A ROMA LA MOSTRA “NOME IN CODICE: CAESAR”

Pubblico · Organizzato da Comitato Khaled Bakrawi
Dal 5 ottobre alle 14:00 al 9 ottobre alle 19:00
Roma
“Caesar” è lo pseudonimo che protegge l’identità di un ex fotografo della polizia militare del regime di Bashar Assad. Fino al 2011 e all’inizio delle manifestazioni di protesta, l’incarico di “Caesar” consisteva nel riprendere scene del crimine (come incidenti stradali o delitti comuni) e fotografarne le vittime. Successivamente, lui ed i suoi colleghi vennero sempre più spesso chiamati a fotografare i corpi delle vittime delle torture e degli omicidi commessi nelle prigioni e nei centri di detenzione del regime, particolarmente in quello denominato Military Hospital 601, situato a Mezze, sobborgo di Damasco.
Per due anni, “Caesar” ha copiato su alcune chiavette USB le immagini che scattava per lavoro, contemporaneamente organizzando la sua fuga dalla Siria, effettivamente avvenuta nell’estate del 2013. Lasciando il suo Paese, “Caesar” ha portato con sé circa 55.000 immagini. Recentemente, l’organizzazione umanitaria Human Rights Watch ha eseguito un’analisi delle immagini e delle informazioni fornite da Caesar, pubblicando poi un dettagliato rapporto (in inglese, francese, spagnolo, arabo, tedesco, giapponese, cinese e russo) che costituisce un atto d’accusa sconvolgente, intitolato “Se i morti potessero parlare – Uccisioni e torture di massa nelle strutture di detenzione in Siria”. Le foto di “Caesar” sono state consegnate a HRW dal Movimento Nazionale Siriano e l’organizzazione umanitaria si è concentrata su 28.707 immagini che, sulla base di tutte le informazioni disponibili, mostrano almeno 6.786 persone morte in carcere o dopo essere stati trasferiti dal carcere in un ospedale militare, come il n. 601 di Mezze, Damasco. “Le foto rimanenti – scrive HRW – sono di attacchi a luoghi o di corpi identificati dal nome come appartenenti a soldati governativi, altri combattenti armati o a civili uccisi in attacchi, esplosioni o attentati”.
Le foto di “Caesar” hanno fatto il giro del mondo: sono state esposte al Palazzo di Vetro dell’ONU a New York, all’Holocuast Memorial Museum di Washington, al Congresso U.S.A., alla facoltà di Legge dell’Università di Harvard, al Parlamento Europeo di Strasburgo, alla House of Commons di Westminster, alla Royal Hibernian Academy di Dublino e presso molte altre istituzioni a Boston, in Canada e in altri Paesi. In Francia, la giornalista Garance Le Caisne ha raccolto il racconto di “Caesar” in un libro – “Opèration Cèsar” – uscito lo scorso ottobre (pubblicato in Italia da Rizzoli con il titolo “La macchina della morte”) e la magistratura francese ha avviato un’inchiesta nei confronti del regime di Assad per crimini contro l’umanità, sulla base dell’art. 40 del Codice di Procedura Penale, che obbliga ogni autorità pubblica a trasmettere alla giustizia le informazioni in suo possesso se è venuta a conoscenza di un crimine o di un delitto. Gran parte della segnalazione inviata dal Ministero degli Esteri di Parigi alla magistratura si basa sulla testimonianza di “Caesar”.
In Italia, la mostra delle immagini di “Caesar” arriverà il prossimo ottobre. Abbiamo assunto questa iniziativa per contribuire a colmare le lacune mostrate dall’informazione in Italia sulle vicende siriane, particolarmente sui motivi che sono all’origine delle manifestazioni del 2011 contro il regime degli Assad. La sistematica violazione dei diritti umani dei Siriani da parte degli apparati del regime è una di queste motivazioni e le fotografie di “Caesar” sono lì a dimostrarlo. Sono immagini sconvolgenti nella loro fissità e nel loro richiamare alla mente altre immagini che tutti abbiamo visto, in bianco e nero, sui nostri libri di storia e che non avremmo mai voluto rivedere nell’attualità del colore.
L’inaugurazione della mostra “Nome in codice Caesar”, consistente in 27 pannelli fotografici 50 x 70, è prevista per il 5 ottobre e sarà preceduta da una conferenza stampa presso la sede della Federazione Nazionale della Stampa Italiana, una delle organizzazioni promotrici dell’evento. Oltre alla FNSI, partecipano alla promozione Amnesty International, UniMed (Coordinamento delle Università del Mediterraneo), FOCSIV e Articolo 21. Nei giorni della mostra sono previsti iniziative e dibattiti in corso di organizzazione.
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