SIRIA, MORTO IL FRATELLINO DEL PICCOLO OMRAN

globalist 20 agosto 2016

Alì come Aylan. Il fratellino di 10 anni del piccolo Omran ferito dal bombardamento su Aleppo e la cui foto ha fatto il giro del mondo, è morto per le ferite riportate nello stesso raid. Lo scrive su twitter Caroline Anning di Save the Children.
Omran è in salvo, così come lo dovrebbe essere anche la sorellina che era con lui nell’ambulanza, nella foto che ha fatto il giro del mondo. Alì invece non ce l’ha fatta.

Lui non è sopravvissuto alle ferite causate dalle bombe che si sono abbattute sulla loro casa e che i ribelli attribuiscono ai raid russi anche se Mosca smentisce ogni responsabilità perchè “i raid russi non prendono mai come obiettivo i civili” e parla di “uso cinico di alcuni media occidentali di questa tragedia”.

Il piccolo sarebbe deceduto nello stesso ospedale di Aleppo dove era stato ricoverato Omran. Il papà dei bambini avrebbe confermato il decesso.

 

 

Fonte:

http://www.globalist.it/world/articolo/204544/siria-save-the-children-morto-il-fratellino-del-piccolo-omran.html

 

Burkini, l’inutilità di questo dibattito

Ma davvero siamo qui a dibattere “burkini sì, burkini no”?. E’ davvero questo il problema, il nuovo terreno di scontro nella lotta di qualcuno contro l’islam o i crociati?

Ieri, per cause totalmente differenti, il dibattito sul burkini cresceva di pari passo con l’emozione a rate – come ho scritto ieri – suscitata dalla foto di Omran. Per il burkini c’è chi ha preso posizione, favorevole o contraria, per Omran non si è stati capaci – e mi rivolgo a chi ha preso posizione proprio sul burkini – di esprimere un giudizio netto su un problema reale: la guerra che insanguina la Siria.

La frivolezza la fa da padrona: incapaci di non occuparsi di altro che non siano banalità, oggi, filosofi, femministe e intellettuali di ogni colore esprimono un giudizio sul costume da bagno delle donne. Il burkini è diventato il nuovo terreno per lo scontro di civiltà fra l’islam e una entità costantemente in definizione, l’Occidente – a volte decadente, a volte fiorente ( a seconda di chi scrive).

Se guardiamo i simboli di questo scontro di civiltà ci accorgeremo che essi sono il velo, il burkini, il maiale e l’alcol che sono tutti elementi secondari: intendo capri espiatori dove non riflettere, interrogandosi sui veri problemi. A chi oggi dibatte sul burkini, musulmani e non, pare non interessino i problemi veri: come riusciamo a dare l’armonia al Medioriente? Come possiamo trovare una convivialità fra l’Islam e cristianesimo, basata su un dialogo vero, privo dei pesi che ci impediscono di provare una reciproca curiosità? Come far sì che l’Occidente non abbia una doppia morale: da una parte parla di diritti umani e dall’altra avvantaggia élite locali, nei più disparati paesi del mondo, a cominciare da quello arabo, che reprimo le società?

Queste sono alcune domande alle quali dovremmo trovare risposta, senza perderci nei dibattiti da bar sulla spiaggia. Dell’Islam, qui in Europa, cominceremo a capire realmente qualcosa quando termineremo di banalizzarlo. Dobbiamo mettere da parte le nostre paure, a cominciare da quella del velo, e guardare in faccia i problemi reali: un burkini non può essere più importante di Omran.

Fonte:

http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/08/19/burkini-linutilita-di-questo-dibattito/2983132/

SIRIA, OMRAN E’ IL VOLTO DELL’IDIGNAZIONE A RATE DELL’OPINIONE PUBBLICA

Siria, Omran è il volto dell’indignazione a rate dell’opinione pubblica

 

di Shady Hamadi | 18 agosto 2016

 

Omran si tocca il viso, incredulo. Ha cinque anni e forse non ha capito cosa è successo. E’ stato estratto dalle macerie di casa sua, ad Aleppo, distrutta da un ennesimo bombardamento aereo russo, uno di quei bombardamenti che qui, in Europa, in Italia, non vogliamo vedere, né condannare. Aleppo, la Siria intera, è il metro della schizofrenia occidentale: non si vede altro che l’Isis, si invoca il rispetto dei diritti umani ma si sta silenti su tutto. Si ha paura, qui, in Europa, di condannare i bombardamenti aerei che mietono più vittime del fondamentalismo; che distruggono ospedali, infrastrutture e… vite. Si ha paura – perché non bisogna schierarsi sui giornali o si perde di oggettività – di condannare i russi, il governo siriano per crimini contro l’umanità.

Con il suo sguardo incredulo, spaesato, che riassume l’abbandono e l’incomprensione che assediano i siriani, schiacciati da un regime brutale e da un fondamentalismo che si nutre di questa repressione, Omran è il simbolo dell’impunità: chiunque tu sia, puoi bombardare ospedali, usare le armi chimiche, fare fosse comuni e compiere pulizia confessionale o etnica ma sei consapevole che nessuno ti punirà, non verrai chiamato in giudizio da nessun tribunale. La Siria è diventata, suo malgrado, il simbolo del fallimento del mondo. “L’umanità – dichiarava in una conversazione telefonica Assad Younes, un giovane aleppino che ho intervistato settimana scorsa – è finita ad Aleppo”.

In ordine di tempo, Omran è l’ultimo bambino che risveglia l’indignazione a rate dell’opinione pubblica. Era cominciato tutto con Hamza ali Al Khateeb, torturato, evirato e infine ucciso nel maggio 2011. La Clinton e altri leader, che oggi hanno fatto un cambio di rotta clamoroso sulla Siria, dichiararono che “Assad doveva andarsene”. Poi, venne la strage di bambini di Houla, tagliati a pezzi dalle milizie fedeli al governo siriano. E ancora, Houda, la bambina che alzava le mani al cielo scambiando la macchina fotografica per un’arma; Aylan, il bambino morto fotografato su una spiaggia che cambiò, per un momento, le politiche dell’accoglienza per i siriani.

Ora è il turno di Omran, e ci chiediamo se questo bambino, il suo sguardo, può destare l’attenzione sul dramma di Aleppo, facendo sì che venga alla luce l’enorme tragedia che sta avvenendo in Siria, una tragedia che viene coperta dal clamore dell’Isis, dai curdi – diventati nuovi eroi per una sinistra, anche italiana, incapace di guardare al Medioriente nella sua complessità.

Ma Omran è anche il simbolo di un giornalismo che cerca il sensazionalismo per parlare di un tema: c’è bisogno di un fatto clamoroso, come la foto di un bambino sopravvissuto alla morte, per riaccendere i riflettori su una catastrofe che dovrebbe essere raccontata ogni giorno perché è il centro di tante questioni che toccano le nostre società. Sui giornali, dovremmo parlare continuamente della Siria, quella oltre il fondamentalismo e il regime, perché ha pagato mezzo milione di morti e undici milioni di sfollati esterni e interni. Dovremmo far sì che la voce dei siriani, quelli a Aleppo o Idlib, emerga nel marasma di cose dette su di loro ma senza di loro.

Ma, consapevole che così non sarà e che lo sguardo di Omran, il suo destino, è destinato a spegnersi nei prossimi giorni, sotto un mare di indifferenza e di disimpegno generale, ci rivediamo alla prossima notizia clamorosa: al prossimo bambino siriano che susciterà l’indignazione part-time di qualcuno.

 

 

Fonte:

http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/08/18/siria-omran-e-il-volto-dellindignazione-a-rate-dellopinione-pubblica/2981515/