'immagine può contenere: 1 persona, spazio all'aperto
L'immagine può contenere: sMS

Una Lenta Impazienza – Il Blog ha aggiunto 4 nuove foto — a Aleppo.

#Aleppo
+++URGENTE+++
Un girone dantesco che sembra non avere fine.
Il processo di “evacuazione” è fermo da ieri. In attesa di essere portate via dalla città

Altro…

Commenti
Donatella Quattrone
Scrivi un commento…
-4:45
Visualizzazioni: 122

Una Lenta Impazienza – Il Blog ha aggiunto un nuovo video.

#ALEPPO, 2012
Perché Assad ha liquidato, letteralmente liquidato, Aleppo?
Ecco perché.
Aleppo, 2012, questi giovani cantano per la libertà e si fanno beffa di A

Altro…

Commenti
Donatella Quattrone

Scrivi un commento…