Non c’è stato nessun omicidio. Per poter parlare di omicidio ci devono essere determinate premesse. Si è trattato semplicemente di un decesso.
Nikòlaos Tàgaris, prefetto dell’Acaia, deposizione alla commissione parlamentare d’inchiesta (16/7/1991)
La notte tra il 9 e il 10 gennaio di 25 anni fa il professor Nikos Teboneras veniva brutalmente assassinato da alcuni individui appartenenti alla sezione di Patrasso dell’organizzazione giovanile del partito Nea Dimokratìa (ONNED). Gli insegnanti hanno programmato un raduno commemorativo sul luogo dell’omicidio. Un quarto di secolo dopo, i fatti del 1991 restano ancora attuali.
Le elezioni per la presidenza di Nea Dimokratìa [svoltesi il 10/1/2016, hanno portato alla vittoria Kyrìakos Mitsotakis, figlio di Konstantinos Mitsotakis, primo ministro tra il 1990 e il 1993, n.d.t.] conferiscono a questa ricorrenza un’incredibile attualità: il fascismo può benissimo funzionare come la “lunga mano” delle politiche economiche filoliberiste. L’omicidio di Patrasso, infatti, non nasce dal nulla. È stata la conseguenza naturale di una politica studiata dai vertici del partito per sgomberare le occupazioni studentesche di quel periodo, attraverso la mobilitazione del meccanismo partitico di Nea Dimokratìa. L’operazione godeva del caloroso sostegno dei media di destra e della silenziosa copertura dei servizi di sicurezza.
A confermare la connivenza dello Stato con i responsabili del delitto sono soprattutto i tentativi ripetuti del governo e di Nea Dimokratìa non solo di coprire le proprie responsabilità, ma anche di assicurare agli autori materiali del delitto un trattamento di riguardo nel procedimento penale successivo all’omicidio.
Le occupazioni studentesche
Tutto è iniziato con due decreti del governo Mitsotakis per i Ginnasi (393/1990) e i Licei (392/1990), caratterizzati da una logica disciplinare autoritaria e ispirata ai valori del cristianesimo e del nazionalismo. I decreti prevedevano, tra le altre cose:
– ripristino delle preghiere quotidiane;
– ripristino del catechismo e dell’alzabandiera ;
– «revisione» delle comunità studentesche;
– nessuna tolleranza per le assenze ingiustificate;
– imposizione di un point system per controllare e sanzionare il comportamento degli studenti.
L’iniziale disposizione sulle «divise uguali per tutti gli studenti» venne ritirata di fronte allo sdegno pubblico, per essere poi riproposta come disposizione sull’obbligo di mantenere «un aspetto semplice e dignitoso». I particolari sarebbero stati definiti in base alle proposte del consiglio dei genitori, con decisione finale del consiglio dei docenti; la disposizione prevedeva sanzioni nei confronti di qualsiasi studente avesse un abbigliamento giudicato «in evidente disarmonia con l’ambiente scolastico».
La risposta degli studenti fu una tempesta di occupazioni che iniziarono il 22 novembre a Iraklio; le occupazioni dilagarono rapidamente in tutta la Grecia: 1.180 scuole occupate il 10/12, 20.000 manifestanti per le strade del centro di Atene il 13/12.
Le istanze degli occupanti erano naturalmente incentrate sul ritiro dei decreti contestati, ma gli studenti avanzarono anche proposte positive sulla didattica – ad esempio, riadottare nelle classi il libro «Storia del genere umano» di Lefteris Stavrianòs, che riportava la teoria darwiniana dell’evoluzione delle specie, appena ritirato dalle classi del I Liceo perché bollato come «anticristiano».
Nella rivolta studentesca confluirono le mobilitazioni degli studenti medi e di quelli universitari, che nello stesso periodo avevano occupato le loro facoltà contro il piano di legge Kontoghiannòpoulos, e che il 18/12 realizzarono un raduno studentesco a cui parteciparono 35.000 giovani.
Sorpresi dagli sviluppi, il governo si rifugiò nei riflessi conservatori della sinistra ufficiale («le scuole devono essere riaperte», dichiara il 12/12 Grigoris Farakos, dopo un incontro con Mitsotakis), sembrò cedere su alcuni punti e attese l’arrivo del natale, ritenendo che le vacanze avrebbero placato gli animi.
Ma queste aspettative si rivelarono fasulle. Secondo i dati ufficiali del ministero dell’Istruzione e della Religione, più di 700 scuole rimasero occupate durante le feste (tra queste, il 51% delle scuole di Atene, il 53% delle scuole del Pireo, l’80% di quelle dell’Attica occidentale, il 46% di quelle di Salonicco, il 63% di quelle dell’Argolide e il 68% delle scuole di Corfù), mentre in molti altri istituti erano state programmate assemblee per il 7 gennaio.
Deciso a stroncare il movimento, il ministero dichiarò che le lezioni si sarebbero svolte anche con un solo studente presente, ordinò ai presidi di prendere le assenze sul marciapiede (con unico criterio la dichiarazione di ciascuno studente pro o contro l’occupazione) e ricordò che bastavano 50 assenze ingiustificate per perdere l’anno («Ελεύθερος Τύπος», 4/1/1991). Questo ricatto però non funzionò, perché dopo la fine delle vacanze le occupazioni aumentarono. La propaganda governativa iniziò a diffondere bugie, senza ottenere risultati significativi, mentre il Procuratore capo di Atene chiariva ai genitori che per avviare procedimenti per turbamento dell’ordine pubblico i presidi delle scuole dovevano dichiarare per iscritto che i ragazzi, nonostante la volontà di entrare in classe, erano impossibilitati a seguire le lezioni (ΕΤ2, 7/1/1991).
…e sgomberi
Atene18/12/1990. La resistenza delle occupazioni studentesche fece infuriare il governo Mitsotakis | foto di Tassos Kostòpoulos
Al governo non rimase altro da fare che ricorrere alla violenza. Gruppi di «cittadini indignati» di N.D. e della sua organizzazione giovanile si incaricarono di sgomberare a mazzate le occupazioni.
Il 7 gennaio gli episodi furono limitati ed ebbero più che altro il carattere di un «automatismo sociale», i cui protagonisti furono soprattutto genitori ostili alle occupazioni. Del tutto diverse furono le violenze del giorno seguente, quando fu evidente il fallimento delle pressioni esercitate all’interno della legalità.
Alle 2 di notte, una quarantina di giovani armati di spranghe fecero irruzione con lacrimogeni e petardi nel 4° Liceo di Salonicco, rompendo la porta e mandando all’ospedale una studentessa e un genitore che si trovava lì; il capo delle spedizioni, secondo le denunce, era il presidente della locale MAKI [Movimento Studentesco Indipendente, gruppo studentesco affine all’ONNED, n.d.t.] («Ριζοσπάστης», 11/1). Un’altra ventina di persone provò a sgombrare il Liceo Tyrolòis, a Truba, ma vennero respinti da studenti e genitori («Τα Νέα», 10/1).
A Kypseli ci fu un’irruzione nel 33° Liceo, mentre a Votanikòs il 63° Liceo fu attaccato con lanci di molotov («Ελευθεροτυπία», 9/1). Una manifestazione di elettori di Nea Dimokratìa a Corfù, una vera «esplosione popolare», secondo il comunicato stampa della prefettura, si concluse con assalti alle occupazioni delle scuole dell’isola. Ad Amaliada, un gruppo di giovani di N.D. occupò il comune e pestò il sindaco (del PASOK). A Lamìa e a Makrakomi, infine, come riportato dal giornale filogovernativo «Ελεύθερο Τύπο» (9/1), i genitori che volevano mettere fine alle occupazioni distrussero porte e vetri di tre scuole, provocando danni per decine di migliaia di dracme. Uno studente del 6° Liceo di Lamia rimase leggermente ferito. Gli assalti erano stati preparati da famosi giornalisti, a partire già dal periodo degli scioperi estivi.
«Una decina di canaglie sta seminando scompiglio e vuole soffocare la Nazione, proprio quando riesce a reggersi in piedi da sola», dichiarò Christos Pasalaris (Απογευματινή 6/7/1990).
«Lo stesso primo ministro», conclude l’articolo, in televisione deve insegnare al popolo «ad autodifendersi da quelle dieci sadiche canaglie che sabotano i sacri diritti dei liberi cittadini, tagliando la corrente, chiudendo le scuole, impedendo la libera circolazione per le strade, mettendo in pericolo la salute pubblica». Anche Dimitris Rizos (9/1/1991), editore del giornale «Ελεύθερος Τύπος», invitò i lettori all’ “autodifesa”: «prima o poi i cittadini di questo Paese dovranno reagire contro i politicanti di mestiere. Avanti dunque, seguiamo la strada segnata dai cittadini di Amaliada». Quando il giornale arrivò nelle edicole, Nikos Teboneras era già morto.
L’omicidio
Lo striscione che apriva le manifestazioni i giorni immediatamente seguenti l’omicidio (Atene, 9-10/1/1991) | Tassos Kostòpoulos
A Patrasso gli episodi iniziarono la sera dell’8 gennaio, con la spedizione infruttuosa contro l’occupazione del liceo multidisciplinare da parte di circa 25 giovani di N.D. capeggiati da Ghiannis Kalambokas, presidente dell’ONNED di Patrasso, consigliere comunale e impiegato alla Banca di Creta.
Dopo aver schiaffeggiato un professore, entrarono nel complesso scolastico e sgombrarono gli occupanti, ferendo alla mano con un taglierino il presidente del consiglio degli studenti. La notizia venne trasmessa dalla radio locale e circa duecento cittadini si radunarono al di fuori del complesso scolastico per proteggere gli studenti.
I giovani di N.D. li accolsero insultandoli: «sentimmo qualche slogan sul nazionalsocialismo», dichiarerà più tardi il professor Dionisis Evstathiou, «ma nessuno si aspettava il peggio» (Atti dell’inchiesta, 20/6/1991, pag. 16). Dopo il tentativo fallito del sindaco Andreas Karàvolas di convincere i giovani di N.D. ad andarsene e il lancio di oggetti contro di lui, un gruppo di professori disarmati e di cittadini entrò nel cortile, certi che il numero sarebbe bastato a far ritirare il gruppo di aggressori armati. Questi ultimi li picchiarono con le loro spranghe, spaccando la testa di Temboneras e ferendo gravemente altre tre persone. Quando arrivò all’ospedale, il professore, membro del Fronte Antimperialista dei Lavoratori (EAM), era clinicamente morto.
Il gruppo di aggressori era già noto a Patrasso per altri episodi violenti (assalti a sedi politiche ecc.) verificatisi durante le elezioni del biennio precedente (elezioni politiche il 18/6/1989, il 5/11/1989 e l’8/4/1990, comunali il 14/10/1990) e tollerati dalle autorità. Nel periodo delle occupazioni avevano svolto almeno due assemblee per decidere come affrontare gli occupanti.
Durante la prima assemblea (22/12/1990), a cui parteciparono anche il sottosegretario all’Istruzione Vassilis Bekiris e il parlamentare Nikos Nikolòpoulos, Kalambokas propose l’idea di un’azione di forza da parte dell’ONNED, e gli venne risposto che una cosa del genere avrebbe potuto essere presa in considerazione dopo le feste (atti dell’inchiesta, 3/7/1991, pag. 4-6). La seconda assemblea si svolse la sera dell’8 gennaio in prefettura. Secondo la deposizione giurata di quattro dei 60 presidi presenti, il prefetto Nikos Tagaris definì «legali» gli sgomberi, e fece un riferimento al complesso scolastico Vud (atti dell’inchiesta, 16/7/1991, pag. 85-6).
Simili progetti vennero proposti durante le assemblee in tutta la Grecia (ad es. il 4/1 a Salonicco, alla presenza del ministro degli Interni Sotiris Koùvelas). Secondo il reportage di Thodorìs Roussòpoulos («Ελευθεροτυπία», 13/1), ordini simili erano stati impartiti anche dal vicepresidente di N.D. Theòdoros Bechrakis, con un telex alle sedi provinciali del partito, e telefonicamente dalla commissione per le mobilitazioni dell’ONNED alle sezioni locali. La notizia dell’omicidio esplose come una bomba.
Atene 10/1/1991 | Tassos Kostòpoulos
La sera del 9 gennaio il centro di Patrasso si trasformò in un teatro di scontri, che si protrassero per due giorni anche per le strade di Atene (10-11/1). Vi parteciparono migliaia di manifestanti, con un bilancio di centinaia di feriti e altri quattro morti, quando uno dei 4.000 lacrimogeni lanciati dai MAT provocò un incendio in una cartoleria.
In preda al panico, il governo ritirò i decreti e il piano di legge, Kontoghiannòpoulos si dimise e il suo successore Ghiorgos Soufliàs annunciò l’apertura di un dialogo nazionale sull’istruzione «ripartendo da zero».
La copertura della polizia
Atene 10/1/1991 | Tassos Kostòpoulos
Si tentò immediatamente di insabbiare quanto realmente accaduto, con la costruzione di una versione accomodante dei fatti. Nel primo pomeriggio del 9/1/1991 venne diffuso un comunicato particolareggiato della Direzione di Pubblica Sicurezza dell’Acaia, in cui la responsabilità principale per l’omicidio veniva attribuita alle vittime:
«Alle ore 21.00 dell’8 gennaio 1991, un gruppo di circa 30 persone ha fatto irruzione nel cortile delle scuole sopra citate dopo aver sfondato i cancelli e, senza fare uso di violenza, ha obbligato i circa 30 occupanti ad uscire nel cortile della scuola. I nuovi occupanti, che avevano come unico scopo il ripristino del normale svolgimento delle lezioni, sono rimasti padroni dello spazio. Gli studenti sgomberati hanno diffuso telefonicamente la notizia agli altri giovani occupanti. Dalle ore 22.20 circa alcuni cittadini hanno iniziato a radunarsi davanti la scuola, raggiungendo il numero di circa 250 individui, tra i quali anche il sindaco di Patrasso Karàvolas.
Il sindaco, dopo un incontro con i nuovi occupanti, non è riuscito a farli allontanare, ed ha comunicato la notizia alle persone radunate all’esterno della scuola, che hanno allora preso la decisione di fare irruzione in massa per sgomberare il luogo.
Durante gli scontri verificatisi circa alle 22.45 sono avvenuti reciproci lanci di diversi oggetti (pietre, pezzi di legno e di ferro, ecc.) che hanno portato al grave ferimento del professor Temboneras Nikòlaos, di anni 38, ora ricoverato nel reparto terapia intensiva de ll’ospedale universitario di Rio, e il leggero ferimento di:
- A) Tsoukalàs Christos, professore di Liceo, anni 34
- B) Ghiotis Konstantinos, anni 31, impiegato pubblico e
- C) Vassiliàs Nikolaos, anni 23, muratore
i quali, dopo i primi soccorsi, hanno fatto ritorno ai rispettivi domicili.
In base all’ inchiesta successiva condotta dal viceprocuratore Mytis, della Procura di Patrasso, sono presumibilmente coinvolti:
- A) Kalambokas Ioannis, anni 30, impiegato bancario
- B) Marangòs Alexios, anni 37, e
- C) Spinos (non identificato)
Il procuratore ha disposto l’arresto degli individui sopra menzionati, sebbene al momento il loro arresto non sia stato possibile, poiché assenti dai rispettivi domicili e sono tuttora ricercati».
Almeno tre punti del comunicato destano perplessità:
- la conoscenza delle generalità degli autori (ancora liberi) dello sgombero dell’occupazione;
- l’affermazione secondo cui le persone radunate fuori dalla scuola abbiano deciso di compiere un’«irruzione in massa» e
- il lancio «reciproco» di oggetti, mentre tutti i feriti appartengono a un solo schieramento – quello maggiormente numeroso.
La collaborazione del gruppo di Kalambokas con la polizia è un capitolo ancora oscuro. La cosa certa è che Kalambokas ha goduto di una certa immunità per le sue azioni violente, e che Marangòs visitava regolarmente la Direzione di Polizia, di fronte al cui edificio esercitava occasionalmente il mestiere di venditore ambulante.
Anche la denuncia del presidente della locale Unione dei Poliziotti, ex membro dei servizi di sicurezza, secondo cui Marangòs era un informatore stipendiato dei servizi («Τα Νέα», 12/1/1991, pag. 17) non è mai stata chiarita.
Per quanto riguarda l’assenza della polizia dal luogo dell’omicidio nonostante il centro operativo avesse un quadro molto chiaro della situazione, è disarmante la deposizione del prefetto agli Atti della commissione d’inchiesta (16/7/1991, pag. 129):
«La polizia aveva ricevuto dal Ministro competente l’ordine di astenersi da qualsiasi operazione negli edifici scolastici durante il periodo delle occupazioni. La sua presenza è stata discreta e a distanza. E questo perché altrimenti alcuni avrebbero provato a collegare la presenza della polizia alle azioni che miravano a sgomberare le occupazioni».
L’«inchiesta» parlamentare
Atene 10/1/1991 | Tassos Kostòpoulos
Un secondo campo di confronto fu la commissione d’inchiesta incaricata di indagare sulla questione all’unanimità dal Parlamento (4/3/1991). Durante la discussione gli oratori di N.D. avevano duramente contestato la relativa istanza dell’opposizione, con argomenti che andavano dall’agnosticismo all’esplicita difesa degli oppositori alle occupazioni.
«Il professor Temboneras è rimasto vittima degli scontri. E durante uno scontro dubito che si possa capire chi stia picchiando chi», assicurò ad esempio l’onorevole Spilios Spiliotòpoulos, parlamentare dell’Acaia, mentre Apòstolos Andreoulakos sostenne che «la legalità» era stata «ripristinata» dal gruppo di Kalambokas, e che Temboneras fu ucciso «da una folla inferocita di sostenitori degli occupanti» e, di conseguenza, le responsabilità penali andavano attribuite ai compagni della vittima. Alla fine venne istituita la commissione d’inchiesta, dopo l’intervento del primo ministro in persona.
Come si evince dagli atti ufficiali, durante i lavori della commissione il presidente Epaminondas Zafiròpoulos non fu per nulla imparziale: spesso dettava le risposte ai funzionari di sicurezza, o minacciava e provava a confondere i testimoni «nemici». Un simile atteggiamento fu tenuto anche da alcuni onorevoli parlamentari, come Petros Tatoulis.
Riportiamo la risposta stizzita di Zafiròpoulos che commentò le dichiarazioni contrastanti della polizia e del presidente dell’ELME [Federazione Ellenica degli Insegnanti dell’Istruzione Secondaria]: «adesso ci mettiamo a paragonare le asserzioni della signora Antoneli con quelle della polizia? La polizia è un ente statale e la signora Antoneli è una persona. Tutti gli Stati hanno una polizia» (16/7/1991, σ. 145).
E pensate che la commissione era stata formata proprio per fare chiarezza sulle responsabilità dei servizi di sicurezza! Dunque non desta alcuna sorpresa il fatto che la commissione non sia giunta a un verdetto unanime. I parlamentari dell’opposizione diffusero le loro conclusioni, in cui parlavano di «brutale assassinio politico», la cui responsabilità era «non solo degli autori materiali ma anche dei mandanti morail, tra i quali possono essere annoverati il prefetto Tagaris e i dirigenti di polizia Badas e Tsaousis» («Ποντίκι», 18/6/1992), mentre la maggioranza governativa archiviò il caso.
Gli atti di due delle 23 udienze (la 19° e la 20° ) non sono presenti nel fascicolo del Parlamento. Subito dopo la fine dei lavori il presidente della commissione diventò ufficialmente l’avvocato difensore di Kalambokas in tribunale (20/7/1992).
Dopo l’omicidio Temboneras
La battaglia legale
Il tribunale costituisce il terzo ed ultimo campo di confronto.
I ricercati si costituirono spontaneamente e vennero incarcerati preventivamente. Il filo degli eventi può essere riassunto in cinque “tappe”:
– nel maggio 1991 viene scarcerato Marangòs, nonostante il presidente del consiglio degli studenti, testimone oculare, lo vide uscire dalla scuola con un piede di porco insanguinato (atti dell’inchiesta, 16/10/91, pag. 13-4);
– nel marzo del 1992 un verdetto sancì la sostituzione di sindaco e prefetto, contro cui erano state presentate denunce per complicità morale da alcuni gruppi di avvocati di Patrasso. Con il medesimo verdetto Kalambokas venne rinviato a giudizio per omicidio, Marangòs e Spinos per lesioni personali e altri 10 membri dell’ONNED per concorso e complicità. La stessa accusa venne però rivolta anche a 6 appartenenti allo schieramento degli occupanti, tra cui anche 4 testimoni oculari dell’omicidio!
– il processo di primo grado iniziò a Volos il 22/6/1992 e si concluse il 9/3/1993 con la condanna di Kalambokas all’ergastolo per omicidio volontario senza attenuanti, di Marangòs e Spinos a tre mesi di carcere e con l’assoluzione degli altri imputati. Sul nucleo duro di N.D. la decisione fu un vero shock: «siamo forse governati dal PASOK? , si chiedeva il giorno successivo Dimitris Rizos sul giornale «Ελεύθερο Τύπο». «Perché in un processo così politicizzato la Società non ha fatto nulla affinché a emettere il verdetto fossero giudici che non si fanno influenzare da falsi testimoni? Che non si piegano alla marmaglia? Neanche questo è in grado di garantire il potere, ormai vacillante?»;
– il «potere vacillante» infine decise di rimediare alle questioni in sospeso prima delle elezioni del 1994;
Il 16/6/1993 venne stabilita un’udienza (per il 7/12/1993) e, successivamente, il personale del tribunale di Larissa venne trasferito in massa, perché la composizione del nuovo corpo fosse stabilita non per sorteggio, ma dal nuovo presidente, noto per la sua partecipazione a sentenze favorevoli per il governo («Τα Νέα», 15/11/1993).
Ma il governo Mitsotakis cadde il 9/9/1993, il nuovo governo Papandreou annullò i trasferimenti e Kalambokas fu di nuovo condannato (19/5/1994) a 17 anni – con l’attenuante di non avere precedenti penali.
La novità fondamentale del processo di secondo grado furono le accuse tra ex camerati. Kalambokas rivelò che il vero assassino di Temboneras era Marangòs, dichiarazione confermata anche da Spinos e da Achilleas Prionàs (uno degli accusati).
Marangòs il 22/2 dichiarò che probabilmente l’assassino era Prionàs, denunciò Spinos e ottenne la sua condanna per calunnie. D’altronde non correva alcun rischio, visto che era stato irrevocabilmente assolto dal verdetto.
– nel 1996 l’Aeropago stabilì che il tribunale doveva riesaminare il caso prendendo in considerazione l’attenuante della «tensione della situazione».
Il caso venne di nuovo sottoposto a processo (1-15/10/1996), il tribunale fu costretto dall’Aeropago a una revisione della pena, che venne ridotta a…16 anni e mezzo (22/1/1998). Poco più tardi Kalambokas venne scarcerato, avendo scontato i 2/5 della pena. Da allora, molta acqua è passata sotto i ponti.
Kalambokas è diventato dirigente di una filiale della Banca Nazionale a Volos. Vassilis Kontoghiannòpoulos è stato eletto nel 2000 parlamentare del PASOK e nel 2003 è stato Sottosegretario alla Sanità durante il governo Simitis. Nikos Nikolòpoulos, che aveva giustificato le violenze della squadraccia di Kalambokas parlando di «costumi locali» (atti dell’inchiesta, 15/5/1991, pag.82), ha appoggiato il governo di Alexis Tsipras – il più famoso degli occupanti del 1991 – come parlamentare di AN.EL. Qualcuno vuole forse mettere in dubbio il successo della pacificazione nazionale?
Patria – Religione – Polizia
Tra gli altri documenti di quel periodo, sul sito web dell’Istituto Konstantinos Mitsotakis sono stati caricati due telegrammi di alcuni cittadini che, all’indomani dell’omicidio Temboneras, invitavano il governo a non cedere al partitismo e all’anarchia.
Il primo è stato scritto da un ex prefetto, autore del più dettagliato testo pubblicato sino ad oggi sul «terrore rosso» nel Peloponneso durante l’occupazione, mentre il secondo è di una coppia di genitori nazionalisti. Entrambi i telegrammi sono molto eloquenti per comprendere il miscuglio di autoritarismo, nazionalismo e religione di cui era intrisa in quel periodo l’ideologia della “liberale” N.D.:
«Kyparissia, 11/1
Al Presidente del Consiglio
Al ministro dell’Istruzione
Al ministro della Giustizia
Al ministro dell’Ordine Pubblico, Atene.
Popolo greco attende protezione in tutti i modi di istruzione ellenica, società ellenica e democrazia ellenica dai piani di anarchici guidati da organi partitici antidemocratici e antieducativi. Kosmàs Antonòpoulos, ex prefetto».
«Spettabile Ministro, siamo genitori di studenti. Concedeteci il diritto di esprimere la nostra approvazione per tutte le misure, senza eccezione alcuna, che voi e altri saggi collaboratori avete ideato per il bene dell’amatissima patria e della vera educazione dei nostri giovani. Prendete tutte le misure in vostro potere per ricondurre alla ragione le masse paranoiche e disinformate che insorgono contro i vostri santissimi progetti per il rinnovamento spirtituale e sociale della nostra nazione, e soprattutto rimanete al vostro posto, lì dove il fato vi ha posto quando i tempi diventarono maturi.
Non è possibile che la gioventù di oggi, già da alcuni anni, si occupi solo di sigarette, coca, whiskey, caffetterie e discoteche, anziché sforzarsi di portare giovamento a se stessa e alla nostra società.
Petros e Maria Kalogheropoulou
Dyaleon 21 – Atene 11854»
Il nuovo Cristo e i vasi comunicanti
Michalis Arvanitis sul palco di Alba Dorata | Eurokinissi
L’unico libro sul caso Temboneras è stato scritto da un membro di…Alba Dorata: il parlamentare dell’Acaia Michalis Arvanitis, avvocato di Kalambokas per i primi diciotto mesi dopo l’omicidio e di Alekos Marangòs fino al giugno del 1991.
Con l’accattivante titolo «Chi uccise Nikos Temboneras», l’opera è stata pubblicata nel 2002 dalla casa editrice Pelasgòs di Ioannis Ghiannàkena (allora appartenente al Fronte Ellenico di Voridis e poi del LAOS), e costituisce un maldestro tentativo di discolpare il primo cliente dello scrittore, attribuendo le responsabilità dell’omicidio al secondo.
Il libro è stato presentato ufficialmente nel dodicesimo anniversario dell’omicidio (8/1/2003) da Makis Voridis e dai giornalisti Christos Pasalaris e Ghiannis Voùltepsis.
Quest’ultimo, responsabile dell’Ufficio Stampa di N.D. tra il 1984 e il 1993, adotta esplicitamente nelle sue memorie il punto di vista dell’«amico Arvanitis» come unica narrazione dei fatti degna di nota («Δέκα σκληρά χρόνια στη Νέα Δημοκρατία», Atene 2005, pag. 398-401).
Per quanti hanno seguito il caso attraverso i giornali, in particolare le accuse reciproche tra ex camerati durante il processo di secondo grado, il libro di Arvanitis non offre nulla di nuovo.
Con l’eccezione, forse, della rivelazione secondo cui l’autore fu sostituito – come avvocato di Kalambokas – da onorevoli parlamentari di N.D., perché lui aveva già assunto come collaboratore l’avvocato ateniese «nazionalista» K. P(levris?), che aveva «le capacità e le competenze per provvedere efficacemente alle necessità del caso».
Con quanto è venuto alla luce, il paragone di Kalambokas e Cristo (pag. 14) desta solo sorrisi ironici, così come l’insistenza dell’autore nel sostenere che la squadraccia dell’ONNED non voleva sgomberare la scuola, ma era uscita in strada per un semplice attacchinaggio ed era stata «intrappolata» lì dalla «folla infervorata» degli occupanti e dei loro sostenitori (pag. 37 – 47).
Va presa poco sul serio anche la tesi fondamentale secondo cui il caso non fu altro che una cospirazione per sabotare il potente Kalambokas, sabotaggio a cui partecipò l’intera «catena di individui» che «progettò, organizzò e realizzò non solo il delitto di quella sera, ma anche una serie di altri delitti contro la Giustizia, la Verità e la Dignità Umana, per scopi politici e allo stesso tempo per sfogare le loro malate passioni politiche» (pag. 39–40).
Tesi che, tra le altre cose, è in evidente contrasto con quanto sostiene oggi il partito di Michalis Arvanitis: provando a relativizzare i propri delitti, Alba Dorata in realtà ci ricorda sempre di più negli ultimi anni il vigliacco omicidio del professore di sinistra da parte delle «squadracce dell’ONNED».
Al contrario, l’opera nel suo complesso delinea “dal di dentro” la mentalità politica e ideologica che ha portato al delitto Temboneras e che aveva grande successo allora nello schieramento liberale, mentre ora è stata adottata da Alba Dorata.
L’avvocato di Kalambokas si straccia le vesti perché «gli ufficiali ellenici, ostaggi del passato dittatoriale che i partiti vogliono tenere vivo, non osano spaccare i denti ai politici dittatori», mentre «la compagnia di compagni trebbia le messi di qualsiasi campo si trovi davanti» (pag. 34).
Chiama la presidente dell’ELME la «compagna pesantona», il presidente del consiglio degli studenti ferito «piccola spia» (pag. 43), i testimoni dell’accusa «marmaglia» (pag. 58), ecc., e dichiara amaramente che «il magistrato non ha sicuramente dimostrato un coraggio da leone, quando sarebbe bastato un ruggito per sparpagliare quelle iene affamate, quella marmaglia di compagni» (pag. 110).
Mitsotakis viene definito «Pilato Cretese», poiché consegnò il nuovo Gesù alla «folla di Ebrei» (pag. 14), mentre i giudici vengono paragonati ai «sacerdoti ebrei, accecati dal fanatismo e dal dogmatismo» (pag. 13).
Nemmeno Temboneras si salva dagli strali dell’avvocato albadorato, che dice di lui: «un sedicente caporione, specializzato nella repressione violenta delle manifestazioni contro gli scioperi ».
Insomma, Kalambokas e la sua comitiva erano semplicemente andati a fare un attacchinaggio…
di Tassos Kostòpoulos (10/01/2016)
Fonte: efsyn.gr
Traduzione di AteneCalling.