Attacco Usa in Siria, Trump sconfessa la sua linea. Ma l’avvertimento preventivo alla Russia conferma l’intesa con Mosca

Attacco Usa in Siria, Trump sconfessa la sua linea. Ma l’avvertimento preventivo alla Russia conferma l’intesa con Mosca

Attacco Usa in Siria, Trump sconfessa la sua linea. Ma l’avvertimento preventivo alla Russia conferma l’intesa con Mosca
Mondo
Il bombardamento della base aerea di Shayrat non rappresenta in sé un’escalation nella crisi siriana. Altrimenti metterebbe a rischio le intese che Mosca, Washington e Ankara hanno raggiunto per stabilire sul Paese, ormai in macerie, la loro personale area d’influenza. Se Russia e Cina sono state davvero informate dell’attacco, il bombardamento Usa alla base di Shayrat ha scopo puramente dimostrativo
“Quello che sto dicendo è rimanete fuori dalla Siria!”. Lo scriveva Donald Trump su twitter il 4 settembre del 2013, pochi giorni dopo l’attacco con armi chimiche nella zona di Ghouta, a Damasco, dove circa 1400 persone vennero uccise. Allora, per il presidente Barack Obama, era stata superata la linea rossa tracciata dall’ex segretario di Stato John Kerry. A quel tempo l’intervento americano non ci fu. Perché grazie alla mediazione russa si trovò un accordo per chiedere a Damasco di consegnare, sotto la supervisione di osservatori dell’Opac – l’organizzazione mondiale per la proibizione delle armi chimiche -, tutti i quantitativi di sarin stoccati nei magazzini. Quell’intesa segnò una nuova pagina per la crisi siriana che condusse l’amministrazione Obama verso un ruolo più defilato, in favore di una Russia maggiormente attiva nel contesto siriano.Con l’amministrazione Trump, che aveva criticato l’approccio di Obama nella questione mediorientale, è parso subito chiaro che gli Usa sposassero una linea non interventista, cercando con la Russia un’intesa per un coordinamento nella lotta al terrorismo. Una visione che aveva avuto risvolti politici, almeno a parole.

La settimana scorsa Nikki Haley, ambasciatrice Usa presso le Nazioni Unite, aveva affermato che “per gli Usa la rimozione di Assad non era più la priorità”. A fare da eco alle sue parole ci aveva pensato anche Rex Tillerson, segretario di Stato Usa che, durante una visita ad Ankara il 30 marzo scorso, aveva detto che “il destino di Assad sarebbe stato scelto dai siriani”.

Dichiarazioni in linea con la posizione del Cremlino che ha sempre ribadito il suo appoggio al governo di Damasco. Ed emergeva così il raggiungimento di una visione comune o almeno un cambio di rotta.

Non a caso il 7 marzo scorso ad Antalya, in Turchia, i tre capi di Stato maggiore di Usa, Turchia e Russia si erano riuniti per discutere della situazione intorno a Munbij, città siriana nel nord della Siria, dove le forze armate sostenute da questi tre paesi si erano scontrate. “C’è la volontà di creare un coordinamento efficace negli sforzi per eliminare ogni gruppo terroristico dalla Siria”, aveva dichiarato il primo ministro turco, Binali Hildirim.

Ma secondo molti analisti questo coordinamento aveva come scopo quello di creare per ogni potenza aree d’influenza sotto l’ombrello della lotta al terrorismo. Solo due giorni dopo, il 9 marzo, centinaia di marines sono entrati in Siria per combattere contro lo Stato Islamico a fianco delle ‘Forze democratiche siriane’, una formazione predominata dai curdi e sostenuta da Washington. Mentre la Turchia, in quegli stessi giorni, intensificava la sua operazione “scudo dell’Eufrate” per creare una zona cuscinetto nel nord della Siria.

Ma dopo l’attacco chimico a Khain Sheikhun il 4 aprile scorso, l’approccio americano in Siria sembra cambiare drasticamente. “Quello che ho visto ieri su bambini e neonati ha avuto un grande impatto su di me. Quello che è successo ieri è inaccettabile. Su Assad ho cambiato idea”, ha detto Trump il giorno dopo in conferenza stampa con re Abdullah II di Giordania.

Dopo l’attacco con 59 missili che ha colpito la base di Shayrat, il portavoce del Pentagono ha riferito che “i russi erano stati informati dei piani Usa per minimizzare i rischi per il personale russo e siriano presente nella base aerea”. Mentre il presidente cinese Xi Jinping, scrive la stampa, è avvisato personalmente da Trump durante il meeting in Florida.

Se Russia e Cina sono state davvero informate dell’attacco, allora il bombardamentoUsa alla base di Shayrat ha scopo puramente dimostrativo. Motivato dal desiderio di riaffermare il ruolo di Washington sullo scacchiere internazionale. Per la Cina rappresenta invece un segnale di imprevedibilità di Trump che continua a alzare i toni contro la Nord Corea, sostenuta da Pechino. Quindi Pyongyang potrebbe non essere più immune a rappresaglie Usa. Ma la cosa più importante dell’avvertimento preventivo a Cina e Russia è che l’attacco della notte scorsa non rappresenta un’escalation della crisi siriana. Perché in quel caso a rimetterci sarebbero le varie potenze che hanno raggiunto alcune intese per stabilire sul Paese, ormai in macerie, la loro personale area d’influenza.

Fonte:

ALEPPO, EVACUAZIONE BLOCCATA TRA L’INDIFFERENZA DEL MONDO POLITICO

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Adesso ·

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Due facce della stessa #Aleppo, ma una nega l’altra: Due ragazze posano davanti ai ruderi Carlton Hotel. Altre aspettano evacuazione #Siria
Aleppo, Syria December 17, 2016. REUTERS/ Omar Sanadiki

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Donatella Quattrone ha condiviso il post di Shady Hamadi.

1 h ·

Intervista con Radio Vaticana. Buon ascolto

Nonostante la risoluzione firmata pochi giorni fa dall’Onu, è stata rinviata di circa 24 ore l’evacuazione delle ultime zone di Aleppo est ancora in mano ai ribelli
it.radiovaticana.va
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Donatella Quattrone

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Fiore Haneen Sarti ha pubblicato una nota.

di Julien Salingue, da resisteralairdutemps.blogspot.it, traduzione di Chiara Carratù
«Compagno»,
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Donatella Quattrone
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Una Lenta Impazienza – Il Blog ha aggiunto 4 nuove foto — a Aleppo.

#Aleppo
+++URGENTE+++
Un girone dantesco che sembra non avere fine.
Il processo di “evacuazione” è fermo da ieri. In attesa di essere portate via dalla città

Altro…

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Donatella Quattrone
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-4:45
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Una Lenta Impazienza – Il Blog ha aggiunto un nuovo video.

#ALEPPO, 2012
Perché Assad ha liquidato, letteralmente liquidato, Aleppo?
Ecco perché.
Aleppo, 2012, questi giovani cantano per la libertà e si fanno beffa di A

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Donatella Quattrone

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Migranti, quei muri costruiti dai paesi che hanno vissuto la tragedia del Muro

Migranti, quei muri costruiti dai paesi che hanno vissuto la tragedia del Muro
 
E’ paradossale che vengano eretti muri da quegli Stati che hanno vissuto la tragedia del muro, quello che ha separato il mondo in due. Il muro in Ungheria, quello in Macedonia fino all’ultimo, lungo un chilometro, che verrà eretto a Calais, in Francia, dal governo inglese per “frenare” tutti i rifugiati che “sognano” la Gran Bretagna.

Ma Calais richiama alla memoria immagini della seconda guerra mondiale: i tedeschi che entrano in Francia e le truppe fedeli al governo di Parigi che, proprio su quelle spiagge, battono in ritirata verso la Gran Bretagna che accoglie. Invece, oggi questa parola, “accoglienza”, pare aver poco significato nell’Europa che non ha memoria delle sue radici. Siamo un continente che si è rifondato sulle macerie del secondo conflitto mondiale le cui radici sono ben ferme sulle fosse comuni, i crateri dei bombardamenti e la promessa, fatta dai padri fondatori, che mai più una tragedia simile si sarebbe ripetuta.

Oggi il nazionalismo, quello che per legittimarsi usò la paura verso lo straniero, riaffiora e bussa alla porta dei nostri Paesi. I leader di questi movimenti sono forti dell’amnesia del passato che si fa largo fra la gente. Sarebbero perfino disposti a riscrivere la storia se servisse ai loro fini elettorali. Ci dicono di aver paura e solo questo sentimento ci può salvare dal futuro incerto. Il capro espiatorio di tutti i nostri problemi, come settantanni fa, è qualcuno che è considerato “altro”.

Cacciati loro, concludono, tutti i nostri problemi saranno risolti. E’ come se il nostro benessere fosse proporzionato alla nostra capacità di respingere gli altri: più rifugiati, disperati, riusciamo a respingere e più staremo bene.

 

 

Fonte:

http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/09/08/migranti-quei-muri-costruiti-dai-paesi-che-hanno-vissuto-la-tragedia-del-muro/3019977/

SIRIA, ECCO IL PIANO DI PACE IN TRE FASI PER L’USCITA DI SCENA DI ASSAD. ATTIVISTI: “BOMBARDAMENTI AL CLORO SU ALEPPO”

Mentre a Londra si è discusso del progetto per cercare una soluzione al conflitto che insanguina il paese, nei quartieri della città in mano agli oppositori denunciati nuovi raid del regime contro la popolazione. Fronte anti-Isis: Erdogan e Obama potrebbero cooperare in offensiva a Raqqa
di Shady Hamadi | 7 settembre 2016

 

Bambini e adulti intossicati dal cloro contenuto nei barili bomba sganciati dagli elicotteri del governo di Damasco, in un ennesimo bombardamento sulla zona di Aleppo controllata dall’opposizione. E’ l’accusa che attivisti siriani presenti nei quartieri della città assediata lanciano nuovamente contro il governo di Bashar al Assad, già incriminato in passato di aver usato armi chimiche contro civili e opposizione. Nel frattempo, per porre termine alla guerra che inghiotte il paese, a Londra si è aperta la riunione fra il gruppo d’opposizione siriana e quello degli “amici della Siria” (composto da diversi stati occidentali e del Golfo che sostengono formalmente l’opposizione), per cercare una soluzione al conflitto che insanguina il paese e che negli ultimi mesi ha avuto un’escalation, a causa dell’intervento delle truppe turche nel nord della Siria con l’obbiettivo di bloccare l’avanzata dei miliziani dell’YPG – braccio armato curdo siriano del PKK, il partito dei Lavoratori del Kurdistan di Abdullah Ocalan.

I colloqui di Londra, un piano in tre fasi – Sei mesi: è la durata dei negoziati che serviranno a formare il governo di transizione, primo passo del piano di pace in tre punti proposto dall’Alto Comitato dei Negoziati, organo dell’opposizione siriana. “In questo periodo – ha spiegato Ryad Hajab, ex primo ministro siriano e ora membro del comitato – tutti i prigionieri dovranno essere scarcerati e garantito il rientro nel paese per i milioni di rifugiati”. Il governo di transizione dovrà governare il paese nella seconda fase del piano, lunga 18 mesi, e sarà composto da figure dell’opposizione, del governo e della società civile. Mentre Bashar al Assad dovrà andarsene, lasciando il potere. Un cessate il fuoco sarà proclamato in tutto la Siria e al concludersi della seconda fase verranno indette elezioni, seguite da osservatori delle Nazioni Unite. A margine della conferenza, Hajab ha dichiarato che “ogni piano di pace proposto da Russia e Usa, differente da quello di questa mattina, sarà rigettato”, sottolineando che uno dei punti principali è quello di preservare la sovranità e l’indipendenza del paese, includendo tutte le componenti della società.

Erdogan e Obama potrebbero cooperare in offensiva a Raqqa – “Una zona di sicurezza lunga 90 km da Azaz a Jablus” è quanto auspica Hamad Osman, a capo di un gruppo ribelle, parlando con la Reuters, aggiungendo che la missione principale è quella di mettere in sicurezza le zone a nord-est di Aleppo dall’Isis e i separatisti del YPG, così da garantire un’area sicura per la popolazione siriana. “Ma – evidenzia Osman – serve un’unità di intenti da parte russa, turca e america”. E convergenze fra Turchia e Usa si sarebbero aperte al G20, durante l’incontro fra Erdogan e Obama. Il presidente americano” vuole fare ‘alcune cose’ insieme, in particolare a Raqqa“, ha detto Erdogan al quotidiano Hurriyet, spiegando che Ankara è disposta ad appoggiare il progetto. “Dal nostro punto di vista – ha aggiunto Erdogan – non sarebbe un problema. Abbiamo detto ‘Lasciamo che i nostri militari si incontrino e sarà fatto tutto il necessario‘”. Il presidente turco ha puntualizzato che il coinvolgimento di Ankara dovrà essere definito da “ulteriori colloqui”. Anche nel variegato fronte anti-Isis che si prepara a scagliare l’offensiva contro la città di Mosul, continuano le discussioni e le tensioni fra le milizie sciite, sunnite e i peshmerga per stabilire i ruoli e l’influenza che ognuno di loro avrà nel breve-medio periodo dopo la caduta della città.

Nuovi bombardamenti ad Aleppo – Ibrahim Al Hallaj, membro del team di pronto intervento della Protezione civile siriana, si è recato nel quartiere di Al Sukkari – racconta il Guardian – , la zona colpita dal bombardamento, contando quattro cilindri contenenti il cloro. Un ospedale nell’area controllata dall’opposizione ha diffuso una nota, attraverso email e messaggi di testo ai giornalisti, in cui si riporta che 71 persone, fra cui 37 bambini e 10 donne, sono state curate per difficoltà respiratorie dovute all’inalazione del gas tossico. Ma il rapporto non è verificabile indipendentemente.

 

 

 

 

Fonte:

http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/09/07/siria-ecco-il-piano-di-pace-in-tre-fasi-per-luscita-di-scena-di-assad-attivisti-bombardamenti-al-cloro-su-aleppo/3018196/

SIRIA, “ASSAD E ISIS HANNO USATO ARMI CHIMICHE IN ALMENO TRE ATTACHI”

Siria, “Assad e Isis hanno usato armi chimiche in almeno tre attacchi”

L’accusa arriva da team composto di investigatori della Nazioni unite e dell’OPCW (Organizzazione per la proibizione della armi chimiche). Il 30 agosto il Consiglio di sicurezza discuterà il dossier
di Shady Hamadi | 25 agosto 2016

 

Nonostante Assad abbia sempre negato l’uso di armi chimiche, il governo siriano le ha utilizzate per due volte. Ma Damasco non è stata la sola averle utilizzate, perché anche l’autoproclamato Califfato ha fatto uso del gas mostarda. A metterlo nero su bianco è un team composto da investigatori di Nazioni Unite e Opcw (Organizzazione per la proibizione della armi chimiche), che ha stilato un dossier sull’uso delle armi chimiche durante la guerra in Siria, analizzando nove casi. Solo in tre le responsabilità sono state attribuite, mentre negli altri sei non si arrivati a nessuna conclusione. I risultati del team, fortemente richiesto da Mosca e formato dall’Onu, saranno discussi dal Consiglio di sicurezza il 30 agosto.

Secondo il report il governo siriano ha lanciato armi chimiche su due villaggi nella provincia di Idlib: a Talmenes il 21 aprile del 2014 e Sarmin il 16 marzo del 2015. In entrambi gli attacchi gli elicotteri siriani hanno lanciato sulle abitazioni “un congegno” che nel primo caso ha le “caratteristiche del cloro”. L’Isis è invece accusato di avere adoperato il gas mostarda nell’attacco alla città di Marea, a nord di Aleppo, il 21 agosto 2015.

A seguito delle conclusioni della commissione, l’ambasciatrice Usa alle Nazioni Unite Samantha Power ha chiesto al Consiglio di adottare “azioni forti e rapide” contro i responsabili. In particolare ha accusato il governo siriano di violare la risoluzione varata a settembre 2013 dal Consiglio che impone il divieto – riportato nel capitolo 7 della Carta delle Nazioni Unite -, dell’uso di “qualsiasi arma chimica da parte di chiunque nella Repubblica araba siriana”. Allora, infatti, il governo di Damasco accettò un piano per lo smaltimento delle armi chimiche che ebbe l’effetto di scongiurare un intervento militare americano, in risposta alla strage condotta con armi chimiche che provocò la morte di 1400 persone nella capitale, nella Ghouta orientale.

Fra dicembre 2015 e agosto 2016, il team di investigatori ha ricevuto più di 130 segnalazioni da stati membri delle Nazioni Unite sull’uso di armi chimiche in Siria: 13 sarin, 12 gas mostarda, 4 gas nervino, 41 cloro e gli altri 61 con altre agenti chimici tossici. In passato, la Russia, che sostiene il governo di Damasco, ha bloccato l’attuazione di sanzioni o altre azioni del consiglio contro il governo di Assad, anche se è stata proprio il governo di Mosca a volere la commissione d’inchiesta.

 

 

Fonte:

http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/08/25/siria-assad-e-isis-hanno-usato-armi-chimiche-in-almeno-tre-attacchi/2995360/

Volontari palestinesi e nordafricani richiedenti asilo in aiuto ai terremotati

IMG-20160824-WA0015InfoPal. Un gruppo di volontari palestinesi si è offerto di aiutare a soccorrere la popolazione di Amatrice, colpita nella notte del 24 agosto da un devastante terremoto.

(Nella foto, il gruppo di Palestinesi dell’Abspp onlus)

© Agenzia stampa Infopal

“Agenzia stampa Infopal – www.infopal.it”

http://www.infopal.it/volontari-palestinesi-in-aiuto-ai-terremotati-di-amatrice/

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Dal profilo Facebook di

Venti ragazzi – attualmente residenti nel GUS (Gruppo Umana Solidarietà) di Monteprandone (nella Marche) e in attesa che la loro richiesta di asilo venga approvata – sono partiti nella tarda mattinata per raggiungere Amandola, uno dei centri abitati colpiti dal sisma di stanotte. I 20 ragazzi sono in prevalenza di origine nordafricana e si sono offerti come volontari, chiedendo il permesso di partire proprio a Bernabucci, responsabile del centro, che ha detto: “Sono stati i richiedenti asilo a chiedere di poter dare una mano in questo momento tragico per la regione Marche che li ospita”.
Mentre altri 75 giovani, attualmente accolti in uno SPRA a Gioiosa Ionica, hanno donato il loro pocket money,ossia la somma garantita loro per le spese personali.
E’ utile ricordare questo gesto che, nella marea di solidarietà della gente comune, ci parla di un senso di comune empatia che travalica origini e luoghi fondendosi in un comun sentire: cittadinanza.
#terremotoItalia #solidarietà

Fonte:

https://www.facebook.com/photo.php?fbid=10210715087581604&set=a.2404888489893.2141488.1481562194&type=3&theater

Burkini, l’inutilità di questo dibattito

Ma davvero siamo qui a dibattere “burkini sì, burkini no”?. E’ davvero questo il problema, il nuovo terreno di scontro nella lotta di qualcuno contro l’islam o i crociati?

Ieri, per cause totalmente differenti, il dibattito sul burkini cresceva di pari passo con l’emozione a rate – come ho scritto ieri – suscitata dalla foto di Omran. Per il burkini c’è chi ha preso posizione, favorevole o contraria, per Omran non si è stati capaci – e mi rivolgo a chi ha preso posizione proprio sul burkini – di esprimere un giudizio netto su un problema reale: la guerra che insanguina la Siria.

La frivolezza la fa da padrona: incapaci di non occuparsi di altro che non siano banalità, oggi, filosofi, femministe e intellettuali di ogni colore esprimono un giudizio sul costume da bagno delle donne. Il burkini è diventato il nuovo terreno per lo scontro di civiltà fra l’islam e una entità costantemente in definizione, l’Occidente – a volte decadente, a volte fiorente ( a seconda di chi scrive).

Se guardiamo i simboli di questo scontro di civiltà ci accorgeremo che essi sono il velo, il burkini, il maiale e l’alcol che sono tutti elementi secondari: intendo capri espiatori dove non riflettere, interrogandosi sui veri problemi. A chi oggi dibatte sul burkini, musulmani e non, pare non interessino i problemi veri: come riusciamo a dare l’armonia al Medioriente? Come possiamo trovare una convivialità fra l’Islam e cristianesimo, basata su un dialogo vero, privo dei pesi che ci impediscono di provare una reciproca curiosità? Come far sì che l’Occidente non abbia una doppia morale: da una parte parla di diritti umani e dall’altra avvantaggia élite locali, nei più disparati paesi del mondo, a cominciare da quello arabo, che reprimo le società?

Queste sono alcune domande alle quali dovremmo trovare risposta, senza perderci nei dibattiti da bar sulla spiaggia. Dell’Islam, qui in Europa, cominceremo a capire realmente qualcosa quando termineremo di banalizzarlo. Dobbiamo mettere da parte le nostre paure, a cominciare da quella del velo, e guardare in faccia i problemi reali: un burkini non può essere più importante di Omran.

Fonte:

http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/08/19/burkini-linutilita-di-questo-dibattito/2983132/

SIRIA, OMRAN E’ IL VOLTO DELL’IDIGNAZIONE A RATE DELL’OPINIONE PUBBLICA

Siria, Omran è il volto dell’indignazione a rate dell’opinione pubblica

 

di Shady Hamadi | 18 agosto 2016

 

Omran si tocca il viso, incredulo. Ha cinque anni e forse non ha capito cosa è successo. E’ stato estratto dalle macerie di casa sua, ad Aleppo, distrutta da un ennesimo bombardamento aereo russo, uno di quei bombardamenti che qui, in Europa, in Italia, non vogliamo vedere, né condannare. Aleppo, la Siria intera, è il metro della schizofrenia occidentale: non si vede altro che l’Isis, si invoca il rispetto dei diritti umani ma si sta silenti su tutto. Si ha paura, qui, in Europa, di condannare i bombardamenti aerei che mietono più vittime del fondamentalismo; che distruggono ospedali, infrastrutture e… vite. Si ha paura – perché non bisogna schierarsi sui giornali o si perde di oggettività – di condannare i russi, il governo siriano per crimini contro l’umanità.

Con il suo sguardo incredulo, spaesato, che riassume l’abbandono e l’incomprensione che assediano i siriani, schiacciati da un regime brutale e da un fondamentalismo che si nutre di questa repressione, Omran è il simbolo dell’impunità: chiunque tu sia, puoi bombardare ospedali, usare le armi chimiche, fare fosse comuni e compiere pulizia confessionale o etnica ma sei consapevole che nessuno ti punirà, non verrai chiamato in giudizio da nessun tribunale. La Siria è diventata, suo malgrado, il simbolo del fallimento del mondo. “L’umanità – dichiarava in una conversazione telefonica Assad Younes, un giovane aleppino che ho intervistato settimana scorsa – è finita ad Aleppo”.

In ordine di tempo, Omran è l’ultimo bambino che risveglia l’indignazione a rate dell’opinione pubblica. Era cominciato tutto con Hamza ali Al Khateeb, torturato, evirato e infine ucciso nel maggio 2011. La Clinton e altri leader, che oggi hanno fatto un cambio di rotta clamoroso sulla Siria, dichiararono che “Assad doveva andarsene”. Poi, venne la strage di bambini di Houla, tagliati a pezzi dalle milizie fedeli al governo siriano. E ancora, Houda, la bambina che alzava le mani al cielo scambiando la macchina fotografica per un’arma; Aylan, il bambino morto fotografato su una spiaggia che cambiò, per un momento, le politiche dell’accoglienza per i siriani.

Ora è il turno di Omran, e ci chiediamo se questo bambino, il suo sguardo, può destare l’attenzione sul dramma di Aleppo, facendo sì che venga alla luce l’enorme tragedia che sta avvenendo in Siria, una tragedia che viene coperta dal clamore dell’Isis, dai curdi – diventati nuovi eroi per una sinistra, anche italiana, incapace di guardare al Medioriente nella sua complessità.

Ma Omran è anche il simbolo di un giornalismo che cerca il sensazionalismo per parlare di un tema: c’è bisogno di un fatto clamoroso, come la foto di un bambino sopravvissuto alla morte, per riaccendere i riflettori su una catastrofe che dovrebbe essere raccontata ogni giorno perché è il centro di tante questioni che toccano le nostre società. Sui giornali, dovremmo parlare continuamente della Siria, quella oltre il fondamentalismo e il regime, perché ha pagato mezzo milione di morti e undici milioni di sfollati esterni e interni. Dovremmo far sì che la voce dei siriani, quelli a Aleppo o Idlib, emerga nel marasma di cose dette su di loro ma senza di loro.

Ma, consapevole che così non sarà e che lo sguardo di Omran, il suo destino, è destinato a spegnersi nei prossimi giorni, sotto un mare di indifferenza e di disimpegno generale, ci rivediamo alla prossima notizia clamorosa: al prossimo bambino siriano che susciterà l’indignazione part-time di qualcuno.

 

 

Fonte:

http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/08/18/siria-omran-e-il-volto-dellindignazione-a-rate-dellopinione-pubblica/2981515/

ISIS, LUTTO PER KHALED ASAAD E POI?

Palmira distruzione 3C’è da domandarsi a cosa serva che i musei italiani mettano le bandiere a mezz’asta, in segno di lutto, per la barbara uccisione di Khaled Asaad, archeologo di 82 anni barbaramente ucciso dall’Isis. Sì, a cosa serve mettersi in lutto per un uomo se si è stati capaci di ignorare costantemente il massacro quotidiano in Siria. Appena una settimana fa, un bombardamento aereo dell’aviazione siriana su un mercato a Duma, sobborgo di Damasco, ha causato cento morti. In Siria, le vittime da entrambe le parti sono quasi cento al giorno. E che dire dei 250 mila morti, o oltre, che hanno insaguinato la terra si questo paese? Non serve a nulla il lutto per Asaad, nè serve continuare a postare ossessivamente le foto delle rovine di Palmira in questo esercizio d’indignazione che dura il tempo che trova. Ci si è chiesti come ha vissuto Asaad in questi anni di guerra o come la popolazione a Palmira stia vivendo ora?L’ecatombe in Siria la (ri)scoprima solo quando c’è una morte “sensazionale”. C’è bisogno di nuovi livelli di barbarie per risvegliare la coscienza latitante della nostra “civiltà” – come piace definirla a qualcuno. Asad, il dittatore siriano, sa di avere di fronte un’opinione pubblica che non si indigna per le uccisioni a livelli industriale. Ha ragione a pensarla così. Una bomba sganciata su un villaggio della provincia di Idlib che provoca un’ecatombe fra i cittadini è una morte consueta, noiosa, di cui possiamo fare a meno d’interessarci. L’Isis uccide meno siriani – si calcola che il regime di Damasco ammazzi sette volte di più che l’Isis – ma lo fa con spettacolarità, in una costante ricerca di attenzione mediatica.

La morte orribile di Khaled Asaad è un ennesimo, ottimo, risultato dello Stato Islamico che aumenta la sua fama, la sua presenza sui giornali, certo che queste sono il genere di morti che cerca il pubblico. Nello stesso tempo, all’aumentare della fama di questi fanatici, il dramma siriano continua a scomparire. E’ facilissimo, per il commentatore di questa parte del Mediterraneo, in Europa, parlare solo dell’Isis e cancellare il contesto, la Storia. Fatto ciò, si arriva immediatamente all’assunto: in Siria c’è l’Isis e Assad, tutto quello c’è in mezzo e che è stato è semplicemente cancellato.

Ciò deriva dalla sindrome dell’11 settembre, da questo incubo che si annida in ogni scelta di politica estera e che ha pervaso il senso comune popolare quando ci si approccia al Medioriente. La Storia del mondo arabo, gli eventi accaduti anche solo una settimana fa che possono spiegarci l’oggi, è scomparsa perché ci basta banalizzare ciò che resta della tanto, nostra, amata culla della civiltà. Due anni fa, alle prime ore del 21 agosto, venivano usate armi chimiche contro i civili di Ghouta, periferia di Damasco. Si contarono oltre 1000 morti che qualche giorno dopo vennero già dimenticati, come accadrà presto per Khaled Asaad. Il 21 agosto del 2013 la famosa linea rossa di Obama veniva superata. Sono passati due anni e nulla è cambiato: i siriani continuano a morire, altri attraversano il mare e altri ancora rimangono a casa loro.

Vorrei appellarmi a chiedere che tutti i morti siriani vengano considerati e celebrati ugualmente, altrimenti si smetta definitivamente di parlare della Siria. Lasciateci vivere nel nostro inferno.

 

La meglio gioventù (tra Siria e Kurdistan)

Mentre in diverse città anche italiane ieri si svolgevano manifestazioni in solidarietà alla città curda di Suruc – colpita il 20 luglio da una strage di giovani (decine uccisi e un centinaio feriti) per un attacco kamikaze di una miliziana dell’Isis – leggevo, sulla bacheca del giornalista siriano Shady Hamadi, un post in cui ricorda un’altra strage (una delle tante che ancora oggi avvengono sotto il regime di Assad) avvenuta all’Università di Aleppo nel 2013. Copio la sua memoria e, di seguito, un articolo dell’Ufficio di Informazione del Kurdistan in Italia sulla strage dell’altro ieri. Ho voluto mettere insieme questi due massacri per riportare due esempi (tanti altri se ne potrebbero fare tra diverse epoche e parti del mondo) di quella che un tempo sarebbe stata chiamata la meglio gioventù.

D. Q.

 

Da

Shady Hamadi

Forse non erano socialisti ma sicuramente sognavano un futuro migliore. Sono gli 82 ragazzi e ragazze morti all’università di ‪#‎Aleppo‬ il 15 gennaio 2013, uccisi da una bomba sganciata da un aereo del regime siriano, quando ‪#‎Isis‬ non c’era. Vittime anche loro. ‪#‎Suruc‬

foto di Shady Hamadi.

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Come e perché si è arrivati al massacro di Suruç ?

Come e perché si è arrivati al massacro di Suruç ?

I giovani che sono morti o feriti a Suruç avevano un unico scopo: andare a Kobanê e unirsi alla ricostruzione della città. La Federazione della gioventù socialista (SGDF) aveva scritto un comunicato stampa prima di andare a Suruç. Da un mese i giovani si stavano preparando per partire con un’azione pubblica.

I residenti di Suruç e i rappresentanti delle organizzazioni non governative hanno accolto i giovani a Suruç. Si sono incontrati con il governatore distrettuale e gli hanno detto che volevano andare a Kobanê. Governatore Distrettuale però li ha fatti aspettare dicendo che solo pochi di loro potevano attraversare il confine, ponendosi in contrasto con tutto il gruppo.

Il sanguinoso attacco di Suruç è avvenuto dopo la conferenza stampa nel centro culturale Amara, in risposta alla risposta negativa del governatore distrettuale.

Bisogna fare le seguenti domande per quanto riguarda l’attacco:
1- La polizia ha fermato tutti i giovani che si stavano dirigendo ad Amara . Il posto di blocco della polizia era a 200 metri di distanza da Amara, la polizia avrebbe potuto fare il posto di controllo più vicino al centro culturale. La polizia ha fatto il posto di blocco a 200 metri di distanza da Amara, in modo da non essere coinvolta dall’esplosione?

2- Come ha fatto la kamikaze ISIS ad entrare nel centro culturale dove la polizia ha perquisito ogni notebook, macchina fotografica e anche le matite dei giovani massacrati?

3- Come è potuto succedere che i sevizi di intelligence turchi, che sorvegliano Suruç compresa il valico di confine di Mürşitpınar , non sono riusciti a ‘vedere’ la cellula dell’ ISIS?

4- Come è possibile che la polizia non ha identificato la cellula dell’ISIS nonostante il fatto che Amara è vicino ad una stazione di polizia?

5- Perché la polizia ha attaccato i civili che portavano i feriti in ospedale? È perché volevano lasciare i feriti a morire così?

6- Ci sono molte cellule ISIS intorno a Suruç? Lo stato a conosce queste cellule?

7- Perché i corpi sono stati esaminati all’ obitorio di Antep invece che a Urfa? Cosa stanno cercando di nascondere?

8- Non ci sono dichiarazioni di testimoni ma si sostiene che ci sono stati due attentatori, un uomo che ha fatto esplodere la bomba e una donna,la donne è ferita e sotto custodia della polizia attualmente. Chi è l’attentatrice nata nel 1995 a Sivas, che è tenuta sotto custodia dalla polizia? Perché i funzionari non vogliono fare dichiarazioni su questo?

Lo stato turco non risponde a queste domande.

Molte persone avevano previsto questo attacco, dopo la liberazione del YPG di gire spi (Tel Abyad). Come filmati della telecamera hanno confermato, l’ ISIS è fuggito da gire spi ed è passato ad Akçakale liberamente e felicemente. Poco dopo, Dicle News Agency e altri media indipendenti hanno documentato la sede ISIS ad Akçakale. Diha ha anche riferito che sièformata una una cellula ISIS a Ceylanpınar due giorni fa.

Gire SPI è stata una sconfitta pesante per l’AKP e ISIS perché la loro logistica era organizzata attraverso questo confine I funzionari dell’AKP hanno dimostrato il loro malcontento per la liberazione di Gire spi pubblicamente, e Erdogan ha dichiarato che “non sarebbero stati a guardare’ . Ora stanno cercando di vendicare la liberazione di Gire Spi nel Nord Kurdistan. Quando ISIS è stato sconfitto in Rojava, hanno portato la guerra da questa parte del confine. Stanno ripetendo l’attacco di Kobanê il 25 giugno a Suruç, Urfa e Diyarbakir. Il brutale massacro di Suruç prende di mira il modello di vita democratica e libera sviluppato in Rojava e i solidali con il movimento di liberazione curda.

Siamo in una situazione pericolosa per come Erdogan e il suo Akp stanno alimentando l’odio sia dopo la sconfitta in Rojava ché dopo le elezioni.Non possiamo fare appello ai tiranni perchè lo Stato non protegge i civili e le istituzioni da ISIS. lo Stato protegge e tollera isis. Tale situazione rende l’autodifesa più fondamentale che mai.

Come possiamo organizzare la nostra auto-difesa?
1- La legittima difesa è un problema serio e importante. Dovremo organizzarla sistematicamente e senza panico e senza fare affidamento sullo stato.

2- Non dobbiamo lasciare la sicurezza nelle mani degli agenti di polizia con azioni collettive nelle città di confine, nonché centri urbani come Amed. È più probabile che ISIS attacchi le aree in cui vi è una presenza di polizia più alta I civili a centinaia possono formare comitati di sicurezza per l’auto-difesa.

3- Ci sarà pericolo sino a quando esisteranno cellule ISIS. Pertanto, i giovani dovrebbero prendere l’iniziativa ed eliminare le cellule ISIS che operano sotto false spoglie di organizzazioni umanitarie o riviste.

4- Le organizzazioni non governative, i politici democratici, i parlamentari e la stampa dovrebbero prendere posizione per quanto riguarda la sede ISIS nella casa colonica TIGEM in Akçakale. Parlamentari e ONG dovrebbero chiarire perché Tigem è chiusa ai civili.
di Amed Dicle

MASSACRO DI PIRSUS/SURUC 20.07.2014 – I NOMI DEI MARTIRI
Uğur Özkan, Kasım Deprem, Hatice Ezgi Saadet, Cemil Yıldız, Çağdaş Aydın, Nazlı Akyürek, Ferdane Ece Dinç, Mücahit Erol, Murat Yurtgül, Emrullah Akhamur, İsmet Şeker, Okan Pirinç, Nartan Kılıç, Ferdane Kılıç, Serhat Devrim, Met Ali Barutçu, Erdal Bozkurt, Süleyman Aksu, Koray Çapoğlu, Cebrail Günebakan, Veysel Özdemir, Nazegül Boyraz, Alper Sapan, Alican Vural, Osman Çiçek, Dilek Bozkurt, Büşra Mete, Yunus Emre Şen, Ayda Ezgi Şalcı, Polen Ünlü, Duygu Tuna, Nurcan Kaçmaz.”

 

 

Fonte:

http://www.uikionlus.com/come-e-perche-si-e-arrivati-al-massacro-di-suruc/