PALESTINA: ANCORA BOMBE SU GAZA E VITTIME CIVILI. IN CISGIORDANIA 10 PALESTINESI UCCISI IN CISGIORDANIA

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E’ sempre più dura l’aggressione militare israeliana contro la Palestina. A Gaza le vittime palestinesi sono salite ad oltre 120. Oltre 800 i feriti.

Decine di aerei da guerra di Tel Aviv bombardano costantemente, in particolare le zone nord ed est di Gaza City. Segnalati molti colpi di artiglieria e bombardamenti via terra nella città di al-Fakhari, a est di Khan Yunis, tanto che a metà della notte tra ieri e oggi si era diffusa la notizia di un’invasione via terra, prima confermata e poi, per ora, smentita dallo stesso esercito israeliano.

Il premier sionista israeliano Netanyahu parla di “target militari e postazioni di Hamas”, ma sono centinaia le case e gli edifici civili distrutti nella Striscia di Gaza.

Le diverse forze della resistenza palestinese continuano a rispondere con il lancio di razzi da Gaza verso Tel Aviv, ma la maggior parte di questi vengono intercettati dal sistema antimissilistico Iron Dome. 8 in totale i decessi sul fronte israeliano da martedì a oggi.

E’ stata intanto una giornata di proteste in tutta la Cisgiordania, da Betlemme a Beit El, da Salfit a Gerico. In poche ore sette manifestanti palestinesi sono stati uccisi dai soldati israeliani. Dopo Mohammed Ruhi Hammad, di Silwad, è stato ucciso il 26enne Youssef Nawasra nel villaggio di Yabad, vicino Jenin, durante una protesta.

Nei villaggi di Iskaka e Marada vicino Salfit sono stati uccisi il 23enne Awad Ahmed Harb e Sharif Khaled Suleiman, 38 anni. Il villaggio di Iskaka era stato attaccato da coloni israeliani e la comunità lo ha difeso, mentre l’esercito restava a guardare. Altre vittime si sono registrate a Gerico, Mohammed Shger, e a Nablus, Nidal Sael Safadi e Issa Burhom.

Sul fronte diplomatico, Israele avrebbe rifiutato la proposta egiziana di un cessate il fuoco, anche temporaneo, per provare poi ad arrivare a una tregua più duratura. Si terrà poi domenica l’ennesima riunione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite sul Medio Oriente. Doveva tenersi oggi, ma gli Stati Uniti hanno rifiutato l’incontro d’urgenza, spostando tutto addirittura a martedì prossimo. Alla fine è stata raggiunta una mediazione e la riunione si terrà domenica pomeriggio. In Italia, invece, mercoledì alla Camera si terrà l’informativa del ministro degli Esteri Di Maio. L’aggiornamento pomeridiano da Gaza con Sami, del centro scambio culturale Vittorio Arrigoni. Ascolta o scarica


Stamattina attivisti solidali hanno occupato, a Roma la sede dell’Ordine dei giornalisti “contro – spiega il collettivo Cambiare Rotta – le continue mistificazioni e la falsificazione da parte dei principali giornali e media del nostro Paese sul massacro del popolo palestinese”. Su questo tema sentiamo Davide Grasso, ricercatore, scrittore e nostro collaboratore, autore di un articolo dal titolo “Israele-Palestina, alla base della narrazione delle violenze resta un pregiudizio perverso”Ascolta o scarica

 

 

Fonte:

https://www.radiondadurto.org/2021/05/14/palestina-ancora-bombe-su-gaza-e-vittime-civili/

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Dalla pagina Facebook di

Cambiare Rotta Roma – Noi Restiamo

+++ Blitz all’Ordine dei giornalisti +++
VERITÀ E SOLIDARIETÀ PER LA PALESTINA CHE RESISTE!
Ci siamo presentati nelle sede centrale dell’Ordine dei Giornalisti dopo le continue mistificazioni e la falsificazione dei fatti da parte dei principali giornali e media del nostro Paese sul massacro del popolo palestinese in atto.
È stata ignorata per settimane la pulizia etnica in corso a Gerusalemme e ora si prova a nascondere l’impossibile simmetria che esiste tra l’oppressione israeliana, perpetuata da 73 anni con il consenso della comunità internazionale, e la più che legittima resistenza palestinese.
Siamo al fianco della dignità di un popolo che lotta per affermare politicamente la sua esistenza e denunciamo fortemente il tentativo di tutto l’arco parlamentare e dei mass media di narrare il massacro in atto come una guerra.
La resistenza è vita, Palestina libera!
Ci vediamo domani alle ore 16 a Piazza dell’Esquilino!

Strage a Nizza, Hollande prolunga lo stato di emergenza

Notizia scritta il 15/07/16 alle 11:29. Ultimo aggiornamento: 15/07/16 alle: 11:29

STRAGE A NIZZA, HOLLANDE PROLUNGA LO STATO DI EMERGENZA

nizzaLa strage di ha provocato per il momento almeno 84 morti e un numero imprecisato di feriti dei quali 18 in gravissime condizioni. Almeno 54 i bambini ricoverati in ospedale.

La dinamica di quanto accaduto fino ad ora parla di un uomo di 31 anni, un francese con doppio passaporto tunisino residente a Nizza: ha noleggiato due giorni fa un camion con il quale, dopo la fine dei festeggiamenti sul lungomare per il 14 luglio, si è lanciato tra la folla sfondando i blocchi di polizia a 80km orari. Dopo due chilometri è stato ucciso da dei poliziotti che sono riusciti ad affiancarlo.

Mohamed Lahouaiej Bouhlel, questo il suo nome, era sposato ed era padre di tre figli. France Info riferisce che l’uomo stava divorziando e aveva problema di soldi e pare sia stato oggetto in passato di inchieste giudiziarie per violenze sulla moglie e possesso di armi, ma non era attenzionato come fondamentalista religioso. Armi ritrovate sul camion sono risultate essere giocattolo. Con noi Francesca, No Borders Nizza. Ascolta o scarica.  [Download]

La corrispondenza anche con Enrico, nostro collaboratore dalla . enrico-attacco-nizza

Notizie quelle diffuse fino ad ora da prendere con le dovute precauzioni: le informazioni infatti sono ancora frammentarie e spesso contraddittorie. Sul movente quindi ancora nessuna certezza, non ci sarebbe stata nessuna rivendicazione dall’Is, anche se buona parte della stampa e del mondo politico parlano di strage di matrice jihadista.

ha annunciato il prolungamento di altri tre mesi dello stato di emergenza, che sarebbe scaduto il prossimo 26 luglio. Sempre Hollande ha sposato la matrice dell’attacco jihadista, annunciando l’intensificazione degli attacchi nelle zone di guerra di Iraq e Siria contro Daesh.

Un commento al prolungamento dello stato di emergenza in Francia da Cristophe Ventura, di Nuit Debout Parigi. Ascolta o scarica

Per quanto riguarda l’Italia rafforzati i controlli a Ventimiglia, dopo la segnalazione francese di possibili complici dell’attentatore in fuga verso l’Italia, mentre tra le vittime potrebbero esserci anche italiani. “Non si riescono ancora a rintracciare molti italiani, che quindi risultano al momento dispersi ha detto all’ANSA il console generale d’Italia a Nizza, Serena Lippi, che però invita “alla calma”.

 

 

Fonte:

http://www.radiondadurto.org/2016/07/15/strage-a-nizza-hollande-prolunga-lo-stato-di-emergenza/

Honduras: Ennesimo omicidio politico di un’ambientalista

Quattro mesi dopo l’omicidio di Berta Caceres, un’altra attivista ambientalista e per i diritti degli indigeni dell’Honduras è stata trovata morta, la testa spaccata da un colpo di machete, vicino a un deposito di immondizia a Marcala, una municipalità nel dipartimento di La Paz, circa 160 chilometri a ovest dalla capitale Tegucigalpa.

Si tratta di Lesbia Yaneth Urquia – 49 anni, madre di tre figli- dirigente, come la Caceres, del Consiglio civile delle organizzazioni popolari e indigene (Copinh), realtà che si oppone ad un progetto di centrale idroelettrica al quale è legata l’attuale vicepresidente del Parlamento e leader del Partito Nazionale, al potere a Tegucigalpa, Gladys Aurora Lopez.

Urquia è la terza dirigente ambientalista uccisa durante il 2016 in Honduras. Dopo Caceres, uccisa nella sua casa lo scorso 2 marzo, un altro militante del Copinh, Nelson Garcia, e’ stato assassinato nella capitale Tegucigalpa.

Ne parliamo con Giorgio Trucchi, giornalista e corrispondente dal Centro America di Rel-Uita, Unión Internacional de los Trabajadores de la Alimentación della Regione Latino – Regionale Latinoamericana Ascolta o scarica

da Radio Onda d’Urto

 

Fonte:

http://www.osservatoriorepressione.info/honduras-ennessimo-omicidio-politico-un-ambientalista/

lesbia_yaneth_urquia

MESSICO: LA POLIZIA UCCIDE I MAESTRI IN LOTTA. APPELLO SOLIDALE CONTRO LA REPRESSIONE.

Notizia scritta il 21/06/16 alle 13:44. Ultimo aggiornamento: 22/06/16 alle: 09:06

MESSICO: LA POLIZIA UCCIDE I MAESTRI IN LOTTA. APPELLO SOLIDALE CONTRO LA REPRESSIONE.

Clb1voSWMAAwcrYSale il bilancio dei maestri uccisi dagli spari della polizia domenica 19 giugno 2016 a Asuncion de Nochixtlan, stato di Oaxaca, Messico. Il bilancio ufficiale delle vittime dell’operazione repressiva per rimuovere le barricate di maestri, studenti e movimenti sociali in lotta è salito a nove maestri, e un giornalista: 10 morti, quindi, che diventano almeno 12 secondo altre fonti, come TeleSur.  Ci sono poi 32 desaparecidos, 28 arrestati e decine di feriti. La protesta non riguarda solo  Oaxaca, teatro, nel 2006, anche della straordinaria esperienza della APPO, l’assemblea popolare dei popoli di Oaxaca, rimasta in piazza con 80mila maestri in lotta sgomberati con violenza nel giugno di dieci anni fa: arresti si segnalano anche nel Chipilango, Michocan e a Città del Messico.

Lavoratrici e lavoratori dell’educazione, assieme alla centrale sindacale CNTE, sono in lotta ormai dallo scorso 15 maggio contro la riforma dell’istruzione voluta dal presidente Enrique Pena Nieto, che prevede – tra molte altre cose, tutte in senso ultraprivatistico – un test governativo unico per gli insegnanti, in base al quale verranno assunti o non assunti, pagati o non pagati, inseriti in organico a pieno orario o per pochi giorni. Per i maestri, gli studenti e i movimenti sociali, non è una riforma educativa, ma una controriforma del lavoro, schiacciata sul servilismo al potere, sul liberismo e sulla ricattabilità perenne. A rischio sarebbe almeno il 60% del corpo docente, senza alcun riferimento a educazione e formazione.

Clicca qui per l’approfondimento sulle motivazioni della lotta di lavoratori/trici dell’educazione in Messico: una protesta che non nasce oggi.

Dopo la mattanza di due giorni fa a Nochixtlan, ora è stato annunciato un incontro domani tra il sindacato e Osorio Chong, il segretario di stato di Pena Nieto. Intanto a Oaxaca le realtà sociali in lotta, con la solidarietà di una larga ClXcJxHVYAA5iqGparte dei movimenti messicani, tra cui il chiapaneco EZLN, hanno diffuso un’ “allerta umanitaria” per le violenze della polizia, sorpresa da numerosi video e immagini a sparare sulla folla, anche con agenti in borghese. Una scena che ricorda da vicino altri massacri, come quella di , del 26 settembre 2014, con l’uccisione e la sparizione, targata polizia, narcos e politici, di 43 studenti normalisti della scuola rurale di .

Un nuovo massacro, quindi, quello di Nochixtlan, che vede per protagonista ancora una volta Enrique Pena Nieto, del PRI, oggi presidente dello Stato ma governatore ai tempi dei massacri di San Salvador Atenco, nello stato di Città del Messico, nel 2006, anche lì con morti, feriti e desaparecidos nelle proteste contro la decisione di ampliare un aeroporto.

Abbiamo raggiunto Federico Mastrogiovanni, giornalista indipendente che vive a Città del Messico, per aggiornamenti. Ascolta o scarica l’intervista [Download

Clicca qui per il nostro articolo su quanto accaduto a Nochixtlan di lunedì 20 giugno 2016.

APPELLO SOLIDALE – Da Mexiconosurge:

‪#‎MexicoNosUrge‬ AL FIANCO DEI MAESTRI E DELLE MAESTRE DELLA CNTE IN MESSICO

“Fondamento dell’accordo. Il rispetto dei principi democratici e dei diritti umani fondamentali, così come si enunciano nella DichiarazioneUniversale dei Diritti Umani, ispira le politiche interne e internazionali delle parti e costituisce un elemento essenziale del presente Accordo.”
Art. 1 trattato di libero commercio tra il Messico e l’UnioneEuropea

Un anno dopo siamo ancora qui a dire #MexicoNosUrge

Dopo gli omicidi del foto giornalista Rubén Espinosa, dell’attivista Nadia Vera, della studentessa Yesenia Quiroz Alfaro e di altre due donne che si trovavano con loro, Mile Virginia Martin e Alejandra Negrete, avvenuti a Città del Messico venerdì 31 luglio 2015, l’appello ‪#‎MéxicoNosUrge‬ volle rompere il silenzio. Perché non si può rimanere in silenzio di fronte alle violenza nei confronti di chi vuole denunciare la situazione che subiscono milioni di persone in un Paese, il Messico, che l’Italia e l’Unione Europea riconoscono soltanto come importante socio commerciale. Rimanere in silenzio sarebbe una forma di complicità.

Un anno dopo, nel giugno del 2016, torniamo a urlare che #MéxicoNosUrge, dopo che domenica 19 giugno nello Stato di Oaxaca abbiamo assistito al massacro di 10 cittadini. La Polizia Federale è tornata a reprimere la lotta degna dei maestri e delle maestre del sindacato CNTE che lottano contro la riforma educativa. Pistole, fucili di precesione e cecchini hanno operato assieme alla polizia in assetto anti-sommossa, per sgomberare uno dei tanti blocchi stradali che dal 15 maggio batte il tempo della resistenza contro la svendita e la distruzione della scuola pubblica messicana. A maggio avevamo celebrato il decimo anniversario dalla nascita dell’Assemblea Popolare dei Popoli di Oaxaca, figlia dello sgombero violento di un presidio di maestre e maestri della CNTE nella capitale dello stato di Oaxaca. Negli ultimi mesi sono a decine gli arresti “politici” che colpiscono aderenti della CNTE e simpatizzanti. Già a dicembre 2015, in Chiapas, due maestri sono stati uccisi dalla Polizia durante gli scontri.

Nel maggio del 2016 sono stati ricordati,anche, i dieci anni dal massacro di San Salvador Atenco. Una Commissione Civile di Osservazione dei Diritti Umani -i cui componenti erano cittadini europei- nel giugno del 2006 ha presentato al Parlamento Europeo un rapporto sui fatti e sulle gravi violazioni dei diritti umani in relazione allo sgombero forzato di una comunità per costruire il nuovo aeroporto di Città del Messico in una zona ejidal (cioè di proprietà collettiva) dello Stato del Messico.

La mattanza di Nochixtlan inauguara una nuova fase nello schema repressivo messicano: la polizia spara sulla folla uccidendo e la stessa polizia si rivendica di aver usato armi da fuoco. Non era mai successo prima.

Negli ultimi dieci anni, infatti, la situazione si è fatta se possibile ancora più grave, con decine di migliaia di sparizioni forzate, violenza sistematica contro chi vuole difendere e promuovere i diritti umani, contro attivisti dei movimenti sociali e contro i giornalisti e fotografi che documentano la condizione di violenza strutturale scelta come forma di“politica attiva” dai governi di Felipe Calderón, prima, e di Enrique Peña Nieto (che nel 2006 era governatore dello Stato del Messico durante i fatti di Atenco), ora.

Tra gli attivisti e giornalisti minacciati e perseguitati ci sono anche cittadini italiani ed europei; tra le vittime ci sono anche cittadini italiani ed europei (come il finlandese Jyri Antero Jaakkola,assassinato dai paramilitari nello stato del Oaxaca nel 2010).

In questo panorama di violenza diffusa e repressione contro i civili ricordiamo la sparizione forzata dei 43 studenti della Escuela Normal Rural di Ayotzinapa,avvenuta la notte del 26 settembre del 2014 nella città di Iguala, stato del Guerrero, in cui sono coinvolti la polizia municipale di Iguala ed elementi dell’esercito messicano.

Il 30 giugno 2014 l’esercito messicano, con un ordine scritto dall’Alto Comando Militare, fucilava 22 ragazzi in un’esecuzione extragiudiziale, una delle tante esecuzioni extragiudiziali portate a termine dall’esercito che ha l’ordine di “abbattere” civili considerati delinquenti senza alcun diritto ad avere un processo.
L’ONU ha recentemente spiegato come in Messico la tortura sia un metodo utilizzato in maniera sistematica negli interrogatori da tutte le forze di sicurezza.

Tutto questo accade nel silenzio della cosiddetta “comunità internazionale” e l’Unione Europea di fatto si disinteressa dei crimini dello stato messicano, continuando a mantenere relazioni commerciali con uno Stato che viola costantemente i diritti umani.

Tra il 2007 e il 2016 in Messico ci sono stati più di 164mila omicidi di civili. Negli stessi anni in Afghanistan e in Iraq si sono contate circa 104mila vittime. Il numero di persone sparite dal 2006 ad oggi, basandosi su dati conservativi del governo messicano, supera le 30mila persone. Organizzazioni dei diritti umani dicono che se oggi venisse fatto un conto di morti e desaparecidos i numeri andrebbero verso il raddopio.

A fronte di tutto questo l’indifferenza dei grandi mezzi di comunicazione internazionali è impressionante e complice.

Per tutto questo, #MexicoNosUrge e non possiamo rimanere in silenzio.

Chiediamo che il Parlamento Europeo esprima la sua preoccupazione rispetto alla grave crisi dei diritti umani che vive il Messico,in particolare per le costanti aggressioni ai giornalisti e difensori dei diritti umani.

Chiediamo all’Italia e all’Unione Europea che si sospendano tutte le relazioni (politiche e commerciali) con il Messico fino a quando non si farà luce sui gravi casi di omicidio, violenza e sparizione forzata di persone. I paesi dell’Unione Europea devono applicare l’embargo agli investimenti in Messico e chiudere le loro Ambasciate, così come si è fatto nel caso di altri paesi che non osservano l’obbligo del rispetto dei diritti umani e del diritto alla vita dei propri cittadini.

Italia, giugno 2016

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Fonte:

Roma: rioccupato (e risgomberato) il teatro Valle. E’ la cultura… del manganello

Notizia scritta il 11/06/16 alle 15:03. Ultimo aggiornamento: 11/06/16 alle: 16:03

ROMA: RIOCCUPATO (E RISGOMBERATO) IL TEATRO VALLE. E’ LA CULTURA DEL…MANGANELLO.

Rioccupato, dopo 669 giorni di Ckq2Bt_WYAAC4H3vuoto pneumatico e promesse mancate, e ri-sgomberato nel giro di due ore.

E’ quanto accaduto in mattinata, sabato 11 giugno, al teatro Valle Occupato di Roma, un’esperienza nata il 14 giugno 2011 grazie a lavoratrici e lavoratori dello spettacolo, cinema/teatro/danza, artisti/tecnici/operatori, stabili, precari e intermittenti, mobilitati nei mesi precedenti contro i ripetuti attacchi al mondo dell’arte e del sapere, contro i tagli alla cultura e per i diritti.

Il Teatro Valle fu sgomberato nel 2014, con la promessa di mirabolanti operazioni di recupero.

In realtà, quasi due anni dopo, al Valle non è successo nulla: rientrando oggi nel teatro, attiviste e attivisti hanno infatti ritrovato ancora appesi ai loro posti manifesti e volantini del 2014.

Da qui, la decisione di rioccupare e restituire questo spazio a una città, Roma, devastata da anni di gestione parassitaria dei partiti e “normalizzata” da mesi di gestione commissariale a suon di sgomberi, manganelli e dosi massicce di “legalità”.

La risposta è stata affidata alla celere, che attorno alle 12.30 ha sgomberato lo spazio.

Silenti, al momento, i due candidati sindaco al ballottaggio, Raggi (M5S) e Giachetti (Pd)

Da Roma la corrispondenza delle 16 con Silvia, compagna della Capitale, dall’esterno del teatro Valle Occupato.

Ascolta o scarica qui

Di seguito, la nota diffusa da attiviste e attivisti del Valle dopo l’occupazione del mattino, dietro l’hashtag #luciinsala:

11 giugno 2016, Roma
LUCI IN SALA. La città riapre il Teatro Valle
Da 669 giorni e 669 notti il Teatro Valle è chiuso. Per il restauro non esiste ancora un progetto. I fondi non sono mai arrivati, i lavori non sono cominciati, la manutenzione non è stata fatta. Qui dove si sono sperimentate forme di partecipazione viva, da due anni il buio in sala non annuncia nessuna apertura di sipario.
Di parole in questi anni ne sono state dette molte. Sulla gestione del Valle e degli spazi pubblici in genere. Sul sistema teatro in Italia. Sulla vita culturale della città. Sulla precarietà dei lavoratori dello spettacolo e della cultura. Niente di nuovo, da dire.

Da fare invece, quello sì. C’è da affollare, da popolare uno spazio vuoto. C’è da animare dare corpo e respirare. Il Teatro Valle è un oggetto luminoso del desiderio. Oggi è di nuovo aperto: luci in sala! La città rientra. Per trasformare un vuoto in un pieno. Per riaccendere l’immaginazione. Nel tempo denso di un giorno.

A Roma le politiche culturali e la progettualità artistica non sono mai state così disastrose. La volontà dell’amministrazione, e della sua successiva gestione commissariata, è stata quella di chiudere spazi piuttosto che aprirne di nuovi. Spazi fisici, ma anche spazi per sperimentare, partecipare, autogestire. O anche solamente per respirare.

Roma è stata la cavia del governo Renzi: la retorica del bando e la consuetudine delle nomine dall’alto sono strumenti di istituzioni che funzionano come soggetto privato, riproducendo modelli di gestione distanti e fallimentari, se non corrotti. Anche in questa campagna elettorale la cultura non è stato un tema di discussione, a dimostrare che non si profilano alternative rispetto alle politiche vigenti.

C’è bisogno di fantasia, per generare nuovi strumenti che sostengano l’esigenza e la capacità dei cittadini di organizzarsi, di prendersi cura dei propri spazi di vita. Nonostante questo deserto, la città ha prodotto e produce esperienze di sperimentazione e inclusione che è necessario moltiplicare.
Dalle piazze francesi gli intermittenti e i movimenti europei ci chiamano a riprendere parola non solo sulle politiche culturali, ma sull’intera possibilità di vivere e praticare la città.
Oggi è la giornata dei corpi fuori norma e dei desideri. Oggi non ci accontentiamo.

 

 

Fonte:

http://www.radiondadurto.org/2016/06/11/roma-rioccupato-e-risgomberato-il-teatro-valle-e-la-cultura-del-manganello/

CARCERE PER I MANIFESTANTI A VOLTO COPERTO. NO AI CODICI IDENTIFICATIVI PER GLI AGENTI. IL NUOVO DDL “SICUREZZA”

 

milanocariche

 

Sicurezza. Il ddl del ministro che scarica sui sindaci: carcere ai manifestanti col volto travisato. 5 anni a chi usa caschi nei cortei, anche senza reato. Identificabili solo i reparti di ordine pubblico. Ma a protestare è la polizia.

Arresto differito e fino a cinque anni di carcere per chi partecipa a cortei e manifestazioni facendo “uso di caschi protettivi ovvero di ogni altro mezzo atto a rendere impossibile o difficoltoso il suo riconoscimento”. Anche senza aver partecipato ad alcuna violenza di piazza. E nessun identificativo per polizia e carabinieri, solo un “codice” per identificare i reparti in servizio di ordine pubblico.

E ancora: da 2 a 5 anni di pena e una multa da mille a 5 mila euro per chi lancia o utilizza tra l’altro “razzi, bengala, fuochi artificiali, petardi, bastoni, mazze, scudi, materiale imbrattante o inquinante, oggetti contundenti”; Daspo agli spacciatori, anche minorenni, con il divieto di accedere a discoteche e locali pubblici; aumento di pena per furti, scippi e rapine; rafforzamento delle misure di contrasto a quelle condotte considerate lesive del decoro urbano, come “l’accattonaggio invasivo nei luoghi pubblici”.

Il ministro degli Interni Angelino Alfano ha trovata la soluzione ai problemi “più scottanti” della sicurezza urbana, passando alcune delle patate più bollenti del suo paniere direttamente nelle mani dei sindaci delle città metropolitane che, riuniti ieri nella sede dell’Anci di Roma, chiedevano strumenti e risorse per poter dare risposte alle paure dei cittadini.

Così le proposte sono finite in una bozza di disegno di legge messo a punto dal titolare del Viminale che “prevede – come spiega il primo cittadino di Milano, Giuliano Pisapia – un’estensione dei poteri dei sindaci per la tutela della sicurezza dei cittadini e nel contrasto al degrado, fermo restando la competenza esclusiva dello Stato in materia di ordine e sicurezza pubblica”. La proposta è stata presentata ieri al vertice – Alfano assente, il relatore del testo è stato il coordinatore delle Città metropolitane e sindaco di Firenze, Dario Nardella – a cui hanno partecipato, oltre ai su citati, il presidente dell’Anci e sindaco di Torino, Fassino, e i sindaci metropolitani Bianco (Catania), Brugnaro (Venezia), Decaro (Bari), De Magistris (Napoli), Marino (Roma), Orlando (Palermo), Zedda (Cagliari), Falcomatà (R. Calabria) e Accorinti (Messina).

Subito dopo, la riunione è proseguita al Viminale, dove Alfano ha presieduto il tavolo con Nardella, Fassino, una delegazione dei sindaci metropolitani, il sottosegretario dell’Interno Bocci, il capo Gabinetto Lamorgese e il capo della Polizia Pansa. I sindaci ora hanno una settimana di tempo per presentare le loro osservazioni al testo e le loro proposte di modifica, anche se c’è già qualcuno che inizia a sentire puzza di bruciato, motivo per il quale oltre a responsabilità e poteri, i partecipanti al vertice hanno chiesto “un tavolo permanente per quanto riguarda le risorse necessarie in questo settore”. Pisapia invece non mostra molti dubbi e giudica “positivamente” la proposta di Alfano.

Malgrado all’articolo 21 del ddl governativo sia prevista l’introduzione non di un codice alfanumerico identificativo del singolo agente o militare, ma di uno che identifichi il “reparto degli operatori in servizio di ordine pubblico” che “gli operatori devono esporre” durante le operazioni di piazza. Per l’obbligo però bisognerà in ogni caso attendere ancora, al contrario di tutte le altre disposizioni contenute nel testo ministeriale e in barba alle richieste del Parlamento europeo. Entro sei mesi dall’entrata in vigore della legge, infatti, un decreto del presidente della Repubblica, previa deliberazione del Cdm, determinerà “i criteri generali concernenti l’obbligo di utilizzo e le modalità d’uso del codice, prevedendo specificatamente che l’attribuzione del suddetto codice identificativo di reparto avvenga secondo criteri di rotazione per ciascun servizio”. Altre disposizioni contenute nel ddl, suddiviso in tre parti e 22 articoli, prevedono anche il divieto per il personale in servizio di ordine pubblico di indossare “caschi e uniformi assegnati ad operatori al altro reparto”, pena una “sanzione amministrativa pecuniaria di 5 mila euro nonché la sanzione disciplinare prevista dall’ordinamento di appartenenza”.

I sindacati di polizia di questo Paese, ancora una volta, plaudono a tutte le proposte tranne all’introduzione del codice identificativo, anche se potrebbe al massimo servire per capire a quale contingente appartengano i tutori dell’ordine pubblico.

Eleonora Martini da il manifesto

 

Il commento di Italo Sabato, Osservatorio sulla Repressione rilasciato a Radio Onda d’Urto

 

 

Fonte:

http://www.osservatoriorepressione.info/carcere-per-i-manifestanti-a-volto-coperto-no-ai-codici-identificativi-per-gli-agenti-il-nuovo-ddl-sicurezza/

Aggressione fascista al Csa Dordoni di Cremona – Sabato 24 gennaio: MANIFESTAZIONE NAZIONALE ANTIFASCISTA a Cremona!

Lunedì 19 Gennaio 2015 09:56

 

altPubblichiamo l’appello per la manifestazione antifascista a carattere nazionale che si terrà a Cremona sabato 24 gennaio dopo i gravissimi fatti di ieri pomeriggio. Inoltre è stata convocata per la giornata di oggi una mobilitazione diffusa nei territori per esprimere vicinanza e solidarietà ad Emilio.

Qui l’intervista di RadioInfoaut a Michele del CSA Dordoni sui fatti di ieri e di presentazione delle giornate di mobilitazione antifa:

Emilio, un compagno di tante lotte e tante battaglie, è in ospedale in coma farmacologico con una emorragia cerebrale estesa a causa di un assalto squadrista al centro sociale Dordoni di Cremona.

L’attacco premeditato e scientificamente organizzato dai fascisti di CasaPound cremonesi, in combutta con altri militanti di estrema destra provenienti da fuori città, ha trovato una risposta determinata da parte dei compagni presenti nel centro sociale, ma purtroppo Emilio è stato colpito alla testa da diverse sprangate.

I fascisti si sono accaniti sopra ad Emilio fino a quando è stato portato in sicurezza all’interno del centro sociale; è stata, tuttavia, immediatamente chiara la gravità del suo stato di salute.

Infame è stato il comportamento della polizia che ha semplicemente identificato gli assaltatori e successivamente, per permettere loro di andarsene indisturbati, ha violentemente caricato il presidio di antifascist* radunatesi sul posto.

Per esprime totale vicinanza e solidarietà con Emilio è stata indetta:

Lunedì 19 gennaio una giornata nazionale di mobilitazione diffusa nei territori

Contro squadristi, polizia e istituzioni conniventi:

Sabato 24 gennaio un corteo nazionale antifascista, determinato, autodifeso e militante con la parola d’ordine: chiudere subito tutte le sedi fasciste!

Pagherete caro! Pagherete tutto!

#Emilioresisti

(Seguiranno informazioni dettagliate su orario e luogo del concentramento di sabato 24 gennaio)

Intanto in molte città italiane si stanno organizzando presidi in solidarietà con gli e le antifasciste cremonesi:

Bergamo h 18.00 – piazza Vittorio Veneto

https://www.facebook.com/events/1587396741474669/

Bologna h 18.00 – Presidio in piazza Verdi

https://www.facebook.com/events/606342242843020/

Brescia h 18.00 – Presidio in Piazza della Loggia

https://www.facebook.com/events/1554504444789851/

Bussoleno h 18.00 davanti sede Anpi

Cremona h 18.30 – Cortile Federico II

https://www.facebook.com/events/1659176050976373/

Cosenza h 18.00 Piazza 11 Settembre

https://www.facebook.com/events/783841645029860/

Livorno h 18.00 – Presidio in Piazza Cavour

https://www.facebook.com/events/1385939358378667/ 

Mantova h 18.00 – Presidio in Via Principe Amedeo

Pisa h 17.30 – Presidio alle Logge dei Banchi

https://www.facebook.com/events/633618113431709/

Roma h 18.30 piazzale Tiburtino

https://www.facebook.com/events/752639711490020/

Torino h 17.00 – Presidio davanti a Palazzo Nuovo

https://www.facebook.com/events/1641311579423395/ 

Viareggio martedì 20gennaio h 17.00 – zona mercato (piazzone via Battisti)

https://www.facebook.com/events/710189745765448/

Fonte:

http://www.infoaut.org/index.php/blog/antifascismoanuove-destre/item/13709-sabato-24-gennaio-manifestazione-nazionale-antifascista-a-cremona

Domenica 18 Gennaio 2015 21:35

altaggiornamento ore 24: i compagni e le compagne del Csa Dordoni riferiscono di un vero e proprio agguato premeditato da parte di 50 fascisti armati di spranghe, che hanno approfittato del derby allo stadio per raccogliere a chiamata alcuni volti noti di fascisti di altre città, in particolare Parma e Brescia. Intorno alle 18 l’assalto prima da parte di un gruppo di 10 fascisti, raggiunti poco dopo da altri 40 vigliacchi sbucati dalla via vicina al Dordoni.

Durante l’aggressione Emilio, compagno storico cremonese, è stato colpito al volto con una spranga e ora si trova all’ospedale, in coma, con una grave emorragia cerebrale e in pericolo di vita. Prima che i compagni (che erano presenti nel centro sociale nel numero di 7-8 persone) riuscissero a soccorrerlo, i fascisti si sono accaniti su di lui, già a terra, colpendolo con calci.

Da rimarcare anche il solito atteggiamento infame della polizia, che arrivata sul posto si è limitata a identificare i fascisti per poi rilasciarli poco dopo e, per garantirgli la fuga in tutta tranquillità, ha caricato violentemente i compagni del Dordoni che nonostante l’inferiorità numerica difendevano lo spazio.

Al momento diverse decine di compagni e compagne sono giunti a Cremona anche da altre città ed è in corso un’assemblea per decidere come rispondere a questa vigliacca aggressione squadrista.

La corrispondenza ai microfoni di Radio Onda d’Urto con Michele del Csa Dordoni che ricostruisce l’accaduto e riporta alcuni aggiornamenti:

 

altPubblichiamo un primo breve aggiornamento dei compagni e delle compagne del Csa Dordoni in merito alla vigliacca aggressione squadrista messa in atto poche ore fa da una sessantina di fascisti di Casapound nei confronti del centro sociale.

Esprimiamo massima solidarietà ai compagni e alle compagne cremonesi, con l’augurio che il compagno gravemente ferito si riprenda al più presto, e ci uniamo all’appello a raggiungere il presidio antifascista all’esterno del Csa Dordoni.

Seguiranno aggiornamenti.

Poche ore fa sessanta fascisti di CasaPound cremonesi con il supporto di squadristi provenienti da fuori hanno assaltato il Centro Sociale Dordoni e durante gli scontri per difendere lo spazio un compagno è stato colpito a sprangate in testa e attualmente è in coma in gravissime condizioni.

Successivamente si è verificata anche una carica di alleggerimento della celere sui compagni in presidio fuori dal centro sociale per permettere ai fascisti di andaresene indisturbati.

Si invitano tutti gli antifascisti e le antifasciste a raggiungere il presidio fuori dal Centro Sociale Dordoni.

Il centro sociale è in via Mantova 7/A (ex foro boario), parcheggio dello stadio – Cremona

 

 

Fonte:

http://www.infoaut.org/index.php/blog/antifascismoanuove-destre/item/13707-aggressione-fascista-al-csa-dordoni-di-cremona

GAZA: IL FUOCO ISRAELIANO CAUSA NUOVE VITTIME PALESTINESI

Da Radio Onda d’Urto:

Notizia scritta il 21/08/14 alle 10:42. Ultimo aggiornamento: 21/08/14 alle: 10:42

gazastripAncora da parte del fuoco israeliano sulla di . Ultime in ordine di tempo tre persone uccise da una esplosione avvenuta oggi nel cimitero di Sheikh Radwan (). Due adulti e tre bambini – tutti al di sotto di 10 anni di eta’ – sono rimasti uccisi stamane in una esplosione verificatasi nella via Nafak di City. Intanto da Sheikh Radwan si e’ appreso che un corpo e’ stato estratto oggi dalle macerie di un edificio distrutto mercoledi’ da nel tentativo di uccidere il comandante di Hamas, Mohammed Deif. Lo riferiscono fonti locali. Non si sa l’identità della vittima. Oggi a Rafah si svolgeranno funerali di massa per i tre comandanti di Hamas uccisi in un bombardamento israeliano nella notte. Da Gaza la corrispondenza con Giuditta, cooperante internazionale e nostra collaboratrice. Clicca qui per ascoltare.

Fonte:

http://www.radiondadurto.org/2014/08/21/gaza-il-fuoco-israeliano-causa-nuove-vittime-palestinesi/

 

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Da Rete italiana ISM:

Diciassette altri palestinesi uccisi a Gaza

http://www.imemc.org/article/68894
Mercoledì 20 Agosto 2014 18:58 da Saed Bannoura – IMEMC Notizie

Fonti mediche palestinesi hanno riferito, Mercoledì, che diciassette e forse più palestinesi, compresi bambini, sono stati uccisi e decine feriti nell’offensiva israeliana che ha ripreso contro i palestinesi nella regione costiera assediata. Uno è morto per le ferite.

Aggiornamento: 16:56 – Il ministero palestinese della Sanità a Gaza ha detto che due bambini sono stati uccisi in un bombardamento israeliano recente nel Central District di Gaza.

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Immagine dal Ministero della Salute

I due bambini uccisi sono stati identificati come Mohammad Imad al-’Abeet, 16, e Saher al-’Abeet, 11.

Aggiornamento: Migliaia di palestinesi hanno partecipato ai funerali di palestinesi uccisi nel bombardamento israeliano in corso che ha portato a più di venti morti palestinesi, tra cui la moglie e il figlio di Mohammad Deif, capo generale delle Brigate al-Qassam di Hamas.

Fonti mediche hanno detto che Widad Deif, e suo figlio Ali, sono stati uccisi quando l’esercito ha bombardato una casa appartenente alla famiglia Dalo a Gaza, uccidendo almeno sei palestinesi, compresi i bambini, e ferendone decine.

 

Fonti media israeliani hanno detto che l’esercito era deciso ad assassinare Deif, e bombardarne la casa, nonostante il fatto che non è riuscita a localizzare Deif, e non sapeva se Deif ci fosse.

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Uno scavatore rimuove i detriti il 20 agosto 2014 da un edificio a Gaza city, nel Quartiere di Sheikh Radwan dove, la notte prima, un attacco aereo israeeliano ha ucciso la moglie e la figlia di Deif

 

Aggiornamento: Resident Ahmad Mustafa al-Louh, 21, morto per gravi ferite subito dopo che l’esercito ha bombardato la casa della sua famiglia, uccidendo diversi membri della famiglia e ferendone altri.

Aggiornamento: Il Ministero della Sanità a Gaza ha detto che il residente Sami Hasan ‘Ayyad è morto per gravi lesioni subite dopo che l’esercito ha bombardato il quartiere di Zeitoun, est di Gaza City.

Le fonti hanno detto che nove palestinesi, tra cui otto membri della famiglia, sono stati uccisi mercoledì, mentre tre sono stati uccisi in attacchi precedenti.

È stato riferito che i medici hanno  trovato il corpo di Ahmad Rabah ad-Dalo, 20, sotto le macerie della sua casa bombardata a Sheikh Radwan, Gaza City.

L’aviazione israeliana ha sparato missili nella casa il martedì sera, istantaneamente uccidendo due donne e un bambino di 2 anni.

Otto membri della famiglia sono stati uccisi quando l’esercito ha sparato un missile nella loro casa in Juhr ed-Deek, nel centro di Gaza. I loro resti sono stati trasferiti all’ospedale di al-Aqsa.

Essi sono stati identificati come Mohammad al-Louh, 21, la moglie incinta Nabila Eid al-Louh, 35, e il loro bambino non ancora nato.

Altri tre bambini della famiglia al-Louh sono stati uccisi; essi sono stati identificati come Farah Ra’fat al-Louh, Maisara Ra’fat al-Louh e Mustafa al-Ra’fat Louh.

Il Ministero della Salute ha anche detto i residenti Ra’fat Moustafa al-Louh, 32, e Mohammad Mustafa al-Louh, 21, sono stati uccisi e almeno altri otto palestinesi sono stati feriti.

Gli ultimi assalti portano il numero di palestinesi uccisi da quando i colloqui di tregua sono crollati martedì a dodici, mentre almeno novanta sono stati feriti.

L’esercito e la sua forza aerea hanno bombardato decine di aree, paesi, città e campi profughi della Striscia di Gaza causando un gran numero di vittime e la distruzione di numerose abitazioni.

Inoltre, due bambini e una donna sono stati feriti quando l’esercito ha sparato un missile in una terra vicino alla frontiera di Rafah Terminal, nella parte meridionale della Striscia di Gaza.

L’esercito ha anche lanciato un missile nella sala principale del terminal di frontiera, e un certo numero di missili in terreni agricoli circostanti.

Fonti mediche hanno detto che sei palestinesi sono stati feriti nella zona Shaboura, a Rafah, e quattro a Beit Lahia, nel nord di Gaza.

Martedì sera, cinque palestinesi, tra cui tre bambini, sono stati uccisi quando l’esercito ha bombardato le case ad est di Rafah, il campo profughi di al-Maghazi, Beit Lahia e Sheja’eyya, nel centro e nel nord di Gaza.

Due tra cui un bambino sono rimasti feriti quando l’esercito ha sparato un missile in un terreno agricolo, a Beit Lahia. Sono stati spostati  all’ospedale Adwan Kamal ‘.

Fonti mediche hanno detto che almeno 2.028 palestinesi, tra cui centinaia di bambini, neonati, donne e anziani, sono stati uccisi dal 8 luglio e più di 10.302 sono stati feriti.

In precedenza sempre mercoledì:
Compresi i bambini, altri sei palestinesi uccisi da missili israeliani a Gaza.

 

 

Fonte:

http://reteitalianaism.it/public_html/index.php/2014/08/20/diciassette-altri-palestinesi-uccisi-a-gaza/#more-5752


Ciro Esposito, morto per mano fascista, l’appello della famiglia che chiede giustizia

Notizia scritta il 25/06/14 alle 09:57. Ultimo aggiornamento: 25/06/14 alle: 16:24

 

napolitiodia

 

Non ce l’ha fatta  Ciro Esposito, il tifoso napoletano ferito a Roma lo scorso 3 maggio prima della finale di Coppa Italia. E’ morto questa notte all’ospedale Gemelli di Roma dove era ricoverato da 50 giorni. “Insufficienza multiorganica non rispondente alle terapie mediche e di supporto alle funzioni vitali”, ha spiegato Massimo Antonelli, direttore del Centro rianimazione. Ieri le condizioni  di salute di Ciro si erano improvvisamente aggravate. A complicare il quadro clinico, dopo un ultimo intervento al polmone venerdì scorso, è arrivata un’infezione polmonare.

Esposito era stato gravemente ferito da colpi di pistola. A sparare Daniele De Santis, alias Gastone, esponente negli anni passati della Curva Sud della Roma e noto neofascista legato al gruppo il Trifoglio, i cui esponenti nel 2003 occuparono indisturbati i vecchi impianti sportivi della Lazio in Via Tor de Quinto, dai quali De Santis uscì per aggredire i tifosi partenopei, avviati all’Olimpico. De Santis è attualmente detenuto per l’accusa di tentato omicidio, che ora si è tramutato in omicidio volontario.

“Chiediamo alle istituzioni di fare la loro parte” è l’appello della famiglia di Ciro che aggiunge ”Daniele De Santis non era solo. Vogliamo che vengano individuati e consegnati alla giustizia i suoi complici. Vogliamo che chi, nella gestione dell’ordine pubblico, ha sbagliato paghi. Innanzitutto il prefetto di Roma che non ha tutelato l’incolumità dei tifosi napoletani. Chiediamo al presidente del Consiglio di accertare le eventualità responsabilità politiche di quanto accaduto”.

”Nessuno può restituirci Ciro ma in nome suo chiediamo giustizia e non vendetta. Oggi non è gradita la presenza delle istituzioni che si sono nascoste in questi 50 giorni di dolore” hanno aggiunto sempre i familiari. Proclamato il lutto cittadino a Napoli.

Vi proponiamo l’intervista a Rosario, di sputtanapoli.org, blog nato subito dopo i fatti di Roma dello scorso 3 maggio

Vi proponiamo anche le considerazioni di Carlo Balestri di Progetto Ultras.

 

 

 

Fonte:

http://www.radiondadurto.org/2014/06/25/ciro-esposito-morto-per-mano-fascista-lappello-della-famiglia-che-chiede-giustizia/

V° Libro Bianco sulla Fini-Giovanardi: i dati in pillole. E altre info.

Droga: il 38,6% dei detenuti in carcere per droghe, il 45% delle denunce per cannabis, sanzioni amministrative in costante aumento. Presentato alla Stampa del 5° Libro Bianco sulla legge Fini-Giovanardi. Le associazioni chiedono una nuova politica sulle droghe.

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Con la sentenza della Corte Costituzionale del 12 febbraio 2014, la legge Fini-Giovanardi è stata abolita e si è tornati alla legge del 1990, con le modifiche introdotte nel 1993 dal referendum popolare e quelle del decreto Lorenzin. Il V Libro Bianco offre una valutazione finale sui risultati dell’inasprimento repressivo introdotto nel 2006 dall’allora governo Berlusconi. Una valutazione preziosa per pianificare una riforma organica della legislazione antidroga.

Gli effetti “carcerogeni” della legge:

–       il 30% entra in carcere per reati di droga. Con la Fini-Giovanardi si registra un aumento degli ingressi in carcere per droga: nel 2006 gli ingressi per violazione dell’art.73 del Testo Unico sugli Stupefacenti erano il 28% del totale, nel 2013 sono stati il 30, 5% (con un picco del 32,4 % nel 2012)

–       il 38,6% dei detenuti presenti sono imputati/condannati per reati di droga. Si tratta di quattro detenuti su dieci: in queste cifre si riassume il sovraffollamento carcerario.

–       Tossicodipendenti presenti in carcere: il 23,7% sul totale delle presenze. Passati gli effetti dell’indulto, siamo tornati alla “normalità” del carcere come risposta alla tossicodipendenza, con un trend stabile: 23,9% nel 2010, 24,4% nel 2011, 23,8% nel 2012. Il più grave indice di fallimento per una legge che si proponeva di “non tenere in carcere tossicodipendenti”.

–       Misure alternative, ritorna la centralità del carcere: al 31/12/2013 risultavano in affidamento 3328 tossicodipendenti, contro i 3852 del 1 gennaio 2006. Al di là dei numeri, è cambiata la cornice dell’istituto dell’affidamento terapeutico: fino alla legge Fini-Giovanardi, la maggioranza delle misure era concessa dalla libertà, dopo il 2006 la maggioranza delle persone che ottengono l’affidamento passano prima dal carcere.

Il circuito repressivo penale:

–       33.676 persone denunciate per reati di droga: dopo il picco del 2010 con 39.333 denunce, il trend è decrescente, pur rimanendo a livelli elevati

–       il 45% del totale delle denunce è per cannabinoidi: rispetto al 2005, sono aumentate di ben il 35% le operazioni delle forze dell’ordine per cannabis, e diminuite quelle per cocaina, eroina e droghe sintetiche.

L’ingorgo del sistema giustizia:

–       224.530 persone con procedimento penale pendente nel 2011. Con un aumento consistente dai 197.000 procedimenti del 2006, a conferma della criminalizzazione indotta dalla legge.

La repressione sul consumo:

–       segnalazioni per cannabis in ascesa: nonostante diminuiscano le segnalazioni (dal picco di 47.932 nel 2007 ai 34.609 nel 2013, dato ancora parziale), la stragrande maggioranza è per cannabis, in ascesa dal 73% del 2009 al 78,5% del 2012.

–       Sanzioni amministrative in aumento: nel 2013 sono state 15.977 contro 11.850 nel 2007.

Reati minori di droga: quando la repressione punta la basso

Uno studio in profondità è stato condotto da Forum Droghe in Toscana su oltre 1000 fascicoli di detenuti uomini presenti nei penitenziari di Firenze, Pisa, Livorno, Lucca, Prato, dal marzo all’agosto 2013.

Lo studio si è proposto di rilevare quanti detenuti fossero reclusi per violazione del comma 5 dell’art.73, riguardante la “lieve entità” del crimine rispetto alla quantità di sostanza detenuta (in breve: piccolo spaccio o detenzione a fine personale di sostanza al di sopra della soglia quantitativa massima considerata dalla legge per uso personale). L’intento è di rilevare quanto la repressione insista sui “pesci piccoli”, piuttosto che sugli squali del narcotraffico.

I principali risultati dello studio:

–       I reati minori incidono sull’insieme dei reati antidroga per il 30-40%. Questa percentuale è comunque da ritenersi ampiamente sottostimata, perché la specifica del reato di minore entità è spesso non registrata nella matricola dei penitenziari

–       L’incarcerazione per reati minori di droga riguarda soprattutto gli stranieri. Ogni 7 detenuti per infrazione del comma 5 del 73, 6 sono cittadini stranieri .

–       L’indagine ha aperto uno spaccato interessante sui meccanismi di law enforcement: spesso le forze dell’ordine scelgono di contestare la generica violazione dell’art.73 (pur in presenza di piccoli quantitativi di droga), poiché per tale ipotesi è previsto l’arresto obbligatorio in flagranza (laddove, per il comma 5, la misura cautelare deve essere motivata).

Drugs on Street: un costoso esercizio di propaganda?

Drugs on Street è il protocollo adottato nel progetto Network Nazionale per la prevenzione degli Incidenti Droga e Alcol correlati (NNIDAC). La Relazione al Parlamento riporta i dati Istat del 2011. I morti collegati all’uso di alcol e droghe sono stati 144 e 9567 i feriti. Molti, ma solo il 3-4% del totale degli incidenti che sfiora i 4000 morti e i 300.000 feriti.

La responsabilità dell’uso di sole droghe illegali, in assenza di alcol, è in relazione a 22 morti e 1472 feriti.

Per quanto riguarda i test sulle droghe (saliva, sangue, urina, capello), questi hanno forti limiti per l’individuazione della pericolosità di un conducente. In conclusione, la sperimentazione voluta dal Dipartimento antidroga in 29 Comuni ha confermato la positività per droghe illegali dell’1,9%, senza peraltro poter dire una parola certa circa le abilità o non abilità alla guida di questi positivi.

C’è un importante effetto collaterale: in nome della prevenzione/controllo, si abbandona la vera prevenzione, fatta di crescita di consapevolezza delle persone.

Test ai lavoratori: un sistema di dubbia efficacia ma di sicuro impatto sulle tasche di aziende e lavoratori

I test ai lavoratori per le mansioni cosiddette a rischio si rivelano uno strumento di controllo sociale (individuare la pecora nera) e di minaccia di licenziamento. Alle aziende l’operazione costa oltre cinque milioni di euro, infatti la tariffa media degli esami di primo livello è di 50 euro a persona, mentre quella di secondo livello, a carico dei lavoratori, è di 85 euro.

Un apparato costoso per le aziende e per i lavoratori, al fine di pescare il classico ago nel pagliaio. Infatti, aumenta il numero globale dei soggetti esaminati (54.138 nel 2009 e 88.000 nel 2012) e si abbassa il numero dei positivi (649, pari all’1,2% nel 2009 e 211, pari allo 0,23% nel 2012).

Rimane costante, oltre il 60% la percentuale dei consumatori di cannabis: a giudizio degli operatori dei Sert sono in maggioranza coloro che hanno una diagnosi di “consumo sporadico”.

Si vuole promuovere la sicurezza o colpire uno stile di vita?

Fonte:
http://www.fuoriluogo.it/sito/home/mappamondo/europa/italia/rassegna_stampa/v-libro-bianco-sulla-fini-giovanardi-i-dati-in-pillole

Qui un post di Radio Onda d’Urto sulla manifestazione antiproibizionista dello scorso 8 febbraio:

http://www.radiondadurto.org/2014/02/08/antiproibizionismo-in-migliaia-a-roma-a-gridare-illegale-e-la-legge/

Qui un post di Dinamo Press sull’incostituzionalità della legge Fini-Giovanardi:

http://www.dinamopress.it/news/illegale-e-la-legge-ve-lavevamo-detto

Sulla carta di Genova e altre info visitare il sito http://genova2014.fuoriluogo.it/