TURCHIA: IL MOVIMENTO DI GEZI PARK TORNA IN PIAZZA

12 mar 2014

by Redazione di Nena News

Nuova ondata di proteste in tutto il Paese dopo la morte del giovanissimo Berkin Elvan, ucciso da un candelotto lacrimogeno. La polizia attacca le manifestazioni.

turky1

AGGIORNAMENTO ore 15.30 – SCONTRI IN TURCHIA DOPO LA MORTE DI BERKIN ELVAN

Decine di migliaia di manifestanti sono scesi in piazza oggi per commemorare la morte di Berkin Elvan. La polizia ha cercato di disperdere la folla a Ankara e Istanbul con gas lacrimogeni e cannoni d’acqua. “Gli assassini di Berkin sono i poliziotti dell’AKP (il partito di Erdogan, ndr)”, hanno gridato i manifestanti.

di Serena Tarabini

Istanbul, 12 marzo 2014, Nena News – Okmeydanı è un quartiere a maggioranza alevita, corrente dell’Islam con riti e credenze  marcatamente eterodossi. In questo quartiere vive la famiglia, di confessione alevita, di Berkin Elvan e li si trova l’ospedale dove era ricoverato.

Berkin Elvan vi era entrato 269 giorni prima, colpito da un candelotto lacrimogeno alla testa, sparato ad altezza uomo, mentre stava andando a comprare il pane. Con i suoi 15 anni, 14 al momento del ferimento, rappresenta la più giovane e la più inaccettabile di quelle che sono diventate le sette vittime della repressione della polizia durante le proteste di Gezi Park. Polizia che non ha risparmiato di cariche e lacrimogeni nemmeno le decine di persone che da giorni presidiavano l’ospedale e la cui rabbia e dolore sono esplosi ieri mattina alla notizia della morte del ragazzo.

Nel corso della giornata nel quartiere le serrande dei negozi si sono abbassate e le strade si sono riempite di gente, che circondava la Cem evi, la casa assembleare dove gli aleviti, uomini  e donne insieme, svolgono le loro cerimonie. Quando arriviamo, nel tardo pomeriggio, vediamo le barricate erette per impedire l’accesso alla polizia; e la spontaneità ed efficienza  dei preparativi per l’accoglienza con cibo, bevande, illuminazione, sedie per le centinaia, forse migliaia, di persone che si sarebbero recate lì per rendere omaggio alla famiglia e al corpo del ragazzo. Le foto di Berkan sono ovunque, attaccate ai muri o nelle mani delle persone, si lanciano cori, si chiacchiera, si beve un tè, si prega. Ogni tanto partono piccoli cortei per il quartiere.

Nel frattempo la notizia della morte di Berkin scuoteva il Pese e faceva riesplodere le piazze. Non si possono contare le diverse forme  di protesta che si sono susseguite nel corso di tutta la giornata in decine e decine di città di tutto il territorio turco. Solo ad Istanbul, in serata i concentramenti erano molti: nella centrale Taksim ma anche in tanti altri quartieri, per iniziativa dei Forum, gli ambiti di discussione seguiti a Gezi Park, di associazioni, di partiti o anche solo di semplici cittadini.

A Taksim il dispiegamento di forze di polizia è impressionante, mentre la rabbia, il dolore e il numero di persone sono alti. Sembrano riecheggiare nell’aria le parole pronunciate dal primo ministro Erdoğan durante i giorni di Gezi: “Ho dato io gli ordini alla polizia”. E contro il premier e il suo governo ancora una volta esplode la rabbia. A Taksim assistiamo al consueto rituale: l’ingresso alla piazza è impedito e i manifestanti che si radunano a migliaia sulla centrale via Istiklal, vengono attaccati a più riprese con i toma, i blindati della polizia che sparano acqua pressurizzata a cui sono stati aggiunti additivi chimici irritanti.

Seguono i lacrimogeni, che tornano a intossicare le strade del centro  per ore, le cariche con i manganelli e i fucili a salve, gli inseguimenti, i feriti, gli arresti a decine. L’azione della polizia è pesante, ma i manifestanti sono tantissimi e non demordono. Lo stesso scenario si sta svolgendo in altri quartieri, a Osmanbey, non troppo lontano, e a Kadikoy, nella parte asiatica, dove i manifestanti, nonostante l’ingente utilizzo di gas lacrimogeni, rifiutano di disperdersi e a tratti costringono la polizia ad arretrare. Il tutto va avanti fino a notte fonda. L’allerta è massima anche oggi, per lo svolgimento dei funerali e altre manifestazioni già convocate in tutto il Paese.

Si tratta della più grande manifestazione dopo Gezi Park. Ed in un altro duro colpo per l’immagine di Recep Tayp Erdoğan, a due settimane da un banco di prova delicato per il suo governo come quello delle elezioni amministrative. Il premier intanto tace: questa volta non può gridare al complotto. Nena News

Fonte:

http://nena-news.it/turchia-il-movimento-di-gezi-park-torna-piazza/

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Nuova ondata di proteste in tutto il Paese dopo la morte del giovanissimo Berkin Elvan, ucciso da un candelotto lacrimogeno. La polizia attacca le manifestazioni.

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Nuova ondata di proteste in tutto il Paese dopo la morte del giovanissimo Berkin Elvan, ucciso da un candelotto lacrimogeno. La polizia attacca le manifestazioni.

 

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AGGIORNAMENTO ore 15.30 – SCONTRI IN TURCHIA DOPO LA MORTE DI BERKIN ELVAN

Decine di migliaia di manifestanti sono scesi in piazza oggi per commemorare la morte di Berkin Elvan. La polizia ha cercato di disperdere la folla a Ankara e Istanbul con gas lacrimogeni e cannoni d’acqua. “Gli assassini di Berkin sono i poliziotti dell’AKP (il partito di Erdogan, ndr)”, hanno gridato i manifestanti.

di Serena Tarabini

Istanbul, 12 marzo 2014, Nena News – Okmeydanı è un quartiere a maggioranza alevita, corrente dell’Islam con riti e credenze  marcatamente eterodossi. In questo quartiere vive la famiglia, di confessione alevita, di Berkin Elvan e li si trova l’ospedale dove era ricoverato.

Berkin Elvan vi era entrato 269 giorni prima, colpito da un candelotto lacrimogeno alla testa, sparato ad altezza uomo, mentre stava andando a comprare il pane. Con i suoi 15 anni, 14 al momento del ferimento, rappresenta la più giovane e la più inaccettabile di quelle che sono diventate le sette vittime della repressione della polizia durante le proteste di Gezi Park. Polizia che non ha risparmiato di cariche e lacrimogeni nemmeno le decine di persone che da giorni presidiavano l’ospedale e la cui rabbia e dolore sono esplosi ieri mattina alla notizia della morte del ragazzo.

Nel corso della giornata nel quartiere le serrande dei negozi si sono abbassate e le strade si sono riempite di gente, che circondava la Cem evi, la casa assembleare dove gli aleviti, uomini  e donne insieme, svolgono le loro cerimonie. Quando arriviamo, nel tardo pomeriggio, vediamo le barricate erette per impedire l’accesso alla polizia; e la spontaneità ed efficienza  dei preparativi per l’accoglienza con cibo, bevande, illuminazione, sedie per le centinaia, forse migliaia, di persone che si sarebbero recate lì per rendere omaggio alla famiglia e al corpo del ragazzo. Le foto di Berkan sono ovunque, attaccate ai muri o nelle mani delle persone, si lanciano cori, si chiacchiera, si beve un tè, si prega. Ogni tanto partono piccoli cortei per il quartiere.

Nel frattempo la notizia della morte di Berkin scuoteva il Pese e faceva riesplodere le piazze. Non si possono contare le diverse forme  di protesta che si sono susseguite nel corso di tutta la giornata in decine e decine di città di tutto il territorio turco. Solo ad Istanbul, in serata i concentramenti erano molti: nella centrale Taksim ma anche in tanti altri quartieri, per iniziativa dei Forum, gli ambiti di discussione seguiti a Gezi Park, di associazioni, di partiti o anche solo di semplici cittadini.

A Taksim il dispiegamento di forze di polizia è impressionante, mentre la rabbia, il dolore e il numero di persone sono alti. Sembrano riecheggiare nell’aria le parole pronunciate dal primo ministro Erdoğan durante i giorni di Gezi: “Ho dato io gli ordini alla polizia”. E contro il premier e il suo governo ancora una volta esplode la rabbia. A Taksim assistiamo al consueto rituale: l’ingresso alla piazza è impedito e i manifestanti che si radunano a migliaia sulla centrale via Istiklal, vengono attaccati a più riprese con i toma, i blindati della polizia che sparano acqua pressurizzata a cui sono stati aggiunti additivi chimici irritanti.

Seguono i lacrimogeni, che tornano a intossicare le strade del centro  per ore, le cariche con i manganelli e i fucili a salve, gli inseguimenti, i feriti, gli arresti a decine. L’azione della polizia è pesante, ma i manifestanti sono tantissimi e non demordono. Lo stesso scenario si sta svolgendo in altri quartieri, a Osmanbey, non troppo lontano, e a Kadikoy, nella parte asiatica, dove i manifestanti, nonostante l’ingente utilizzo di gas lacrimogeni, rifiutano di disperdersi e a tratti costringono la polizia ad arretrare. Il tutto va avanti fino a notte fonda. L’allerta è massima anche oggi, per lo svolgimento dei funerali e altre manifestazioni già convocate in tutto il Paese.

Si tratta della più grande manifestazione dopo Gezi Park. Ed in un altro duro colpo per l’immagine di Recep Tayp Erdoğan, a due settimane da un banco di prova delicato per il suo governo come quello delle elezioni amministrative. Il premier intanto tace: questa volta non può gridare al complotto. Nena News

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Dal blog http://turchia.over-blog.com/  a cura di Murat Cinar:

Pubblicato su 12 Marzo 2014, 11:51am

 

Ieri (11 Marzo 2014) Berkin Elvan ha perso la sua vita dopo 296 giorni di coma all’ospedale perché è stato colpito alla sua testa con un lacrimogeno il 16 Giugno 2013 mentre andava a comprare del pane in zona Okmeydani (Istanbul) dove si svolgevano le manifestazioni di protesta solidali con la rivolta del Parco Gezi.

Ieri sera in diverse parti della Turchia sono state organizzate delle manifestazioni di protesta ed in primis il governo insieme al Primo Ministro Recep Tayyip Erdogan sono stati presi di mira. Le persone in piazza non hanno risparmiato gli slogan come “Governo dimissioni” e “Erdogan assassino”.

Erdogan durante e dopo la rivolta ha sempre mantenuto una linea piuttosto coerente e contro le manifestazioni. Spesso volentieri ha legittimato la reazione della polizia. Durante la rivolta e dopo con Berkin in totale 8 persone hanno perso la loro vita. Per questo Erdogan ha ricevuto delle critiche negative da una parte del Paese a proposito le sue dichiarazioni.

La rete dei giornalisti indipendenti BiaNet oggi ha ripubblicato una dichiarazione pubblica di Erdogan (durante un comizio nella città di Erzurum il 23 Giugno 2013) in cui dice apertamente queste parole:

In Piazza Taksim c’è il Centro Culturale Ataturk. Hanno appeso degli striscioni e dei manifesti su questo Centro delle organizzazioni illegali e legali e quelli che insultano il Primo Ministro. Non basta. Monumento della Repubblica, Monumento di Ataturk, la stessa cosa. Hanno appeso le foto dei traditori della patria con quelle di Ataturk e la bandiera turca. Dove sono i nazionalisti? Dove sono quelli del CHP? Perché non hanno rimosso queste cose? Ci sono rimaste per 3, 4, 5 giorni. Sono rientrato dall’estero, ho notato che erano ancora lì. Ormai la cosa aveva superato il limite di sopportazione. Ho parlato con il mio Ministro degli Interni. Ho detto di pulire in 24 ore il Centro Culturale di Ataturk. 24 ore. Ho detto di pulire la Piazza ed il Monumento. Dopo di che ho detto di pulire anche il Parco Gezi.

Chiedono: <Chi ha dato l’ordine alla polizia?> L’ho dato io!

Avremmo dovuto guardare le forze dell’occupazione? Avremmo dovuto guardare tutto questo perché il resto del mondo deve divertirsi guardando quello che succedeva? Abbiamo pulito tutto. Il Monumento è stato pulito. Piazza Taksim è stata pulita. Il Parco Gezi è stato pulito“.

 

Fonte:

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Su Berkin Elvan leggere anche i seguenti articoli:
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Sulla rivolta di Piazza Taksim  per Gezi Park leggere il blog di Andrea Mazzone: