25 aprile: la resistenza continua

25 aprile: liberiamoci dai padroni della salute

Data evento
Luogo
Radiondarossa

Fonte:

https://www.ondarossa.info/iniziative/2020/04/25-aprile-liberiamoci-padroni-della


Dal profilo Facebook di

 

ROSSA ha aggiunto un’immagine del profilo temporanea.

LA RESISTENZA CONTINUA
Si avvicina il 25 aprile ma, a causa della grave crisi sanitaria che stiamo affrontando, ci troveremo nella condizione di doverlo festeggiare a distanza.
In questa data così importante per la nostra storia, che qualche sciacall* vorrebbe trasformare in una festa generica per tutt* i/le cadut*, noi non dimentichiamo affatto cosa ha rappresentato il fascismo per l’Italia e per il mondo. Non dimentichiamo il sangue versato da* partigian* affinché fossimo tutt* finalmente liberi dall’oppressione nazi-fascista.
Stiamo attraversando un momento difficile nel quale la crisi si abbatte con ancora più forza sulle fasce deboli della popolazione e in cui l’odio e l’egoismo potrebbero prendere il sopravvento. Le misure statali si stanno dimostrando inefficaci e, dopo decenni di tagli indiscriminati e precarietà diffusa, ci propinano solo decreti fumosi e intempestivi mentre concedono una pericolosa discrezionalità alle forze dell’ordine. Per quanto ci riguarda il responsabile di questo stato delle cose è il capitalismo che crea disuguaglianze.
In questo 25 aprile “quarantenato”, come compagne e compagni del Municipio X, vogliamo promuovere azioni per ricordare la vittoriosa guerra di Liberazione e continuare nell’opera di costruzione di reti di solidarietà dal basso. Infatti, per la costruzione di un domani migliore, sono la libertà e la giustizia sociale che mossero la Resistenza ad indicarci la via: “Andrà tutto bene se nessun* sarà lasciat* indietro”.
Per questo invitiamo tutt* ad utilizzare lo sticker che accompagna questo messaggio, per i profili dei nostri social network. Restiamo uman* e fieramente antifascist*
Avanti Uniti

foto di ROSSA.

25 aprile 2020: Buon compleanno csoa A. Cartella

Dalla pagina Facebook di

 

Csoa Angelina Cartella

VERSO IL 25 APRILE
Le limitazioni alla libertà di movimento di questi tempi, a volte davvero incomprensibili e comunque non più sopportabili, ci impediscono di realizzare quanto volevamo fare in questo 25 aprile: volevamo stare insieme, ballare, vedere le immagini che registrano i18 anni di storia del Cartella, 18 anni di occupazione, resistenza, mille cose fatte insieme. Insieme a* moltissim* che sono passati per questo posto, per poco o tanto tempo non importa, ma contribuendo a fare vivere questa esperienza. Che l’hanno supportata, sostenuta. Che l’hanno difesa. Rivedere i volti cari di chi non c’è più. Dobbiamo rimandare. Nell’attesa abbiamo ricevuto questo graditissimo regalo da TELEMULUNI. È un modo di stare insieme anche ai tempi del coronavirus e di tenere a mente che la RESISTENZA non è solo il ricordo rituale di un giorno l’anno.
Grazie a CiccioPunk e a tutt*. Ci rivedremo presto.

25 aprile 2020: Buon compleanno A. Cartella|. 18 anni di Lotte, Manifestazioni, Teatro, Musica….
YOUTUBE.COM
25 aprile 2020: Buon compleanno A. Cartella|. 18 anni di Lotte, Manifestazioni, Teatro, Musica….
*
Csoa Angelina Cartella

Magari il 25 aprile “Bella Ciao” cantiamola in strada, sotto casa, e non dal balcone.
😁E’ poca cosa ma cominciamo a riprenderci lo spazio pubblico!

E chi se lo aspettava un 25 aprile 2020 così! L’avevamo riempito di aspettative, di idee e di iniziative, perché per noi aveva anche il valore aggiunto di essere il diciottesimo anniversario di occupazione del nostro Centro Sociale “Angelina Cartella”. Quante ne ha viste e vissute il Cartella, quante persone sono passate da qui, anche se per poco tempo non importa, hanno comunque lasciato il loro segno, contribuendo ad arricchire e far crescere questa esperienza, facendola arrivare viva fino ad oggi, quell’oggi che ci trova a dover resistere in spazi di socialità sempre più asfittici e ristretti. Quante e quanti non ci sono più. Assenze importanti il cui ricordo risuona ancora tra queste mura più volte bruciate, le loro voci, le loro battute, i loro modi di dire nello stormire delle fronde del nostro parco. Avremmo voluto ricordarli in questo giorno: da Dino Frisullo, a Carletto Macrì, da Angelo Crea “il Bonzo”, a Ciccio Svelo, e come dimenticare Orazio Cartella, Claudio Modafferi “BUBBINGA”, Osvaldo Pieroni, Mimmo Martino, … Nicla! E tante altre persone, tante esistenze che hanno voluto incrociare il nostro percorso e condividere qualcosa.
Avremmo voluto ritrovarci attorno ad un po’ di musica, video e diapositive, un bicchiere di vino, per ricordare le mille iniziative messe in piedi, racconti belli, tristi o incazzati non importa, comunque ricordi delle tante volte che ci siamo dovuti stringere insieme a fronte di un compagno che ci lasciava, ad un attentato, ad una delle tante ingiustizie perpetrate sul nostro territorio o nel mondo, piccole o grandi, contro le quali ci siamo ribellati e abbiamo lottato… e qualche volta anche vinto: il Ponte sullo Stretto, il raddoppio dell’impianto di trattamento rifiuti a Pettogallico o dell’inceneritore di Gioia Tauro, la campagna per l’acqua bene comune, il ripristino degli 11 milioni di euro del Decreto Reggio al settore degli alloggi popolari. Ne abbiamo fatte di battaglie! magari con un po’ di arroganza, magari sbagliando qualcosa, ma ne abbiamo fatte, incrociando tante esistenze e tanti modi di pensare anche molto diversi dal nostro, ma le battaglie si fanno, si vincono o si perdono assieme. Tanti anche i personaggi noti che hanno attraversato il nostro spazio, da Jack Hirshman a Paul Connett, da Alex Zanotelli a Don Ciotti, da Giorgio Cremaschi a Zero Calcare e poi compagne e compagni storici come Marco Bersani, Silvia Baraldini, Renato Curcio, Barbara Balzerani… impossibile ricordare tutte e tutti. Senza dimenticare che la solidarietà internazionale ci ha fatti incontrare con delegazioni palestinesi, saharawi, cubane, curde o persone speciali come Blandine e Paul Sankara.
Sì, ci avrebbe fatto piacere questo 25 aprile 2020 avere tutte e tutti qui, al Cartella, a festeggiare con noi. Vuol dire solo che dovremo rimandare. Perché il CSOA è ancora qui con la voglia di fare ancora molta strada. Perché neanche i domiciliari imposti dall’emergenza coronavirus hanno fermato il nostro lavoro di supporto solidale, di denuncia, di mutualismo conflittuale. Di riflessione critica su un modello di sviluppo neoliberista che fa acqua da tutte le parti e ci ha portati sull’orlo del baratro. Critiche mai lesinate su una narrazione univoca della crisi sanitaria che non ci convince e approssima scenari molto tetri; su un grande fratello, sempre più invasivo e pervasivo, che sottrae sempre più diritti chiedendoci cieca obbedienza.
Altre grandi sfide ci attendono alla riapertura. Vorremmo affrontarle insieme.

ORA E SEMPRE RESISTENZA!
L’assemblea del Centro Sociale Occupato Autogestito “Angelina Cartella”

Nessuna descrizione della foto disponibile.

Rodari, il maestro di humor e fantasia che incanta i bambini di ogni età

Rodari, il maestro di humor e fantasia che incanta i bambini di ogni età

A 40 anni dalla morte continua la fortuna di uno scrittore amatissimo dai bambini, dai maestri e da milioni di lettori sparsi in tutto il mondo. Che in vita fu poco capito dai critici di professione

di Dario Ceccarelli

(Afp)
(Afp)

Come tutti quelli che trasmettono allegria e leggerezza , Gianni Rodari, era malinconico e introverso. Proprio lui, lo scrittore che ancora oggi tutti ammirano per la sua vulcanica capacità di inventare giochi di parole, filastrocche e paradossi linguistici, era schivo e facile ad adombrarsi. Soprattutto quando veniva indicato, nelle recensioni, come un scrittore per ragazzi e per l’infanzia.

Lo amavano i bambini, i maestri che amano l’insegnamento e milioni di lettori sparsi in tutto il mondo. Molto meno i critici di professione, che lo consideravano con sussiego. Anzi dell’autore della “Grammatica della Fantasia” e di “Favole al telefono”, non parlavano affatto. Che cosa dovevano dire, poi? Che Gianni Rodari vendeva milioni di libri scrivendo che “Una volta un accento per distrazione cascò sulla città di Como mutandola in comò…”?

No, che non potevano. Loro, i sacerdoti della cultura, che dissertavano di strutturalismo e di filosofia hegeliana, di Thomas Mann e Heidegger, mica potevano prendere sul serio un tipo balengo che scrive una novella sul Commendator Mambretti che “possiede trenta automobili e 30 capelli…”.

No, diciamo la verità, non potevano. Soprattutto nel dopoguerra, quando gli autori più letti erano figure come Cesare Pavese , Alberto Moravia o Vasco Pratolini.

Ecco perchè anche adesso, che si celebrano sia i 40 anni della morte (14 aprile 1980) sia il centenario della nascita (23 ottobre 1920) Gianni Rodari fa discutere in maniera anomala: nel senso che o stai di qua o stai di là, o ti piace o non piace. Di sicuro non lascia indifferenti, soprattutto i suoi milioni di lettori sparsi per tutto il mondo. Che amano le sue rime surreali, il gusto per l’assurdo, quel modo di vedere le cose un po’ sghembo, come se avesse una password per connettere e sconnettere le parole che noi, comuni mortali, maneggiamo con metodica pigrizia.

La fantasia al potere

Per noi il Lago di Garda è il Lago di Garda. Punto. Per Rodari è anche qualcos’altro, qualcosa che ti spiazza cui dà il titolo (“L’ago di Garda”) a una sua filastrocca che recita così: “C’era una volta un lago, e uno scolaro un po’ somaro, un po’ mago, con un piccolo apostrofo lo trasformò in un ago. Oh, guarda, guarda-, la gente diceva – l’ago di Garda!”

E però, dai e dai, nonostante i suoi detrattori, Rodari, figlio di un fornaio di Omegna, piccolo centro a Nord del Lago d’Orta, di strada nel mondo ne ha fatta tanta. Una strada partita subito in salita, perché Rodari non era certo un predestinato: già orfano di padre a nove anni, e cresciuto da una madre molto rigida, si è fatto largo a fatica in un mondo che gli era estraneo: quello dei circoli letterali nati intorno alle case editrici, poco avvezzi alle funamboliche invenzioni di un modesto giornalista prima dell’Unità e poi di “Paese sera”che viene dalla provincia novarese, da quel lago d’Orta, grigio e malinconico, su cui poi ambienterà un’altra delle sue celebri storie (“C’era due volte il Barone Lamberto”) che lo ha imposto all’attenzione del pubblico.

Un tipo strano in redazione
Anche alla redazione milanese dell’Unità, dove aveva cominciato nel 1947, lo guardavano come un tipo strano. «Era molto bravo», raccontava nelle lunghe sere di chiusura Sergio Banali, uno degli storici capiredattori degli anni Sessanta. «Però era sempre preso dai suoi racconti, dalle sue storie che certo ci divertivano ma sembravano scritte solo per i bambini».

Poi, ricordiamolo, in quel periodo, il partito era il Partito, la lotta politica aspra, dura, totalizzante. Non c’era tanto tempo, né voglia, di giocare con le parole. Però qualcuno intravede del talento in quel ragazzotto piemontese e, siccome l’Unità viene letta anche in famiglia, a Rodari viene affidata la direzione del “Pionere”, un settimanale che doveva far concorrenza a due giganti come “Topolino” e “il Vittorioso”, quest’ultimo molto diffuso nel mondo cattolico. Anni importanti per Gianni, che lo fanno conoscere e apprezzare. Ma non mancano le perplessità: che vengono anche dall’alto del partito, molto guardingo nei suoi confronti.

Più che lotta di classe, dicono, Rodari parla di coccodrilli sapienti e del motociclista innamorato. Siamo seri, suvvia. Togliatti stesso storce il naso. E manda avanti Nilde Jotti che rincara subito la dose: «Non mi piace. Rodari è poco progressista e anche poco divertente».

Poche soddisfazioni dalla critica
Insomma, nessuno gli regala niente. Più o meno come avverrà anche all’Einaudi, la prestigiosa casa editrice che dal 1960 pubblica le sue opere. Un rapporto difficile nonostante il crescente successo dell’autore. Qui è il regno di Primo Levi, Natalia Ginzburg, Italo Calvino. Firme nobili che fanno la storia della letteratura, guidate da Giulio Einaudi, raffinato guru della cultura del dopoguerra. Anche Calvino scrive racconti per ragazzi, ma non solo. Calvino è una potenza: cordiale nella forma ma freddo nella sostanza. E forse, anche temendo un’invasione di campo, all’inizio tiene Rodari alla larga, non rispondendo a molte sue proposte. Solo più tardi, dopo la sua morte, Calvino gli renderà merito: «È una pena dover parlare di Gianni Rodari al passato. Certo poche esistenze furono illuminate da un umore più gaio e generoso e luminoso e costante della sua».

Lacrime di coccodrillo, viene da dire. Perchè la vita di Rodari , soprattutto all’inizio, non è stata né gaia né allegra. Le sue storie sono divertenti, ma questo non vuol dire che dietro alle sue opere ci sia un uomo sereno e leggero. «Non si sentiva realizzato», racconta Sergio Banali. «Aveva successo, ma sentiva che il mondo della cultura lo guardava come un intruso, come un virtuoso della rima che fa i giochi di parole. Troppo popolare».

Destino strano, quello di alcuni scrittori “molto popolari”. Sembra quasi che la popolarità sia un marchio di scarsa qualità: come se questi autori indossassero un abito con una stoffa troppo grezza. È successo per Collodi, con il suo Pinocchio; per Giovannino Guareschi; ma anche per scrittori illustri come Italo Svevo e perfino Marcel Proust. In vita non hanno mai goduto delle attenzioni della critica. Solo più tardi, beatificati dalla morte, si sono ripresi con gli interessi quanto dovuto.

Il rapporto con Einaudi
Anche con Giulio Einaudi, che pure lanciò le sue opere, il rapporto era controverso. Rodari, con una forma di ironica devozione, lo chiamava sua eminenza, cardinale e comandante, facendo un po’ il bertoldo scapestrato che gioca con i poteri forti, ma sempre con la consapevolezza che da una parte c’è il Sommo editore, dall’altra l’umile scrivano.

Eppure Rodari è andato avanti. Mandando giù rospi, ma con la consapevolezza di essere amato e apprezzato dal pubblico che lui preferiva: i ragazzi, i maestri, gli insegnanti che non dimenticano le sue parole: «Vale la pena che un bambino impari piangendo quello che può imparare ridendo?».

Il mondo della scuola gli ha fatto un monumento soprattutto per sua opera più strutturata “La Grammatica della fantasia” (1974) che è una specie di contro manuale per usare e disarticolare le parole e il linguaggio: una chiave per arricchire la mente e la creatività. Una parola, creatività, di cui molti si sono poi abusivamente impadroniti per dare lustro a qualsiasi banalità. Un malvezzo su cui Rodari avrebbe certamente scritto una delle sue filastrocche.

Il premio Andersen
Gli sono arrivati anche diversi riconoscimenti. Nel 1970 vince il prestigioso premio Andersen, sorta di nobel della scrittura per ragazzi. Un premio importante ma che non placa i tormenti di Rodari. Che in una intervista dirà: « Chi scrive per i bambini deve sapere che lavora nella serie B. La nostra letteratura è sempre stata aulica, aristocratica, non popolare. E uno dei motivi per cui non abbiamo avuto una letteratura per ragazzi sta nel fatto che ciò viene ritenuto disonorevole».

Forse, per placarsi, Rodari dovrebbe essere qui, adesso, per verificare che il tempo non ha coperto di polvere le sue invenzioni. Che nelle librerie i suoi titoli sono ancora in bella vista. Che nelle scuole ancora tutti lo conoscono. A questo proposito per settembre è prevista l’uscita di un Meridiano Mondadori (1800 pagine) dedicato a Rodari curato da Daniela Marcheschi. Un’importante riconoscimento che vuole rendere giustizia al figlio del fornaio di Omegna che con il suo humour leggero e dissacrante ha acceso per sempre una lampadina magica a tutti i ragazzi di ogni età.

Fonte:

https://www.ilsole24ore.com/art/rodari-maestro-humor-e-fantasia-che-incanta-bambini-ogni-eta-ADU9q1J?fbclid=IwAR1KUe0AfHGI4lGf7FW3qswaXoNwIw4Sr-CcYnvNMVTniUTrlah_K5j4y8c

Condividiamo Salvo!

Pochi giorni fa ci salutava il compagno Salvo e io rimpiangevo di non aver ancora letto il suo ultimo libro che non era stato editato ma aveva deciso di far girare on-line. L’ho fatto in questi giorni: un racconto realistico che ben dice la situazione nelle carceri di ieri e, ahime, di oggi! E non poteva essere altrimenti, caro Salvo mio! C’è lo hai insegnato in ogni tua pagina e anche in ogni tua parola, ai microfoni della tua amata Radio Onda Rossa, nella trasmissione ” La conta” (https://www.ondarossa.info/trx/conta). Non poteva esserci nome più significativo di questo per evidenziare l’inutilità del carcere. E il modo in cui sei stato salutato, proprio sotto la radio, la dice lunga su chi sei stato. Quando l’ho letto dalle  pagine di Valentina (https://www.facebook.com/Baruda/posts/10157762348373429) e di Paolo (https://insorgenze.net/2020/04/12/lomaggio-a-salvatore-ricciardi-e-loccupazione-poliziesca-di-san-lorenzo-2/?fbclid=IwAR1SPVZt7WCzrCGCft5vow91zbbuN5GDqm36y7VMOSYFMTnYlaTy4_6I3g8), ho immaginato la tua risata! Ecco, te lo dico adesso cosa penso  di “Esclusi dal consorzio sociale” e ribadisco che sia il tuo testamento così come lo sono i testi editi. Come scrive Oreste Scalzone – altro suo grande compagno di lotte -, sul suo profilo Fb, ti abbiamo condiviso da vivo e a maggior ragione ti condividiamo ora che sei morto. Perciò condivido qui il tuo ultimo libro dalle pagine del tuo blog.

https://contromaelstrom.com/…/un-libro-e-qui-potete-scari…/…

CONTROMAELSTROM.COM
Ho finito di scrivere un libro e lo regalo a chi vuole leggerlo. Il libro lo pubblico su questo Blog, di seguito a questa premessa e alla copertina, se lo volete in pdf cliccateci sopra, se lo vo…
La tua casa editrice , DeriveApprodi, che ha pubblicato «Maelstrom. Scene di rivolta e autorganizzazione di classe in Italia dal 1960 al 1980» (https://bit.ly/3cbyclT) e «Che cos’è il carcere. Vademecum di resistenza» (https://bit.ly/2JSZEJ5), ha deciso di ripubblicare il primo che era esaurito.
D. Q.
Da

– RISTAMPIAMO «MAELSTROM», DI SALVATORE RICCIARDI. IL LIBRO SARÀ DI NUOVO ACQUISTABILE SUL NOSTRO SITO A PARTIRE DA GIOVEDÌ 22 APRILE –

«Maelstrom» è un denso racconto autobiografico che si snoda nel contesto delle rivolte e dell’autorganizzazione di classe in Italia dal 1960 al 1980.
#SalvatoreRicciardi (Roma, 1940) dopo gli studi tecnici e il lavoro in un cantiere edile è assunto in qualità di tecnico nelle ferrovie dello Stato. Svolge attività sindacale nella Cgil e politica nel Partito socialista di unità proletaria.
Partecipa al movimento del ’68 studentesco e del ’69 operaio. Negli anni successivi è tra i protagonisti dell’autorganizzazione nelle realtà di fabbrica e dei ferrovieri. Dopo aver militato dell’area dell’autonomia operaia nel ’77 entra a far parte della Brigate rosse. Viene arrestato nell’80. Alla fine di quell’anno con altri prigionieri organizza la rivolta nel carcere speciale di Trani. Condannato all’ergastolo, alla fine degli anni Novanta usufruisce della semilibertà.
Oltre a «Maelstrom» Salvatore Ricciardi ha pubblicato per DeriveApprodi anche «Che cos’è il carcere. Vademecum di
resistenza».
Potete di seguito leggere una recensione a «Maelstrom» di Marco Clementi, autore per DeriveApprodi, con Paolo
Persichetti ed Elisa Santalena, di «Brigate rosse. Dalle fabbriche alla “campagna di primavera” (https://bit.ly/2JYm63q):

L'immagine può contenere: una o più persone e testo

Ciao, Salvatore!

Carissimo Salvatore, da tanto non ci sentivamo… C’eravamo persi di vista ognuno con la sua vita, la mia di insegnante di sostegno precaria alle prese con un lavoro che troppe volte mi sembra più grande di me, la tua di grande compagno impegnato da sempre nella lotta contro il carcere. Quello stesso carcere dove hai passato una bella fetta della tua vita. C’eravamo conosciuti anni or sono quando ancora non sapevo che piega avrebbe preso la mia vita. Era la prima volta che mi trovavo da sola fuori dalla mia città natale e avevo cominciato da poco ad acquisire una certa coscienza politica. E sei stato, insieme ai tuoi compagni di lotta, a insegnarmi a essere contro ogni forma di carcerazione. Oggi leggo della tua scomparsa dal profilo Facebook di Paolo Persichetti, tuo fraterno amico e da sempre compagni di lotte, anche lui conosciuto in quel periodo della mia vita. Leggo della tua improvvisa dipartita e mi rammarico di non essere più riuscita a incontrarti di persona dopo quella lontana primavera del 2013, a causa dei nostri diversi impegni. Ma più di tutto rimpiango di non aver ancora letto il tuo ultimo libro che mi mandasti tempo fa per email, chiedendomi di farti sapere cosa ne pensavo. Come sai, avevo letto altri tuoi libri e conoscevo il tuo blog. Spero mi perdonerai per questa mancanza. Cercherò di leggerlo al più presto: lo considero il tuo testamento.

Mi ricordo del tuo sorriso e della tua pacatezza.
Ciao, Salvo, noi che ti abbiamo conosciuto non ti dimenticheremo mai perché chi ha compagni non muore mai!
Un caro saluto a pugno chiuso!

L'immagine può contenere: 1 persona, spazio all'aperto

Foto tratta dal profilo Facebook di Paolo Persichetti.

Qui il la copertina e il link del suo blog:

https://contromaelstrom.com/

 

WORLD PRIDE 2019: I RAGAZZI DI 50 ANNI FA ALLO STONEWALL INN

 In RainbowStorie

La metro, a New York, è un delirio. Per capirsi: la stazione del Rockfeller Center sta proprio dentro il Rockfeller Center. Se hai culo, la trovi perché ci scendi. Poi devi pregare per riveder la luce del giorno, tra un exit messo lì, in mezzo a uno dei tanti corridoi tra le vetrine dei negozi ultra-chic. Ma riprenderla, al contrario, può essere davvero un’impresa, se non impossibile. Per questa ragione, l’altro giorno, abbiamo deciso di uscire sulla 5th Avenue e farci una bella passeggiata, fino allo Stonewall Inn, nel cuore del Greenwich Village.

ALLO STONEWALL INN, SULLE NOTE DI I WILL SURVIVE

Arrivati a destinazione, l’effetto è quello sperato. Tutte le persone che conosco e che sono già state qui mi hanno detto: «Non ti credere. È un bar piccolissimo». Un “nulla di che”, a vederlo così, decontestualizzando il tutto. Ma non è questa la “grandezza” che ci si aspetta da un posto simile. Lo Stonewall Inn sta di fronte una piazzetta. In questa, c’è una ringhiera, sormontata da centinaia di bandierine arcobaleno. Al suo interno, un parco molto piccolo, con delle panchine. Lì c’è il memoriale di Stonewall, diventato monumento nazionale. Dentro ci trovi delle statue: una coppia di maschi, in piedi, e una coppia di donne, sedute. C’è pure un pianoforte. A un certo punto, un ragazzo si siede e suona I will survive. E tutti e tutte, lì intorno, ci mettiamo a cantare. Ed è questo che rende grande quel luogo.

E A UN CERTO PUNTO, I RAGAZZI E LE RAGAZZE DI CINQUANT’ANNI FA

È un viavai di persone, lo Stonewall Inn. Un santuario arcobaleno vero e proprio, con la gente che fa la fila per fare una fotografia di fronte alla vetrina, in cui campeggia l’insegna del locale, a neon. Coppie di donne che si abbracciano, ragazzi che in gruppo si fotografano. A un certo punto, in mezzo a quella calca, un gruppo di persone anziane esce fuori. La gente si raduna in cerchio. Sono i “veterani”. Sono quei/lle giovani di cinquant’anni fa che si ribellarono alle disposizioni legali di allora, quando indossare più di due abiti non conformi al proprio genere comportava l’arresto e la galera. Dopo un iniziale moto di sorpresa, la folla realizza. E tutti e tutte battiamo le mani, nello stesso momento. Un lungo applauso, che è il suono stesso della gratitudine.

LE PAROLE DEL SINDACO DE BLASIO

Il numero 53 di Christopher Street a New York in questi giorni è stato un viavai di varia umanità. Ieri, nel giorno della commemorazione della rivolta, sul palco allestito in fondo alla piazzetta prospiciente al locale si sono alternati attivisti e attiviste, i veterani stessi, drag queen e anche personaggi della politica, nazionale e locale. Come Bill de Blasio, il sindaco della Grande Mela, che ha ricordato il dovere di proseguire quella lotta di liberazione, omaggiando Sylvia Rivera e Marsha P. Johnson. Con una ferma condanna al suprematismo bianco, che vuole riportarci indietro nella lotta per i diritti civili. Ci guardiamo, noi della delegazione italiana. Gli sguardi un po’ smarriti, un po’ divertiti allo stesso tempo: «Uguale a Virginia, proprio» si sente dire, da un punto imprecisato, in mezzo alla folla.

LA CHIAMATA ALL’ARCOBALENO E IL VALORE DEGLI ALLEATI

E sempre da quel palco gli attivisti e le attiviste che si sono avvicendati ci hanno ricordato, ancora e a chiare lettere, che chi vive la condizione di non aver avuto problemi col colore della sua pelle e con il suo orientamento sessuale, deve usare tale privilegio per rendere migliore la vita agli altri. Un richiamo a fare delle scelte precise, di fronte alle ingiustizie. Una chiamata all’arcobaleno, se preferiamo. Ad un certo punto, in quella piccola marea di orgoglio, ci fermiamo a parlare con una donna. Ha i capelli bianchi, è un’attivista. Lesbica e nera. Il suo nome è Mandy Carter: «Senza gli alleati» ci rivela «non saremmo andati da nessuna parte». Ed è lì, ci dice, perché si sente a casa. Perché sa che non può essere altrove.

LA GRANDEZZA DELLO STONEWALL INN

«Niente di che» mi hanno detto in molti e molte, quando hanno visto questo luogo. Senza alcun intento denigratorio, sia chiaro. Un modo per farmi capire che quel bar è piccolino, niente di ciclopico, in una città in cui i grattacieli incombono e il consumismo più sfrenato corrode le coscienze. Non posso fare a meno di ricordare i versi di Kavafis, in Itaca:

Itaca ti ha dato il bel viaggio,
senza di lei mai ti saresti messo
in cammino: che cos’altro ti aspetti?

La grandezza dello Stonewall Inn la puoi comprendere in questa prospettiva. Recandoti in quel luogo, pullulante di vita. E realizzando che, pur essendo un punto infinitamente piccolo in una città gigantesca, quel posto ti somiglia più di quanto saresti disposto ad ammettere. È piccolo, apparentemente insignificante. Eppure da lì tutto è partito. Un punto infinitamente piccolo, si diceva, che ha generato tutto ciò che è stato. Il nostro big bang. La vita che esplode, tutta insieme, e che crea il tempo a venire, mettendo in moto il circuito degli eventi.

Fonte:

LA MEGLIO GIOVENTU’ DELL’ANNO APPENA TRASCORSO

Antonio Megalizzi, Silvia Romano, Emma Gonzàles. E poi Paola Egonu, Linda Raimondo, Ana Isabel Montes Mier, Emma Gatti e Jaiteh Suruwa. Sono loro la meglio gioventù, sono loro le persone dell’anno.

  • ANTONIO MEGALIZZI Aveva 28 anni ed era a Strasburgo per seguire la seduta del Parlamento europeo per Europhonica, uno dei format di RadUni, che raggruppa le radio universitarie italiane. Amava il giornalismo e sognava un'Europa con «meno confini e più giustizia», come aveva scritto sulla sua pagina Facebook. È stato ucciso dall’attentato islamista dell’11 dicembre scorso.ANTONIO MEGALIZZI Aveva 28 anni ed era a Strasburgo per seguire la seduta del Parlamento europeo per Europhonica, uno dei format di RadUni, che raggruppa le radio universitarie italiane. Amava il giornalismo e sognava un’Europa con «meno confini e più giustizia», come aveva scritto sulla sua pagina Facebook. È stato ucciso nell’attentato islamista dell’11 dicembre scorso.
  • EMMA GONZÁLEZ Diciannove anni appena compiuti, sopravvissuta alla strage della sua scuola in Florida (17 morti) è diventata la capofila del movimento per il controllo delle armi e ha organizzato la “March for Our Lives” a WashingtonEMMA GONZÁLEZ Diciannove anni appena compiuti, sopravvissuta alla strage della sua scuola in Florida (17 morti) è diventata la capofila del movimento per il controllo delle armi e ha organizzato la “March for Our Lives” a Washington.

 

  • ANA ISABEL MONTES MIER Ha 31 anni, è spagnola ed è la capo missione della ong ProActiva sulla nave Open Arms. È indagata in Italia per “favoreggiamento dell’immigrazione clandestina” per aver salvato naufraghi nel Mediterraneo.ANA ISABEL MONTES MIER Ha 31 anni, è spagnola ed è la capo missione della ong ProActiva sulla nave Open Arms. È indagata in Italia per “favoreggiamento dell’immigrazione clandestina” per aver salvato naufraghi nel Mediterraneo.

  • EMMA GATTI Trentatré anni, di Opera (Milano), laurea alla Bicocca, master a Cambridge, è arrivata fino alla Nasa e al Caltech di Pasadena. Geochimica e vulcanologa, all’avanguardia nelle ricerche sul suolo di Marte.EMMA GATTI Trentatré anni, di Opera (Milano), laurea alla Bicocca, master a Cambridge, è arrivata fino alla Nasa e al Caltech di Pasadena. Geochimica e vulcanologa, all’avanguardia nelle ricerche sul suolo di Marte.

  • JAITEH SURUWA «Voglio fare cose buone». Così rispondeva agli operatori dello Sprar di Gioiosa Ionica quando gli chiedevano cosa volesse fare nella vita. È morto a 18 anni nel rogo della baraccopoli di San Ferdinando (Reggio Calabria)JAITEH SURUWA «Voglio fare cose buone». Così rispondeva agli operatori dello Sprar di Gioiosa Ionica quando gli chiedevano cosa volesse fare nella vita. È morto a 18 anni nel rogo della baraccopoli di San Ferdinando (Reggio Calabria)

  • LINDA RAIMONDO Ha 19 anni, vive in Val Susa e ha vinto il premio Space Exploration Master dell’Esa, l’agenzia spaziale europea. È stata chiamata in Alabama per contribuire alla ricerca sulle navicelle spaziali e si addestra da astronautaLINDA RAIMONDO Ha 19 anni, vive in Val Susa e ha vinto il premio Space Exploration Master dell’Esa, l’agenzia spaziale europea. È stata chiamata in Alabama per contribuire alla ricerca sulle navicelle spaziali e si addestra da astronauta.

 

PAOLA EGONU Veneta di Cittadella, 21 anni, stella della nazionale di volley, ha gestito con serena normalità ciò che serena normalità dovrebbe sempre essere: il colore della sua pelle 
e il suo orientamento sessuale.

PAOLA EGONU Veneta di Cittadella, 21 anni, stella della nazionale di volley, ha gestito con serena normalità ciò che serena normalità dovrebbe sempre essere: il colore della sua pelle e il suo orientamento sessuale.

{}

Fonte:

http://espresso.repubblica.it/foto/2018/12/26/galleria/i-ragazzi-e-le-ragazze-a-cui-dedicare-il-2018-1.329916#1

Leggi anche qui:

http://espresso.repubblica.it/attualita/2018/12/26/news/antonio-e-i-suoi-fratelli-la-meglio-gioventu-1.329907?ref=HEF_RULLO

Pinterest
0
Email
Stampa

A FOGGIA LA DOPPIA PROTESTA CONTRO LO SFRUTTAMENTO

A FOGGIA LA DOPPIA PROTESTA CONTRO LO SFRUTTAMENTO
Neri di rabbia. Le due manifestazioni dopo la strage dei braccianti stranieri. I campi chiusi per sciopero
di Gianmario Leone, il Manifesto 09.08.18

Una giornata di protesta e di lotta come non si vedeva da tempo. Uno sciopero che ha avuto un’adesione totale da parte dei braccianti stagionali e due grandi manifestazioni che hanno riempito le strade di Foggia e della sua provincia. Per dimostrare che nonostante l’indifferenza e un sistema difficile da debellare, fatto di caporalato, di sfruttamento dei migranti in molte aziende agricole, dell’ombra della mafia e degli interessi enormi della filiera della grande distribuzione, c’è ancora voglia di lottare e non arrendersi.

LA GIORNATA è iniziata molto presto. Alle 8 è infatti partita dal ghetto di Rignano, nel comune di San Severo, cuore della protesta, la marcia dei berretti rossi organizzata dall’ Usb e Rete Iside alla quale ha partecipato anche il governatore Michele Emiliano. «È stata totale l’adesione dei lavoratori allo sciopero. Nessuno è al lavoro nei campi intorno al ghetto di Rignano» hanno assicurato dall’Usb. Centinaia di lavoratori hanno sfilato con i cappellini indossati dalle vittime, distribuiti da Usb e Rete Iside «per aiutare i braccianti a proteggersi dal solleone e idealmente dallo sfruttamento e dalla mancanza di diritti». Le rivendicazioni della marcia sono state le stesse esposte un mese fa al ministro del Lavoro, Luigi Di Maio, «che aveva accolto le richieste – sottolinea il sindacato – promettendo un tavolo che non c’è mai stato. Chiediamo sicurezza, diritti e dignità per tutti i lavoratori agricoli».

«BASTA MORTI sul lavoro», «schiavi mai» alcuni degli slogan che hanno accompagnato la manifestazione mattutina, giunta davanti alla prefettura di Foggia dove centinaia di migranti, sostenuti da cittadini e associazioni, si sono radunati durante l’incontro che la delegazione ha avuto con il prefetto. All’arrivo è stato osservato un minuto di silenzio per ricordare i 16 morti nei due incidenti stradali avvenuti negli ultimi giorni sulle strade foggiane e tutti i caduti sul lavoro, compresi gli italiani morti nella miniera di Marcinelle l’8 agosto del 1956.

ABOUBAKAR SOUMAHORO, sindacalista italo-ivoriano dell’Usb, al termine della riunione ha raccontato di «risposte immediate» ricevute da prefetto e questura. Aggiungendo che il prefetto si è impegnato a «convocare dopo ferragosto una conferenza sul lavoro», mentre sul rinnovo dei permessi di soggiorno, che in tanti aspettano da mesi, «la questura ha dato la disponibilità a ricevere un elenco che l’Usb presenterà ogni due settimane per affrontare i casi di rinnovo».

IN PIÙ DI DUEMILA hanno invece sfilato per le strade del capoluogo dauno nella seconda manifestazione organizzata da Cgil, Cisl, Uil, con l’adesione di Arci, Libera e altre associazioni. In marcia, accanto a sindacalisti e migranti, ancora il governatore Emiliano e poi l’europarlamentare pugliese Elena Gentile, il deputato Roberto Speranza e l’attore Michele Placido. «Un senso di sconfitta è quello che si avverte quando accadono queste tragedie immani» hanno sottolineato i sindacalisti, per i quali «questa manifestazione è il momento del cambiamento, per dire basta a morti ammazzati di lavoro».

IL MOMENTO PIÙ TOCCANTE c’è stato quando sul palco ha preso la parola Mohamed, lavoratore migrante: «Non è una pacchia lavorare tutto il giorno per pochi euro o pagare 5 euro per salire sui furgoni della morte – ha gridato -. Come siamo giunti a questo punto? Come siamo passati dall’accoglienza diffusa al degrado diffuso? Chiediamo diritti, non l’impossibile. Vogliamo pari diritti per pari doveri».

UN ALTRO LAVORATORE ha ricordato il dramma vissuto da ogni singolo migrante: «Le famiglie di quelle 16 persone in Africa soffrono per i loro cari che avevano lasciato tutto per venire in Italia a lavorare. Prima sono stati trattati come animali e poi sono morti». Sul palco si sono poi alternati gli interventi dei segretari di Cgil, Cisl, Uil, le cui delegazioni sono giunte da tutta Italia, e dei presidenti delle associazioni che hanno aderito alla manifestazione. «Non sono incidenti, sono omicidi. Siamo stanchi – le ultime parole dal palco – di chi incita all’odio e ci accusa di buonismo».

Fonte:

https://ilmanifesto.it/a-foggia-la-doppia-protesta-contro-…/

Da Mauro Biani :

L'immagine può contenere: testo

Emanuele Scieri, svolta 19 anni dopo: “Fu omicidio volontario, lasciato agonizzante a terra”. 3 indagati, ex militare arrestato

di | 2 agosto 2018

Emanuele Scieri, svolta 19 anni dopo: “Fu omicidio volontario, lasciato agonizzante a terra”. 3 indagati, ex militare arrestato
Il 16 agosto 1999 il parà siciliano venne trovato morto nel centro di addestramento della Folgore a Pisa. A escludere il suicidio, oltre alla famiglia, le conclusioni della commissione d’inchiesta. Il procuratore Crini: “Riteniamo ci sia stata un’aggressione da parte dei ‘nonni’. E c’era il tempo per soccorrerlo”. Tra gli indagati anche un militare in servizio. Ai domiciliari l’allora capocamerata Panella: stava per scappare negli Usa

C’è un arresto, e ci sono altri due indagati, nell’ambito delle indagini che ora parlano chiaramente di omicidio volontario, perché, dopo la caduta dalla torre di asciugatura dei paracadute, “il giovane è stato lasciato agonizzante a terra”. La svolta arriva a quasi 19 anni da quel 16 agosto 1999, quando il parà Emanuele Scieri venne trovato morto nella caserma Gamerra di Pisa, centro di addestramento della Folgore. E proprio dalla città Toscana ora arriva il colpo di scena annunciato dal procuratore Alessandro Crini. Scieri respirò ancora per almeno 6 ore, se non 8, dicono gli accertamenti effettuati dalla commissione parlamentare d’inchiesta istituita sul caso. “Abbiamo ritenuto di accertare la sua permanenza in vita e siamo arrivati alla conclusione che ci fosse il tempo per soccorrere Emanuele”, ha spiegato il procuratore. “La nostra ipotesi accusatoria non è campata in aria”, ha aggiunto, sottolineando la presenza di “testimonianze” concordanti.

“Suicidio”, fu la prima spiegazione della morte, quella che non ha mai convinto la famiglia del militare originario di Siracusa, che ha sempre parlato di un caso di nonnismo finito male. Una tesi ritenuta credibile, due decenni dopo, anche dal procuratore Crini: “L’indagine ha consentito di perfezionare la conoscenza relativa al nonnismo: questo dato emerge anche con modalità tali da ritenere che contro Scieri ci sia stata un’aggressione da parte dei ‘nonni’ anche mentre era a terra”. “Un po’ prima” che iniziasse la conferenza stampa “abbiamo ritenuto di avvisare la madre di Emanuele. E’ stato un colloquio breve durante il quale la signora si è commossa“, ha raccontato lo stesso Crini parlando con i giornalisti in procura a Pisa.

L’indagine ha avuto “un’accelerazione” perché una delle tre persone “da tempo indagate”, stava per scappare, per lasciare l’Italia. Da qui la misura cautelare degli arresti domiciliari per l’ex militare Alessandro Panella, commilitone e capocamerata del reparto a cui il parà siciliano era stato assegnato. Panella ha passaporto americano e aveva comprato proprio per domani, venerdì 3 agosto, un biglietto di sola andata verso Chicago, negli Stati Uniti, con successivo volo interno per San Diego, in California, dove l’ex paracadutista laziale, ora ai domiciliari a Cerveteri (Roma), vive e lavora come interprete da oltre 10 anni e dove è stato sposato con una cittadina americana.

Per Panella l’accusa è di concorso in omicidio volontario, come per gli altri due indagati a piede libero che sono originari di Roma e di Rimini. Uno di loro è un militare dell’esercito attualmente in servizio.

Panella non è un nome nuovo: viene citato da un altro commilitone durante un’audizione davanti ai deputati della commissione parlamentare d’inchiesta istituita nel 2016 sulla morte del parà di leva.  Si parla proprio di un episodio di nonnismo: “Una volta sono stato legato a metà scala con delle lenzuola da Ceci e Panella, da un’altezza di due metri, legato con delle lenzuola, e sono stato lanciato su dei materassi. Io, insieme alla scala”, racconta Stefano Ioanna.

“Sono incredulo, è stata un’emozione fortissima…”, ha commentato il fratello di Emanuele, Francesco Scieri, al telefono con Carlo Garozzo, presidente dell’associazione “Giustizia per Lele“. La procura di Pisa ha riaperto l’inchiesta l’anno scorso, dopo che precedenti indagini erano state archiviate ipotizzando che il giovane si fosse tolto la vita. A escludere l’ipotesi del suicidio, oltre alla famiglia di Scieri, è stata proprio la commissione parlamentare d’inchiesta. Secondo le conclusioni dei lavori nel dicembre scorso, il 26enne non si tolse la vita ma fu aggredito. E durante la conferenza stampa in procura a Pica, Crini ha confermato che le ipotesi indiziarie dell’aggressione con i contorni del nonnismo  “sono suffragate anche dalle consulenze tecniche allegate alle conclusioni della commissione parlamentare d’indagine”.

Scieri, 26 anni, una laurea in giurisprudenza e già praticante in uno studio legale, scomparve il 13 agosto 1999, lo stesso giorno del suo arrivo alla caserma Gamerra per il servizio militare di leva dopo aver svolto il Car a Firenze. Fu poi ritrovato morto tre giorni dopo, ai piedi di una torre dismessa per il prosciugamento dei paracadute. “Sul caso bisogno arrivare alla verità“, ha detto all’Ansa il ministro della Difesa Elisabetta Trenta a proposito degli sviluppi delle indagini. “In questo momento – ha aggiunto – il mio primo pensiero va alla famiglia Scieri. Sono a completa disposizione della magistratura, verso la quale nutro piena fiducia, per fare luce sull’episodio”.

“Finalmente dopo tanti anni siamo vicini ad una parola conclusiva, siamo vicini alla giustizia per Emanuele e per la sua famiglia”, ha detto Stefania Prestigiacomo, deputata di Forza Italia, ex vice presidente della Commissione parlamentare d’inchiesta presieduta da Sofia Amoddio. L’ex parlamentare Pd ha ricordato che la commissione ha acquisito quasi seimila pagine di documenti e audito 45 persone: “Abbiamo scoperto dettagli sul clima generale che regnava nella caserma Gamerra di Pisa all’epoca dei fatti evidenziato la natura delle pratiche, il tipo di relazioni che venivano a stabilirsi tra anziani e reclute, il ruolo dei caporali e l’atteggiamento e la mentalità dei militari”.

Lo slalom dei deputati tra i silenzi degli ex della Folgore
In due decenni di silenzi e contraddizioni, tante versioni sono state fornite su questa morte. Per qualcuno Scieri era salito sulla torre per cercare il campo per il telefonino. Per altri aveva scelto quel posto per una prova di forza, per fare le trazioni. Era stato un incidente, anzi il 26enne si era ammazzato. Ma, secondo le conclusioni della commissione, la catena di comando della Folgore copriva i veri responsabili. Emanuele Scieri fu costretto a salire sulla scaletta della torre. Dalla parte esterna, poteva tenersi solo con le braccia. E gli pestarono le mani con gli scarponi, lui mollò la presa, fino a precipitare per 12 metri, fino a spezzarsi la colonna vertebrale. Respirò ancora per almeno 6 ore, se non 8. Il suo corpo, invece, fu trovato dopo tre giorni. Secondo la commissione d’inchiesta della Camera, che ha votato la relazione conclusiva all’unanimità, nella caserma Gamerra avvenivano “gravi atti di violenza che non potevano essere ridotti a “goliardia“.

 

Fonte:

https://www.ilfattoquotidiano.it/2018/08/02/emanuele-scieri-la-svolta-19-anni-dalla-morte-ex-militare-arrestato-pisa-per-concorso-omicidio-altri-2-indagati/4533101/

MANIFESTAZIONE A REGGIO CALABRIA PER SOUMAILA SACHO

foto di USB Federazione provinciale di Reggio Calabria.

23 giugno a Reggio Calabria per Soumaila Sacko!

  • sabato dalle ore 10:00 alle ore 13:00
  • Piazza Giuseppe De Nava, 89125 Reggio di Calabria RC, Italia

  • Organizzato da USB Federazione provinciale di Reggio Calabria

APPELLO

Verità e Giustizia per Soumaila Sacko

Tutti/tutte a Reggio Calabria Sabato 23 giugno per proseguire la marcia per i diritti sindacali e sociali dei braccianti e delle braccianti

Vogliamo Verità e Giustizia: chiediamo insieme ai familiari che sia fatta piena luce sull’assassinio di Soumaila Sacko, bracciante e militante sindacale USB, come abbiamo chiesto quando abbiamo rifiutato senza indugio la notizia della reazione a un furto.

Vogliamo proseguire la marcia per i diritti sindacali e sociali dei braccianti e delle braccianti, indipendentemente dal colore della pelle e dalla provenienza geografica: insieme ai lavoratori ed alle lavoratrici di qualsiasi provenienza geografica, alle associazioni e movimenti per la giustizia sociale e la solidarietà, ai disoccupati e precari, agli studenti, alle famiglie e alle persone che già in tutta Italia si sono mobilitate dopo questo tragico delitto, proseguiamo la lotta che stavamo conducendo assieme al nostro compagno e fratello Soumaila Sacko.

Vogliamo diritti e dignità per i lavoratori e le lavoratrici di tutta la filiera agricola: vogliamo e dobbiamo onorare la memoria di Soumaila, e come ci hanno chiesto di fare anche i suoi familiari,
rilanciamo la lotta dei dannati e delle dannate della terra, di chi si spezza la schiena per pochi euro al giorno e ha deciso di non chinare più la testa contro le prepotenze, i caporali e lo sfruttamento. Di chi lavora senza alcuna sicurezza, costretto ad accettarne qualsivoglia conseguenza.

Vogliamo diritti sociali per i lavoratori e le lavoratrici delle campagne: viviamo spesso una condizione assimilabile alla schiavitù ed in condizioni di segregazione sociale, in non luoghi dove si produce l’annullamento delle persone che lo abitano e la privazione dei fondamentali diritti umani. Spesso non abbiamo elettricità, acqua e riscaldamento. Non abbiamo una casa, ma solo rifugi di fortuna. Siamo esclusi dalle società, siamo non-umani che vivono in non-luoghi. Siamo invisibili, salvo ridiventare visibili quando torniamo a lavorare nei campi e veniamo sfruttati e sfruttate. Rivendichiamo l’urgenza di un inserimento abitativo dignitoso.

Vogliamo la bonifica dell’area dell’Ex-Fornace “TRANQUILLA” riportata agli onori della cronaca dopo i fatti del 2 giugno 2018, considerata la discarica dei veleni più pericolosa d’Europa a
causa dell’interramento di 130mila tonnellate di rifiuti industriali tossici. Il processo si sta per chiudere con un nulla di fatto, mentre la gente del circondario continua ad ammalarsi e a morire di cancro. Lo chiediamo insieme agli abitanti delle comunità locali che spesso vengono ingannate da campagne strumentali e razziste mentre vivono sulla propria pelle le conseguenza della crisi economica e sociale.

Vogliamo sicurezza per le lavoratrici delle campagne: esse vivono doppiamente lo sfruttamento e la vulnerabilità sulla propria pelle in quanto lavoratrici braccianti e in quanto donne. Esattamente come
accadeva nel bracciantato della seconda parte dell’Ottocento negli USA nei confronti delle donne nere schiavizzate.
Non vogliamo la guerra tra poveri: rifiutiamo la guerra tra poveri che ci vorrebbe contrapposti ai cittadini e alle cittadine del comprensorio, agli italiani e alle italiane, agli abitanti e alle abitanti della Piana di Gioia Tauro. Rifiutiamo la contrapposizione non solo nel mondo dell’agricoltura ma anche, ad esempio, dei 400 licenziati del porto di Gioia Tauro. Siamo consapevoli che i nostri problemi non sono generati dall’altro, dal diverso, ma dalle politiche attuate dai diversi Governi, che ci vogliono contrapposti per distogliere la nostra attenzione dal vero nemico, da ciò che ci ha impoverito, resi privi di diritti e diseguali. Siamo esseri umani non sudditi e (R)Esistiamo.

Mandiamo un abbraccio ai nostri fratelli che lavorano nella logistica che il 23 giugno marceranno a Piacenza. A fianco dei compagni di Abd Elsalam, ucciso perché difendeva i diritti dei
suoi compagni contro i soprusi delle multinazionali della logistica. La lotta di noi sfruttati non ha confini, insieme diventiamo imbattibili.

Vogliamo manifestare con gli abitanti della Piana di Gioia Tauro e della Calabria tutta, che non ci stanno a essere etichettati come razzisti e che quotidianamente sono impegnati nel promuovere la
cultura del rispetto delle diversità, ma che ancora una volta vengono cancellati nella rappresentazione mediatica di un territorio che non corrisponde alla realtà.

Invitiamo tutti e tutte alla manifestazione di Sabato 23 giugno 2018 dalle ore 10.00 con partenza da Piazza De Nava (Reggio Calabria): per Soumaila Sacko e per proseguire la marcia per i
diritti sindacali e sociali dei braccianti e delle braccianti e di tutti i lavoratori della terra.

#SoumailaSacko#Primaglisfruttati#Restiamoumani

Per adesione: [email protected]

USB (Unione Sindacale di Base) – Coordinamento Lavoratori agricoli USB – Associazione maliana di solidarietà – Potere al Popolo – Sinistra Anticapitalista – Partito della Rifondazione Comunista Sinistra Europea – Partito Comunista Calabria – Fronte della Gioventù Comunista Calabria – Coalizione Internazionale Sans-Papiers Migranti e Rifugiati (Italia) – Movimento Migranti e Rifugiati – Associazione Ivoriani e West Africa – FuoriMercato Autogestione in Movimento – Associazione Rurale Italiana (ARI), membro del Coordinamento Europeo Via Campesina (ECVC) – Mimmo Lucano, Sindaco di Riace – Campagna LasciateCIEntrare – ACAD (Associazione contro gli abusi in divisa) – Rete dei Comuni Solidali – Il Sud che sogna – Società dei territorialisti – Rete Restiamo Umani – Osservatorio sul disagio abitativo – SOS Rosarno – CoSMi (Comitato Solidarietà Migranti) – c.s.c. Nuvola Rossa – EquoSud – Ass. Yairaiha – Ass. Il Brigante Serra San Bruno – Ass. La Kasbah Cosenza – Ass. Magnolia – Ass. Ponti Pialesi – Ass. Un mondo di mondi – c.s.o.a Angelina Cartella – Spazio Autogestito Sparrow Cosenza – Sportello Sociale Autogestito Lamezia Terme – Comitato Piazza Piccola Cosenza – Comitato PrendoCasa Cosenza – CPOA Rialzo Cosenza – RASPA (Rete delle associazioni Sibaritide-Pollino per l’autotutela) – Comitato Verità Democrazia e Partecipazione Crotone – Rete Antirazzista Catanese – Arci provinciale Reggio Calabria – Arci provinciale Crotone – Circolo Arci “Il Barrio” – Circolo Arci “Gli spalatori di nuvole” – Circolo ARCI “Culture in… Movimento” – Legambiente Reggio Calabria – Collettiva AutonoMia – Non una di meno Reggio Calabria – Mani e Terra SCS Onlus – Cooperativa Agorà Kroton – Società Cooperativa Sankara – ReggioNonTace – Ciavula.it – Cobas telecomunicazioni Cosenza – Associazione dei Comuni della Locride – Francesca Danese, già Assessora alle Politiche Sociali, Salute, Casa ed Emergenza Abitativa del Comune di Roma – Circolo del Cinema “Cesare Zavattini” Reggio Calabria – Eleonora Forenza, Eurodeputata GUE/NGL – Progetto Diritti onlus – Transform Italia – Francesco Piobbichi, operatore sociale – Associazione “Il Viandante” – Collettivo studentesco Catanzaro – Gruppo Scuola Hospital(ity) School – Collettivo Mamadou Bolzano – Baobab Experience – A buon diritto

Fonte: