SIRIA, “ASSAD E ISIS HANNO USATO ARMI CHIMICHE IN ALMENO TRE ATTACHI”

Siria, “Assad e Isis hanno usato armi chimiche in almeno tre attacchi”

L’accusa arriva da team composto di investigatori della Nazioni unite e dell’OPCW (Organizzazione per la proibizione della armi chimiche). Il 30 agosto il Consiglio di sicurezza discuterà il dossier
di Shady Hamadi | 25 agosto 2016

 

Nonostante Assad abbia sempre negato l’uso di armi chimiche, il governo siriano le ha utilizzate per due volte. Ma Damasco non è stata la sola averle utilizzate, perché anche l’autoproclamato Califfato ha fatto uso del gas mostarda. A metterlo nero su bianco è un team composto da investigatori di Nazioni Unite e Opcw (Organizzazione per la proibizione della armi chimiche), che ha stilato un dossier sull’uso delle armi chimiche durante la guerra in Siria, analizzando nove casi. Solo in tre le responsabilità sono state attribuite, mentre negli altri sei non si arrivati a nessuna conclusione. I risultati del team, fortemente richiesto da Mosca e formato dall’Onu, saranno discussi dal Consiglio di sicurezza il 30 agosto.

Secondo il report il governo siriano ha lanciato armi chimiche su due villaggi nella provincia di Idlib: a Talmenes il 21 aprile del 2014 e Sarmin il 16 marzo del 2015. In entrambi gli attacchi gli elicotteri siriani hanno lanciato sulle abitazioni “un congegno” che nel primo caso ha le “caratteristiche del cloro”. L’Isis è invece accusato di avere adoperato il gas mostarda nell’attacco alla città di Marea, a nord di Aleppo, il 21 agosto 2015.

A seguito delle conclusioni della commissione, l’ambasciatrice Usa alle Nazioni Unite Samantha Power ha chiesto al Consiglio di adottare “azioni forti e rapide” contro i responsabili. In particolare ha accusato il governo siriano di violare la risoluzione varata a settembre 2013 dal Consiglio che impone il divieto – riportato nel capitolo 7 della Carta delle Nazioni Unite -, dell’uso di “qualsiasi arma chimica da parte di chiunque nella Repubblica araba siriana”. Allora, infatti, il governo di Damasco accettò un piano per lo smaltimento delle armi chimiche che ebbe l’effetto di scongiurare un intervento militare americano, in risposta alla strage condotta con armi chimiche che provocò la morte di 1400 persone nella capitale, nella Ghouta orientale.

Fra dicembre 2015 e agosto 2016, il team di investigatori ha ricevuto più di 130 segnalazioni da stati membri delle Nazioni Unite sull’uso di armi chimiche in Siria: 13 sarin, 12 gas mostarda, 4 gas nervino, 41 cloro e gli altri 61 con altre agenti chimici tossici. In passato, la Russia, che sostiene il governo di Damasco, ha bloccato l’attuazione di sanzioni o altre azioni del consiglio contro il governo di Assad, anche se è stata proprio il governo di Mosca a volere la commissione d’inchiesta.

 

 

Fonte:

http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/08/25/siria-assad-e-isis-hanno-usato-armi-chimiche-in-almeno-tre-attacchi/2995360/

A ROMA LA MOSTRA “NOME IN CODICE: CAESAR”

Pubblico · Organizzato da Comitato Khaled Bakrawi
Dal 5 ottobre alle 14:00 al 9 ottobre alle 19:00
Roma
“Caesar” è lo pseudonimo che protegge l’identità di un ex fotografo della polizia militare del regime di Bashar Assad. Fino al 2011 e all’inizio delle manifestazioni di protesta, l’incarico di “Caesar” consisteva nel riprendere scene del crimine (come incidenti stradali o delitti comuni) e fotografarne le vittime. Successivamente, lui ed i suoi colleghi vennero sempre più spesso chiamati a fotografare i corpi delle vittime delle torture e degli omicidi commessi nelle prigioni e nei centri di detenzione del regime, particolarmente in quello denominato Military Hospital 601, situato a Mezze, sobborgo di Damasco.
Per due anni, “Caesar” ha copiato su alcune chiavette USB le immagini che scattava per lavoro, contemporaneamente organizzando la sua fuga dalla Siria, effettivamente avvenuta nell’estate del 2013. Lasciando il suo Paese, “Caesar” ha portato con sé circa 55.000 immagini. Recentemente, l’organizzazione umanitaria Human Rights Watch ha eseguito un’analisi delle immagini e delle informazioni fornite da Caesar, pubblicando poi un dettagliato rapporto (in inglese, francese, spagnolo, arabo, tedesco, giapponese, cinese e russo) che costituisce un atto d’accusa sconvolgente, intitolato “Se i morti potessero parlare – Uccisioni e torture di massa nelle strutture di detenzione in Siria”. Le foto di “Caesar” sono state consegnate a HRW dal Movimento Nazionale Siriano e l’organizzazione umanitaria si è concentrata su 28.707 immagini che, sulla base di tutte le informazioni disponibili, mostrano almeno 6.786 persone morte in carcere o dopo essere stati trasferiti dal carcere in un ospedale militare, come il n. 601 di Mezze, Damasco. “Le foto rimanenti – scrive HRW – sono di attacchi a luoghi o di corpi identificati dal nome come appartenenti a soldati governativi, altri combattenti armati o a civili uccisi in attacchi, esplosioni o attentati”.
Le foto di “Caesar” hanno fatto il giro del mondo: sono state esposte al Palazzo di Vetro dell’ONU a New York, all’Holocuast Memorial Museum di Washington, al Congresso U.S.A., alla facoltà di Legge dell’Università di Harvard, al Parlamento Europeo di Strasburgo, alla House of Commons di Westminster, alla Royal Hibernian Academy di Dublino e presso molte altre istituzioni a Boston, in Canada e in altri Paesi. In Francia, la giornalista Garance Le Caisne ha raccolto il racconto di “Caesar” in un libro – “Opèration Cèsar” – uscito lo scorso ottobre (pubblicato in Italia da Rizzoli con il titolo “La macchina della morte”) e la magistratura francese ha avviato un’inchiesta nei confronti del regime di Assad per crimini contro l’umanità, sulla base dell’art. 40 del Codice di Procedura Penale, che obbliga ogni autorità pubblica a trasmettere alla giustizia le informazioni in suo possesso se è venuta a conoscenza di un crimine o di un delitto. Gran parte della segnalazione inviata dal Ministero degli Esteri di Parigi alla magistratura si basa sulla testimonianza di “Caesar”.
In Italia, la mostra delle immagini di “Caesar” arriverà il prossimo ottobre. Abbiamo assunto questa iniziativa per contribuire a colmare le lacune mostrate dall’informazione in Italia sulle vicende siriane, particolarmente sui motivi che sono all’origine delle manifestazioni del 2011 contro il regime degli Assad. La sistematica violazione dei diritti umani dei Siriani da parte degli apparati del regime è una di queste motivazioni e le fotografie di “Caesar” sono lì a dimostrarlo. Sono immagini sconvolgenti nella loro fissità e nel loro richiamare alla mente altre immagini che tutti abbiamo visto, in bianco e nero, sui nostri libri di storia e che non avremmo mai voluto rivedere nell’attualità del colore.
L’inaugurazione della mostra “Nome in codice Caesar”, consistente in 27 pannelli fotografici 50 x 70, è prevista per il 5 ottobre e sarà preceduta da una conferenza stampa presso la sede della Federazione Nazionale della Stampa Italiana, una delle organizzazioni promotrici dell’evento. Oltre alla FNSI, partecipano alla promozione Amnesty International, UniMed (Coordinamento delle Università del Mediterraneo), FOCSIV e Articolo 21. Nei giorni della mostra sono previsti iniziative e dibattiti in corso di organizzazione.
Fonte:
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Qui informazioni su Comitato Khaled Bakrawi:

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Qui il link per donazioni:

DENTRO SAYDNAYA: CARCERE DELLE TORTURE DELLA SIRIA

Un video molto importante prodotto con enormi sforzi da ‪#‎Amnesty‬ International, che ha collaborato con Forensic Architecture, un’agenzia di ricerca con sede presso la Goldsmiths, University of London, per ricreare gli orrori di #Saydnaya attraverso un modello 3D interattivo.
#Saydnaya è un Carcere siriano di tortura vicino ‪#‎Damasco‬.
Il video contiene un esempio delle torture sistematiche che il regime di Assad pratica fino ad uccidere i detenuti, uno scorcio di inferno sulla terra.

 

Fonte:

https://www.facebook.com/NomeInCodiceCaesar/posts/931379510339575

SIRIA, OMRAN E’ IL VOLTO DELL’IDIGNAZIONE A RATE DELL’OPINIONE PUBBLICA

Siria, Omran è il volto dell’indignazione a rate dell’opinione pubblica

 

di Shady Hamadi | 18 agosto 2016

 

Omran si tocca il viso, incredulo. Ha cinque anni e forse non ha capito cosa è successo. E’ stato estratto dalle macerie di casa sua, ad Aleppo, distrutta da un ennesimo bombardamento aereo russo, uno di quei bombardamenti che qui, in Europa, in Italia, non vogliamo vedere, né condannare. Aleppo, la Siria intera, è il metro della schizofrenia occidentale: non si vede altro che l’Isis, si invoca il rispetto dei diritti umani ma si sta silenti su tutto. Si ha paura, qui, in Europa, di condannare i bombardamenti aerei che mietono più vittime del fondamentalismo; che distruggono ospedali, infrastrutture e… vite. Si ha paura – perché non bisogna schierarsi sui giornali o si perde di oggettività – di condannare i russi, il governo siriano per crimini contro l’umanità.

Con il suo sguardo incredulo, spaesato, che riassume l’abbandono e l’incomprensione che assediano i siriani, schiacciati da un regime brutale e da un fondamentalismo che si nutre di questa repressione, Omran è il simbolo dell’impunità: chiunque tu sia, puoi bombardare ospedali, usare le armi chimiche, fare fosse comuni e compiere pulizia confessionale o etnica ma sei consapevole che nessuno ti punirà, non verrai chiamato in giudizio da nessun tribunale. La Siria è diventata, suo malgrado, il simbolo del fallimento del mondo. “L’umanità – dichiarava in una conversazione telefonica Assad Younes, un giovane aleppino che ho intervistato settimana scorsa – è finita ad Aleppo”.

In ordine di tempo, Omran è l’ultimo bambino che risveglia l’indignazione a rate dell’opinione pubblica. Era cominciato tutto con Hamza ali Al Khateeb, torturato, evirato e infine ucciso nel maggio 2011. La Clinton e altri leader, che oggi hanno fatto un cambio di rotta clamoroso sulla Siria, dichiararono che “Assad doveva andarsene”. Poi, venne la strage di bambini di Houla, tagliati a pezzi dalle milizie fedeli al governo siriano. E ancora, Houda, la bambina che alzava le mani al cielo scambiando la macchina fotografica per un’arma; Aylan, il bambino morto fotografato su una spiaggia che cambiò, per un momento, le politiche dell’accoglienza per i siriani.

Ora è il turno di Omran, e ci chiediamo se questo bambino, il suo sguardo, può destare l’attenzione sul dramma di Aleppo, facendo sì che venga alla luce l’enorme tragedia che sta avvenendo in Siria, una tragedia che viene coperta dal clamore dell’Isis, dai curdi – diventati nuovi eroi per una sinistra, anche italiana, incapace di guardare al Medioriente nella sua complessità.

Ma Omran è anche il simbolo di un giornalismo che cerca il sensazionalismo per parlare di un tema: c’è bisogno di un fatto clamoroso, come la foto di un bambino sopravvissuto alla morte, per riaccendere i riflettori su una catastrofe che dovrebbe essere raccontata ogni giorno perché è il centro di tante questioni che toccano le nostre società. Sui giornali, dovremmo parlare continuamente della Siria, quella oltre il fondamentalismo e il regime, perché ha pagato mezzo milione di morti e undici milioni di sfollati esterni e interni. Dovremmo far sì che la voce dei siriani, quelli a Aleppo o Idlib, emerga nel marasma di cose dette su di loro ma senza di loro.

Ma, consapevole che così non sarà e che lo sguardo di Omran, il suo destino, è destinato a spegnersi nei prossimi giorni, sotto un mare di indifferenza e di disimpegno generale, ci rivediamo alla prossima notizia clamorosa: al prossimo bambino siriano che susciterà l’indignazione part-time di qualcuno.

 

 

Fonte:

http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/08/18/siria-omran-e-il-volto-dellindignazione-a-rate-dellopinione-pubblica/2981515/

SIRIA: ALEPPO, I RIBELLI ROMPONO L’ASSEDIO

SIRIA Aleppo, i ribelli rompono l’assedio

 

Andato in onda il: 07/08/2016

La guerra in Siria. I ribelli riescono a rompere l’assedio delle truppe di Assad nella parte orientale di Aleppo mentre la cittadina di Mambij, vicino al confine turco, viene liberata dai curdi con l’aiuto dei raid americani che proseguono anche in Libia, intorno a Sirte.
Giacomo Segantini
Fonte:

SIRIA, BOMBARDATO L’OSPEDALE PEDIATRICO DI SAVE THE CHILDREN A IDLIB

La struttura è nella zona sotto il controllo dei ribelli. L’ospedale adesso è inagibile.
globalist  29 luglio 2016

Ancora sangue in Siria: questa volta nel mirino dei raid aerei è finito l’ospedale pediatrico di Idlib. A denunciarlo è su twitter Save the Children Uk, citato per primo dalla Bbc. Nella struttura, che è la più grande della zona oltre ad essere anche l’unica nell’arco di 110 chilometri: l’ospedale ogni mese assiste circa 1.350 tra donne e bambini e vi avvengono oltre 320 parti assistiti. Secondo l’organizzazione non governativa ci sarebbero decine di vittime, ma al momento non si hanno numero certi sul numero di morti.

Save the Children: siamo inorriditi. “Inorriditi dalla notizia che una clinica ostetrica che sosteniamo è stata bombardata. La violenza DEVE fermarsi. Da questo dipendono le vite dei bambini”, ha scritto Save the children su Twitter. La ong ha pubblicato anche un video in cui mostra l’ospedale dopo il bombardamento. Il nosocomio si si trova a Kafer Takhareem. “I nostri pensieri sono con le famiglie e i membri dello staff sul terreno”, ha aggiunto ancora Save the children. Il complesso sanitario, che collabora da anni con Save the Children, è stato in parte distrutto, soprattutto nella parte dell’ingresso principale. L’Osservatorio Siriano per i Diritti Umani, organizzazione dell’opposizione con sede a Londra, ha riferito invece che la struttura “non è quasi più operativa” a causa dei danni subiti.

Non si sa chi ha compiuto il raid aereo. La cittadina è nelle mani dei ribelli del Libero L’ospedale nella zona controllata dai ribelli. Esercito Siriano e, oltre all’ospedale, è stato colpito e gravemente lesionato anche un edificio adiacente della Difesa Civile, un corpo volontario di auto-tutela che opera nelle zone del Paese controllate dalle forze ostili al regime di Bashar al-Assad.

Un altro ospedale nel mirino dei raid aerei. Quello di oggi è solo l’ultimo degli ospedali finiti nel mirino delle bombe piovute dal cielo nelle zone controllate dai ribelli, soprattutto da parte dell’aeronautica siriana. La settimana scorsa diversi raid in meno di 24 ore hanno colpito quattro ospedali da campo e una banca del sangue nella zona ribelle e assediata di Aleppo, seconda città del Paese.

Clicca qui per guardare il video postato su Twitter da Save the Children.

Mario Giro: morti operatori e pazienti. “A 5 mesi dal bombardamento che colpì l’ospedale di Medecins Sans Frontieres, ora giungono notizie gravi del bombardamento di ospedale di Save the Children in Siria. Si tratta di una situazione inaccettabile” ha scritto in una nota, il viceministro per la cooperazione internazionale Mario Giro. “Come si vede, come si sa, gli autori dei bombardamenti sono diversi ma il terribile risultato è sempre lo stesso: uccisione di operatori umanitari e pazienti delle strutture sanitarie colpite. Basta con questi attacchi indiscriminati contro strutture che dovrebbero essere protette e restare fuori dai combattimenti. L’Italia -ribadisce che il diritto internazionale umanitario sia rispettato in ogni caso”.

 

 

Fonte:

http://www.globalist.it/world/articolo/203969/bombardato-l-039-ospedale-pediatrico-di-save-the-children-a-idlib.html

LA MACCHINA DELLA MORTE SIRIANA

Colgo l’occasione di un post del compagno Germano Monti per parlare del “dossier Caesar”.

Dal profilo Facebook di Germano Monti:

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Pensierino del pomeriggio: non è la Turchia, le immagini non sono di vittime della repressione di Erdogan. E’ la Siria, le immagini sono di vittime della repressione di Assad, una piccolissima parte delle foto esportate clandestinamente da “Caesar”, un fotografo della polizia militare siriana che ha disertato nell’agosto di tre anni fa. Erano tutti manifestanti pacifici, attivisti per i diritti umani, rifugiati palestinesi, semplici cittadini. Quindi, potete infischiarvene, come avete fatto fino ad ora.

"Soldiers from the Assad regime shown placing numbered victims of starvation and other means of torture in body bags before stacking them.  This photo was taken by Caesar or one of his fellow military photographers between 2011-2013."
"Numbered victims of starvation and other means of torture lined up in rows to be photographed and catalogued by the Assad regime before being placed in body bags and stacked.  These victims were placed in a warehouse when the nearby hospital that the regime had used for this purpose overflowed with victims' bodies.  This photo was taken by Caesar or one of his fellow military photographers between 2011-2013."
"A Christian Syrian victim of starvation and other Assad regime torture.  His regime assigned number is written on his stomach and right thigh.  The white card held in the picture also shows the victim's number and the number of the regime security unit responsible for his detention and death.  His number and eyes have been covered in this picture out of respect for the victim's family, which may not yet be aware of his death.  This picture was taken by Caesar or one of his fellow regime photographers between 2011-2013."
"Victims of starvation and other Assad regime torture.  The white card held in the picture shows the center located victim's number and the number of the regime security unit responsible for his detention and death. His number and eyes have been covered in this picture out of respect for the victim's family, which may not yet be aware of his death. This picture was taken by Caesar or one of his fellow regime photographers between 2011-2013."
Stand with Caesar: Stop Bashar al-Assad’s Killing Machine ha aggiunto 28 nuove foto all’album: Evidence of Bashar al-Assad’s Killing Machine — a Damasco.

This is an extremely small sample of the nearly 55,000 photos that Caesar smuggled out of Syria. These are also some of the least gruesome. Most of the other photos show unimaginable cruelty, far beyond what you see even in the horrible photos included here. Due to Facebook limitations and our concern that children may view these images, we have chosen to show these alone for now. In the future, we may add others in order to more fully display the unspeakable brutality of the Assad regime’s killing machine. These photos have been analyzed and validated by various international experts, including the FBI.

Fonte:
Dal blog di Germano Monti:

CHI HA PAURA DI CAESAR?

MILAN, ITALY - JULY 15:  Chamber of Deputies President Laura Boldrini attends congress on feminicide at the Camera del Lavoro on July 15, 2013 in Milan, Italy. Data from EU.R.E.S (European Economic and Social Researches) reports that between 2000 and 2011, of the 2,061 total women in Italy who had died, 1,459 died as a result of domestic violence.  (Photo by Pier Marco Tacca/Getty Images)

La domanda corretta sarebbe: “Chi ha paura delle immagini delle vittime delle torture degli aguzzini di Bashar Al Assad trafugate dalla Siria e divulgate all’estero da un ex fotografo della polizia militare del regime?”. Troppo lunga per un titolo.
Ai lettori del Corriere della Sera e del Fatto Quotidiano la vicenda è già nota da tempo: la Presidente della Camera dei deputati, Laura Boldrini, ha impedito l’esposizione nelle sale di Monte Citorio della mostra comprendente una selezione delle fotografie scattate da “Caesar”, impiegato della polizia militare siriana, incaricato di fotografare i corpi delle vittime decedute – dopo essere state atrocemente torturate – nelle carceri del regime di Assad. Una trentina di immagini, scelte fra le migliaia scattate da Caesar fra il 2011 e il 2013, già esposte al Palazzo di Vetro dell’ONU, al Parlamento Europeo, al parlamento inglese e in molte università.
Il pretesto con cui la Boldrini ha opposto un rifiuto all’esposizione della mostra, curata dall’associazione “Non c’è pace senza giustizia”, appare francamente improbabile: le immagini sarebbero troppo crude e potrebbero turbare gli alunni delle scolaresche che visitano quotidianamente i locali della Camera e del Senato. Che si tratti di un pretesto, lo dimostra il fatto che, come si è detto, le stesse immagini sono state mostrate nelle sedi istituzionali di New York, Londra e Strasburgo, oltre che in alcune università. Per non parlare del fatto che, se la crudezza di certe immagini andasse veramente risparmiata alle scolaresche, bisognerebbe interrompere le visite organizzate per gli studenti ad Auschwitz e negli altri lager e, magari, proibire che i testi di storia ne pubblichino le fotografie… a meno che il problema non sia il fatto che le immagini dei lager di Hitler sono perlopiù in bianco e nero, mentre quelle dei lager di Assad sono a colori.

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Proviamo ad andare oltre l’evidente pretestuosità del diniego opposto da Laura Boldrini all’esposizione delle fotografie di Caesar, anche se è difficile non osservare come offenda l’intelligenza dei cittadini italiani. L’esistenza in Italia di una forte e trasversale lobby che potremmo definire “filo Assad” è cosa nota, come è noto che tale lobby comprenda non solo attivisti sia di estrema destra che di “sinistra”, ma anche – e soprattutto – potenti settori del Vaticano, segnatamente quelli più reazionari, nonché la schiera di ammiratori italiani del presidente russo Vladimir Putin, schiera anch’essa forte e trasversale, comprendendo la Lega di Salvini, tutte le formazioni della destra post missina (da Fratelli d’Italia della Meloni alla Destra di Storace) e quelle della destra più radicale, CasaPound e Forza Nuova incluse. A “sinistra”, invece, le ragioni del dittatore siriano sono validamente sostenute da alcuni personaggi che godono di una certa notorietà (come il giornalista Giulietto Chiesa), da tutta la galassia di partitini più o meno “comunisti” e da alcuni settori che si definiscono “pacifisti”. Dulcis in fundo, nell’armata italiana che difende la trincea di Assad si è arruolato anche il Movimento 5 Stelle, che ha chiesto la normalizzazione delle relazioni diplomatiche con Damasco e la riapertura dell’ambasciata della Siria a Roma, chiusa nella primavera del 2012 dal governo italiano, dopo l’ennesima strage di civili operata dalle truppe del dittatore.
E’ possibile che la pressione di queste forze abbia influito in maniera decisiva sulla scelta di Laura Boldrini di oscurare le immagini di Caesar? Solo in parte. Probabilmente, la motivazione di una scelta tanto umiliante per la dignità dell’istituzione che rappresenta risiede nella volontà di non creare difficoltà alla politica estera del governo Renzi, basata sulla spasmodica ricerca di consensi e di sostegno “a prescindere”, che si tratti dei monarchi sauditi o del Pinochet del Cairo, il generale golpista il cui regime è responsabile di crimini quantitativamente lontani da quelli commessi da Assad, ma qualitativamente non meno feroci, come ha tristemente dimostrato a tutti la vicenda di Giulio Regeni, il giovane ricercatore italiano sequestrato, torturato e assassinato al Cairo da una delle tante squadracce delle forze di sicurezza di Al Sisi.
Il servilismo di Renzi in politica estera è perlomeno pari alla sua spocchiosa arroganza in politica interna, aldilà delle cartucce a salve sparacchiate contro l’Europa dei burocrati, a beneficio del tentativo di rosicchiare qualche voto nell’area crescente dell’antipolitica (che, più correttamente, dovremmo definire con il termine storico di qualunquismo). La signora Boldrini non ha fatto altro che accodarsi al corteo dei cortigiani del nuovo “uomo forte” della politica italiana, ben deciso a tenersi buoni i vari Al Sisi, Rouhani, Al Saoud – con annessi Rolex in omaggio – ed anche Putin, probabilmente senza nemmeno rendersi conto che questi giochini somigliano più ai baciamano di Berlusconi a Gheddafi che alle sottigliezze diplomatiche di Andreotti. E la signora Boldrini, nella carica che ricopre, si è mostrata molto più simile a Irene Pivetti che a Nilde Iotti.

 

Fonte:

LA MACCHINA DELLA MORTE DEL REGIME DI ASSAD. IL RACCONTO DI “CAESAR”.

Buchenwald_Victims

caesar 15

Buchenwald ieri                                                                     Damasco oggi

Un libro che tutti dovrebbero leggere, soprattutto i tanti ignavi che, di fronte a quello che sta avvenendo in Siria, pensano che Assad sia “il male minore”. Leggendo La macchina della morte, della giornalista francese Garance Le Caisne, sembra di tornare indietro nel tempo, quando si inorridiva di fronte alla consapevolezza di un’altra macchina della morte: quella dei lager nazisti.

L’autrice e gli editori del libro hanno scelto di non pubblicare le immagini che “Caesar”, ex fotografo della polizia militare siriana, ha fatto uscire clandestinamente dal Paese, motivando così la loro scelta. “Buona parte delle foto sono visibili in rete. Non avremmo saputo quali scegliere, né con quale criterio. E poi si tratta di immagini davvero molto, molto forti. Alcuni potrebbero esserne turbati al punto da non volere o potere proseguire la lettura”. E’ una scelta condivisibile, perché le immagini dell’orrore della tragedia siriana sono da anni a disposizione di tutti, attraverso le migliaia di filmati e di fotografie che gli attivisti rivoluzionari hanno postato sui social network e che documentano la repressione delle manifestazioni, gli effetti dei bombardamenti del regime, le torture… ma questa valanga di immagini ha finito per mitridatizzare l’opinione pubblica, rendendola insensibile, abituandola a convivere con lo scempio. La parola scritta, al contrario, nella sua apparente freddezza, finisce con il rendere comprensibile e razionale quello che le immagini possono lasciare intuire e che, a fronte della loro insostenibilità, contribuiscono a rimuovere.

Leggendo La macchina della morte è impossibile non cogliere le analogie con l’organizzazione dello sterminio degli Ebrei, degli Slavi, dei comunisti, degli oppositori – veri o presunti – costruita dai gerarchi del III Reich. La stessa ossessione per la burocrazia, la stessa paranoica ripetitività, la stessa banalizzazione del Male. Del resto, gli apparati repressivi del regime degli Assad sono stati costruiti con la consulenza e la supervisione di Alois Brunner, assistente di Adolf Eichmann, il quale lo definì il suo uomo migliore. Come comandante del campo di internamento di Drancy dal giugno 1943 all’agosto 1944, Alois Brunner fu responsabile dello sterminio nelle camere a gas di oltre 140.000 ebrei. Dopo la sconfitta del nazifascismo, sfuggito alla cattura, Brunner, dopo un lungo girovagare, trovò rifugio in Siria, dove il regime di Assad padre gli fornì protezione e un impiego come insegnante di tecniche di tortura presso i servizi segreti del regime. Scorrendo le pagine de La macchina della morte non si può non constatare come gli “insegnamenti” di Brunner siano stati diligentemente appresi e messi in pratica.

Altri insegnamenti, invece, sembrano essere stati dimenticati, come rivelano le parole di Margit Meissner, sopravvissuta all’Olocausto: “I rifugiati che fuggono dalla Siria hanno lo stesso sguardo disperato che ho visto in chi fuggiva dal regime nazista. Ma la distruzione degli ebrei in Europa era segreta, e le poche informazioni vennero respinte perché la gassificazione di civili era ritenuta improbabile. La crisi umanitaria in Siria non è certo un segreto. E’ stata documentata per quattro anni ed è, a detta di tutti, la più grande crisi di rifugiati dalla Seconda Guerra Mondiale. (…) Quando i fatti della Seconda Guerra Mondiale sono stati conosciuti, ho creduto che una cosa del genere non sarebbe mai potuta accadere di nuovo. Che pensiero ingenuo”.

la macchina della morte

 

Fonte:

AUSCHWITZ A DAMASCO

Auschwitz, Damasco

Il dossier “Caesar”

“Voi potete prendere fotografie da chiunque e dire che si tratta di tortura. Non c’è alcuna verifica di queste prove, quindi sono tutte accuse senza prove”

Bashar Assad alla rivista Foreign Affairs, 20 gennaio 2015

Non è dato sapere quante persone, in Italia, siano informate a proposito della vicenda di “Caesar” e delle sue fotografie. In sintesi, “Caesar” è lo pseudonimo di un disertore dell’esercito siriano, un fotografo militare che, per circa due  anni, dall’inizio della rivolta contro il regime della dinastia Assad fino al 2013, era incaricato di documentare – fotografandoli – i corpi degli oppositori morti nei centri di detenzione di Damasco. Nell’estate di quell’anno, “Caesar” riesce ad uscire dalla Siria, portando con sé le copie delle immagini di decine di migliaia di cadaveri di vittime dei carnefici del regime siriano.

Ad oggi, a non tutte le immagini è stato possibile attribuire con sicurezza un’identità accertata, ma ce n’è quanto basta per parlare di una Auschwitz del XXI secolo. Recentemente, l’organizzazione umanitaria Human Rights Watch ha eseguito un’analisi delle immagini e delle informazioni fornite da Caesar, pubblicando poi un dettagliato rapporto (in inglese, francese, spagnolo, arabo, tedesco, giapponese, cinese e russo) che costituisce un atto d’accusa semplicemente sconvolgente, intitolato Se i morti potessero parlare – Uccisioni e torture di massa nelle strutture di detenzione in Siria. Le foto di “Caesar” sono state consegnate a HRW dal Movimento Nazionale Siriano e l’organizzazione umanitaria si è concentrata su 28.707 immagini che, sulla base di tutte le informazioni disponibili, mostrano almeno 6.786 persone morte in carcere o dopo essere stati trasferiti dal carcere in un ospedale militare, come il n. 601 di Mezze, Damasco. “Le foto rimanenti – scrive HRW – sono di attacchi a luoghi o di corpi identificati dal nome come appartenenti a soldati governativi, altri combattenti armati o a civili uccisi in attacchi, esplosioni o attentati”.

Le foto di “Caesar” hanno fatto il giro del mondo: sono state esposte in una mostra al Palazzo di Vetro dell’ONU a New York e al Parlamento Europeo di Strasburgo, a Londra e a Parigi. In Francia, la giornalista Garance Le Caisne ha raccolto il racconto di “Caesar” in un libro – “Opèration Cèsar” (Stock editore) – uscito lo scorso ottobre e la magistratura francese ha avviato un’inchiesta nei confronti del regime di Assad per crimini contro l’umanità, sulla base dell’art. 40 del Codice di Procedura Penale, che obbliga ogni autorità pubblica a trasmettere alla giustizia le informazioni in suo possesso se è venuta a conoscenza di un crimine o di un delitto. Gran parte della segnalazione inviata dal Ministero degli Esteri di Parigi alla magistratura si basa sulla testimonianza di “Caesar”.

In Italia, la vicenda di “Caesar” appare largamente sottovalutata, se non oggetto di una censura strisciante che lascia spazio alla propaganda dei sostenitori locali del dittatore siriano, molto numerosi a destra – dove contano sul sostegno di formazioni come la Lega Nord, Fratelli d’Italia e tutti i gruppi dell’estremismo nero, da Forza Nuova a CasaPound – ma presenti anche a “sinistra”, nei partiti di ascendenza stalinista, come i Comunisti Italiani o il PC di Marco Rizzo, o nei vari movimenti sedicenti “antimperialisti”. Quello che fa la vera differenza rispetto ad altri Paesi europei, probabilmente, è il sostegno garantito alla dittatura siriana da ampi settori del Vaticano, un sostegno esplicito nel caso degli esponenti della Chiesa Melchita, la cui sede romana (la Basilica di Santa Maria in Cosmedin, in Piazza della Bocca della Verità) è l’ambasciata de facto del regime siriano, dopo l’espulsione dell’ambasciatore e la chiusura dell’ambasciata di Damasco in Italia, avvenuta nel 2012. Leggi l’articolo intero »

Fonte:

ALEPPO, VIGILIA DI RAMADAN NEL SEGNO DEL SANGUE

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Almeno 40 bombardamenti congiunti dell’aviazione russa e siriana hanno colpito ieri diversi quartieri residenziali della città di Aleppo. La zona su cui è stata scatenata l’offensiva è sotto il controllo delle fazioni insorte e non dell’Isis, affermano i proclami ufficiali dei due eserciti. Nell’offensiva sono stata sganciate barrel bombs sul quartiere di Qatriji, provocando almeno 29 vittime, comprese donne e bambini.

L’ennesima vigilia di Ramadan nel segno del sangue per il popolo siriano. Questo periodo dell’anno era tradizionalmente accolto, dai credenti e non, con un clima di festa; le strade si riempivano di addobbi e mercatini tradizionali e si moltiplicavano iniziative di preghiera e solidarietà concreta. Ramadan, infatti, è considerato un mese di devozione, purificazione e anche di vicinanza al prossimo e i siriani lo vivevano molto profondamente.

unnamedI citizen reporter di Aleppo Media Center (AMC) e i White Helmets (i volontari della Protezione Civile), hanno pubblicato video che documentano le conseguenze dei bombardamenti e il loro difficile lavoro di estrazione dei corpi dei feriti e delle vittime. I medici e gli infermieri hanno prestato la loro opera nei locali ospedali da campo, in condizioni sempre più precarie e difficili.

Da sei anni nulla in Siria è più come prima e anche la vigilia di Ramadan, un tempo tanto attesa e sentita, ormai passa come se fosse un giorno qualunque sul calendario, un giorno macchiato dal sangue di vittime inermi. Ciò che stanno subendo i civili siriani è disumano: il loro governo e i suoi alleati continuano a provocare stragi di civili, ma la propaganda non dà voce alle loro sofferenze e continua a raccontare la Siria come una sfida tra il governo di Al Assad e i terroristi dell’Isis. In questo modo si spinge l’opinione pubblica a sperare che, tra i due, vinca il minore dei mali, ma ci si dimentica che in Siria esiste un’opposizione moderata che lotta contemporaneamente contro il regime e contro il terrorismo e ci si dimentica della società civile siriana, di tutti quei volontari, dei medici, dei panettieri, degli insegnanti, dei coltivatori e di tutti coloro che restano in Siria e resistono disarmati per amore del proprio Paese. A queste persone non viene data voce e sono proprio loro a pagare il prezzo più alto.

 

 

 

Fonte:

https://diariodisiria.com/2016/06/06/aleppo-vigilia-di-ramadan-nel-segno-del-sangue/

ALEPPO IS BURNING. WORLDWIDE RED PROTEST

 

Dettagli
Aleppo sta Bruciando – PROTESTA GLOBALE IN ROSSO
30 aprile al 7 maggioDa ogni angolo del pianeta, siamo in marcia per salvare la città di Aleppo. I suoi civili, i soccorritori e medici vengono uccisi a dozzine dai feroci attacchi aerei del regime. Unisciti a noi, protestiamo in ogni parte del mondo, in solidarietà con la gente di Aleppo e di ogni siriano e siriana che vive sotto gli attacchi arei del regime e dei russi, che vive in detenzione o che vive sotto assedio.In tutti gli eventi, i manifestanti saranno vestiti di ROSSO.Di seguito è riportato un elenco degli eventi organizzati in tutto il mondo:
(Lista in fase di continuo aggiornamento, vedi pagina globale: https://www.facebook.com/events/645975785553048/)UPCOMING EVENTS

BELGIUM
BRUSSELS
https://www.facebook.com/events/1684062888510668/

LEBANON
BEIRUT AUB
https://www.facebook.com/events/983343358423329/

POLAND
KRAKOW
https://www.facebook.com/events/1341677312514972/

NETHERLANDS
AMSTERDAM
https://www.facebook.com/events/236175410071049/

AUSTRIA
GRAZ
https://www.facebook.com/events/1685750251686009/

GERMANY
BERLIN:
1. https://www.facebook.com/events/1171346179576482/
2. https://www.facebook.com/events/183173585389255/

MANNHEIM
https://www.facebook.com/events/979826378792125/

BELGIUM
ANTWERP
https://www.facebook.com/events/591028217728201/?ref=22&feed_story_type=22&action_history=null

CZECH REPUBLIC
PRAGUE
https://www.facebook.com/events/568315746661312/

UNITED KINGDOM
LONDON:
https://www.facebook.com/events/248848962135412/
LIVERPOOL
https://www.facebook.com/events/544722512366902/

SPAIN
BARCELONA
https://www.facebook.com/events/1039273469477092/
MADRID
https://www.facebook.com/events/1016349248400772/

JORDAN
AMMAN: https://www.facebook.com/events/480293075503729/

SWEDEN
GOTHENBURG: https://www.facebook.com/events/229205350780817/

SWITZERLAND
GENEVA: https://www.facebook.com/events/250432398645033/

EGYPT
CAIRO
https://www.facebook.com/events/1600627940254390/

WEST BANK
https://www.facebook.com/events/1623741214618260/

IRELAND
DUBLIN
https://www.facebook.com/events/976278455812637/

UNITED STATES
DENVER:
https://www.facebook.com/events/1705505916404810/
DETROIT:
https://www.facebook.com/events/1712312239058106/
TAMPA, FLORIDA
https://www.facebook.com/events/121613411576689/

TURKEY
GAZIANTEP: https://www.facebook.com/events/1719475218333602/

PAST EVENTS —

GERMANY
BERLIN
https://www.facebook.com/events/564079753766398/
RUHRFESTPIELE: https://www.facebook.com/events/509319285928417/

ARGENTINA
BUENOS AIRES (ALEPPO IS BURNING CONTINGENT): https://www.facebook.com/events/1730166560535270/

LEBANON
BEIRUT: https://www.facebook.com/events/1237181039632894/
TRIPOLI:https://www.facebook.com/events/1302089949806242/

ITALY
MILAN: https://www.facebook.com/events/1723541694560406/

SWEDEN
MALMO:
https://www.facebook.com/events/1691020724453810/
STOCKHOLM: https://www.facebook.com/events/557971057709965/

FRANCE
PARIS
https://www.facebook.com/events/918629134916630/
https://www.facebook.com/events/1784512988443584/

CANADA
TORONTO: https://www.facebook.com/events/1705557736392176/

NORWAY
OSLO
https://www.facebook.com/events/201987323527197/

GREECE
EKO REFUGEE CAMP
https://www.facebook.com/events/1001545999883186/

TURKEY
ISTANBUL: https://www.facebook.com/events/1538158806489840/

UK
LEEDS:
https://www.facebook.com/events/593054100872117/

NETHERLANDS
THE HAGUE: https://www.facebook.com/events/461484720711662/

UNITED STATES:
NEW YORK, NEW YORK: https://www.facebook.com/events/895205447263457/
HOUSTON, TEXAS: https://www.facebook.com/events/1718242761763091/
LOS ANGELES, CALIFORNIA: https://www.facebook.com/events/891317377657939/
CHICAGO, ILLINOIS: https://www.facebook.com/events/1019854568095687/
SACRAMENTO, CALIFORNIA
https://www.facebook.com/events/1744608409110313/?active_tab=posts
MINNEAPOLIS, MINNESOTA (MAY DAY CONTINGENT):
https://www.facebook.com/events/514049222114766
BOSTON:
https://www.facebook.com/events/168064153592710/
SAN FRANCISCO:
https://www.facebook.com/events/1751069895130332/
WASHINGTON, D.C.: https://www.facebook.com/events/142915176111877/
SAN ANTONIO, TEXAS
https://www.facebook.com/events/239736043053215/239761743050645/
COLUMBIA, SOUTH CAROLINA
https://www.facebook.com/events/1147500175294579/

PALESTINE
GAZA
https://www.facebook.com/events/1727381770873704/

Se abbiamo traslasciato il vostro evento, vi preghiamo di segnalarlo sulla pagina globale (https://www.facebook.com/events/645975785553048/) e noi provvederemo ad aggiornare la lista.

2) Se non vedi la tua città nella lista, organizza tu una protesta. Posta su questa pagina e ti contatteremo con più informazioni. Cerchiamo di avere il maggior numero di partecipanti possibile, ma, anche se ci saranno poche persone, cerchiamo di organizzare un evento pubblico.

Proposte per gli slogan ed i cartelli
– Solidarietà con Aleppo, bombardata dal regime siriano
– Slviamo Aleppo
– Aleppo brucia
– In solidarietà con i medici ed i soccorritori siriani.
– Bombardamenti, torure, assedi. Salvate i civili in Siria!
5) Dopo l’evento, inviamo tutte le immagini della protesta a questo questo gruppo, ricordandoci di indicare la città.
* Inviateci i vostri lavori artistici, le vostre storie, i vostri striscioni, i vostri slogan e tutte le altre idee a questa pagina e/o alla pagina globale (https://www.facebook.com/events/645975785553048/)

#MakeFacebookRed
#حلب_تحترق #Aleppo_is_Burning #انقذوا_حلب #AssadWarCrimes #AssadBruciaAleppo #مشفى_القدس #Aleppo #Syria #Save_Aleppo

Fonte:

 

SIRIA: SALE A OLTRE 50 IL BILANCIO DELLE VITTIME DELL’OSPEDALE DI MSF BOMBARDATO. IL SACRIFICIO DELL’ULTIMO PEDIATRA.

Siria: sale a 50 il bilancio delle vittime dell’ospedale bombardato di Al Quds supportato da MSF

29 Aprile 2016
Il bilancio delle vittime del bombardamento dell’ospedale Al Quds, che era supportato da MSF e alcune altre organizzazioni, è salito a oltre il 50. Le vittime si trovavano nell’ospedale e nelle aree circostanti, dove sono cadute le prime bombe, e includono pazienti e almeno 6 membri del personale medico.
La situazione ad Aleppo è critica perché gli attacchi aerei non risparmiano nessuna parte della città. Già oggi ci è arrivata la segnalazione di un altro centro di salute – non supportato MSF – che è stato colpito.
Non è la prima volta che l’ospedale Al Quds viene bombardato: è stato danneggiato e parzialmente distrutto un certo numero di volte. L’ultima nel 2015.
Al Quds è uno dei numerosi ospedali che MSF supporta ad Aleppo e in tutta la Siria. MSF sostiene l’ospedale dal 2012 con donazioni saltuarie e dal 2014 forniture mediche regolari.
MSF è estremamente preoccupata per le circa 250.000 persone che rischiano sempre più di essere completamente tagliate fuori dall’assistenza medica.
MSF vuole rendere onore al lavoro eroico dei medici siriani in tutto il paese che continuano ad assistere le loro comunità in condizioni inimmaginabili. L’ospedale ha chiesto il supporto di MSF in termini di attrezzature mediche e farmaci, e l’organizzazione si è impegnata a supportarlo anche per la ricostruzione.
“Il cielo sopra ad Aleppo sta cadendo. La città, costantemente in prima linea in questa guerra brutale, rischia ora di finire sotto un’offensiva totale, in cui nessun punto viene risparmiato. Gli attacchi contro gli ospedali e il personale medico sono un indicatore devastante di come la guerra in Siria è condotta, uno dei numerosi e brutali modi in cui i civili vengono presi di mira” ha dichiarato Muskilda Zancada, capomissione di MSF in Siria. “L’attacco all’ospedale Al Quds ha distrutto uno degli ultimi posti rimasti ad Aleppo, in cui si poteva ancora trovare l’umanità. Aleppo è già lo scheletro di ciò che era una volta, e quest’ultimo attacco sembra determinato a eliminare anche quello.
“MSF ha sostenuto Al Quds fin dal 2012. E ‘stato un onore incredibile per noi essere in grado di lavorare a stretto contatto con queste persone così impegnate. Vediamo giorno dopo giorno il modo in cui rischiano la vita nell’inferno in terra che è la guerra, per garantire l’accesso alle cure mediche alle persone. La loro perdita è la nostra perdita, e ci impegniamo a sostenerli nel riavvio delle attività dell’ospedale”.
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Siria, il sacrificio di Mohammed
l’ultimo pediatra rimasto
Morto per curare i bambini

Doveva sposarsi, una bomba ha colpito il suo reparto nell’ospedale Al Quds di Aleppo gestito da Medici senza frontiere: decine le vittime, molti i bambini

Se non fosse vero e verificabile, verrebbe da pensare che sia il personaggio romanzato di un film. Una sorta di eroe tutto positivo che si sacrifica per il prossimo, dona interamente se stesso, sino a perdere la vita. In effetti la morte del dottor Mohammed Wasim Moaz, 36 anni, fidanzato che sperava di sposarsi nei prossimi mesi, racconta di eroismo e altruismo come difficilmente possono comprendere coloro che non hanno vissuto la guerra o una grande tragedia collettiva. «Era l’ultimo pediatra residente nei quartieri di Aleppo ancora controllati dalle brigate che si ribellano alla dittatura di Bashar Assad», dicono dalla città assediata. Al quartier generale di Medici Senza Frontiere a Gaziantep, in Turchia, ne ricordano la professionalità, la dedizione, il rifiuto di partire per non abbandonare le decine di migliaia di bambini che aveva in cura. «Cosa farebbero senza di me tutti questi bambini? Chi si occuperebbe di loro?», rispondeva via email e WhatsApp a tutti coloro che da inizio gennaio, quando i bombardamenti dei caccia russi e i famigerati «barili bomba» lanciati indiscriminatamente dagli elicotteri del regime di Damasco hanno intensificato lo scempio dei quartieri civili, lo invitavano a mettersi in salvo.

Ma è parlando soprattutto con i suoi colleghi siriani che si coglie la forza di questo medico e il significato del suo sacrificio tra le macerie del suo ospedale, ucciso mercoledì notte dall’ennesima bomba vigliacca contro le strutture sanitarie nazionali tra le migliaia, che sin dall’inizio della guerra civile repressa nel sangue, hanno imbarbarito il conflitto. «Mohammed è caduto da eroe. Non è propaganda. Non è retorica. Affatto. Il mio amico Mohammed è morto per aiutare gli altri. Noi gli avevamo detto che era giunto il momento di partire. Da sempre la soldataglia di Assad e gli agenti al suo servizio attaccano medici, infermieri, farmacisti. Tanti medici hanno lasciato Aleppo. Qualcuno opera ancora in cliniche e ricoveri di fortuna nei villaggi, nelle campagne del nord, stretti tra le zone curde, Isis e l’avanzata dei filo-regime. La maggioranza è emigrata in Turchia, o addirittura in Europa. Ne sono rimasti una cinquantina ancora attivi in otto ospedali nelle zone libere a occuparsi dei circa 300.000 civili. Tra loro almeno 150.000 tra infanti, bambini e ragazzi giovani. A loro pensava lui. Soprattutto a loro. Per questo motivo rifiutava persino di trattare il tema della sua eventuale partenza. Era fuori discussione», dice per telefono Ahmed Leila, il medico legato al fronte delle milizie ribelli che dalla Turchia si occupa di coordinare gli aiuti sanitari con Nazioni Unite, Croce Rossa e organizzazioni umanitarie internazionali.

Sono amici da tanti anni Ahmed e Mohammed, sin da quando studiavano medicina all’università di Aleppo. «Me lo ricordo agli esami. Un ottimo studente. La sua famiglia è molto nota nella nostra città. Sono tre fratelli, tutti e tre medici affermati e tutti ancora attivi sotto le bombe. Bakri, 39 anni è chirurgo. Hussam, 35 anni, è oculista e dirige uno degli ospedali ancora funzionanti. Mohammed però sapeva bene di essere l’unico pediatra rimasto. Per lui era come una missione. Anche per questo aveva scelto di rinviare il matrimonio. Gli altri due fratelli hanno mandato mogli e figli in Turchia. Lui scherzava, da single diceva che poteva rischiare di più. Ma adesso con la nuova fidanzata prendeva maggiori precauzioni. O almeno provava. Vivere ad Aleppo è una continua sfida con il destino. Eravamo in contatto quotidiano. Negli ultimi scambi due giorni fa abbiamo parlato via web sulle questioni dell’amministrazione sanitaria locale, si devono eleggere i nostri rappresentanti alla municipalità della zona libera».

Tra i temi discussi anche quelli delle necessità sanitarie e le riserve di medicinali. I rappresentanti dell’Organizzazione Mondiale della Sanità ultimamente si erano attivati per far confluire aiuti approfittando della tregua limitata iniziata a fine gennaio. E pare che gli ospedali di Aleppo avessero ricevuto importanti quantitativi di medicinali. «Da questo punto di vista lui era abbastanza soddisfatto. Gli ospedali si erano organizzati a riempire i magazzini nella prospettiva della ripresa dei combattimenti e il peggioramento dell’assedio, come in effetti ora sta avvenendo», aggiunge il dottor Ahmad. Ma il problema grave resta il degenerare complessivo della situazione a causa della guerra. «Mohammed non credeva che la tregua avrebbe tenuto. E continuava a dirmi che in particolare i bambini piccoli soffrono per la mancanza di pulizia, le carenze d’acqua potabile, i cibi avariati. Chiedeva disinfettanti, agenti filtranti. È morto temendo che la situazione potesse peggiorare».

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