Primo maggio in Turchia: arrestati 156 manifestanti a Istanbul, censurati gli striscioni a Ankara

Dal profilo Facebook di Murat Cinar :

#Turchia: oggi durante le manifestazioni del Primo maggio ad #Istanbul la polizia ha preso in detenzione cautelare 156 persone e in tutte le manifestazioni nel Paese ha fotografato gli striscioni, uno per uno. Particolarmente ad #Ankara li ha pure censurati, tagliuzzando dei pezzi, come questo esposto sotto. Ma nonostante questo centinaia e migliaia di persone sono scese in piazze per protestare contro il governo e per dire che nel referendum del 16 aprile in realtà ha vinto il “No”…
“Non ci siamo arresti di fronte lo stato d’emergenza(la prima parola tagliata), i decreti di legge(la seconda parola tagliata) e le espulsioni! #Nononceneandiamo L’accademia è in piazza Sindacato dei Lavoratori Universitari Ankara”

Fonte:

https://www.facebook.com/photo.php?fbid=10155215919192359&set=a.10150211028932359.351642.780097358&type=3&theater

TURCHIA, UNO STRANO COLPO DI STATO

Aggiornamento: i morti sono centinaia. La Turchia è nel caos.

Fonte:

http://tg24.sky.it/tg24/mondo/2016/07/16/turchia-fallito-colpo-di-stato.html

 

Turchia, un strano colpo di stato

16.07.2016 Murat Cinar
Turchia, un strano colpo di stato
(Foto di Carlos Delgado)

Il 15 luglio 2016, verso le 22, le Forze Armate turche hanno dichiarato il colpo di stato. Nel giro di pochi minuti il paese ha iniziato a guardare alla televisione o in internet le prime immagini scioccanti. I carri armati dell’esercito avevano chiuso i due ponti del Bosforo di Istanbul si posizionavano all’ingresso dell’aeroporto principale di Istanbul. La sede centrale del canale televisivo statale TRT era stata occupata. Dopo pochi minuti una delle speaker del TRT leggeva il comunicato stampa divulgato dall’esercito che parlava del colpo di stato militare, il quarto in 36 anni.

Tuttavia nelle ore successive le notizie che arrivavano disegnavano un colpo di stato un po’ diverso dalle versioni precedenti. Prima di tutto i vertici del governo e il Presidente della Repubblica erano sani e salvi. Il Primo Ministro Binali Yildirim è apparso subito davanti le telecamere definendo l’accaduto un “tentativo organizzato da un piccolo gruppo”. In diretta via Skype, Presidente della Repubblica Recep Tayyip Erdogan – che in quel momento per motivi di sicurezza si trovava a Marmaris e non ad Ankara – parlava al canale televisivo Cnn Turk, invitando i cittadini a scendere in piazza e respingere i golpisti.

Mentre nei golpe precedenti anche i politici dell’opposizione venivano portati in carcere senza grandi resistenze, questa volta i leader dei partiti all’opposizione condannavano il tentativo. Kemal Kilicdaroglu del CHP (Partito Popolare Repubblicano, la principale forza di centro-sinistra del paese) è stato il primo a prendere posizione. Devlet Bahceli dell’MHP (Partito del movimento nazionalista) ha espresso solidarietà con il governo. Anche i vertici dell’HDP (Partito democratico del popolo, che unisce forze filo-curde e di sinistra) si sono espressi a favore della democrazia e contro il colpo di stato.

Nelle ore successive i soldati schierati in diverse parti del paese hanno incontrato una notevole resistenza da parte dei cittadini e della polizia. Sui ponti del Bosforo la popolazione civile ha cercato di respingere i soldati, che hanno sparato uccidendo 2 persone. All’appello del Presidente della Repubblica si aggiungeva anche quello della Polizia dello Stato, che invitava i cittadini a scendere in piazza per respingere il tentativo di colpo di stato. Nelle grandi città dai megafoni delle moschee si sentiva la voce degli gli imam, anche se non era l’ora di una delle cinque preghiere giornaliere. Oltre ai primi messaggi di solidarietà provenienti dall’estero, anche la Corte Costituzionale e diversi ufficiali dell’esercito si dissociavano dal colpo di stato. Dunque in poche ore sembrava che il mondo politico, una parte della popolazione civile, il mondo giuridico e una buona parte dell’esercito avessero isolato i golpisti.

Tuttavia il tentativo di colpo di stato non prevedeva il ritiro immediato. Un’esplosione in una caserma a Golbasi Ankara ha causato la morte di 17 poliziotti. Sempre ad Ankara un F16 ha colpito un elicottero guidato dai golpisti. L’ex Capo di Stato Maggiore Necdet Ozel ha confermato il sequestro dell’attuale Capo di Stato Maggiore e di diversi ufficiali da parte dei soldati golpisti. In quei momenti i media hanno iniziato a parlare degli attacchi al Parlamento e di bombardamenti di aerei ed elicotteri. Collegandosi telefonicamente al canale televisivo ImcTv, diversi parlamentari del CHP hanno confermato che la maggior parte di loro si trovava nei rifugi e che fuori risultavano diversi feriti. Con l’arrivo delle prime notizie che anticipavano una lunga notte, Primo Ministro ha comunicato l’ordine di colpire ogni aereo che volava sopra Ankara. Mentre la popolazione civile e alcuni poliziotti riuscivano a respingere i soldati che avevano occupato il canale TRT, arrivava la notizia di altre due occupazioni: il canale televisivo Cnn Turk e l’agenzia stampa Dogan. La trasmissione si è interrotta e si sono sentiti spari in diretta. Mentre il segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-Moon condannava il tentativo di colpo di stato, il Presidente della Repubblica raggiungeva l’aeroporto di Istanbul.

Parlando davanti alle telecamere Recep Tayyip Erdogan si è detto sicuro che l’accaduto fosse opera del suo ex alleato storico, l’attuale nemico numero uno, ossia il leader spirituale della comunità religiosa Fettullah Gulen e ha aggiunto che i giudici avevano già iniziato a lavorare per identificare e arrestare i colpevoli. “Questa è una grande occasione, dato che il 30 agosto, come sempre, avremmo rinominato e rinnovato diverse posizioni dell’esercito” ha dichiarato poi. “Faremo di tutto per escludere questi traditori”. Poco dopo il quotidiano britannico The Financial Times divulgava un breve comunicato di Fettullah Gulen, in cui l’ex imam condannava il colpo di stato.

Nel mentre a Istanbul ed Ankara gli scontri tra i soldati da una parte e civili e polizia dall’altra si intensificavano, soprattutto intorno alla sede centrale della radio statale Trt a Harbiye. Nell’ospedale di Haydarpasa arrivavano i primi sei morti e centinaia di feriti. Ormai migliaia di persone erano all’aeroporto di Istanbul a sostenere il Presidente della Repubblica e per le strade del paese per respingere i golpisti. Si vedevano le prime immagini dei soldati arrestati ad Ankara e Istanbul. Gli agenti dei servizi segreti hanno cercato di liberare il Capo dello Stato Maggiore e ci sono stati dei forti scontri, causando diversi morti.

In sintesi, un colpo di stato che si può definire “fallito” ha causato circa 100 morti e più di mille feriti in meno di 24 ore. Le operazioni sono tuttora in corso; sono stati arrestati più di 1.500 militari, tra soldati e ufficiali. Con le prime ore del mattino in diverse postazioni i soldati semplici si sono arresi, consegnandosi alla polizia.

Molto probabilmente nei prossimi giorni si capirà meglio la natura di questo tentativo, ma già ora si può dire che si è trattato di un colpo di stato senza precedenti, sia per il suo stile, sia per la reazione del governo e della popolazione civile. I social media e diversi portali di notizie parlano addirittura di un golpe pilotato. Nonostante sia ancora troppo presto per parlare di certi dettagli, possiamo dire che il domani porterà un’ulteriore polarizzazione. Sembra che un conflitto sociale e politico in atto ormai da vari anni adesso si sposterà anche all’interno dell’esercito. Ancora una volta la volontà amministrativa si troverà a fare i conti con le forze armate del paese.

 

Fonte:

http://www.pressenza.com/it/2016/07/turchia-un-strano-colpo/

TURCHIA: BAMBINI SIRIANI IMPIEGATI COME LAVORATORI

Dal blog di Murat Cinar:

Pubblicato su 4 Settembre 2014, 11:04am

Turchia: bambini siriani impiegati come lavoratori

Constanze Letsch, il corrispondente per la Turchia del quotidiano The Guardian, ha scritto la storia dei bambini lavoratori siriani in Turchia. Secondo il quadro che ne viene fuori, i numeri del lavoro minorile aumentano ogni giorno di più.

Secondo la notizia del quotidiano The Guardian del 2 settembre; del milione di rifugiati siriani che vivono in Turchia circa la metà sono bambini. Mentre più del 60% dei bambini nei campi profughi sono iscritti a scuola, il 73% di quelli che rimangono fuori dai campi non va a scuola.

Nella notizia del corrispondente dalla Turchia del quotidiano inglese, vengono affrontate le condizioni in cui vivono e lavorano i bambini siriani rifugiati e viene raccontata la storia di come il tredicenne Hamza, scappato da Aleppo insieme ai familiari, per esser di supporto alla famiglia, lavori in un fornaio ad Antakya 12 ore al giorno per 6 giorni su 7.

Inoltre l’assenza di scuole nei campi profughi in Turchia causa una crescita del numero di bambini lavoratori. In più le scuole sono sovraffollate mentre le scuole private sono molto costose. Perciò molti bambini non riescono a proseguire gli studi. Nonostante la stragrande maggioranza dei bambini lavoratori siriani siano maschi, aumenta il numero anche della bambine lavoratrici che vengono impiegate in diversi negozi, a volte in case o per strada.

Un attivista di Gaziantep (città turca ndr), Muhannad al-Nader, spiega che questa situazione di disperazione renda molte famiglie di rifugiati complici di questo reato. Le famiglie nascondono il fatto che i figli lavorino perché temono che, nel caso che venga fuori, gli aiuti delle organizzazioni per i diritti umani diminuiscano.

Hakan Acar, docente all’Università di Kocaeli, critica le autorità in quanto dichiara che non prendano i provvedimenti necessari per prevenire lo sfruttamento minorile ed aggiunge: “Non c’è quasi nessuno che effettui dei controlli. I posti di lavoro che impiegano lavoro minorile, raramente vengono multati.”

Secondo un rapporto dell’Unicef, un bambino siriano su 10 lavora.

 

 

Fonte:

http://turchia.over-blog.com/2014/09/turchia-bambini-siriani-impiegati-come-lavoratori.html

TURCHIA: 126 DETENZIONI PROVVISORIE, 13 PERSONE FERITE

126 detenzioni provvisorie, 13 persone ferite

Dal blog di Murat Cinar:

Pubblicato su 2 Giugno 2014, 06:43am

Il 31 Maggio 2014 è stato l’anniversario della rivolta del Parco Gezi. In diverse città della Turchia sono state organizzate delle manifestazioni di protesta. Particolarmente il punto di partenza della rivolta di un anno fa ossia Taksim era molto caldo. Dalle prime ore della giornata tutta l’area è stata blindata da parte della polizia. Con il passare del tempo anche le vie che danno sulla Piazza sono state bloccate quindi verso l’ora ufficiale del ritrovo ossia le 19:00 la polizia ha iniziato a provare ad allontanare le persone che volevano manifestare. In pochi minuti la polizia ha iniziato a caricare e sparare dei lacrimogeni.

Secondo quanto dichiarato dall’Associazione per i Diritti Umani e l’Associazione(IHD) dei Giuristi Progressisti(CHD), durante le manifestazioni organizzate per il primo anniversario della rivolta di Gezi 126 persone sono state fermate dalla polizia, 13 persone sono rimaste ferite. Il Questore d’Istanbul, Altinok, che si è recato a Taksim, per far visita ai poliziotti ivi impiegati, ha affermato: “Gli abitanti di Istanbul si sono comportati bene e pacificamente. Non c’è stata molta partecipazione a queste protesta. Abbiamo passato una bella giornata senza che ai nostri amici poliziotti siano stati creati grossi problemi. La pace e la sicurezza si addicono ad Istanbul”.

Sette avvocati appartenenti alla ÇHD di cui tre dirigenti sono stati fermati dalla polizia ad Ankara, İzmir, Adana e İstanbul.

126 fermi, 13 feriti, “İstanbul è pacificata”

Secondo quanto dichiarato dall’Associazione per i Diritti Umani e l’Associazione dei Giuristi Contemporanei, durante le attività organizzate per il primo anniversario della rivolta di Gezi 126 persone sono state fermate dalla polizia, 13 persone sono rimaste ferite. Il Questore d’Istanbul Altinok che si è recato a Taksim, per far visita ai poliziotti ivi impiegati, ha affermato: “Gli abitanti di Istanbul si sono comportati bene e pacificamente. Non c’è stata molta partecipazione a queste attività. Abbiamo passato una bella giornata senza che ai nostri amici poliziotti siano stati creati grossi problemi. La pace e la sicurezza si addicono ad Istanbul”.

Sette avvocati appartenenti alla ÇHD (Associazione dei Giuristi Contemporanei) di cui tre dirigenti sono stati fermati dalla polizia ad Ankara, İzmir, Adana e İstanbul.

 

 

Fonte:

http://turchia.over-blog.com/2014/06/126-detenzioni-provvisorie-13-persone-ferite.html

 

 

ISTANBUL: DUE MORTI IN MENO DI 24 ORE. COME E PERCHE’?

Due morti in meno di 24 ore. Come e perché?

Dal blog di Murat Cinar:

 

Pubblicato su 23 Maggio 2014, 10:26am

 

Ieri, 22 Maggio 2014, nella località di Okmeydani nella città di Istanbul durante gli scontri avvenuti tra le persone che manifestavano e la polizia una persona è stata colpita alla sua testa con una munizione vera sparata da una pistola. La persona in questione era in piedi ad assistere un rito funebre che si svolgeva presso il luogo di culto per la fede alevita (Cemevi). La persona colpita, Ugur Kurt, ha perso la sua vita in serata.

In merito alla morte di Kurt hanno rilasciato dei comunicati stampa diverse associazioni alevite, tra cui c’era anche Ercan Gecmez, il presidente generale dell’Associazione Haci Bektas. Gecmez ha accusato il governo di portare avanti delle politiche dell’odio contro le persone di fede alevita.

In merito alla morte di Kurt oggi durante la riunione allargata del partito al governo AKP, ha parlato il Primo Ministro Recep Tayyip Erdogan. Tra le sue parole Erdogan ha difeso e legittimato la reazione della polizia durante quello che è accaduto ieri a Okmeydani.

Durante tutta la notte del 22 in Okmeydani ma anche in altri quartieri di Istanbul parecchie persone sono scese in piazza per protestare l’intervento della polizia. Durante le proteste le persone a manifestare si sono scontrate con la polizia. Anche in questi momenti una persona è rimasta colpita ed ha perso la sua vita stamattina, 23 Maggio 2014.

Fonte:

http://turchia.over-blog.com/2014/05/due-morti-in-meno-di-24-ore-come-e-perche.html

 

TURCHIA: ELEZIONI AMMINISTRATIVE,ERDOGAN VINCE ANCORA. ACCUSE DI BROGLI

Notizia scritta il 31/03/14 alle 12:29. Ultimo aggiornamento: 31/03/14 alle: 16:13

trchiaElezioni amministrative in Turchia.  Qui il voto ha assunto i tratti di un vero e proprio test di gradimento nei confronti del premier Erdogan, che alla fine ha vinto un po’ in tutto il paese aggiudicandosi anche le due principali città: Istanbul e Ankara. Mesi di scandali legati alla corruzione nel paese,  intercettazioni perlomeno imbarazzanti, la brutale repressione nei confronti dei movimenti antigovernativi di Gezi Park e da ultimo la chisura di twitter e youtube non hanno  influito sull’esito del voto.

L’Akp ottiene, a livello nazionale,  il 45,6% anche se registra un calo rispetto al 49,6% conquistato alle politiche del 2011. Il principale partito di opposizione, il Chp, si  ferma invece al 29%. I nazionalisti ottengono  il 15,3% dei voti e il partito curdo del Bdp si attesta quasi al 6%. Tra le grandi città Erdogan tiene il controllo  sia di Istanbul che della capitale, Ankara. Smirne invece, la terza città del paese,  tradizionalmente socialdemocratica,  è rimasta  nelle mani dell’opposizione, come la maggior parte della costa dell’Egeo fino ad Antalya e con la Turchia europea.

Il commento a questa tornata elettorale della giornalista Orsola Casagrande. [Download

L’analisi del giornalista turco che vive in Italia Murad Cynar. [Download

Ottimi risultati per il BDP,  il partito kurdo che ha imposto i suoi candidati sindaco nelle principali città kurde. Quale il clima e la situazione a Van? Lo abbiamo chiesto a Pino Giampietro della conf. Cobas in questi giorni in Turchia al seguito di una commissione di osservatori internazionali

Dopo la vittoria Erdogan fa la voce grossa.  Il premier ha minacciato: “chi ha tradito la nazione pagherà. C’e’ chi cercherà di scappare domani, ma pagheranno per quello che hanno fatto”.

Non mancano le accuse di brogli avanzate dall’opposizione che ha portato prove di un voto manipolato, segnalando diversi blackout alquanto sospetti in diverse zone del paese durante le operazioni di scrutinio.

La giornata alle urne è stata macchiata anche dal sangue con scontri tra sostenitori dei diversi candidati nelle province vicino al confine con la Siria: il bilancio è di otto morti e almeno venti feriti.

Fonte:

http://www.radiondadurto.org/2014/03/31/turchia-erdogan-vince-ancora/

TURCHIA: IL MOVIMENTO DI GEZI PARK TORNA IN PIAZZA

12 mar 2014

by Redazione di Nena News

Nuova ondata di proteste in tutto il Paese dopo la morte del giovanissimo Berkin Elvan, ucciso da un candelotto lacrimogeno. La polizia attacca le manifestazioni.

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AGGIORNAMENTO ore 15.30 – SCONTRI IN TURCHIA DOPO LA MORTE DI BERKIN ELVAN

Decine di migliaia di manifestanti sono scesi in piazza oggi per commemorare la morte di Berkin Elvan. La polizia ha cercato di disperdere la folla a Ankara e Istanbul con gas lacrimogeni e cannoni d’acqua. “Gli assassini di Berkin sono i poliziotti dell’AKP (il partito di Erdogan, ndr)”, hanno gridato i manifestanti.

di Serena Tarabini

Istanbul, 12 marzo 2014, Nena News – Okmeydanı è un quartiere a maggioranza alevita, corrente dell’Islam con riti e credenze  marcatamente eterodossi. In questo quartiere vive la famiglia, di confessione alevita, di Berkin Elvan e li si trova l’ospedale dove era ricoverato.

Berkin Elvan vi era entrato 269 giorni prima, colpito da un candelotto lacrimogeno alla testa, sparato ad altezza uomo, mentre stava andando a comprare il pane. Con i suoi 15 anni, 14 al momento del ferimento, rappresenta la più giovane e la più inaccettabile di quelle che sono diventate le sette vittime della repressione della polizia durante le proteste di Gezi Park. Polizia che non ha risparmiato di cariche e lacrimogeni nemmeno le decine di persone che da giorni presidiavano l’ospedale e la cui rabbia e dolore sono esplosi ieri mattina alla notizia della morte del ragazzo.

Nel corso della giornata nel quartiere le serrande dei negozi si sono abbassate e le strade si sono riempite di gente, che circondava la Cem evi, la casa assembleare dove gli aleviti, uomini  e donne insieme, svolgono le loro cerimonie. Quando arriviamo, nel tardo pomeriggio, vediamo le barricate erette per impedire l’accesso alla polizia; e la spontaneità ed efficienza  dei preparativi per l’accoglienza con cibo, bevande, illuminazione, sedie per le centinaia, forse migliaia, di persone che si sarebbero recate lì per rendere omaggio alla famiglia e al corpo del ragazzo. Le foto di Berkan sono ovunque, attaccate ai muri o nelle mani delle persone, si lanciano cori, si chiacchiera, si beve un tè, si prega. Ogni tanto partono piccoli cortei per il quartiere.

Nel frattempo la notizia della morte di Berkin scuoteva il Pese e faceva riesplodere le piazze. Non si possono contare le diverse forme  di protesta che si sono susseguite nel corso di tutta la giornata in decine e decine di città di tutto il territorio turco. Solo ad Istanbul, in serata i concentramenti erano molti: nella centrale Taksim ma anche in tanti altri quartieri, per iniziativa dei Forum, gli ambiti di discussione seguiti a Gezi Park, di associazioni, di partiti o anche solo di semplici cittadini.

A Taksim il dispiegamento di forze di polizia è impressionante, mentre la rabbia, il dolore e il numero di persone sono alti. Sembrano riecheggiare nell’aria le parole pronunciate dal primo ministro Erdoğan durante i giorni di Gezi: “Ho dato io gli ordini alla polizia”. E contro il premier e il suo governo ancora una volta esplode la rabbia. A Taksim assistiamo al consueto rituale: l’ingresso alla piazza è impedito e i manifestanti che si radunano a migliaia sulla centrale via Istiklal, vengono attaccati a più riprese con i toma, i blindati della polizia che sparano acqua pressurizzata a cui sono stati aggiunti additivi chimici irritanti.

Seguono i lacrimogeni, che tornano a intossicare le strade del centro  per ore, le cariche con i manganelli e i fucili a salve, gli inseguimenti, i feriti, gli arresti a decine. L’azione della polizia è pesante, ma i manifestanti sono tantissimi e non demordono. Lo stesso scenario si sta svolgendo in altri quartieri, a Osmanbey, non troppo lontano, e a Kadikoy, nella parte asiatica, dove i manifestanti, nonostante l’ingente utilizzo di gas lacrimogeni, rifiutano di disperdersi e a tratti costringono la polizia ad arretrare. Il tutto va avanti fino a notte fonda. L’allerta è massima anche oggi, per lo svolgimento dei funerali e altre manifestazioni già convocate in tutto il Paese.

Si tratta della più grande manifestazione dopo Gezi Park. Ed in un altro duro colpo per l’immagine di Recep Tayp Erdoğan, a due settimane da un banco di prova delicato per il suo governo come quello delle elezioni amministrative. Il premier intanto tace: questa volta non può gridare al complotto. Nena News

Fonte:

http://nena-news.it/turchia-il-movimento-di-gezi-park-torna-piazza/

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Nuova ondata di proteste in tutto il Paese dopo la morte del giovanissimo Berkin Elvan, ucciso da un candelotto lacrimogeno. La polizia attacca le manifestazioni.

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Nuova ondata di proteste in tutto il Paese dopo la morte del giovanissimo Berkin Elvan, ucciso da un candelotto lacrimogeno. La polizia attacca le manifestazioni.

 

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AGGIORNAMENTO ore 15.30 – SCONTRI IN TURCHIA DOPO LA MORTE DI BERKIN ELVAN

Decine di migliaia di manifestanti sono scesi in piazza oggi per commemorare la morte di Berkin Elvan. La polizia ha cercato di disperdere la folla a Ankara e Istanbul con gas lacrimogeni e cannoni d’acqua. “Gli assassini di Berkin sono i poliziotti dell’AKP (il partito di Erdogan, ndr)”, hanno gridato i manifestanti.

di Serena Tarabini

Istanbul, 12 marzo 2014, Nena News – Okmeydanı è un quartiere a maggioranza alevita, corrente dell’Islam con riti e credenze  marcatamente eterodossi. In questo quartiere vive la famiglia, di confessione alevita, di Berkin Elvan e li si trova l’ospedale dove era ricoverato.

Berkin Elvan vi era entrato 269 giorni prima, colpito da un candelotto lacrimogeno alla testa, sparato ad altezza uomo, mentre stava andando a comprare il pane. Con i suoi 15 anni, 14 al momento del ferimento, rappresenta la più giovane e la più inaccettabile di quelle che sono diventate le sette vittime della repressione della polizia durante le proteste di Gezi Park. Polizia che non ha risparmiato di cariche e lacrimogeni nemmeno le decine di persone che da giorni presidiavano l’ospedale e la cui rabbia e dolore sono esplosi ieri mattina alla notizia della morte del ragazzo.

Nel corso della giornata nel quartiere le serrande dei negozi si sono abbassate e le strade si sono riempite di gente, che circondava la Cem evi, la casa assembleare dove gli aleviti, uomini  e donne insieme, svolgono le loro cerimonie. Quando arriviamo, nel tardo pomeriggio, vediamo le barricate erette per impedire l’accesso alla polizia; e la spontaneità ed efficienza  dei preparativi per l’accoglienza con cibo, bevande, illuminazione, sedie per le centinaia, forse migliaia, di persone che si sarebbero recate lì per rendere omaggio alla famiglia e al corpo del ragazzo. Le foto di Berkan sono ovunque, attaccate ai muri o nelle mani delle persone, si lanciano cori, si chiacchiera, si beve un tè, si prega. Ogni tanto partono piccoli cortei per il quartiere.

Nel frattempo la notizia della morte di Berkin scuoteva il Pese e faceva riesplodere le piazze. Non si possono contare le diverse forme  di protesta che si sono susseguite nel corso di tutta la giornata in decine e decine di città di tutto il territorio turco. Solo ad Istanbul, in serata i concentramenti erano molti: nella centrale Taksim ma anche in tanti altri quartieri, per iniziativa dei Forum, gli ambiti di discussione seguiti a Gezi Park, di associazioni, di partiti o anche solo di semplici cittadini.

A Taksim il dispiegamento di forze di polizia è impressionante, mentre la rabbia, il dolore e il numero di persone sono alti. Sembrano riecheggiare nell’aria le parole pronunciate dal primo ministro Erdoğan durante i giorni di Gezi: “Ho dato io gli ordini alla polizia”. E contro il premier e il suo governo ancora una volta esplode la rabbia. A Taksim assistiamo al consueto rituale: l’ingresso alla piazza è impedito e i manifestanti che si radunano a migliaia sulla centrale via Istiklal, vengono attaccati a più riprese con i toma, i blindati della polizia che sparano acqua pressurizzata a cui sono stati aggiunti additivi chimici irritanti.

Seguono i lacrimogeni, che tornano a intossicare le strade del centro  per ore, le cariche con i manganelli e i fucili a salve, gli inseguimenti, i feriti, gli arresti a decine. L’azione della polizia è pesante, ma i manifestanti sono tantissimi e non demordono. Lo stesso scenario si sta svolgendo in altri quartieri, a Osmanbey, non troppo lontano, e a Kadikoy, nella parte asiatica, dove i manifestanti, nonostante l’ingente utilizzo di gas lacrimogeni, rifiutano di disperdersi e a tratti costringono la polizia ad arretrare. Il tutto va avanti fino a notte fonda. L’allerta è massima anche oggi, per lo svolgimento dei funerali e altre manifestazioni già convocate in tutto il Paese.

Si tratta della più grande manifestazione dopo Gezi Park. Ed in un altro duro colpo per l’immagine di Recep Tayp Erdoğan, a due settimane da un banco di prova delicato per il suo governo come quello delle elezioni amministrative. Il premier intanto tace: questa volta non può gridare al complotto. Nena News

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Dal blog http://turchia.over-blog.com/  a cura di Murat Cinar:

Pubblicato su 12 Marzo 2014, 11:51am

 

Ieri (11 Marzo 2014) Berkin Elvan ha perso la sua vita dopo 296 giorni di coma all’ospedale perché è stato colpito alla sua testa con un lacrimogeno il 16 Giugno 2013 mentre andava a comprare del pane in zona Okmeydani (Istanbul) dove si svolgevano le manifestazioni di protesta solidali con la rivolta del Parco Gezi.

Ieri sera in diverse parti della Turchia sono state organizzate delle manifestazioni di protesta ed in primis il governo insieme al Primo Ministro Recep Tayyip Erdogan sono stati presi di mira. Le persone in piazza non hanno risparmiato gli slogan come “Governo dimissioni” e “Erdogan assassino”.

Erdogan durante e dopo la rivolta ha sempre mantenuto una linea piuttosto coerente e contro le manifestazioni. Spesso volentieri ha legittimato la reazione della polizia. Durante la rivolta e dopo con Berkin in totale 8 persone hanno perso la loro vita. Per questo Erdogan ha ricevuto delle critiche negative da una parte del Paese a proposito le sue dichiarazioni.

La rete dei giornalisti indipendenti BiaNet oggi ha ripubblicato una dichiarazione pubblica di Erdogan (durante un comizio nella città di Erzurum il 23 Giugno 2013) in cui dice apertamente queste parole:

In Piazza Taksim c’è il Centro Culturale Ataturk. Hanno appeso degli striscioni e dei manifesti su questo Centro delle organizzazioni illegali e legali e quelli che insultano il Primo Ministro. Non basta. Monumento della Repubblica, Monumento di Ataturk, la stessa cosa. Hanno appeso le foto dei traditori della patria con quelle di Ataturk e la bandiera turca. Dove sono i nazionalisti? Dove sono quelli del CHP? Perché non hanno rimosso queste cose? Ci sono rimaste per 3, 4, 5 giorni. Sono rientrato dall’estero, ho notato che erano ancora lì. Ormai la cosa aveva superato il limite di sopportazione. Ho parlato con il mio Ministro degli Interni. Ho detto di pulire in 24 ore il Centro Culturale di Ataturk. 24 ore. Ho detto di pulire la Piazza ed il Monumento. Dopo di che ho detto di pulire anche il Parco Gezi.

Chiedono: <Chi ha dato l’ordine alla polizia?> L’ho dato io!

Avremmo dovuto guardare le forze dell’occupazione? Avremmo dovuto guardare tutto questo perché il resto del mondo deve divertirsi guardando quello che succedeva? Abbiamo pulito tutto. Il Monumento è stato pulito. Piazza Taksim è stata pulita. Il Parco Gezi è stato pulito“.

 

Fonte:

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Su Berkin Elvan leggere anche i seguenti articoli:
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Sulla rivolta di Piazza Taksim  per Gezi Park leggere il blog di Andrea Mazzone: