Aggiornamenti sull’attentato a Berlino, 12 morti

Attentato a Berlino, 12 morti. È successo a Breitscheidplatz, nel quartiere di Charlottenburg, vicino alla chiesa Kaiser-Wilhelm-Gedächtniskirche. Nella zona si stava svolgendo un mercatino natalizio. La polizia segue la pista del terrorismo.

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POST DAL CONFINE SERBO-UNGHERESE DOPO LE CARICHE E I GAS CONTRO I MIGRANTI

Pubblichiamo questo post scritto da Valentina un’attivista della staffetta #overthefortress

Quello che abbiamo visto ieri al confine serbo-ungherese è sicuramente una delle cose più angosciati e vergognose che possano capitare alle porte dell’Europa fortezza.

Da mezzanotte di lunedì migliaia di persone sono confluite in questo punto del confine, memori dei giorni precedenti in cui si riusciva ancora a passare in Ungheria e la Merkel dichiarava di accogliere tutti. Le informazioni che il confine si stava fortificando arrivavano anche a loro, ma nessuno credeva sino in fondo che la militarizzazione sarebbe stata così spinta. Due giorni fermi lì, quindi, in piedi davanti al cancello, urlando “open the door open the door we want freedom thank you Germany“, ma niente.

All’inizio la polizia ungherese sembrava “tranquilla” sebbene in assetto antisommossa. Poi manganellate sulle mani a chi si appoggiava al cancello. Alcuni scuotono la rete e partono gli spray urticanti. Qualcuno lancia dentro degli oggetti ed immediatamente lacrimogeni.

Inizia una mezz’ora di delirio, copertoni bruciati, dal lato ungherese si avvicina un camion-idrante che spara acqua, sale e urticante.

La polizia serba osserva senza agire, suggerisce solo di stare attenti. Tutto ad un tratto la polizia ungherese indietreggia e abbassa gli scudi, lo stesso fa il camion. I migranti si fermano e si avvicinano tranquilli al cancello, felici, applaudendo e urlando “thank you thank you“.

Si apre un varco nella rete, entra la prima persona, un ragazzo siriano con un megafono gestisce la situazione tenendo calme le persone. Lentamente iniziano ad entrare le persone, si avvicinano piano alla polizia ferma, che non reagisce. Gli uomini si fermano a metà (mentre altri aprono definitivamente il cancello verde e spostano le barriere antipanico), la gestione dei presenti da parte dei ragazzi davanti è perfetta: no caos, no agitazioni. A questo punto sembra fatta: il muro della fortezza Europa è caduto, si può passare, una donna con due bambini mi abbraccia, entrambe con le lacrime agli occhi. “Troppo facile“, penso. “Fanno passare avanti donne e bambini“. Ma no, donne bambini e giornalisti davanti, non può succedere niente“. Vedo tre persone dietro la polizia con la pettorina dell’UNHCR, trattano con polizia, qualche volontario e le prima donne arrivate davanti. E’ fatta, ne sono tutti sicuri. Due, tre o quattrocento persone confluiscono a ridosso della polizia. “Ora si spostano, ora si spostano.” Indietreggio per lasciare passare questo fiume di persone che sorride e piange di felicità. “Li fanno passare!”

E’ un attimo, un rumore, un urlo.. La polizia carica. Quanti sono? 50 o 100 poliziotti, caricano tutti, manganellano, il camion spara in aria lacrimogeni che cadono sulla gente che scappa verso la Serbia, fuga, paura negli occhi delle persone, bambini che urlano e piangono dal male che fa il gas. Bambini che sanguinano, donne disperate, giornalisti feriti. Panico, 10 minuti di puro panico. Le ambulanze serbe soccorrono i feriti.

Ma c’è qualcuno che non è riuscito a tornare indietro: la donna che ho abbracciato con i suoi figli non si vede, probabilmente è stata trattenuta e sicuramente non per fare richiesta asilo. Un padre ha perso il figlio (di cui abbiamo il documento). Temiamo che ci siano feriti gravi, dentro.

La domanda è: era tutto premeditato, vero? Perché li avete fatti entrare per poi caricarli così brutalmente? Perché?

Staffetta ‪#‎overthefortress‬, 17 settembre 2015

 

 

Fonte:

http://www.meltingpot.org/Post-dal-confine-serbo-ungherese-dopo-le-cariche-e-i-gas.html#.Vfs6MJerF6J

La bambina siriana uccisa e l’umanità sempre più rara

ratiocropNon sono le guerre, le dittature, la povertà che uccidono, gli assassini sono sempre gli uomini e spesso decidono di farlo con diabolica premeditazione. Avrebbe dovuto compiere 11 anni la bambina siriana che, insieme alla sua famiglia qualche giorno fa, era partita dall’Egitto per arrivare in Italia. Il viaggio era costato 3000 euro a persona, pensavano di partire su una nave da crociera e invece si sono ritrovati su una barca come sempre inadatta a percorrere lunghi tratti di mare e ad ospitare così tante persone. Le persone che si ritrovano a partire in queste condizioni non possono più tornare indietro, hanno pagato, sono diventate automaticamente merce degli scafisti, sono in loro potere, se si ribellano rischiano di essere ammazzate. La bambina aveva con sé uno zainetto con i suoi farmaci perché era diabetica, gli scafisti, nonostante le proteste dei familiari della piccola, le avevano gettato lo zainetto in mare. Qualche ora dopo la partenza la bambina era entrata in coma ed è morta fra le braccia della madre. Non so che nome avesse quella bambina, forse non lo saprò mai, il suo corpo è stato abbandonato in mare dopo la benedizione dell’Imam richiesta dalla sua famiglia. E’ stata uccisa dagli scafisti che non hanno mostrato nessuna pietà verso di lei, verso la sua famiglia e verso tutta la disperata umanità che cerca salvezza, è stata uccisa come migliaia di altri uomini, donne e bambini che sperano che un viaggio dall’altra parte del mediterraneo possa dare loro un futuro migliore. Il dolore della perdita di un bambino sembra non scalfire i cuori induriti, se non congelati, dalla macchina dell’odio che la propaganda fascio-leghista da tempo ha messo in moto nel nostro paese. Si leggono commenti terrificanti su questa vicenda, gli stessi che leggiamo ogni qualvolta si parla di migranti. Questa bambina viene ripetutamente uccisa dagli italiani che pensano che sia un bene che una persona in meno metta piede nel nostro paese. Questa bambina viene ripetutamente uccisa da chi non crede che la sua, e le altre storie della disperazione di chi fugge, siano vere. Questa bambina viene ripetutamente uccisa da chi dice che se potevano pagare 3000 euro per un viaggio allora potevano starsene a casa loro, fra le bombe, la mancanza di beni di prima necessità, perché i soldi li avevano. Questa bambina viene ripetutamente uccisa a Roma da chi manifesta contro i migranti a fianco di CasaPound. Questa bambina viene ripetutamente uccisa dai fascisti, e da chi li applaude, che ieri a Treviso hanno impedito al personale di una cooperativa di fornire del cibo ai migranti. Stiamo diventando un paese senza cuore, le difficoltà in cui versano alcuni nostri concittadini vengono sfruttate dalla propaganda dell’odio che cela il malcostume nostrano. Il cancelliere tedesco Angela Merkel qualche giorno fa aveva detto ad una bambina palestinese che non possiamo accogliere tutti, ma cosa ha fatto l’Europa per rimuovere le cause che portano milioni di persone in fuga dai loro paesi? Come fa fronte il nostro continente a questa ondata di disperazione? Ci si barcamena sulle cifre di migranti da accogliere nei vari paesi mentre alcune nazioni come l’Ungheria erigono muri per contrastare l’arrivo degl’immigrati. Restare umani è un impegno sempre più difficile quando ogni giorno nelle nostre televisioni personaggi come Matteo Salvini alimentano l’odio per lo straniero, quando ogni giorno vengono condivise notizie false sui migranti dai siti spazzatura. Fra qualche giorno, forse solo fra qualche ora, nessuno ricorderà più la notizia della bambina siriana uccisa dagli scafisti, arriveranno nuovi migranti con le loro tragedie, altri non riusciranno ad arrivare, la pietà sarà un sentimento sempre più raro.19 luglio 2015

Fonte:
http://www.articolo21.org/2015/07/la-bambina-siriana-uccisa-e-lumanita-sempre-piu-rata/

AD ATENE IL FRONTE DEL NO TORNA IN PIAZZA

A quanto pare, la Grecia, dopo aver vinto una battaglia, si prepara a perdere la guerra. A una settimana dalla vittoria referendaria, il governo greco di Alexis Tsipras cede al ricatto del gigante tedesco preparandosi a pesanti riforme in cambio di aiuti. Già da ieri il popolo greco è tornato a scendere in piazza per protestare contro questo accordo.  Forse il governo  greco sta tradendo il suo popolo o forse la Grecia è stata lasciata sola da parte di altri paesi europei che avrebbero potuto costituire una coalizione antitedesca, per esempio la Francia. Comunque sia il fronte del No all’austerity, del No alla troika si sta preparando per una mobilitazione europea prevista per domani, termine ultimo per l’approvazione delle riforme.
Staremo a vedere come il popolo greco e i solidali di tutta Europa faranno sentire la loro voce per un No alla resa.

D. Q.

 

  • 14 Lug 2015 12.34

Ad Atene il fronte del no torna in piazza

Il 13 luglio, dopo che Atene ha trovato un accordo con i creditori a Bruxelles, i cittadini sono tornati in piazza Syntagma per esprimere dissenso rispetto all’intesa. “L’Europa ci umilia”, hanno affermato i manifestanti che hanno criticato Alexis Tsipras per la sua decisione di firmare il piano.

Tra i partecipanti alla manifestazione il sindacato del pubblico impiego, Adedy, che ha indetto uno sciopero di 24 ore per il 15 luglio, quando il parlamento dovrà votare le nuove misure di austerità concordate con l’eurozona.

 

Fonte:

http://www.internazionale.it/video/2015/07/14/atene-proteste

 

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Cosa resta dell’Europa?

L’Eurosummit si chiude con la vendetta della Germania nei confronti di Atene. Entro mercoledì nuova tranche di riforme “lacrime e sangue” e poi via alle privatizzazioni in cambio degli aiuti economici. Dopo la trattativa di questa settimana molte cose non saranno più come prima

Dopo diciassette ore di trattative l’Eurosummit si è chiuso con un accordo che avrà probabilmente conseguenze devastanti. Un pacchetto di aiuti che si aggira tra gli 82 e gli 86 miliardi di euro verrà stanziato per un periodo di tre anni a favore della Grecia, se e solo se in questa settimana la Grecia approverà un pacchetto di riforme enormi. Perciò il parlamento di Atene è chiamato a votare entro il 15 luglio, cioè meno di tre giorni, su: la riforma delle pensioni, del fisco – comprensiva dell’innalzamento dell’IVA – l’autonomizzazione dell’istituto nazionale di statistica e la piena applicazione del Fiscal Compact, che prevede, tra le altre cose, la costituzionalizzazione del pareggio di bilancio. Entro il 22 luglio si dovrà riformare il codice civile e applicare pienamente la direttiva sulle crisi bancarie (Brrd).

Una volta approvate queste riforme e quindi ristabilita “la fiducia” dei creditori nei confronti del governo greco, l’Eurogruppo potrà dare il suo via libera per il Memorandum of Understanding, che dovrà essere votato in seguito, secondo le procedure dei singoli stati, da almeno sei parlamenti nazionali, tra cui – chiaramente – il parlamento tedesco. “Al fine di costituire la base per una conclusione di successo del protocollo d’intesa, l’offerta greca di misure di riforma deve essere seriamente rafforzata (…). Il governo greco deve formalmente impegnarsi a rafforzare le proprie proposte in un numero di aree identificate dalle Istituzioni”, con tempi chiari, obiettivi precisi, standard di riferimento e ispirandosi alle buone pratiche europee (traduzione nostra). Cosa bisogna “riformare”? E’ necessaria un’ “ambiziosa” riforma delle pensioni, una piena liberalizzazione del mercato dei beni e servizi (ex: farmacie, traghetti, aperture la domenica…), privatizzazione della compagnia elettrica, “una rigorosa revisione e modernizzazione del mercato del lavoro”, in particolare per ciò che riguarda la contrattazione collettiva e le misure industriali, rafforzare il sistema finanziario, eliminando qualsiasi possibilità di interferenza politica nel sistema bancario.

A queste riforme si aggiunge la costituzione di un fondo di 50 miliardi che si occuperà di gestire un massiccio processo di privatizzazione. Gli assets – o meglio i beni pubblici – considerati “valuables” verranno trasferiti a questo fondo che si occuperà di “monetizzarli” attraverso la loro vendita al migliore offerente. I fondi così ricavati verranno utilizzati per ripagare una parte del prestito triennale, per ammortizzare una parte del debito pubblico e per investimenti per far “ripartire l’economia”. Il fondo avrà sede in Grecia, e non in Lussemburgo come inizialmente previsto, e verrà gestito dalle istituzioni greche, sotto la supervisione delle Istituzioni europee. Ovviamente sono presenti minacciose clausole di salvaguardia, quali anche noi ben conosciamo.

Durante i negoziati la Grecia aveva costruito la propria linea di difesa attorno a quattro punti principali: il rifiuto della partecipazione dell’FMI al terzo programma di aiuti, l’opposizione al fondo per le privatizzazioni, la ristrutturazione del debito, la garanzia di liquidità alle banche. Soltanto sull’ultimo punto – stando al tenore delle dichiarazioni di queste ore – il governo greco sembra essere riuscito a strappare qualcosa, per il resto – a parte il trasferimento del fondo per le privatizzazioni dal Lussemburgo ad Atene – il governo Tsipras è stato costretto a capitolare. La stessa discussione attorno alla ristrutturazione del debito è presente nel testo dell’accordo in termini molto vaghi.

Durante il negoziato, come riporta questa infografica del Guardian di ieri, lo schieramento dei “falchi” dell’austerity, con a capo la Germania, ha portato fino in fondo il progetto ordoliberale europeo: o la Grexit o la capitolazione della Grecia. In entrambi i casi la Germania avrebbe vinto. I termini in cui si sono svolte le trattative e il contenuto stesso dell’accordo fanno emergere in piena luce un progetto di Europa costruito attorno a un blocco tedesco, forte di una maggioranza schiacciante all’interno dell’Eurosummit. La stessa proposta avanzata negli ultimi giorni dal ministro Schäuble sulla possibilità di una Grexit “a tempo” chiarisce la posizione della Grosse Koalition tedesca sul futuro dell’Europa. Se, come sosteneva Varoufakis nei scorsi giorni, l’eurozona è qualcosa di più di un’area a cambi fissi, ma è qualcosa di meno di uno entità statale, è altrettanto vero che il ricatto tedesco in questi giorni si è basato proprio sulla possibilità della Germania di aggredire i capitali ellenici in caso di uscita della Grecia dall’euro. Un’alternativa tra default e austerity che poteva essere rotta solo attraverso la costituzione di un fronte antitedesco al tavolo del negoziato, con la Francia in prima fila. Tutto ciò non è avvenuto e la scommessa di Tsipras sulla trattativa si è rivelata perdente.

Ora il parlamento greco dovrà votare questo pessimo accordo uscito dall’Eurosummit, lo scenario più probabile è che Syriza si divida e una parte voti contro, aprendo di fatto una crisi di governo cui potrebbe seguire la prospettiva di un governo di unità nazionale o addirittura le elezioni anticipate. In ogni caso, un’eventuale crisi di Syriza rappresenterebbe per la Merkel la ciliegina sulla torta. Diverso effetto, soprattutto in vista di elezioni anticipate e di un ricompattamento della sinistra radicale, potrebbe avere un clamoroso gesto di dimissioni di Tsipras al primo rilancio ricattatorio della trojka.

Di fatto sappiamo chi pagherà: i precari, i disoccupati, i lavoratori e un paese pauperizzato e umiliato. Non possiamo negarlo, questo accordo rappresenta una forte battuta di arresto alla possibilità di ridisegnare lo spazio europeo. Il potere economico tedesco ha utilizzato tutto il suo potere di ricatto, ma il più grande merito del governo greco è stato far emergere con forza esplosiva le contraddizioni dell’UE. La vittoria dell’#Oxi della scorsa domenica è stata innanzitutto l’apertura di uno spazio per riprendere in mano la decisione politica, ed è ancora questa la sfida che abbiamo di fronte: comprendere qual è lo spazio e la scala per poter tornare a decidere. In Grecia sono previste manifestazioni già oggi pomeriggio, mentre mercoledì è stato annunciato uno sciopero del settore pubblico, e sta circolando l’appello per una mobilitazione europea nei prossimi giorni. Lo spazio di mobilitazione sociale aperto dal referendum non è chiuso e chi ha votato “no” vuole rimanere in piedi. Su ciò che resta dell’Europa.

 

 

Fonte:

http://www.dinamopress.it/news/cosa-resta-delleuropa