SIRIA, 28 ATTACCHI CHIMICI PRIMA DEL MASSACRO DI AL GHOUTA – INFOGRAFICA SNHR

10552618_715308148516963_1270444981621480099_nSecondo il Syrian Network For Human Rights, il regime siriano ha sferrato almeno 28 attacchi con armi chimiche contro la popolazione civile, prima del tristemente noto attacco del 21 agosto 2013 ad Al Ghouta, in cui hanno perso la vita oltre 1400 persone, la metà dei quali bambini colti nel sonno.

La prima volta, in base alle verifiche e alla documentazione raccolta, è stata il 23 dicembre 2012, quando è stata colpita la periferia della città Al-Bayyada. L’ultimo attacco prima del massacro di Al ghouta, inceve, risale al 21 luglio del 2013 ed è stato sferrato contro il campo profughi palestinese di Al Yarmouk, nella periferia meridionale di Damasco. Questi attacchi hanno provocato oltre 83 vittime e 1272 feriti e ustionati.

Il Syrian Network for Human Rights, con sede a Londra, diffonde informazioni e statistiche grazie alla capillare diffusione sul territorio siriano dei suoi corrispondenti e grazie alle informazioni e i rapporti diffusi periodicamente dagli ospedali da campo e dai Coordinamenti Locali.

#Syria #SNHR: http://sn4hr.org/

 

 

Fonte:

http://diariodisiria.wordpress.com/2014/08/17/siria-28-attacchi-chimici-prima-del-massacro-di-al-ghouta-infografica-snhr/

1° ANNIVERSARIO DELL’ATTACCO CHIMICO SU AL GHOUTA – MOBILITAZIONE INTERNAZIONALE

10574265_513421402124505_497035575808450689_nUn appello a mobilitarsi il 21 agosto e creare una rete di solidarietà e supporto alla rivoluzione siriana.

Dichiarazione in solidarietà con la rivoluzione siriana

Mentre i siriani commemorano il primo anniversario degli attacchi chimici su Al-Ghouta, noi sottoscritti siamo solidali con i milioni di siriani che lottano per la dignità e la libertà fin dal marzo 2011. Rivolgiamo un appello ai popolo del mondo perchè agiscano in sostegno della rivoluzione ed i suoi scopi, pretendendo la fine immediata della violenza e del regime illegittimo di Assad.

Per il primo anniversario dell’attacco con armi chimiche, il 21 agosto, invitiamo i sostenitori della Rivoluzione siriana e delle sollevazioni per la libertà, la dignità e la giustizia sociale in tutta la regione e nel mondo, di organizzare eventi per denunciare le atrocità, la disinformazione, le menzogne ed i silenzi vergognosi e per mostrare la propia solidarietà, sia a livello politico che concreto, con la lotta dei cittadini siriani.

I rivoluzionari siriani hanno continuato a lottare per la libertà nonostante gli innumerevoli ostacoli che gli si sono parati innanzi. Per uccidere la rivoluzione, il regime siriano ha perseguito quattro strategie:
1) militarizzazione delle rivolte attraverso una campagna di repressione violenta delle proteste pacifiche che erano durate sei mesi;
2) l’islamizzazione dell’insurrezione, concentrandosi contro i gruppi secolari e lasciando mano libera ai jihadisti;
3) settarizzazione del conflitto attraverso l’assunzione di un numero crescente di combattenti sciiti da altri paesi, abbinata alla presa di mira di città e villaggi a maggioranza sunnita;
4) internazionalizzazione del conflitto, invitando l’Iran, la Cina e la Russia a svolgere un ruolo centrale. Allo stesso tempo, paesi come gli Stati Uniti, Arabia Saudita e Qatar hanno dato il loro sostegno a gruppi reazionari per sconfiggere la rivoluzione.

Anche il caso dei “Douma4” [https://www.facebook.com/douma4?fref=ts] dimostra come i rivoluzionari stiano lottando su due fronti: quattro coraggiosi attivisti che lavorano per il Centro di Documentazioni dei Violazioni sono stati rapiti nel dicembre 2013 da uomini armati, mascherati e sconosciuti. Il motivo principale dietro il rapimento è che questi militanti rappresentano il popolo siriano auto-cosciente e attivo, consapevole della sua forza quando agisce unitariamente, ma soprattutto dimostrano che il popolo rifiuta qualsiasi forma di sottomissione all’autoritarismo. Il sequestro di questi quattro militanti ricorda che il popolo siriano della rivoluzione per la libertà e la dignità non è solo contrario alla dittatura di Assad, ma anche e sempre schierato contro i gruppi reazionari ed opportunisti che sono contrari agli obiettivi della rivoluzione: la democrazia, la giustizia sociale, la fine di settarismo.

Il primo anniversario degli attacchi chimici è l’occasione per riaffermare l’importanza del processo rivoluzionario non solo in Siria ma anche in tutto il mondo arabo. La lotta dei siriani contro la dittatura, contro il jihadismo globale e contro l’imperialismo occidentale non deve essere visto come locale e nemmeno come regionale. È parte di un momento d’insurrezione in cui il mondo è diventato il campo di battaglia. Il nuovo sviluppo in Iraq, fra l’altro, la guerra a Gaza hanno mostrato che il destino della rivoluzione è interconnesso con la situazione in tutta la regione. La lotta dei siriani per la dignità, la libertà e l’autodeterminazione non può quindi essere separata dalla storica ribellione palestinese contro il sionismo, dalle lotte delle donne egiziane contro i militari e le molestie sessuali, dalla coraggiosa insurrezione in Bahrein contro il totalitarismo, dalla lotta curda per l’autodeterminazione, da quella del’ EZLN e delle altre popolazioni indigene nelle loro resistenza contro il razzismo ed il neoliberismo o le grandi ribellioni dei lavoratori contro le misure di austerity che portano solo povertà ai cittadini.

La rivoluzione siriana si trova ad un crocevia. Il mancato arresto dell’ondata contro-rivoluzionaria in Siria avrebbe enormi ripercussioni sulla società siriana per un lungo periodo di tempo e le sue implicazioni nella regione saranno enormi. Il successo della rivoluzione in Siria invece scatenerebbe le aspirazioni rivoluzionarie nel mondo arabo ed oltre, tra popoli che sono stati oppressi per troppo tempo.

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Syrian Revolution Support Baseshttps://www.facebook.com/Syrian.Revolution.Support.Bases?fref=ts
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Per favore, firmate la petizione ed aiutateci a diffonderla in tutto il mondo:

https://www.change.org/petitions/social-movements-activists-global-civil-society-a-global-day-of-action-and-solidarity-with-the-syrian-revolution

[Per sottoscrivere questa dichiarazione inviate una mail con nome, cognome, paese ed eventuale organizzazione/ruolo all’indirizzo srsbases@gmail.com]

Evento a Milano sabato 23:  https://www.facebook.com/events/534190049950791/

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Fonte:

http://diariodisiria.wordpress.com/2014/08/17/1-anniversario-dellattacco-chimico-su-al-ghouta-mobilitazione-internazionale/

 

Qui l’evento su Facebook:

https://www.facebook.com/events/844951738857890/?ref_dashboard_filter=upcoming

 

 

Fonte:

http://diariodisiria.wordpress.com/2014/08/17/1-anniversario-dellattacco-chimico-su-al-ghouta-mobilitazione-internazionale/

GAZA, 8 AGOSTO 2014: DOPO TREGUA RICOMINCIA L’INFERNO. 5 MORTI TRA CUI UN BAMBINO. CISGIORDANIA: 15 FERITI ALLA MANIFESTAZIONE DI BEIT FURIK. 1 MORTO A RAMALLAH

Da  Gaza:

 

08/08/2014

 

Dalla pagina Facebook di Michele Giorgio

5 ore fa tramite Twitter

  • Onu:durante tregua sono stati estratti da macerie altri corpi di vittime.Morti ora sono 1.922,di cui 1.407 civili, inclusi 448 bambini #Gaza

Michele Giorgio

6 ore fa tramite Twitter

  • Suleiman, Ahmad e Mahmoud Abu Haddaf.Sono nomi dei componenti di una stessa famiglia colpita a Qarara.Oggi 5 morti,tra cui 1 bambino #Gaza

Michele Giorgio

13 ore fa

Si chiama Ibrahim al-Dawawseh il bambino palestinese di 10 anni ucciso in bombardamento israeliano a nord di #Gaza

 

Michele Giorgio

14 ore fa

Pesante bombardamento dal mare. La Marina israeliana sta prendendo di mira Beit Lahiya. Attacchi aerei a sud, nel Corridoio Filadelfia, tra Rafah e l’Egitto. Da #Gaza in totale 20 lanci di razzi
Decine di feriti in bombardamento israeliano su al Karama #Gaza

 

Michele Giorgio

15 ore fa

Gaza già colpita più volte da aviazione e artiglieria

Michele Giorgio

15 ore fa

Netanyahu ordina alle forze armate di riprendere gli attacchi contro Hamas, ossia Gaza. I palestinesi hanno lanciato stamani almeno 10 razzi dopo fine tregua umanitaria.

 

Michele Giorgio

17 ore fa tramite Twitter

  • Migliaia di palestinesi sono in fuga ad Est di #Gaza city e in altre località per timore di attacchi israeliani. Nuovi lanci razzi

· · @michelegiorgio2 on Twitter ·

 

Michele Giorgio

17 ore fa tramite Twitter

  • L’artiglieria israeliana ha ripreso a sparare, movimenti di carri armati lungo le linee tra #Gaza e Israele

Michele Giorgio

17 ore fa tramite Twitter

  • Lanci di razzi da Gaza verso Ashqelon e altre località del sud di Israele #Gaza

 

Michele Giorgio

19 ore fa tramite Twitter

  • #Gaza: Hamas e Jihad dal Cairo annunciano che le loro organizzazioni non prolungheranno la tregua

Michele Giorgio

19 ore fa tramite Twitter

  • Mancano meno di 2 ore scadenza tregua uman..Palestinesi riuniti Cairo per decisione finale su estensione. 2 razzi lanciati su Israele #Gaza

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Report d’inizio giornata:

 

Da Meri Calvelli

 

Gaza 8 agosto 2014 – dopo tregua – purtroppo ricomincia l’inferno

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Oggi è un mese esatto dall’inizio dell’attacco Operazione “Protective edge” 1938 le vittime accertate fino a questo momento gran parte civili di cui 460 bambini e 246 donne.
Dopo 72 ore di di tregua, realizzata per dare la possibilità alle parti di discutere un cessate il fuoco duraturo nel rispetto delle richieste di ognuno, siamo giunti ad un nulla di fatto. Nessuno ha accettato anche solo una delle richieste avanzate. Da una parte Israele ha chiesto il disarmo incondizionato ad Hamas; dall’altro le forze palestinesi unite hanno chiesto l’apertura dei confini di Gaza, la possibilità di navigare e muoversi nel resto del mondo come tutti gli esseri umani.

Niente di questo è stato anche solo presto in considerazione; nessuna valida mediazione e’ stata in grado di poter dare una risposta immediata a queste richieste. Altresi, sono iniziati subito i confronti armati dall’una e dall’altra parte. Un ennesimo bombardamento dentro Gaza che dice aver colpito strutture militari ma che portano in obitorio un altro corpo di un bambino e altri feriti.
Dall’altra parte barrage di missili caduti sulla zona sud di Israele senza fare vittime. Di nuovo al via la mattanza armata, tra la gente che ancora non sa dove e come ripararsi.

Non e’ possibile pensare alla continuazione di questo scontro…

 

Fonte:

http://freepalestine.noblogs.org/post/2014/07/26/aggiornamenti-da-gaza-3/

 

 

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Dalla Cisgiordania:

Aggiornamenti dalla pagina Facebook di Samantha Comizzoli

2 ore fa

Anche oggi in West Bank, oltre ai feriti, c’è stato un martire: Mohamed Ahmed, 20 anni, del campo profughi Al Arami a Ramallah. israele lo ha ucciso con proiettili al petto. Onore al martire.

Foto: Anche oggi in West Bank, oltre ai feriti, c'è stato un martire: Mohamed Ahmed, 20 anni, del campo profughi Al Arami a Ramallah. israele lo ha ucciso con proiettili al petto. Onore al martire.

Report dal blog di Samantha Comizzoli:

 

venerdì 8 agosto 2014

BEIT FURIK: CORAGGIO, COLLERA, CUORE

Oggi in Palestina era venerdì, ma era anche un altro giorno di rabbia contro l’occupazione nazista israeliana.

Da Nablus, con 3 autobus, arriviamo al campo profughi di Balata. Da qui partiremo tutti assieme, marciando, fino a raggiungere il checkpoint di Beit Furik.

Quando arriviamo a Beit Furik è già l’inferno. Al checkpoint sapevano che saremmo arrivati oggi perchè la manifestazione era stata annunciata. Cerchiamo di usare i blocchi di cemento per proteggerci dagli spari. Fino a quando sparano gas lacrimogeni e sound bomb va ancora bene, perchè vedi la traiettoria. Quando però sparano proiettili veri il discorso cambia. Senti il sibilo, ma non li vedi. I cecchini si sono appostati fra i cespugli. Sparano su persone con le braccia alzate o che tirano pietre.

Sono davanti al checkpoint e in piedi, dietro ad un blocco di cemento. Sparano, davanti a me c’è uno shebab con una kheffia bianco/nera che sta camminando verso di me per cercare altre pietre. E’ ad un metro davanti a me quando sparano, io mi abbasso, lui no. Quando mi rialzo mi si inginocchia davanti e piega la testa. Gli hanno sparato dietro alla testa, dalla kheffia una macchia di sangue si spande. Urlo, urlano e corrono gli shebab, che lo prenderanno in braccio per caricarlo sull’ambulanza. Da lì in poi è un susseguirsi di feriti da proiettili veri, quasi tutti alle gambe; tranne uno negli occhi. Un ragazzo giovane che, sapremo poi dall’ospedale, ha perso un occhio.

Seguo uno dei feriti alle gambe fino all’ambulanza perchè continuano a sparare e, anche questa volta, sparano sull’ambulanza.

C’è stato un momento durante la manifestazione che si è dovuti arretrare parecchio. Così mi sono messa davanti agli shebab, con le braccia alzate e senza kheffia. Per fargli capire che avrebbero sparato ad un’internazionale. E’ andata bene per un po’, poi, una merda di cecchino ha iniziato a “giocare”… Mi puntava, sparava, io mi abbassavo e quando mi alzavo sparava di nuovo. Dopo tre volte ho scelto di arretrare e non “rimanere in piedi e fermare il gioco” per un solo motivo: ho avuto paura che ferisse qualcun altro vicino a me, magari uno shebab.

Un altro “gioco” di oggi è stato attaccare la stampa presente. Dapprima spintonati per farli spostare ed evitare che documentassero; e dopo, quando avevano scelto un’altra postazione, presi di mira dalla “skunk water”. La skunk water l’hanno fatta arrivare assieme ai rinforzi (altre 5 jeeps), spara un liquido non identificato che provoca forti pruriti e un odore che riesce a farti vomitare e ti rimane addosso per 15 giorni. Insomma, un’arma chimica.

Gli shebab oggi sono stati strepitosi. Hanno lottato per quattro ore, con un caldo atroce, senz’acqua (perchè è finita a tutti nella prima ora) contro a dei cecchini che sparavano proiettili veri.

Il bilancio finale è di 15 feriti, nessuno grave, tranne il ragazzo che ha perso l’occhio. Sono proiettili molto piccoli che quando ti colpiscono fanno un buco enorme, ma non penetrano in profondità da trapassarti.

Lo so che è orribile che io ne parli in questo modo così tecnico e poco umano, ma oramai sono convinta che nessun messaggio umano possa trasmettervi quello che si vive e si prova qui.

A me, che lo vivo, vedere uno shebab che mi si accascia davanti con la testa che sanguina; cambia la vita. Per voi, voi che state leggendo o guardando il video, sentirete un pugno allo stomaco (forse), ma non dovete fare i conti con il problema.

Dopo la manifestazione, solitamente corro a montare il video perchè ci metto circa 4 ore. Oggi gli shebab mi avevano invitata a Sama Nablus, un parco sopra alla città da dove c’è una vista bellissima.

Già da tempo sto facendo uno sforzo enorme per restare umana, mi sto piano piano macchinizzando, sto diventando orribile. E’ il mostro che come un cancro ti entra nel cervello. E ti occupa. Così ho pensato che avere una bella serata a Sama Nablus avrebbe tolto un po’ di quel nero che sta crescendo dentro di me.

Ma non ce l’ho fatta. Dopo un paio di ore sono tornata qui a montare il video e a scrivervi questo report.

Per annullare almeno una parte del mostro, avrei bisogno di una bellezza così travolgente che qui non ho.

 

E la fine, a questo punto, è imposta. Va avanti la macchina e si ferma l’umanità. La foto che ho scattato del corteo a Balata rispecchia benissimo quello che ci stanno facendo.

Pubblicato da samantha a 13:56
Fonte:
http://samanthacomizzoli.blogspot.it/2014/08/beit-furik-coraggio-collera-cuore.html

Il triangolo chimico delle Bermuda

30 luglio 2014 – 16:13

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Alcuni anni fa la BBC, volendo dimostrare che le teorie sul Triangolo delle Bermuda sono una leggenda metropolitana, ha cominciato a raccogliere i dati sulle sparizioni di navi nelle zone marittime di diverse parti del mondo.

La conclusione è stata che ci sono decine di siti con livelli molto più elevati di incidenti nautici.

Un’indagine più attenta avrebbe mostrato che il triangolo più “misterioso” non è quello in Florida, ma nel tratto di mare tra l’Italia, la Grecia e le coste dell’Africa.

Questo è il “Triangolo Mediterraneo delle Bermuda”, dove la ‘ndrangheta calabrese per decenni avrebbe affondato navi che trasportavano rifiuti tossici e radioattivi.

Anche se meno noto al grande pubblico, rispetto a “Cosa Nostra” siciliana e alla “Camorra” napoletana, la ‘ndrangheta calabrese era il più forte sindacato del crimine nell’Italia degli anni ’90.

Con un fatturato superiore a quello della FIAT, la ‘ndrangheta è sospettata della “scomparsa” di almeno 30 navi con rifiuti tossici che altrimenti dovevano essere smaltiti con costosi processi, e che saranno un pericolo per l’ambiente.

Non è esagerato pensare che queste azioni illegali hanno avuto anche un ruolo geopolitico in un’area che si estende dalla costa Italiana del Mediterraneo al Corno d’Africa.

L’esempio più eclatante è stata la Somalia. Gli sforzi dei pescatori locali per evitare l’affondamento di sostanze tossiche nei pressi delle loro coste, con la creazione di gruppi di autodifesa armata, a poco a poco hanno portato al fenomeno della pirateria.

Il circolo vizioso è evidente: la Somalia, è rimasto nel caos dopo l’intervento americano nel 1993, è diventata facile preda delle mafie italiane, generando in risposta il fenomeno della pirateria e quindi nuovi interventi e bombardamenti americani con il pretesto di trattare … la pirateria.

Nelle ultime settimane, però, il “Triangolo Mediterraneo delle Bermuda” è tornato di attualità. Questa volta non per inghiottire vecchie e rugginose imbarcazioni della mafia italiana, ma per la presenza di navi più moderne della Marina degli Stati Uniti e di altri paesi che accompagnano la famosa «Cape Ray», che porta a bordo tonnellate di Armi Chimiche Siriane.

Essi sono “criminali in segreto”, ha detto il Prof. Pissias, leader dell’organizzazione “Free Mediterraneo”, partecipando alla manifestazione contro l’idrolisi.

Giovedi 24 Luglio in una conferenza stampa congiunta a organizzazioni e istituzioni coinvolte nella protesta in mare a Chania, il Prof. Pissias ha parlato di “governi tossici” e “regimi tossici”, e collega il caso con il dramma costante dei Palestinesi a Gaza.

Non è un caso che l’iniziativa “Free Mediterraneo” partecipa con la leggendaria imbarcazione “Agios Nikolaos” che forzò per la prima volta, nel 2008, l’assedio israeliano di Gaza.

E’ ironico constatare che la Cape Ray ha ricevuto il carico tossico nel porto di Gioia Tauro (l’antica Metauros), porto di cui si sono servite le organizzazioni criminali italiane per allestire le navi tossiche che oggi giacciono nel fondo del Mediterraneo

Questa volta, tuttavia, non saranno i rifiuti tossici che porteranno sviluppi geopolitici, come nel caso della Somalia, ma gli sviluppi geopolitici che ripristineranno lo stato di tossico al Mediterraneo.

E mentre i responsabili dell’Idrolisi continuano a ripetere che non vi è alcun rischio, le condizioni di assoluta segretezza imposte sin dall’inizio sembrano simili alla omertà delle mafie italiane, nonostante siano coordinate da organismi internazionali e supervisionate dalle Nazioni Unite.

Anche se non ci saranno incidenti, il processo sperimentale di Idrolisi è solo il primo passo alla riconversione del Mediterraneo in discarica.

fonte : www.efsyn.gr/?p=220521

[ndr] per approfondire il contenuto del post si consiglia la lettura delle informazioni redatte e gestite da Legambiente sul sito : www.navideiveleni.it

 

Tratto da http://www.sosmediterraneo.org/triangolo-chimico-bermuda/

Atene – Manifestazione 11 Luglio 2014

07 luglio 2014 – 00:44

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Venerdì 11 Luglio alle ore 20.00 (le 19:00 in italia), Piazza della Syntagma (piazza della costituzione), davanti al Parlamento Greco.

ERT open, la televisione di stato, chiusa dallo stato greco (oltre un anno fa) che continua a trasmettere via web, invita alla partecipazione per le seguenti ragioni :

  1. Contro la idrolisi delle sostanze chimiche della Syria nel Mediterraneo. Perché’ mette in pericolo la nostra salute, l’ ambiente marittimo del Mediterraneo e provocherà molti danni al turismo (e in conseguenza, all’economia di tutti i paesi che si affacciano in questo mare.
  2. Contro la catastrofica estrazione dell’oro a Skurie’s (Calcidica – Grecia Nord) che effettua una compagnia di interessi canadesi (Chiamata ”El Dorado”), sotto il permesso del governo greco, che inquina l’acqua, il mare, distrugge un bosco che esiste dall’antichità, e con la polvere tossica degli agenti chimici che usa, distrugge anche la salute della gente, l’agricoltura, il bestiame, i pesci, le api ed il turismo della regione.
  3. Contro alla legge per la Privatizzazione delle Spiagge che fino ad oggi appartengono a tutti, ricchi e poveri. Fare un bagno al mare, deve essere gratis e non solo a chi ha soldi da spendere.

Saranno disponibili collegamenti via streaming per tutti coloro che vorranno seguire e collegare schermi in altre città e paesi.

Ringraziamo Flavia e Stelios per le traduzioni e le info puntuali.

 
Fonte:

http://www.sosmediterraneo.org/atene-manifestazione-11-luglio/

ACQUA PUZZOLENTE, LA NUOVA ARMA ISRAELIANA

05 lug 2014

by Redazione

– See more at: http://nena-news.it/acqua-puzzolente-la-nuova-arma/#sthash.NaV1rIRb.dpuf

by Redazione

Un rapporto di B’Tselem conferma il frequente uso di questa sostanza – che causa nausea e vomito, soprattutto tra i bambini e gli anziani – contro le case dei palestinesi, in modo punitivo contro villaggi nei quali ogni settimana si svolgono manifestazioni.

Foto di Rani Bomat

Foto di Rani Bomat

MAAN NEWS AGENCY

Betlemme – Sabato scorso Rubhiya Abd al-Rahman Darwish stava schiacciando un pisolino sul divano di casa della famiglia quando è stata svegliata di colpo dal rumore di vetri rotti. “Ho visto un getto d’acqua entrare dalla finestra rotta, quando improvvisamente un forte odore ha colpito [le mie narici] e sono svenuta per la puzza, e mi hanno dovuta portare in ospedale”, ha raccontato la settantacinquenne a Ma’an durante un’intervista nel suo piccolo appartamento nel campo profughi di Aida a Betlemme.

Benché sia abituata al fatto che i soldati israeliani lancino candelotti di gas lacrimogeno nel vicolo vicino a casa sua, Darwish è rimasta sorpresa dal fatto che questa volta fossero arrivati con un cannone per spruzzare le facciate delle case con acqua puzzolente.  “Sono arrivata in ospedale e mi hanno fatto un’iniezione, ma il veleno ha cominciato ad uscire dalla mia bocca e dal mio naso. Ho cominciato a gridare perché la mia schiena mi faceva male, ed è ancora così” ha raccontato a Ma’an l’anziana donna, che ha detto di soffrire di diabete, ipertensione e problemi di cuore. “Tutti i miei vestiti erano rovinati, ed abbiamo dovuto buttare via tutte le mie trapunte e il materasso” ha detto. “Perchè lo fanno?”

La gente del posto ha detto che l’attacco in pieno giorno alle loro case non è stato provocato ed è stato totalmente imprevisto, e molti si sono detti shoccati dal fatto che i soldati israeliani abbiano sommerso il campo nella cappa di una sconosciuta sostanza repellente.

Noto come “Puzzola”, questo prodotto chimico è stato usato dall’esercito israeliano almeno dal 2008 come un mezzo non letale di controllo delle manifestazioni. I palestinesi, comunque, chiamano questo liquido semplicemente “merda”, per via dell’odore che può impregnare i vestiti, i corpi, i muri ed i mobili per settimane. Un portavoce militare israeliano contattato da Ma’an non ha risposto ad una richiesta di commento relativa alla spruzzata di liquido “puzzola”, né alle ragioni dell’attacco. Comunque l’organizzazione israeliana per i diritti umani B’Tselem sostiene che l’esercito in altre occasioni ha detto che la sostanza è organica, anche se non ne ha reso noti gli elementi.

Un rapporto di B’Tselem su “Puzzola” ha anche confermato il frequente uso di questa sostanza – che causa nausea e vomito, soprattutto tra i bambini e gli anziani – contro le case dei palestinesi, “facendo sorgere il sospetto che “Puzzola” sia stato usato in modo punitivo contro villaggi nei quali ogni settimana si svolgono manifestazioni. Vicino al campo profughi, nel quale c’era la strada principale da Hebron a Gerusalemme che ora è interrotta dal muro di separazione israeliano, un grande cannone ad acqua è stato sistemato all’inizio di quest’anno vicino ad una torre militare per spruzzare l’acqua contro la gente del posto, mettendo in evidenza con quanta rapidità “Puzzola” è stato inserito nell’arsenale dell’esercito israeliano.

Salah Ajarma, direttore di un vicino centro culturale, racconta che un gruppo di bambini stava camminando a circa 50 metri da dove il muro di separazione attraversa il campo quando i soldati israeliani hanno iniziato a sparare candelotti lacrimogeni contro di loro. “I soldati allora sono scesi ed hanno raggiunto i ragazzini” Ajarma ha raccontato a Ma’an durante un’intervista nel suo ufficio presso il Centro Lajee, ”e, siccome noi stavamo guadando dal centro con un gruppo di visitatori stranieri e di giornalisti, i soldati hanno iniziato a lanciare verso di noi e verso i bambini parolacce in arabo, per essere sicuri che capissimo.”

La settimana prima dell’attacco, i soldati israeliani hanno tiraro candelotti lacrimogeni a gruppi di bambini quando questi si riunivano nei pressi del centro dopo la fine degli esami del mattino, per cui Ajarma dice che si aspettava il solito trattamento di nuovo la domenica.  “Sono stato sorpreso, però, quando i soldati sono tornati con un grosso veicolo con una pompa sul tetto e hanno cominciato a spruzzare su ogni cosa una sostanza chimica con un terribile odore”, ha detto.

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“Non stavano cercando di colpire dei manifestanti, non c’era nessun manifestante in strada! Hanno sparato contro le case della gente e contro le finestre, senza preoccuparsi se fossero aperte o chiuse”, ha aggiunto. Dopo l’attacco, gli abitanti sono usciti di casa, inorriditi per il fatto di trovare i vicoli e le case del campo coperte da uno strato di liquido schifoso. Per qualche ora gli abitanti hanno tentato di pulire, e, benché abbiano fatto di tutto per spazzare via il più possibile la puzza, quando un giornalista di Ma’an ha visitato il luogo tre giorni dopo questa ristagnava ancora pesantemente nell’aria.

“La gente non sa neppure cosa sia questa sostanza, per poterla eliminare”, ha detto Ajarma,” e non sappiamo da cosa sia composto questo agente chimico. Abbiamo provato a pulire con cloro, ma c’è stata una reazione chimica che ha sprigionato una puzza ancora più letale”, ha aggiunto. Rilevando che questa è la terza volta che l’esercito ha spruzzato “Puzzola” nel campo, Ajarma ha detto che d’inverno la puzza è rimasta per 10-15 giorni, e che una fila di alberi colpita dall’acqua in seguito è avvizzita e morta.  “Questo prodotto chimico può avere effetti di cui non sappiamo niente, sulla natura nel campo e sulle future generazioni” Ajarma ha detto di temere.

Nidal Al-Azraq, un volontario del Centro Lajee, ha detto a Ma’an che i soldati “se la sono spassata” durante l’attacco, sfottendo gli abitanti mentre sparavano con il cannone nelle case e facendosi fotografie lì vicino.  “C’era un cane su uno dei muri sulla strada dove stavano innaffiando le case, e così l’hanno preso di mira ed hanno cominciato a sparargli addosso l’acqua” ha detto Al-Azraq.  “Dopo averlo colpito per due volte, il cane ha cominciato ad abbaiare, e la terza volta i soldati hanno colpito il cane direttamente con il cannone ad acqua e tutti quanti si sono messi a ridere”, ha aggiunto.  Al-Azraq, pur incerto sulle ragioni dell’attacco israeliano, pensa che l’abbiano fatto per spingere i residenti a smetterla con le proteste nel campo, durante le quali spesso vengono lanciate pietre contro i soldati israeliani che si trovano nei pressi.  “A volte ce l’hanno vinta, la gente impazzisce e dice ai manifestanti di smetterla,” ha raccontato Al-Azraq a Ma’an.

“Ma altri non accettano questa pressione e dicono: “Perchè colpirci con questo genere di prodotto? Non è solo un’offesa, è come se non fossimo neppure esseri umani!” Al-Azraq ha detto che molta gente, comunque, si è rassegnata a questo genere di attacchi. “E’ inutile dire che tutto questo è contro i nostri diritti umani, perché non è un linguaggio che Israele conosce. Che senso ha chiedersi perché fanno questo alle persone?” Darwish, la donna settantacinquenne che è svenuta dopo che i soldati hanno spruzzato l’acqua puzzolente contro la sua finestra, ha manifestato la sua rassegnazione riguardo ai ripetuti attacchi israeliani contro la sua casa. Rifugiata originariamente dal villaggio di Malha, nei pressi di Gerusalemme, Darwish è stato obbligata a lasciare la casa con la sua famiglia quando le truppe sioniste sono arrivate e li hanno cacciati nel 1948.

“Dove possiamo andare?” chiede, seduta sul divano del suo piccolo appartamento guardando verso la finestra approssimativamente rattoppata dopo essere stata rotta dal cannone ad acqua.  “Ci hanno buttati fuori dalla nostra terra natale, e cosa dovremmo fare? Dove dovremmo andare?”

(traduzione di Amedeo Rossi)

Fonte: http://www.maannews.net/eng/ViewDetails.aspx?ID=708269Pring

SOS MEDITERRANEO RISPONDE AL “VE L’AVEVAMO DETTO CHE NON SAREBBE SUCCESSO NIENTE…”

QUI IL COMUNICATO STAMPA DI IERI DI SOS MEDITERRANEO A PROPOSITO DELLO SMALTIMENTO CIOE’ DELL’IDROLISI DELLE ARMI CHIMICHE SIRIANE:

http://www.sosmediterraneo.org/non-sarebbe-successo-niente/

 

 
Vedi anche l’intervista del Tg2 a Pino Romeo del Sos Mediterraneo qui:

http://www.sosmediterraneo.org/tg2-via-dallitalia-armi-siriane/

CONCLUSE LE OPERAZIONI DI TRASBORDO ARMI CHIMICHE A GIOIA TAURO. ORA OCCHI PUNTATI SUI PROCEDIMENTI DI IDROLISI

Ore 23 circa

Dalla pagina Facebook di Presidio “San Ferdinando in Movimento”:

 

 

#armichimiche, gli elicotteri volteggiano ancora in cielo, ma le operazioni sono concluse: è finita una lunghissima giornata, iniziata non stamattina ma a gennaio scorso, quando il #Governo allora guidato da #Letta ha comunicato la scelta del porto di #GioiaTauro per il trasbordo.
Siamo contenti che non ci sia stato alcun intoppo; resta la palese violazione di quella sovranità popolare tutelata dall’art. 1 della #Costituzione, con la popolazione per nulla tutelata neppure dalle istituzioni più vicine, sindaco di #SanFerdinando in testa. Resta anche il disinteresse di uno Stato coloniale che si ricorda del #Sud solo quando c’è da sacrificarlo, mai per valorizzarlo: riprendendo una citazione ricordata dai Briganti, “al nord la grana, al Sud le grane”.
Adesso c’è da sperare che il nostro #porto non si trasformi in location abituale per operazioni del genere: e perché ciò non avvenga è necessario creare una coscienza civica nelle popolazioni, senza la quale non possiamo pensare di tutelare in alcun modo il nostro territorio.
Bisogna tenere un occhio puntato anche sui procedimenti di #idrolisi, che si svolgeranno davanti alle coste greche, già sul piede di guerra, e sul nostro mare #Mediterraneo.
Un grazie va a voi che ci siete stati vicini, a chi sul territorio si è speso per informare nei mesi scorsi, alle due televisioni locali, TeleMia e #Sud656 che hanno seguito le operazioni con lunghissime dirette. Vi invitiamo a non dimenticarvi di noi nei prossimi mesi: questo pezzo di #Calabria ha bisogno di attenzione costante.
Oggi possiamo dirlo, sì: #buonanotte a tutte e tutti, per davvero!

ARMI SIRIANE, I PARTICOLARI DALL’INTERNO DELLA CAPE RAY

La nave è arrivata stamattina nel porto di Gioia Tauro, commissioni difesa di Camera e Senato in missione a Reggio. Il sindaco di San Ferdinando: «Non so che sostanze verranno trasbordate ma, anche se sono sempre stato contrario a questa operazione, darò il massimo supporto»

Il terminal di Gioia Il terminal di Gioia

GIOIA TAURO «Anche se sono sempre stato contrario a questa operazione darò il massimo supporto che mi deriva dall’essere sindaco fermo restando tute le riserve dal punto di vista politico. È stata una decisione imposta dall’alto senza rispetto per la volontà della popolazione. Malgrado abbia fatto richiesta non so che tipo di sostanze verranno trasbordate». È con parole durissime che il sindaco di San Ferdinando, Domenico Madafferi ha commentato l’insediamento del Centro di Monitoraggio e Controllo, presieduto dal prefetto Claudio Sammartino, che nei prossimi giorni coordinerà le operazioni di trasbordo di container degli agenti chimici provenienti dalla Siria dalla nave Ark Futura alla Cape Ray che avranno inizio domani mattina. Alla riunione interverranno anche i rappresentanti del ministero degli Affari Esteri, attesi nel primo pomeriggio a Reggio Calabria, nonché tecnici dell’Istituto superiore per la Protezione e la Ricerca ambientale e ispettori dell’Opac. Nel frattempo è già arrivata in porto la nave statunitense Cape Ray. L’unità navale, partita dal porto spagnolo di Rota, imbarcherà domani il carico di armi e sostanze chimiche requisito al regime siriano di Assad e, attualmente, in rotta verso la Calabria a bordo del cargo danese Ark Futura.

 

TRASPARENZA A BORDO

“Nella parte finale di questa operazione, da parte degli americani, c’è stata piena apertura nel farci vedere tutte le strutture interne, tutto l’impianto di processazione delle componenti chimiche di idrolisi. Se nella fase iniziale si è mancato in termini di comunicazione, con oggi si iniziano ad avere dettagli maggiori”. Sembrano confortati dalle informazioni ricevute e soddisfatti per “la massima trasparenza e disponibilità” mostrata dai militari che al porto di Gioia Tauro si preparano a ricevere a bordo della nave statunitense Cape Ray  l’arsenale chimico di Bashar al- Assad, i componenti delle commissioni difesa di Camera e Senato oggi in missione in Calabria per monitorare le operazioni di trasbordo degli agenti chimici dal cargo danese all’imbarcazione americana su cui verranno resi inoffensivi.  “Questa mattina – sintetizza il presidente della commissione Difesa della Camera, Massimo Artini – siamo stati accolti sulla Cape Ray in maniera molto trasparente. Siamo entrati nel ponte interno della nave e abbiamo potuto valutare anche le installazioni, che sono composte da un ingresso all’impianto di idrolisi, ermetico sia dalla parte aerea che dalla parte di suolo, quindi dall’impianto di idrolisi stesso”. Ma soprattutto, la delegazione di parlamentari che oggi ha avuto accesso alla nave americana – formata oltre che dal presidente Artini (Movimento 5 stelle), dai deputati Rosanna Scopelliti (Ncd), Paolo Alli (Ncd) e Marco Marcolin (Lega Nord) e dai senatori Carlo Lucherini (Pd) e Luis Alberto Orellana (Movimento 5 stelle) insieme al Direttore Centrale per la sicurezza, il disarmo e la non proliferazione della Farnesina, Giovanni Brauzzi – sembra essere stata in grado di raccogliere ulteriori dettagli e informazioni sull’operazione che nelle prossime ore avrà come teatro lo scalo di Gioia Tauro, a partire dal materiale trattato.

 

SARIN E IPRITE

“Si tratta di precursori di gas Sarin e iprite. Inizialmente doveva esserci anche un precursore del Vx, che è stato messo sulla nave norvegese che è già in navigazione verso la Germania”, comunica Artini, rispondendo alle perplessità di alcuni dei sindaci della Piana che in mattinata, per bocca del primo cittadino di San Ferdinando Domenico Madafferi avevano fatto sapere “Malgrado sia stata  fatta richiesta non si sa che tipo di sostanze verranno trasbordate”. Non si tratta dunque di armi già innescate, ma della componentistica necessaria per fabbricarle. Materiale delicato e altamente instabile, che necessita dunque tutte le tutele del caso quando viene trasportato, manipolato o distrutto e che per la prima volta verrà trattato su una nave e non in un impianto di terraferma. Una questione che più di tutte ha fatto scendere sul piede di guerra ambientalisti, comitati come molti amministratori della Piana,  su cui i parlamentari hanno tentato di fare chiarezza.

 

UN’OPERAZIONE MAI TENTATA PRIMA

Stando ai trattati internazionali, avrebbe dovuto essere il Paese produttore o detentore a smaltirle, ma “è del tutto evidente – afferma Artini – che farlo in Siria non sarebbe stato né facile né opportuno. Basti pensare che il carico è stato per oltre un mese bloccato a Latakia perché non c’erano le condizioni di sicurezza per farlo muovere”. Una prima opzione valutata dall’Opac (organizzazione per la messa al bando delle armi chimiche) è stata l’Albania “ma alla fine – ammette il presidente della commissione difesa della Camera – non c’è stata disponibilità. Si è capito però che sarebbe stato inopportuno costruire un impianto di distruzione di agenti chimici ad hoc per lasciarlo inutilizzato. Quindi si è deciso di farlo, per la prima volta, a bordo di una nave”.  Un’operazione mai tentata, ma che può contare – assicurano deputati e senatori – sulle migliori tecnologie e  tecnici specializzati con oltre quindici anni di esperienza per lavorare in sicurezza. Nulla – chiariscono i parlamentari – verrà sversato in mare, perché anche l’acqua di scarto dell’idrolisi verrà stoccata per essere poi smaltita in Germania, Gran Bretagna e Norvegia”.

 

DETTAGLI SUL TRASBORDO A GIOIA TAURO

Un’operazione complessa, che dunque interesserà il territorio di Gioia Tauro solo per la parte relativa al trasbordo degli agenti chimici dal cargo danese, il cui attracco è previsto attorno alle quattro di questa notte, alla nave su cui poi verranno processati “ben oltre le acque internazionali”. Stando alle stime comunicate ai parlamentari, l’intera procedura dovrebbe durare non più di dieci ore, tuttavia in mattinata proprio sul punto il segretario dei portuali della Cgil, Salvatore La Rocca, aveva mostrato prudenza “generalmente in un’ora movimentiamo circa sessanta container, ma bisognerà capire come procedere per rispettare le massime condizioni di sicurezza”. In trenta fra i lavoratori del porto saranno impegnati nelle operazioni di scarico e carico dei container che – assicurano – non verranno stoccati sul molo, ma trasferiti direttamente da nave a nave.

 

“CONTINUEREMO A MONITORARE”

Concluse le operazioni in porto, la Cape Ray, scortata da pattugliatori di diversi Paesi, oltrepasserà le acque internazionali per dare il via alle operazioni di smaltimento in mare aperto, su rotte ancora ignote ai parlamentari. “Per come ce l’ha prospettata questa mattina il capitano, non essendo necessario che la nave sia ancorata, si cercherà la situazione climatica e di mare migliore, ma in ogni caso oltre 150 miglia dalla costa, quindi cinque volte oltre le acque internazionali”. Stando ai piani,  l’impianto – sotto osservazione dei tecnici Opac – dovrebbe riuscire a smaltire 25 tonnellate al giorno, dunque “in 60- 90 giorni di lavoro, calcolando quelli di inattività per mare mosso dovrebbero essere in grado di concludere le operazioni”, afferma Artini, che promette “questa nostra missione è un passaggio che non finisce qui – ha concluso Artini – ci sono altri 60 giorni in cui c’è da fare l’idrolisi in mare e sui quali abbiamo intenzione di vigilare”.

 

CHI PAGA?

Pochi dettagli arrivano invece sui costi dell’operazione. Se è confermato che la società che oggi gestisce il porto di Gioia Tauro riceverà un indennizzo del valore ancora non definito o comunicato, è il direttore generale e ministro plenipotenziario Brauzzi a comunicare che sarà in larga parte l’Italia a finanziarie l’operazione “abbiamo ottenuto che i costi venissero scontati dal contributo di due milioni di euro che l’Italia aveva già deciso di destinare al fondo internazionale per le missioni di pace. Era il minimo per non essere da meno di quello che hanno fatto gli altri Paesi”. Nessun costo invece dovrebbe ricadere sulle istituzioni locali, mentre toccherà sempre allo Stato sobbarcarsi le spese dell’enorme dispositivo di sicurezza dispiegato all’esterno del porto, come delle operazioni di comunicazione che porterà alla proiezione delle operazioni di trasporto in streaming in tre luoghi, fra cui la Prefettura di Reggio Calabria. “Di fronte al fatto di poter distruggere le armi chimiche,  per la prima volta dalla seconda guerra mondiale, senza che si verifichi una situazione simile a quella dell’Iraq nel 92-93, anche se dovesse essere indennizzato in misura maggiore di un normale trasbordo, penso sia corretto farlo perché fa parte delle responsabilità di un Paese”. La  vicenda deve essere vissuta dalla Calabria “più che come una vessazione come un’opportunità” per Rosanna Scopelliti. “Inizialmente non c’è stato il giusto coinvolgimento ma dal momento in cui la situazione è stata denunciata vi è stata la massima cooperazione e trasparenza. Abbiamo la volontà di rassicurare i cittadini, noi comunque ci siamo, e tutto quello che si poteva fare è stato fatto. Magari – conclude Scopelliti – per le prossime volte è auspicabile un coinvolgimento maggiore fin dall’inizio”. (

Alessia Candito

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Fonte:

http://www.corrieredellacalabria.it/index.php/cronaca/item/23265-armi-siriane,-la-cape-ray-%C3%A8-arrivata-nel-porto-di-gioia