Il Sultano scatenato

“Con la pena di morte non si entra in Europa”. Oggi per il manifesto.

Fonte:

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Di

Centinaia di corpi seminudi ammucchiati per terra, in quello che sembra un hangar o un caravanserraglio, mani legate dietro la schiena, lo sguardo perso senza luce di chi, sconfitto, chiede pietà ma non s’aspetta altro che violenza. Giovanissimi e inermi i soldati che si sono arresi, che hanno rifiutato di sparare sulla folla, che hanno ceduto alle promesse di fraternità dei manifestanti pro-Erdogan nella lunga notte del golpe tentato e fallito, e che ora invece vengono bastonati, diventano la colonna infame della vendetta del Sultano.

In queste ore il presidente turco trionfante aggiunge alla lista di proscrizione tutti i nemici, o quelli che considera tali o a malapena orientati verso la predicazione dell’autoesiliato Gülen, l’ex sodale e potente islamista ora diventato capro espiatorio di ogni malefatta. Da ieri agli arresti, oltre a 650 civili e a più di 6 mila soldati, ci sono anche 8mila agenti di polizia a quanto pare non sufficientemente fedeli, nonostante che la polizia sia stata la guardia pretoriana del regime contro i soldati golpisti. Ai quali si aggiungono 130 generali dello stato maggiore turco finiti in galera insieme a 800 magistrati (di cui due di Corte costituzionale). Più che un repulisti, una vera decimazione e deportazione.

Si riempiono le galere, è il tempo delle sparizioni, della tortura, delle confessioni estorte. E il popolo aizzato e in trionfo chiede il ripristino della pena di morte, che il governo di Ankara aveva eliminato come richiesto dall’Ue per l’ingresso del paese nell’Unione.

Un ingresso sempre rimandato – un tempo perfino sostenuto dal carcere dal leader kurdo Ocalan imprigionato dal 1999, ma come prospettiva di soluzione “europea” della questione kurda – e alla fine abbandonato da Bruxelles. Mentre Stati uniti, Paesi europei e Nato hanno preferito delegare al «nostro» Sultano atlantico il lavoro sporco di destabilizzare la Siria – in rovine – così diventando il santuario dei ribelli anche jihadisti.

È il buio della specie. Queste immagini di deportazione evocano inevitabilmente l’universo concentrazionario e di sterminio che l’Occidente raffinato ha allargato soltanto 70 anni fa nel cuore d’Europa, i fili spinati dell’ultima guerra fratricida balcanica. Così come la declinazione ordinaria di ogni colpo di stato – nonché occidentale – che si rispetti, dalla Grecia, al Cile, all’Argentina.

Fermiamo la mano del boia, delle deportazioni, delle sparizioni e delle torture. Delle esecuzioni a sangue freddo come quella del vice-sindaco di un municipio di Istanbul. Siamo al disprezzo dell’umanità. Ogni civiltà invece si misura sul rispetto del vinto. I governi europee, l’Ue, gli Stati uniti e la Nato sono stati tutti a guardare nella notte del tentato golpe, aspettando partecipi la sua riuscita. Perché non c’è F-16 che si levi in volo da Incirlik senza che i comandi centrali della Nato lo sappiano. Abbiamo assistito come spettatori interessati, per prendere le distanze solo dopo il fallimento del golpe. Il rischio è che staremo a guardare anche adesso lo spettacolo dei campi di concentramento che apre un nuovo sipario di dolore nel sud ferito del nostro Continente. Fermiamo il Sultano.

 

 

Fonte:

http://ilmanifesto.info/il-sultano-scatenato/

TURCHIA, UNO STRANO COLPO DI STATO

Aggiornamento: i morti sono centinaia. La Turchia è nel caos.

Fonte:

http://tg24.sky.it/tg24/mondo/2016/07/16/turchia-fallito-colpo-di-stato.html

 

Turchia, un strano colpo di stato

16.07.2016 Murat Cinar
Turchia, un strano colpo di stato
(Foto di Carlos Delgado)

Il 15 luglio 2016, verso le 22, le Forze Armate turche hanno dichiarato il colpo di stato. Nel giro di pochi minuti il paese ha iniziato a guardare alla televisione o in internet le prime immagini scioccanti. I carri armati dell’esercito avevano chiuso i due ponti del Bosforo di Istanbul si posizionavano all’ingresso dell’aeroporto principale di Istanbul. La sede centrale del canale televisivo statale TRT era stata occupata. Dopo pochi minuti una delle speaker del TRT leggeva il comunicato stampa divulgato dall’esercito che parlava del colpo di stato militare, il quarto in 36 anni.

Tuttavia nelle ore successive le notizie che arrivavano disegnavano un colpo di stato un po’ diverso dalle versioni precedenti. Prima di tutto i vertici del governo e il Presidente della Repubblica erano sani e salvi. Il Primo Ministro Binali Yildirim è apparso subito davanti le telecamere definendo l’accaduto un “tentativo organizzato da un piccolo gruppo”. In diretta via Skype, Presidente della Repubblica Recep Tayyip Erdogan – che in quel momento per motivi di sicurezza si trovava a Marmaris e non ad Ankara – parlava al canale televisivo Cnn Turk, invitando i cittadini a scendere in piazza e respingere i golpisti.

Mentre nei golpe precedenti anche i politici dell’opposizione venivano portati in carcere senza grandi resistenze, questa volta i leader dei partiti all’opposizione condannavano il tentativo. Kemal Kilicdaroglu del CHP (Partito Popolare Repubblicano, la principale forza di centro-sinistra del paese) è stato il primo a prendere posizione. Devlet Bahceli dell’MHP (Partito del movimento nazionalista) ha espresso solidarietà con il governo. Anche i vertici dell’HDP (Partito democratico del popolo, che unisce forze filo-curde e di sinistra) si sono espressi a favore della democrazia e contro il colpo di stato.

Nelle ore successive i soldati schierati in diverse parti del paese hanno incontrato una notevole resistenza da parte dei cittadini e della polizia. Sui ponti del Bosforo la popolazione civile ha cercato di respingere i soldati, che hanno sparato uccidendo 2 persone. All’appello del Presidente della Repubblica si aggiungeva anche quello della Polizia dello Stato, che invitava i cittadini a scendere in piazza per respingere il tentativo di colpo di stato. Nelle grandi città dai megafoni delle moschee si sentiva la voce degli gli imam, anche se non era l’ora di una delle cinque preghiere giornaliere. Oltre ai primi messaggi di solidarietà provenienti dall’estero, anche la Corte Costituzionale e diversi ufficiali dell’esercito si dissociavano dal colpo di stato. Dunque in poche ore sembrava che il mondo politico, una parte della popolazione civile, il mondo giuridico e una buona parte dell’esercito avessero isolato i golpisti.

Tuttavia il tentativo di colpo di stato non prevedeva il ritiro immediato. Un’esplosione in una caserma a Golbasi Ankara ha causato la morte di 17 poliziotti. Sempre ad Ankara un F16 ha colpito un elicottero guidato dai golpisti. L’ex Capo di Stato Maggiore Necdet Ozel ha confermato il sequestro dell’attuale Capo di Stato Maggiore e di diversi ufficiali da parte dei soldati golpisti. In quei momenti i media hanno iniziato a parlare degli attacchi al Parlamento e di bombardamenti di aerei ed elicotteri. Collegandosi telefonicamente al canale televisivo ImcTv, diversi parlamentari del CHP hanno confermato che la maggior parte di loro si trovava nei rifugi e che fuori risultavano diversi feriti. Con l’arrivo delle prime notizie che anticipavano una lunga notte, Primo Ministro ha comunicato l’ordine di colpire ogni aereo che volava sopra Ankara. Mentre la popolazione civile e alcuni poliziotti riuscivano a respingere i soldati che avevano occupato il canale TRT, arrivava la notizia di altre due occupazioni: il canale televisivo Cnn Turk e l’agenzia stampa Dogan. La trasmissione si è interrotta e si sono sentiti spari in diretta. Mentre il segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-Moon condannava il tentativo di colpo di stato, il Presidente della Repubblica raggiungeva l’aeroporto di Istanbul.

Parlando davanti alle telecamere Recep Tayyip Erdogan si è detto sicuro che l’accaduto fosse opera del suo ex alleato storico, l’attuale nemico numero uno, ossia il leader spirituale della comunità religiosa Fettullah Gulen e ha aggiunto che i giudici avevano già iniziato a lavorare per identificare e arrestare i colpevoli. “Questa è una grande occasione, dato che il 30 agosto, come sempre, avremmo rinominato e rinnovato diverse posizioni dell’esercito” ha dichiarato poi. “Faremo di tutto per escludere questi traditori”. Poco dopo il quotidiano britannico The Financial Times divulgava un breve comunicato di Fettullah Gulen, in cui l’ex imam condannava il colpo di stato.

Nel mentre a Istanbul ed Ankara gli scontri tra i soldati da una parte e civili e polizia dall’altra si intensificavano, soprattutto intorno alla sede centrale della radio statale Trt a Harbiye. Nell’ospedale di Haydarpasa arrivavano i primi sei morti e centinaia di feriti. Ormai migliaia di persone erano all’aeroporto di Istanbul a sostenere il Presidente della Repubblica e per le strade del paese per respingere i golpisti. Si vedevano le prime immagini dei soldati arrestati ad Ankara e Istanbul. Gli agenti dei servizi segreti hanno cercato di liberare il Capo dello Stato Maggiore e ci sono stati dei forti scontri, causando diversi morti.

In sintesi, un colpo di stato che si può definire “fallito” ha causato circa 100 morti e più di mille feriti in meno di 24 ore. Le operazioni sono tuttora in corso; sono stati arrestati più di 1.500 militari, tra soldati e ufficiali. Con le prime ore del mattino in diverse postazioni i soldati semplici si sono arresi, consegnandosi alla polizia.

Molto probabilmente nei prossimi giorni si capirà meglio la natura di questo tentativo, ma già ora si può dire che si è trattato di un colpo di stato senza precedenti, sia per il suo stile, sia per la reazione del governo e della popolazione civile. I social media e diversi portali di notizie parlano addirittura di un golpe pilotato. Nonostante sia ancora troppo presto per parlare di certi dettagli, possiamo dire che il domani porterà un’ulteriore polarizzazione. Sembra che un conflitto sociale e politico in atto ormai da vari anni adesso si sposterà anche all’interno dell’esercito. Ancora una volta la volontà amministrativa si troverà a fare i conti con le forze armate del paese.

 

Fonte:

http://www.pressenza.com/it/2016/07/turchia-un-strano-colpo/

Cosa ha detto Erdogan dopo l’attentato di Istanbul?

Tra notizie false, attacco ai nemici di sempre (i curdi) ed una nuova crociata contro gli accademici che hanno chiesto la fine delle operazioni militare nel Sud-Est del paese. E nessuna parola sul ruolo dell’ISIS.

Ancora bombe in Turchia. Ancora orrore.

Ancora corpi dilaniati e sangue sulle strade.

Questa volta l’attenzione si sposta dal Sud-Est del paese (Kurdistan Turco) – da mesi sotto un’offensiva dell’esercito che pare non avere fine e che ha provocato ad oggi oltre 400 morti – a quello che può essere considerato come il cuore pulsante della Turchia.

Istanbul, città di mezzo tra Europa ed Asia visitata ogni giorno da decine di migliaia di turisti, questa mattina è stata scossa da una forte esplosione. Intorno alle 10:15 ora locale, un attacco suicida ha colpito la zona di Sultanahmet, due passi dalla Moschea Blu e dalla basilica di Santa Sofia. Come ormai da prassi, dopo neanche mezz’ora dall’esplosione e con ancora le vittime per terra, il governo turco ha immediatamente emesso un divieto a tutti i media di trattare della vicenda.

La zona è stata recintata, giornalisti, fotografi ed operatori video costretti ad allontanarsi dall’area. Mentre i media di mezzo mondo rilanciavano le agenzie di stampa e le prime dichiarazioni relativamente al numero delle vittime e dei feriti, nei talk show della televisione turca si faceva finta di niente, come sulla TV di Stato dove proprio in quei minuti si parlava di tutt’altro, ovvero della costruzione di un nuovo segmento stradale (!). “Un divieto che è arrivato più velocemente delle ambulanze sulla scena dell’attentato. Questo è un disastro” ha dichiarato il leader del partito CHP Kemal Kılıçdaroğlu. Dopo neanche due ore dallo scoppio della bomba, l’impasse è stata rotta proprio dal presidente Turco Recep Tayyip Erdoğan con una conferenza stampa in cui dopo le prime frasi di rito, e con ancora tanti dubbi su numero e nazionalità di vittime e feriti, dava la notizia che tutti aspettavano: l’attentatore di Istanbul è un 28enne di origine siriane.

Caso chiuso. Una velocità stupefacente.

Molto più veloce rispetto alle altri stragi che hanno investito il paese negli ultimi 6 mesi: le due bombe durante il comizio elettorale dell’HDP il 5 Giugno a Diyarbakir, l’esplosione all’Amara Center di Suruc che ha fatto 33 morti, il massacro alla marcia per la pace di Ankara il 10 Ottobre. Ma tant’è.

Quello che lascia davvero sconvolti è che dopo aver dato questa notizia, il presidente Erdogan sposti subito l’attenzione verso i nemici storici (i curdi), accanendosi poi contro contro quegli intellettuali ed accademici che hanno sottoscritto nei giorni scorsi un appello internazionale chiedendo l’immediata fine delle operazioni militari nel sud-est del paese.

“Prendete posizione – ha dichiarato Erdogan – Se non siete dalla parte del governo turco, siete dalla parte dei terroristi”. “Questi intellettuali chiamano persone provenienti da altri paesi a seguire la situazione in Turchia. Sono dei traditori”. Erdogan parla dei 1.128 accademici provenienti da decine di università in Turchia, oltre a studiosi provenienti da molti altri paesi, che hanno hanno firmato la dichiarazione. Immediatamente lo YÖK (Consiglio generale per l’educazione) ha dichiarato che “saranno prese le misure giuridiche adeguate contro chi supporta i terroristi”. Nel 1984, il leader della giunta militare Kenan Evren, instauratosi con il colpo di Stato del 1980, definì 383 intellettuali che chiedevano democrazia “traditori”. Dopo 32 anni, oggi Erdoğan ha fatto la stessa cosa.

Erdogan ha poi rincarato la dose affermando che “La Turchia rimane il primo obiettivo dei terroristi perché li combatte con grande determinazione. Non facciamo differenza tra le varie sigle [terroristiche]. Per noi Daesh, PKK e PYD sono la stessa cosa”. Così le organizzazioni della sinistra curda in Turchia e in Siria, dove combattono una lotta all’ultimo sangue contro lo Stato Islamico, sono messe sullo stesso piano proprio con i nemici con cui si scontrano sul terreno. Erdogan ha poi chiuso il suo discorso invitando gli altri Stati ad “intensificare la lotta contro tutti i tipi di terrorismo” suggerendo infine agli ambasciatori turchi di “prendere tutte le misure necessarie per impedire l’aumento della simpatia internazionale nei confronti dei terroristi curdi”.

Poi nelle prime ore del pomeriggio il colpo di scena. L’attentatore di Istanbul si chiama Nabil Fadli, 28 anni, e non è siriano, bensì cittadino dell’Arabia Saudita, militante dello Stato Islamico.

Perché allora Erdogan si è così affannato nel dichiarare che l’attentatore di Istanbul aveva origine siriane?

È evidente che dopo il nulla di fatto da parte della NATO rispetto alla creazione di una buffer-zone del nord della Siria, e dopo le vittorie dei curdi siriani (e dei loro alleati) al califfo di Ankara non vada proprio giù quanto sta accadendo oltre confine. Tanto più dopo che con la liberazione di Tishreen Dam YPG/YPJ ed alleati hanno “infranto” il divieto turco di oltrepassare l’Eufrate, iniziando di fatto l’operazione di liberazione dell’ultimo “pezzo” di confine turco-siriano ancora sotto il controllo di ISIS, lì dove passano ancora mezzi, rifornimenti, armi e uomini che vanno a rinforzare le milizie del califfato, e soprattutto lì dove passano quotidianamente centinaia di autobotti con il petrolio di Daesh.

È ancora presto per designare nuovi scenari, ma certamente se ne aprono di diversi dopo la giornata di oggi. Gli attentati fin’ora attributi ad ISIS hanno colpito esclusivamente i curdi e le organizzazioni politiche della sinistra turca loro alleate. Il fatto che un militante di ISIS scelga come proprio obiettivo Istanbul rivolgendo la propria attenzione “ai turisti”, apre certamente un nuovo capitolo nella storia di “amore” e “odio” tra il governo turco e Daesh.

 

 

Fonte:

http://www.dinamopress.it/news/cosa-ha-detto-erdogan-dopo-lattentato-di-istanbul

Parigi, il terrore e i puntini che il mondo non vuole unire

Nella notte di venerdì 13 novembre Parigi è stata nuovamente colpita da tremendi attacchi terroristici rivendicati dall’Isis.

Qui la notizia su Internazionale:

Parigi, il 14 novembre 2015. (Xavier Laine, Getty Images)
  • 14 Nov 2015 20.36

Il punto sugli attentati di Parigi

Almeno 129persone sono morte venerdì 13 novembre a Parigi in una serie di attentati nel centro della città e vicino allo stade de France. I feriti sono 352, di cui 99 in condizioni molto gravi. Gli attacchi, secondo il procuratore di Parigi, sono stati compiuti da tre squadre di attentatori che hanno agito in maniera coordinata, tutti erano dotati di armi da guerra dello stesso tipo e di cinture esplosive. Sette attentatori sono morti negli attacchi.

Ecco la cronologia degli attentati:

  • 21.15 Un gruppo di uomini armati attacca due ristoranti: Le Carillon, in rue Alibert, e Le Petit Cambodge, in rue Bichat. Gli uomini, a bordo di un’automobile, aprono il fuoco contro i passanti e le persone sedute ai tavoli.
  • 21.23 Tre esplosioni vengono avvertite nel giro di pochi minuti vicino allo stade de France, dove è in corso la partita tra Francia e Germania. Le esplosioni causano quattro morti, tra cui i due attentatori che si sono fatti esplodere. I terroristi, secondo il procuratore di Parigi, hanno usato come esplosivo del perossido di acetone( Tatp).
  • 21.30 Quattro uomini armati entrano nella sala da concerto Bataclan, dove si tiene lo spettacolo del gruppo statunitense Eagles of Death Metal, e aprono il fuoco contro la folla. Muoiono almeno 89 persone. Diversi spettatori vengono presi in ostaggio.
  • 21.45 Gli assalitori del Bataclan, o altri assalitori, aprono il fuoco nei pressi del McDonald’s in rue Fabourg-du-Temple e in rue de la Fontaine-au-Roi, nei pressi della pizzeria Casa nostra, causando cinque morti e otto feriti gravi.
  • 21.55 All’incrocio tra rue Faidherbe e rue de Charonne un uomo spara contro la terrazza del caffè La Belle Equipe. Muoiono 19 persone e 14 restano gravemente ferite.
  • 21.55 Un kamikaze si fa esplodere di fronte al McDonald’s di Plaine Saint-Denis.
  • 00.25 Le forze speciali francesi fanno irruzione al Bataclan. Un terrorista viene ucciso, altri tre si fanno saltare in aria l’esplosivo che indossavano sulle cinture.

Dopo gli attentati il presidente francese François Hollande ha dichiarato lo stato d’emergenza su tutto il territorio nazionale e ha annunciato il ripristino dei controlli alle frontiere. Sono state sospese le manifestazioni sportive. Chiusi i musei e il parco di divertimenti Disneyland.

Sabato 14 novembre il gruppo Stato islamicoha rivendicato gli attacchi , con un comunicato pubblicato online che definiva Parigi “capitale dell’abominio e della perversione”. In una conferenza stampa, anche Hollande aveva attribuito allo Stato islamico la responsabilità degli attentati, definendoli “un atto di guerra”.

Il 14 novembre la polizia belga ha organizzato un blitz nel quartiere di Molenbeek, a Bruxelles. Sono state arrestate almeno cinque persone.Il procuratore di Parigi ha confermato che gli arresti sono legati agli attentati della capitale francese. La procura belga ha aperto un’inchiesta per terrorismo.

Un passaporto siriano e uno egiziano sono stati trovati vicino ai corpi dei due attentatori allo stade de France, ma le autorità non hanno ancora confermato l’identità dei due aggressori. Uno dei veicoli usati dai terroristi era stato immatricolato in Belgio e apparteneva a un cittadino francese residente in Belgio.

Uno dei terroristi dell’attacco al Bataclan, ha scritto Libération, era un francese di circa trent’anni originario di Courcouronnes, nell’Essonne. Era già noto alle forze dell’ordine per i suoi legami con il jihadismo. L’altro era siriano.

Le autorità tedesche sono convinte che un uomo arrestato in Bavaria all’inizio del mese, mentre era a bordo di un’automobile carica di esplosivi, sia legato agli attacchi di Parigi.

Il premier britannico David Cameron ha dichiarato che tra le vittime potrebbero esserci cittadini del Regno Unito. Tra i morti finora accertati ci sono anche cittadini romeni, tunisini, belgi, svedesi e una statunitense. Secondo la Cnn ci sarebbe anche una cittadina statunitense tra le vittime.

Due italiani sono rimasti lievemente feriti. Una ragazza veneta di 28 anni risulta ancora dispersa.

 

Fonte: http://www.internazionale.it/notizie/2015/11/14/il-punto-sugli-attentati-di-parigi

 

Qui l’aggiornamento dell’Ansa con la notizia della morte della studentessa italiana dispersa:

http://www.ansa.it/sito/notizie/mondo/2015/11/13/tre-sparatorie-a-parigi-vittime_1a91057f-5905-49e3-8d4a-592668bf11cc.html

 

Non si è fatta aspettare l’ondata vergognosa di islamofobia da parte di alcuni quotidiani.

Prima Pagina Il Giornale

Prima Pagina Libero

Tutti al gridare al terrorismo islamico ( anche in modo offensivo: il caso più eclatante è, come abbiamo visto, quello della prima pagina di ieri del quotidiano di Belpietro, anche se gli altri non scherzano) forse perchè è più comodo pensare che sia tutto solo fanatismo religioso. Nessuno che allargi lo sguardo sul mondo per cercare di capire cosa sta succedendo. Io sono convinta che per capire veramente cosa è accaduto a Parigi bisogna comprendere  quello che sta accadendo in Medioriente. E’ un caso che questi attentati siano stati compiuti nella Francia che ha aperto un’inchiesta per  crimini di guerra contro Assad ( fonte: http://www.tgcom24.mediaset.it/mondo/francia-inchiesta-contro-assad_2135957-201502a.shtml )? E’ un caso che, nei giorni predenti, Putin abbia iniziato a bombardare la Siria, col pretesto della lotta all’Isis, uccidendo civili e colpendo anche un villaggio con bombe al fosforo bianco (qui il video dell’attacco russo col fosforo bianco: https://www.facebook.com/albertosavioli1972/posts/10207747605229222?pnref=story )? E’ un caso che questa strage sia avvenuta mentre in Palestina si parla di terza intifada e i soldati israeliani uccidono i palestinesi fingendo di esserne aggrediti (leggere, a esempio, le notizie del sito Infopal ) e mentre l’esercito turco bombarda il popolo curdo (leggi qui: http://www.retekurdistan.it/2015/11/assemblea-politica-basta-alle-politiche-di-oppressione-e-di-terrore-sul-popolo-curdo/ )? E’ un caso anche che gli ultimi attentati di Parigi siano accaduti all’indomani del più grave attentato da parte dell’Isis in Libano e esattamente un anno dopo la conquista da parte sempre dell’Isis di Ramadi e Mosul in Iraq? ( fonte: http://arabpress.eu/libano-in-lutto-per-le-vittime-del-duplice-attentato-suicida-a-beirut/70470/ ).
A fare le spese di tutto ciò sono sempre i popoli tutti e le persone di fede musulmana ancora una volta strumentalizzate. Eppure basterebbe unire i puntini per farsi almeno venire il dubbio che il sedicente Stato Islamico sia solo un pretesto – creato dai potenti del mondo e camuffato da organizzazione terroristica di matrice islamista (molti di questi terroristi si scopre ogni volta essere in realtà di origine occidentale) –  per distogliere la già scarsa attenzione dall’occupazione israeliana in Palestina, dalla dittatura di Assad in Siria, da quella di Putin in Russia, da quella di Erdogan in Turchia e contro i curdi e da tutto ciò che succede nel resto del Medioriente. E anche nel resto del mondo come accade con tutte le paure indotte dai potenti.

D. Q.

ANKARA, TURCHIA: UN ENORME MASSACRO

Più di 100 vittime ad Ankara in seguito all’attentato di questa mattina. Ancora una volta un attacco alle esperienze curde di autonomia e alla pace.

10 / 10 / 2015

Ancora una volta la Turchia è scossa da un attentato. Questa mattina nel centro di Ankara sono esplose due bombe, a poca distanza l’una dall’altra, nelle vicinanze della stazione ferroviaria dove stava per aver inizio la Marcia per la Pace.

Questa marcia era stata indetta dal partito Hdp, insieme a sindacati di sinistra Disk e Kesk e dagli ordini degli ingegneri e dei medici, con l’obiettivo di chiedere il cessate il fuoco nel sud-est dell’Anatolia, dove da qualche mese sono ripresi i combattimenti tra forze di sicurezza turche e Pkk.

Come a Diyarbakir lo scorso giugno e a Suruç quest’estate, l’obiettivo degli attentatori è colpire la società civile, democratica e filo-curda, che vede in Erdogan e nel suo partito il principale oppositore al processo di pace. Lo afferma anche il leader dell’HDP, Selahattin Demirtas : “Stiamo assistendo a un enorme massacro. Un atroce e barbaro attacco è stato compiuto”.

Il sabotaggio del processo di pace con il Pkk e la conseguente campagna di attacchi alle città curde del sud-est del Paese, in particolare rivolte verso quelle che come Cizre e Diyarbakir stessa hanno saputo concretizzare gli ideali di autonomia e autogoverno espressi nel confederalismo democratico, fanno parte di un piano molto più grande ideato da Erdogan stesso, teso a gettare il paese nel caos in vista delle prossime elezioni del 1 Novembre, dove si presenterebbe come il canditato forte e l’unico in grado di riportare l’ordine in Turchia. A questo caos si aggiunge la forte repressione nei confronti della stampa che si scaglia contro il regime di Erdogan e che cerca in tutti i modi di rompere la cortina di censura creata dal suo governo e che anche in questo caso si potrebbe ripercuotere sulle indagini avviate a seguito dell’attentato.

Ad Ankara rimangono sull’asfalto oltre 100 innocenti vite e tanti altri feriti, in un attentato che come i precedenti non è stato rivendicato e, tutt’ora, non se ne conoscono le modalità. Ma è ancora  più chiaro che la polizia e le forze di sicurezza sono corresponsabili per il fatto che non garantiscono la sicurezza dei manifestanti. Infatti, in seguito all’attentato una parte della folla si è scagliata contro la polizia, accorsa in tenuta antisommossa, colpevole appunto di non aver garantito la sicurezza della Marcia per la Pace. In seguito sono stati sparati anche alcuni colpi di arma da fuoco e lanciati lacrimogeni per disperdere i manifestanti.

Nel frattempo tutte le altre manifestazioni politiche nel paese sono state annullate e a chi stava raggiungendo la città di Ankara è stato chiesto di tornare indietro per paura di altri attentati.

In attesa di ulteriori notizie e rivendicazioni, ci stringiamo ancora una volta attorno a chi combatte per la pace. Her Biji Kurdistan!

 

 

 

Fonte:

http://www.globalproject.info/it/mondi/stiamo-assistendo-a-un-enorme-massacro/19476

TOLTO L’ASSEDIO A CIZRE, SI CONTANO I MORTI E I DANNI

Giovedì 17 Settembre 2015 21:01

altNel 1992 durante le cele­bra­zioni del New­roz (il capo­danno kurdo) la città di Cizre fu asse­diata dall’esercito turco per dodici giorni. A ven­ti­tre anni di distanza la sto­ria si ripete.

di Luigi D’Alife – da Il Manifesto

A par­tire dalle ele­zioni poli­ti­che del 7 giu­gno scorso e con l’attentato di Suruç, costato la vita a 33 gio­vani socia­li­sti che por­ta­vano aiuti a Kobane, la Tur­chia sem­bra essere ripiom­bata indie­tro di vent’anni: da un lato, l’ex primo mini­stro — ora pre­si­dente della Repub­blica — Erdo­gan, da tre­dici anni al potere, dall’altro il popolo kurdo, soste­nuto dalla sini­stra del Par­tito demo­cra­tico dei Popoli (Hdp).

La popo­la­zione di Cizre, ha dichia­rato 15 giorni fa l’autogoverno o come la defi­ni­sce il co-presidente del muni­ci­pio «l’autonomia demo­cra­tica». «Dopo pochi giorni, circa cento mezzi blin­dati dell’esercito sono entrati in città — ci spiega Fay­sal Sariy­il­diz — e un copri­fuoco con­ti­nuo è stato impo­sto a tutta la popo­la­zione. Cor­rente elet­trica, acqua e ser­vizi di comu­ni­ca­zione sono stati inter­rotti. Un incubo».

Gli ospe­dali di Cizre sono stati iso­lati dai mili­tari tur­chi, i soc­corsi in strada impe­diti con l’uso delle armi, così come la sepol­tura delle vit­time. A Cizre, città a mag­gio­ranza musul­mana, per otto giorni gli imam non hanno can­tato. Il bilan­cio è di cento feriti e 21 morti, tutti civili, tra i quali un bimbo di 35 giorni. Quin­dici tra le vit­time sono state col­pite diret­ta­mente alla testa dai cec­chini. Ora che il copri­fuoco è inter­rotto la gente si riprende le strade in cor­teo ricor­dando i civili uccisi. In testa ci sono le madri delle vit­time, ovun­que si sen­tono cori, grida, slo­gan, ovun­que si vedono bar­ri­cate e trin­cee. Cor­tei che si ingros­sano men­tre attra­ver­sano vie strette, ancora pro­tette da massi e sac­chi di sab­bia, dai teli per impe­dire ai cec­chini di ucci­dere, men­tre supe­rano le sara­ci­ne­sche esplose e i muri distrutti.

A Cizre è stata guerra ed è il quar­tiere di Sur a mostrare le ferite più evi­denti. «Siamo stati costretti a restare chiusi in casa per dieci giorni — ci spiega una donna davanti alla porta di casa cri­vel­lata di pro­iet­tili — era­vamo in 22 nello stesso appar­ta­mento, bam­bini ed anziani, senza cibo e sotto il fuoco costante dei cec­chini». Suo marito indica i palazzi da dove arri­va­vano gli spari ed affac­cian­dosi alla fine­stra mostra un forno distrutto da un carro armato. Un gruppo di bam­bini si rin­corre per strada, gio­cando davanti ad uno dei mezzi blin­dati che ancora cir­con­dano il quartiere.

«Siamo ter­ro­riz­zati — urla un signore sulla cin­quan­tina davanti al can­cello di ferro divelto della sua casa — il copri­fuoco non c’è più, ma non siamo liberi di uscire». La dele­ga­zione della Caro­vana per Kobane, pre­sente in Kur­di­stan in que­sti giorni, è diven­tata il mega­fono per la gente di Cizre. Cizre è come Kobane: stesse scritte sui muri, stesse mace­rie per le strade, stessa deter­mi­na­zione del popolo kurdo a resistere.

 

Fonte:

http://www.infoaut.org/index.php/blog/conflitti-globali/item/15447-tolto-l%E2%80%99assedio-a-cizre-si-contano-i-morti-e-i-danni

KURDISTAN: AGGIORNAMENTI AL 4° GIORNO DALL’INIZIO DELL’ATTACCO TURCO

Articoli tratti da http://www.uikionlus.com/
Sirrin e’ Liberato !

Sirrin e’ Liberato !

Dopo 27 giorni di combattimenti, YPG/YPJ/Burkan Al Firat hanno liberato l’importante e strategica città di ‪#‎Sarrin‬ a sud di Kobane. Segnalati ancora scontri a fuoco. Purtroppo s …

YPG: l’esercito turco attacca postazioni delle YPG e del FSA vicino a Kobane

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l Comando generale delle YPG ha rilasciato una dichiarazione che denuncia l’attacco da parte dell’esercito turco contro le postazioni della Unità di difesa del popolo (YPG) e dell’ …

Il DBP chiede di protestare contro gli attacchi politici e militari

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Il Partito democratico delle regioni (BDP) ha inviato una comunicazione ai consigli dei giovani e delle donne,ai co-presidenti dei distretti e delle città,agli amministratori local …

La polizia uccide un giovane a Nusaybin

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I giovani che sono scesi in strada a Nusaybin,distretto di Mardin, per protestare contro gli attacchi aerei turchi contro la zona di difesa della Medya controllata dalla guerriglia …

Comunicato congiunto di emergenza dei partiti curdi

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I co-presidenti dell’HDP (Partito democratico dei popoli),del DBP (Partito democratico delle regioni,ex BDP),dell’ HDK (Congresso democratico dei popoli) e del DTK (Congresso democ …

3° giorno di operazioni dello Stato Turco

3° giorno di operazioni delle forze speciali Turche nella guerra lanciata da Erdogan contro i Curdi ed il PKK: gli arresti salgono a 618 persone, di cui 518 sono Curdi e militanti …

KCK: La resistenza deve immediatamente aumentare

KCK: La resistenza deve immediatamente aumentare

La co-presidenza del Consiglio Esecutivo del KCK in una dichiarazione scritta prende posizione sugli attacchi aerei dell’esercito turco: “Alla fine del 2012 è iniziata di fatto una …

Erdogan all’attacco, In casa e fuori

Erdogan all’attacco, In casa e fuori

July 26, 2015

La meglio gioventù (tra Siria e Kurdistan)

Mentre in diverse città anche italiane ieri si svolgevano manifestazioni in solidarietà alla città curda di Suruc – colpita il 20 luglio da una strage di giovani (decine uccisi e un centinaio feriti) per un attacco kamikaze di una miliziana dell’Isis – leggevo, sulla bacheca del giornalista siriano Shady Hamadi, un post in cui ricorda un’altra strage (una delle tante che ancora oggi avvengono sotto il regime di Assad) avvenuta all’Università di Aleppo nel 2013. Copio la sua memoria e, di seguito, un articolo dell’Ufficio di Informazione del Kurdistan in Italia sulla strage dell’altro ieri. Ho voluto mettere insieme questi due massacri per riportare due esempi (tanti altri se ne potrebbero fare tra diverse epoche e parti del mondo) di quella che un tempo sarebbe stata chiamata la meglio gioventù.

D. Q.

 

Da

Shady Hamadi

Forse non erano socialisti ma sicuramente sognavano un futuro migliore. Sono gli 82 ragazzi e ragazze morti all’università di ‪#‎Aleppo‬ il 15 gennaio 2013, uccisi da una bomba sganciata da un aereo del regime siriano, quando ‪#‎Isis‬ non c’era. Vittime anche loro. ‪#‎Suruc‬

foto di Shady Hamadi.

*

Come e perché si è arrivati al massacro di Suruç ?

Come e perché si è arrivati al massacro di Suruç ?

I giovani che sono morti o feriti a Suruç avevano un unico scopo: andare a Kobanê e unirsi alla ricostruzione della città. La Federazione della gioventù socialista (SGDF) aveva scritto un comunicato stampa prima di andare a Suruç. Da un mese i giovani si stavano preparando per partire con un’azione pubblica.

I residenti di Suruç e i rappresentanti delle organizzazioni non governative hanno accolto i giovani a Suruç. Si sono incontrati con il governatore distrettuale e gli hanno detto che volevano andare a Kobanê. Governatore Distrettuale però li ha fatti aspettare dicendo che solo pochi di loro potevano attraversare il confine, ponendosi in contrasto con tutto il gruppo.

Il sanguinoso attacco di Suruç è avvenuto dopo la conferenza stampa nel centro culturale Amara, in risposta alla risposta negativa del governatore distrettuale.

Bisogna fare le seguenti domande per quanto riguarda l’attacco:
1- La polizia ha fermato tutti i giovani che si stavano dirigendo ad Amara . Il posto di blocco della polizia era a 200 metri di distanza da Amara, la polizia avrebbe potuto fare il posto di controllo più vicino al centro culturale. La polizia ha fatto il posto di blocco a 200 metri di distanza da Amara, in modo da non essere coinvolta dall’esplosione?

2- Come ha fatto la kamikaze ISIS ad entrare nel centro culturale dove la polizia ha perquisito ogni notebook, macchina fotografica e anche le matite dei giovani massacrati?

3- Come è potuto succedere che i sevizi di intelligence turchi, che sorvegliano Suruç compresa il valico di confine di Mürşitpınar , non sono riusciti a ‘vedere’ la cellula dell’ ISIS?

4- Come è possibile che la polizia non ha identificato la cellula dell’ISIS nonostante il fatto che Amara è vicino ad una stazione di polizia?

5- Perché la polizia ha attaccato i civili che portavano i feriti in ospedale? È perché volevano lasciare i feriti a morire così?

6- Ci sono molte cellule ISIS intorno a Suruç? Lo stato a conosce queste cellule?

7- Perché i corpi sono stati esaminati all’ obitorio di Antep invece che a Urfa? Cosa stanno cercando di nascondere?

8- Non ci sono dichiarazioni di testimoni ma si sostiene che ci sono stati due attentatori, un uomo che ha fatto esplodere la bomba e una donna,la donne è ferita e sotto custodia della polizia attualmente. Chi è l’attentatrice nata nel 1995 a Sivas, che è tenuta sotto custodia dalla polizia? Perché i funzionari non vogliono fare dichiarazioni su questo?

Lo stato turco non risponde a queste domande.

Molte persone avevano previsto questo attacco, dopo la liberazione del YPG di gire spi (Tel Abyad). Come filmati della telecamera hanno confermato, l’ ISIS è fuggito da gire spi ed è passato ad Akçakale liberamente e felicemente. Poco dopo, Dicle News Agency e altri media indipendenti hanno documentato la sede ISIS ad Akçakale. Diha ha anche riferito che sièformata una una cellula ISIS a Ceylanpınar due giorni fa.

Gire SPI è stata una sconfitta pesante per l’AKP e ISIS perché la loro logistica era organizzata attraverso questo confine I funzionari dell’AKP hanno dimostrato il loro malcontento per la liberazione di Gire spi pubblicamente, e Erdogan ha dichiarato che “non sarebbero stati a guardare’ . Ora stanno cercando di vendicare la liberazione di Gire Spi nel Nord Kurdistan. Quando ISIS è stato sconfitto in Rojava, hanno portato la guerra da questa parte del confine. Stanno ripetendo l’attacco di Kobanê il 25 giugno a Suruç, Urfa e Diyarbakir. Il brutale massacro di Suruç prende di mira il modello di vita democratica e libera sviluppato in Rojava e i solidali con il movimento di liberazione curda.

Siamo in una situazione pericolosa per come Erdogan e il suo Akp stanno alimentando l’odio sia dopo la sconfitta in Rojava ché dopo le elezioni.Non possiamo fare appello ai tiranni perchè lo Stato non protegge i civili e le istituzioni da ISIS. lo Stato protegge e tollera isis. Tale situazione rende l’autodifesa più fondamentale che mai.

Come possiamo organizzare la nostra auto-difesa?
1- La legittima difesa è un problema serio e importante. Dovremo organizzarla sistematicamente e senza panico e senza fare affidamento sullo stato.

2- Non dobbiamo lasciare la sicurezza nelle mani degli agenti di polizia con azioni collettive nelle città di confine, nonché centri urbani come Amed. È più probabile che ISIS attacchi le aree in cui vi è una presenza di polizia più alta I civili a centinaia possono formare comitati di sicurezza per l’auto-difesa.

3- Ci sarà pericolo sino a quando esisteranno cellule ISIS. Pertanto, i giovani dovrebbero prendere l’iniziativa ed eliminare le cellule ISIS che operano sotto false spoglie di organizzazioni umanitarie o riviste.

4- Le organizzazioni non governative, i politici democratici, i parlamentari e la stampa dovrebbero prendere posizione per quanto riguarda la sede ISIS nella casa colonica TIGEM in Akçakale. Parlamentari e ONG dovrebbero chiarire perché Tigem è chiusa ai civili.
di Amed Dicle

MASSACRO DI PIRSUS/SURUC 20.07.2014 – I NOMI DEI MARTIRI
Uğur Özkan, Kasım Deprem, Hatice Ezgi Saadet, Cemil Yıldız, Çağdaş Aydın, Nazlı Akyürek, Ferdane Ece Dinç, Mücahit Erol, Murat Yurtgül, Emrullah Akhamur, İsmet Şeker, Okan Pirinç, Nartan Kılıç, Ferdane Kılıç, Serhat Devrim, Met Ali Barutçu, Erdal Bozkurt, Süleyman Aksu, Koray Çapoğlu, Cebrail Günebakan, Veysel Özdemir, Nazegül Boyraz, Alper Sapan, Alican Vural, Osman Çiçek, Dilek Bozkurt, Büşra Mete, Yunus Emre Şen, Ayda Ezgi Şalcı, Polen Ünlü, Duygu Tuna, Nurcan Kaçmaz.”

 

 

Fonte:

http://www.uikionlus.com/come-e-perche-si-e-arrivati-al-massacro-di-suruc/

Kobane, simbolo o battaglia decisiva?

Sembra che a Kobane si decidano le sorti del conflitto in Siria. A giudicare dall’attenzione mediatica, pare che la guerra infuri solo in questa città al confine con la Turchia che da oltre una settimana è assediata dai miliziani dell’Isis. Eppure in Siria la guerra continua. L’aviazione del regime di Damasco sta bombardando da giorni la città di Da’ra, adoperando i famigerati barili bomba che hanno già distrutto mezza Aleppo. A Homs, nel quartiere periferico del Waer, solo ieri sono morte sei persone, fra cui 3 bambini, uccisi da un colpo di artiglieria lealista. Nei dintorni di Hama, ci sono intensi scontri fra brigate ribelli e forze governative. Tutto ciò non è rilevante, in quanto non c’è l’Isis ma la “cara” vecchia guerra fra regime e ribelli siriani.

Invece, Kobane ha assunto un significato simbolico perché vede i curdi del partito Pyd (alleati del Pkk) scontrarsi con l’Isis in una zona di confine con la Turchia che potrebbe coinvolgere quest’ultima nel conflitto. Ma chi sono questi curdi che si scontrano con l’Isis? All’inizio della rivolta siriana, ormai tre anni fa, l’esercito lealista si ritirò dalla regione del Hasaka, lasciandola in mano ai miliziani curdi che repressero il movimento curdo-siriano solidale con la rivoluzione. Uno dei principali leader di questo movimento era Mashaal Tammo, fondatore e presidente del Partito del Futuro Curdo, che fu assassinato nel 2011 e che aveva già trascorso tre anni nelle carceri siriane a causa delle sue posizioni.

La situazione dei curdi in Siria non è mai stata facile, anzi. Centinaia di migliaia di curdi siriani risultavano apolidi, in quanto il regime siriano non gli aveva mai riconosciuto la cittadinanza. Nel marzo del 2004, durante una partita di calcio, scoppiarono dei tumulti fra la tifoseria arabo-siriana e quella curdo-siriana che portarono all’intervento dell’esercito. Seguirono diversi giorni di arresti, repressione e decine di morti (tutti curdi). Vista questa situazione di repressione, parve normale ai curdi, non affiliati al Pyd o al Pkk (entrambi hanno da sempre goduto di una protezione siriana in funzione anti turca), allinearsi con la ribellione, subendo per questo la persecuzione del regime e dello stesso Pyd.

Dal canto suo, la Turchia di Erdogan ha necessità che il Pkk e il Pyd non si rafforzino, grazie a una legittimazione internazionale derivante dalla guerra che questi conducono contro l’Isis, in quanto li potrebbe indurre nel nome dell’indipendenza da Ankara a riaccendere la stagione degli attentati. Non va però dimenticato che Erdogan ha centinaia di migliaia di profughi siriani in casa, che premono perché la Turchia mantenga le sue promesse: la caduta di Assad. L’altro problema, forse più insidioso dei curdi è la presenza di una massiccia comunità alawita (setta a cui appartiene Assad) che potrebbe causare problemi qualora la Turchia decidesse, come ha già peraltro comunicato, d’intervenire contro il regime di Damasco.

Il dato certo è che la guerra dell’Isis sta legittimando molti attori: i curdi del Pyd si sono trasformati in eroi, nonostante la persecuzione portata avanti in Siria contro i curdi e i siriani solidali con la rivoluzione, anche grazie alle brigate di sole donne che agli occhi dell’Occidente richiamano all’emancipazione femminile; il regime di Assad pare sia diventato un partner (indiretto) degli Usa e l’Iran emerge sempre di più come la nuova potenza egemone che – nonostante la brutale repressione che porta avanti contro gli oppositori e il regime integralista che lo governa – tutela la democrazia contro il terrorismo di matrice sunnita. Chi escono delegittimati sono: la rivoluzione siriana, accomunata al fanatismo dell’Isis; l’Islam, in quanto viene costantemente associato al fondamentalismo; i musulmani, indistintamente, colpevoli di non condannare mai abbastanza l’Isis e, ovviamente, il popolo siriano che continua a venir massacrato nel disinteresse generale.

Fonte:
 

SALE A 198 IL BILANCIO DELLE VITTIME PALESTINESI. DIRETTORE DELL’OSPEDALE AL-WAFA RICEVE CHIAMATA DA ISRAELE: “DISTRUGGIAMO ENTRO DOMATTINA”

15 lug 2014
by Redazione


Gaza

Giorno 7 – lunedì 14 luglio

Giorno 6 – domenica 13 luglio

Giorno 5 – sabato 12 luglio

Giorno 4 – venerdì 11 luglio

Giorno 3 – giovedì 10 luglio

Giorno 2 – mercoledì 9 luglio

Giorno 1 – martedì 8 luglio

 

AGGIORNAMENTO ore 01.00 – BOMBE SU RAFAH: 2 MORTI E 4 FERITI. BILANCIO SALE A 198 VITTIME

AGGIORNAMENTO ore 00.00- ABBAS AL CAIRO DOMANI PER PARLARE DELLA TREGUA. OLP: “IL CESSATE IL FUOCO IGNORA HAMAS”

Il presidente dell’ANP Abbas andrà domani al Cairo per incontrare il presidente egiziano Al-Sisi e discutere dell’implementazione della tregua. Poi andrà in Turchia, dove vedrà il premier Erdogan.

Dall’OLP si alzano però voci contrarie al cessate il fuoco. Al quotidiano israeliano Haarezt un leader dell’OLP ha criticato l’azione dell’Egitto e di Abbas “perché ignora Gaza. I leader di Hamas si sono sentiti umiliati perché la proposta è stata resa pubblica senza consultarli sui contenuti”.

AGGIORNAMENTO ore 23.30 – DIRETTORE DELL’OSPEDALE AL-WAFA RICEVE CHIAMATA DA ISRAELE: “DISTRUGGIAMO ENTRO DOMATTINA”

Il direttore dell’ospedale Al Wafa di Gaza City, il dottor Al Aishi, ha ricevuto una chiamata dall’esercito israeliano in cui si intima l’evacuazione della struttura che “sarà distrutta entro domattina”.

Dati sui feriti: quasi 1.400 di cui il 35% bambini secondo quando riferisce Tommaso Fabbri, capo missione di Medici Senza Frontiere nella zona.

 

AGGIORNAMENTO ore 23 – ORDINE DI EVACUAZIONE A GAZA CITY

L’esercito israeliano ha intimato alla popolazione residente a Nord della Striscia e nei quartieri di Zeitoun e Shayaja a Gaza City di evacuare le proprie case entro domattina. Lo stesso ordine è arrivato agli internazionali che si trovano in questi giorni dentro l’ospedale di riabilitazione Al Wafa. Si temono pesanti bombardamenti su una delle aree più popolate di Gaza.

 

AGGIORNAMENTO ORE 22.30 – DUE PALESTINESI UCCISI E NUMEROSI FERITI A RAFAH DOPO UN RAID ISRAELIANO, IL BILANCIO E’ DI 196 MORTI

 

AGGIORNAMENTO ORE 22 – HAMAS, TESTIMONI: “ABBATTUTO DRONE ISRAELIANO”, IL SECONDO OGGI

La contraerea di Hamas avrebbe abbattuto un drone israeliano nel pomeriggio di oggi nel centro della Striscia di Gaza. Lo riferisce l’agenzia turca Anadolu citando testimoni. Poche ore fa la notizia era stata data dall’emittente di Hamas al-Aqsa Tv. Si tratterebbe del secondo drone israeliano abbattuto nella giornata di oggi, il quarto dall’inizio dell’offensiva israeliana “Barriera protettiva”.

AGGIORNAMENTO ORE 21 – NETANYAHU: “HAMAS NON CI LASCIA ALTRA SCELTA CHE ESPANDERE L’OPERAZIONE”. INCOGNITA SULL’INVASIONE VIA TERRA

“Se non c’è il cessate il fuoco, c’è il fuoco”. Sono le parole del premier israeliano Netanyahu al termine della riunione di gabinetto di questa sera, che ha spiegato che dato che Hamas ha rifiutato la tregua proposta dall’Egitto, Israele è costretto a intensificare le operazioni militari. Al-Jazeera riferisce che ancora non ci sono dettagli su un’eventuale operazione via terra e aggiunge che Netanyahu ha implicitamente criticato le chiamate alla rioccupazione di Gaza fomentate dal proprio ministro degli Esteri Avigdor Liebermann bollandole come “rumori di sottofondo”. Intanto Netanyahu ha rimosso il vice ministro degli Esteri Danny Danon dal suo incarico: Danon si era pubblicamente schierato contro la decisione del governo di accettare il cessate il fuoco proposto dall’Egitto.

AGGIORNAMENTO ORE  19.20 – L’Agenzia Reuters riferisce della prima vittima israeliana da quando è iniziata l’offensiva ‘Barriera Protettiva’ contro Hamas a Gaza. Si tratta di un civile ucciso da un razzo caduto nei pressi del valico di Erez. Sinora i lanci di razzi dalla Striscia avevano provocato soltanto feriti. Intanto, è salito a 193 il bilancio dei morti a Gaza. L’ultima vittima è un uomo di 77 anni morto oggi pomeriggio nei raid su Khan Yunis, nella zona meridionale della Striscia.

Stasera a Gerusalemme si è verificata un’altra aggressione di estremisti ebrei ai danni di un avvocato palestinese, la signora Sanaa Dweik, in compagnia di una cliente a Deir Yassin. Gli aggressori hanno spruzzato spray al peperoncino mentre le due vittime entravano in auto all’esterno di un tribunale di Gerusalemme ovest.

AGGIORNAMENTO ORE 18.00 – Il ministro palestinese della Sanità, Jawad Awad, ha annullato la sua visita all’ospedale Shifa di Gaza City, dopo essere stato accolto da un gruppo di manifestanti irati al suo arrivo dall’Egitto, attraverso il valico Rafah, che da quando è iniziata l’offensiva israeliana ‘Barriera Protettiva’, è stato quasi sempre chiuso.

La folla ha lanciato scarpe e uova contro la macchina su cui viaggiava Awad. Altri manifestanti si  sono radunati davanti all’ospedale di Shifa, brandendo striscioni contro il governo tecnico insediatosi lo scorso 2 giugno, dopo l’accordo di riconciliazione tra Hamas e Fatah. La gente ha criticato Awad per avere aspettato otto giorni prima di recarsi nella Striscia, sotto il fuoco israeliano dall’8 luglio.

La tenuta dell’accordo è messa duramente alla prova dall’offensiva israeliana. Il movimento islamico non ha commentato l’accaduto, ma Mussa Abu Marzuq, membro dell’ufficio politico in esilio, ha condannato l’incidente sulla sua pagina Facebook.

AGGIORNAMENTO ORE 17.30 – Un uomo di 77 anni è morto in un raid e altre nove case sono state colpite dai missili israeliani. Le Forze armate israeliano hanno riferito di avere colpito trenta obiettivi dalla ripresa dei bombardamenti.

AGGIORNAMENTO ORE 17.00 – La distruzione provocata dai raid israeliani su Gaza è “immensa”, ha detto il portavoce dell’Unrwa, Sami Mshasha. Secondo i dati raccolti dall’agenzia Onu per i rifugiati palestinesi, il bilancio delle vittime è destinato ad aumentare. Sono state distrutte completamente 560 case e migliaia di edifici sono stati danneggiati, tra cui 47 strutture dell’Unwra.

Gli sfollati sono almeno 17.000 e in migliaia si sono rifugiati in venti scuole dell’agenzia. La Croce Rossa internazionale, ha parlato dei danni alle strutture di rifornimento dell’acqua e nei prossimi giorni l’intera popolazione della Striscia rischia di non avere più accesso all’acqua. Nei bombardamenti degli ultimi otto giorni sono stati uccisi anche diversi tecnici del Comune e sarà difficile riuscire a riparare i danni e a garantire il rifornimento ala popolazione, in parte già tagliata fuori dalle forniture elettriche.

AGGIORNAMENTO ORE ore 15:40 LIEBERMAN: “BISOGNA TERMINARE LA MISSIONE SOLO QUANDO TZAHAL CONTROLLERA’  TUTTA LA STRISCIA”. 

Nel corso di una conferenza stampa il Ministro degli Esteri israeliano e leader del partito di estrema destra Yisrael Beitenu, Avigdor Lieberman, ha dichiarato poco fa: “il mondo deve incoraggiarci ad andare fino in fondo. Bisogna terminare la missione solo quando Tzahal [acronimo per Esercito di difesa d’Israele, ndr] controllerà tutta la Striscia”. Secondo il Ministro, infatti, anche se le due parti dovessero giungere ad un cessate il fuoco, resteranno immutate le condizioni per l’inizio di un “nuovo round”. “E’ evidente – ha aggiunto Lieberman – che durante il periodo di calma Hamas continuerà a fabbricare altri razzi e a contrabbandare altro materiale esplosivo”

 

AGGIORNAMENTO ORE 14:55  RIPRENDONO I RAID ISRAELIANI

L’esercito israeliano ha ripreso poco fa i raid aerei slla Striscia di Gaza interrotti stamani alle 9 dopo che il Gabinetto di Sicurezza aveva accettato la proposta di coprifuoco presentata dall’Egitto.  Fonti palestinesi sostengono che gli attacchi israeliani si stanno concentrando nel campo profughi di al-Burj e a Khan Yunis. Anche durante il periodo di calma è stato registrato almeno un attacco nell’area orientale della città di Gaza.

Il comandante israeliano del fronte meridionale, il capitano Sami Turjeman, ha detto al quotidiano Haaretz che “alla luce del continuo lancio di razzi  da parte di Hamas verso il territorio israeliano, agiremo con forza. Hamas ha iniziato la battaglia e si è fatta del male. Non abbiamo ancora utilizzato tutto il nostro potenziale e, se richiesto, lo useremo.  E’ ancora troppo presto per terminare questa operazione”.

L’esercito sostiene che dalle 9 alle 15 sono stati sparati più di 40 missili dalla Striscia.

AGGIORNAMENTO ORE 13:30  DA STAMATTINA CHIUSO VALICO DI EREZ

Stamattina Hamas ha chiuso il valico di Erez a causa dei bombardamenti israeliani. “Erez resterà chiuso finché non otteniamo rassicurazioni internazionali che non verrà più bombardato da Israele” ha detto un ufficiale del movimento islamico a News 24. Bloccato un gruppo di 20 palestinesi che sarebbe dovuto entrare nello stato ebraico per sottoporsi a cure mediche.

AGGIORNAMENTO ORE 13:00 ABU MAZEN DOMANI AL CAIRO. MINISTRO INTERNI ISRAELIANO CONVOCA UN VERTICE CON TUTTI I MEMBRI DEL GOVERNO.

Il Segretario di Stato americano, John Kerry, ha detto che “la proposta egiziana di cessate il fuoco è una buona occasione per fermare la violenza e far tornare la calma. Accolgo con piacere la decisione del Gabinetto di Sicurezza israeliano di accettare l’iniziativa del Cairo e invito tutte le parti a comportarsi in modo simile”.

Secondo la stampa egiziana il Presidente palestinese Abu Mazen domani sarà al Cairo ed incontrerà al-Sisi.

Il Ministro degli Interni israeliano, Gideon Sa’ar, ha chiesto di convocare una riunione di tutti i membri del governo per discutere la proposta egiziana di cessate il fuoco-

La notizia di una fine dei raid aerei israeliani a Gaza, diffusa dall’Agenzia palestinese Ma’an un’ora fa, è stata subito smentita. Mezz’ora fa l’aviazione israeliana ha colpito un campo agricolo nel quartiere al-Sha’af ad est della città di Gaza.

Sul versante israeliano un soldato israeliano è stato ferito leggermente dai frammenti di un razzo sparato verso Sderot. Il sistema Iron Dome ha intercettato due missili indirizzati verso Ashkelon e Rehovot. Le sirene sono tornate a suonare ad Ashdod, Rishon LeTzion, Rehovot, Tel Aviv e Afula (non molto lontano da Nazaret). Secondo l’esercito israeliano dalle 9 di stamattina sono stati sparati 35 missili dalla Striscia di Gaza verso Israele

AGGIORNAMENTO ORE 12:20 AGENZIA MA’AN: “ISRAELE HA SOSPESO ATTACCHI SU GAZA”

Secondo l’Agenzia palestinese Ma’an, l’esercito israeliano ha detto di aver sospeso i suoi attacchi su Gaza. Al momento la notizia non trova conferma sui media israeliani.

AGGIORNAMENTO ORE 11:50  HAMAS: “NON SIAMO STATI CONSULTATI SULL’INIZIATIVA EGIZIANA DI CESSATE IL FUOCO”

Il portavoce di Hamas, Abu Zuhri: “non siamo stati consultati sull’iniziativa egiziana che abbiamo appresa solo dai mezzi di comunicazione. La rifiutiamo. Non capisco dove sia il vantaggio se viene eliminata la resistenza [palestinese, ndr] mentre l’aggressione [l’attacco di Israele, ndr] continua”.

Colpite due case ad Ashdod da un missile sparato dalla Striscia di Gaza. Le sirene sono suonate ad Eshkol, Ashkelon, Rehovot e Nes Tziona, Wadi Ara. Non si segnalano danni né feriti.

AGGIORNAMENTO ORE 11:30  NETANYAHU: “SE HAMAS NON RISPETTA IL CESSATE IL FUOCO, INASPRIREMO L’ATTACCO”

Prima di iniziare l’incontro con il Ministro degli Esteri tedesco, il Premier israeliano Netanyahu ha dichiarato: “se Hamas non accetterà il cessate il fuoco, inaspriremo l’attacco”.  Il Primo Ministro ha poi aggiunto: “abbiamo risposto positivamente alla proposta egiziana di cessate il fuoco per dare una possibilità alla Striscia di Gaza di essere privata dei razzi”. Tuttavia, ha avvertito, “se Hamas continuerà a sparare avremo tutta la legittimità internazionale per intervenire”.

 

AGGIORNAMENTO ORE 10:45  DA STAMATTINA CINQUE PALESTINESI UCCISI, 192 DALL’INIZIO DELL’OPERAZIONE “BORDO PROTETTIVO”. 

Cessate il fuoco più o meno vicino, a Gaza si continua a morire. Ashraf al-Qudra, portavoce del Ministero della Sanità palestinese a Gaza, ha affermato che  Sulayman Abu Luli (33 anni), Bushra Khalil Za’rab (53) e ‘Ata al-’Umur (58) sono stati uccisi nel raid aereo compiuto dall’aviazione israeliana a Khan Yunis. Sono 192 le vittime palestinesi  dall’inizio dell’Operazione “Bordo protettivo”. Più di 1400 i feriti.

AGGIORNAMENTO ORE 10:15   POSTICIPATA LA VISITA DI KERRY AL CAIRO PREVISTA PER OGGI

E’ stata posticipata la visita del Segretario di Stato statunitense John Kerry al Cairo che era annunciata oggi.

La destra radicale israeliana critica con toni aspri la decisione del Gabinetto di Sicurezza di approvare il cessate il fuoco proposto dagli egiziani. Il Ministro della Casa e dell’Edilizia, Uri Ariel, ha giudicato la scelta del Gabinetto “un errore strategico”. Favorevole il partito laburista. “Accolgo con favore l’iniziativa egiziana perché riporterà il silenzio tra i cittadini del sud d’Israele”. ha dichiarato il leader di HaAvoda Itzhak Hertzog. “Speriamo – ha aggiunto – che Hamas la rispetterà”.

Intervistato dalla rete panaraba al-Mayadeen, un leader di Hamas ha affermato che “nessuno finora ha discusso con noi o con la Jihad l’iniziativa egiziana”.

 

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della redazione

Gaza, 15 luglio 2014, Nena News – Le Brigate Ezzedin al-Qassam, braccio armato di Hamas, rifiutano la proposta egiziana di cessate il fuoco, che definiscono una “resa”, e  minacciano di “inasprire” ulteriormente il conflitto con Israele. Il passo segue la posizione  presa nel corso della notte dalla leadership politica del movimento islamico contraria a una tregua senza un accordo complessivo. Si raffreddano perciò le speranze dei tanti di coloro che avevano auspicato l’accoglimento immediato dell’iniziativa egiziana che prevede l’avvio di trattative per un accordo complessivo entro 48 dall’inizio della tregua.

  Proprio oggi al Cairo arriva il segretario di Stato americano John Kerry per discutere  i punti del cessate il fuoco con il suo omologo egiziano Sameh Shukri.

Il secco no di Hamas è stato seguito dall’accettazione della proposta egiziana da parte del gabinetto di sicurezza di Israele (contrari il Ministro degli Esteri Lieberman e quello dell’Economia Bennet). Il premier Netanyahu  ora intende chiedere, riferisce la stampa locale, la consegna da parte delle organizzazioni armate palestinesi delle riserve di razzi. La ‘smilitarizzazione’ di Gaza è la richiesta centrale di Israele. Nessuno però crede che sarà accettata da un Hamas che grazie alla nuova guerra ha riconquistato prestigio tra i palestinesi e gli arabi e ora alza il tiro. Il movimento islamista vuole la riapertura di tutti i valichi con Gaza, i fondi per pagare gli stipendi di circa 40.000 dipendenti pubblici nella Striscia e la liberazione dei suoi militanti arrestati da Israele in Cisgiordania dopo il recente rapimento dei tre ragazzi ebrei. 

Ha detto sì alla proposta egiziana invece il presidente dell’Anp Abu Mazen. Lo riferisce l’agenzia di stampa palestinese Wafa.   Abu Mazen ha lanciato un appello ”a tutte le parti” affinche’ assecondino gli sforzi egiziani, nell’ intento di risparmiare ulteriori vittime al popolo palestinese e ”nel supremo interesse nazionale”. Il presidente ha poi espresso la speranza che questa tregua possa spianare la strada verso uno sforzo politico che faccia terminare l’occupazione e possa dare vita ad uno stato palestinese”.

Intanto l’offensiva militare israeliana prosegue. Nelle ultime ore almeno quattro palestinesi, tra i quali una donna di Rafah, sono stati uccisi da raid aerei nel sud della Striscia. Un bilancio ufficioso parla di 191 morti e 1400 feriti.  Dieci persone sono state ferite ad Eilat nel sud d’Israele da un razzo palestinese. Secondo i dati forniti dall’esercito israeliano nella giornata di ieri sono stati almeno 100 i missili sparati dalla Striscia (più di 900 dall’inizio dell’Operazione “Bordo Protettivo”). Tre razzi sono stati sparati anche dalla Siria e dal Libano verso il nord d’Israele, le Alture del Golan occupato e la Galilea Occidentale. Nena News