I bambini abusati nel coro di Ratisbona furono almeno 547. Il legale: «Georg Ratzinger sapeva»

La denuncia nel rapporto finale presentato dall’avvocato Ulrich Weber, e divulgato dai media tedeschi. Cinquecento bambini subirono violenze corporali; 67 anche violenze sessuali. «All’ex direttore del coro va rinfacciato di non aver fatto nulla nonostante sapesse»

Sono almeno 547 i bambini che, tra il 1945 e il 1992, hanno subito violenze nel coro del Duomo di Ratisbona. Ad affermarlo è il rapporto finale di una inchiesta avviata nel 2015 presentato dall’avvocato Ulrich Weber, presentato oggi in una conferenza stampa in Germania. Stando al documento, c’è «un’altissima probabilità» che 500 bambini abbiano subito violenze corporali, e 67 anche violenze sessuali. Secondo Weber 49 colpevoli sono stati identificati. «Nella scuola del coro», si legge nel report», «dominavano paura e senso di impotenza», e «la violenza era un metodo applicato quotidianamente» per ottenere «massimi risultati» e «assoluta disciplina».

Il coro venne diretto, dal 1964 al 1994, dal fratello del Papa emerito Benedetto XVI, Georg Ratzinger (qui l’intervista di Danilo Taino con lui nel 2010: «Io mi occupavo di musica, mai avuto notizia di casi del genere»). Nel suo rapporto Weber attribuisce a Georg Ratzinger delle «corresponsabilità»: nella conferenza stampa di oggi, il legale, secondo la Dpa (riportata dall’agenzia Ansa), ha affermato che all’ex direttore del coro va «rinfacciato di aver fatto finta di non vedere, e di non essere intervenuto nonostante sapesse».

Nel 2010, quando il caso era emerso per la prima volta, Ratzinger aveva detto che alcuni ragazzi gli avevano raccontato come andavano le cose nella scuola di preparazione, ma che le loro storie non lo avevano indotto a pensare di «dover intervenire in qualche modo». Ratzinger ha sempre ammesso di aver saputo delle violenze fisiche, ma di non sapere nulla di abusi sessuali. Secondo quanto riportato nel 2010 dalla Passauer Neuen Presse, lo stesso fratello maggiore del Papa ha ammesso di aver dato qualche schiaffo ai ragazzi fino agli anni ‘70 e di essere stato «sollevato» quando le punizioni fisiche vennero vietate dalla legge all’inizio degli anni ‘80.

Nel 2010 l’allora vescovo di Ratisbona ed ex prefetto emerito della Congregazione per la Dottrina delle Fede, Gerhard Ludwig Muller, ha ammesso gli abusi nel coro, precisando però che gli episodi di pedofilia «non coincidono con il periodo dell’incarico del maestro professor Ratzinger». Anche Muller viene accusato nel rapporto finale sul caso per la debolezza «strategica, organizzativa e comunicativa» con cui lo scandalo venne affrontato.

Muller divenne capo dell’ex sant’Uffizio nel 2012, dall’allora papa Joseph Ratzinger. Papa Francesco lo ha da pochi giorni sollevato dall’incarico. L’attuale vescovo di Ratisbona, Rudolf Voderholzer, ha già annunciato di voler offrire alle vittime compensazioni finanziarie tra i 5 e i 20 mila euro a testa entro la fine dell’anno.

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http://www.corriere.it/esteri/17_luglio_18/i-bambini-abusati-coro-ratisbona-furono-almeno-547-79dfc3f6-6ba6-11e7-9094-d21d151198e9.shtml

Le ambiguità del Vaticano sulla dittatura argentina

Papa Francesco alla basilica di San Pietro, il 20 novembre 2016. - Tiziana Fabi, Reuters/Contrasto
Papa Francesco alla basilica di San Pietro, il 20 novembre 2016. (Tiziana Fabi, Reuters/Contrasto)
  • 28 Nov 2016 16.36

L’annuncio dell’apertura degli archivi della conferenza episcopale argentina e del Vaticano è l’ennesimo tentativo di imbiancare una storia vergognosa senza fare nessuno dei passi previsti dallo stesso catechismo della chiesa cattolica per il sacramento della riconciliazione, del perdono o della penitenza: ammettere e condannare i crimini o i peccati commessi, impegnarsi a non ripeterli e riparare il danno causato. L’apertura si limiterà alla corrispondenza ecclesiastica su circa tremila vittime del terrorismo di stato, che sarà accessibile solo ai familiari diretti, ai superiori degli ordini ecclesiastici e ai giudici sulla base di richieste concrete. Astenersi giornalisti e ricercatori. Questa è un’operazione pubblicitaria e non ha niente a che fare con la ricerca della verità.

Il presidente della conferenza episcopale argentina, José María Arancedo, ha detto che l’apertura è cominciata con lo stesso papa Francesco che, prima di diventare pontefice, decise di pubblicare il documento Chiesa e democrazia, e ha previsto che verranno a galla più luci che ombre nel comportamento episcopale durante il periodo che va dal 1976 al 1983. Le cose andranno così, perché la tecnica applicata da Bergoglio, dai suoi predecessori e dai suoi successori consiste nell’ignorare dei documenti fondamentali, mutilando quelli in cui i vescovi proclamano la loro adesione alla dittatura occidentale e cristiana, organizzando il materiale in ordine cronologico senza indicare quali documenti furono resi pubblici e quali restarono segreti, ammettendo solo quanto è già trapelato e non può essere negato. È la stessa tecnica seguita dal Vaticano per rendere più rispettabile l’immagine di Pio XII rispetto al nazismo.

Un dialogo imbarazzante
Il 15 novembre 1976 la commissione esecutiva dell’episcopato prese parte a un pranzo di cortesia con la giunta militare. Le forbici di Bergoglio tagliarono dalla minuta redatta all’epoca la parte in cui i vescovi espressero la loro adesione alla dittatura, perché “un fallimento porterebbe, con molta probabilità, al marxismo”.

A proposito del dialogo tra i rappresentanti episcopali e il dittatore Jorge Videla del 10 aprile 1978, la raccolta indica solo che i vescovi parlarono della situazione legata alle proteste dei familiari dei detenuti o delle persone scomparse. Ma non cita il testo inviato quello stesso giorno al Vaticano. In quel documento si spiega che i presenti discussero di come impedire ai familiari di continuare a importunare la chiesa.

Gli ecclesiastici suggerirono al governo di riconoscere la morte dei detenuti scomparsi, ma Videla si rifiutò, perché questo avrebbe portato a “una serie di domande sul luogo di sepoltura: in una fossa comune? In quel caso, chi li aveva messi nella fossa? Una serie di domande a cui il governo non può rispondere sinceramente per le conseguenze sulle persone”, ovvero i sequestratori e gli assassini.

L’allora presidente della conferenza episcopale, il cardinale Raúl Primatesta, accettò la posizione di Videla, perché “la chiesa vuole capire, cooperare”, e misurò ogni parola perché sapeva bene “il danno che può fare al governo” (ovvero il bene che avrebbe potuto fare alle sue vittime). Quando ho pubblicato questo documento segreto, una giudice ne ha richiesto la consegna alla conferenza episcopale presieduta da Bergoglio che solo allora, nel 2012, ha inviato una copia presa da quell’archivio la cui stessa esistenza era negata dall’episcopato.

Una pastorale di guerra
Nel 2000, per il Giubileo del terzo millennio, l’episcopato argentino chiese perdono a Dio e non alle vittime, per gli atti altrui e non per i propri (“per la partecipazione effettiva di molti dei tuoi figli allo scontro politico, alla violazione delle libertà, alla tortura e alla delazione, alla persecuzione politica e all’intransigenza ideologica, alle lotte e alle guerre, e alla morte assurda che hanno insanguinato il nostro paese”), e mise sullo stesso piano la guerriglia e il terrorismo di stato.

Per mettere alla prova questa richiesta di perdono, il Centro di studi legali e sociali (presieduto dall’autore di quest’articolo) chiese già all’epoca l’apertura degli archivi. La conferenza episcopale rispose dicendo di avere soltanto il volantino del 1982, Chiesa e diritti umani, con “estratti di alcuni documenti”. In quell’edizione tutti i paragrafi di lusinga alla dittatura, quelli che aprivano i documenti e che finirono sulle prime pagine dei giornali dell’epoca, furono censurati, mentre erano presenti quelli finali, che iniziavano con qualche “tuttavia” o “non è possibile omettere che…”. Invece sono state diffuse, come se fossero stati documenti pubblici, le lettere di critiche e di reclamo che la chiesa consegnava alla giunta militare nel massimo segreto. Così la lettera pastorale collettiva Paese e bene comune, firmata meno di due mesi dopo il colpo di stato, è stata ridotta a quattro brevi paragrafi generici, separati da righe piene di puntini di sospensione.

Questa pastorale di guerra fu elaborata durante l’assemblea plenaria dell’episcopato

È scomparsa invece la giustificazione dei procedimenti illegali diffusa il 15 maggio 1976, secondo cui gli organismi di sicurezza non potevano agire “con la purezza chimica del tempo di pace, mentre scorre il sangue ogni giorno”. Questa pastorale di guerra fu elaborata durante l’assemblea plenaria dell’episcopato, dal 10 al 15 maggio del 1976, in cui ogni vescovo informò dei sequestri, delle torture e delle persone scomparse nella propria diocesi. In mancanza di un accordo, la proposta di denunciare questi gravissimi fatti fu sottoposta al voto: diciannove vescovi si dichiararono a favore, ma altri trentotto, il doppio, si opposero. I vescovi corressero tre versioni della bozza, ognuna più compiacente di quella precedente. Nel 1982 trovarono solo alcuni paragrafi da pubblicare che non fossero vergognosi.

Il 25 maggio 2010, in occasione del Te Deum del bicentenario, quando Bergoglio era a capo dell’episcopato, uno dei suoi componenti, il vescovo di Mercedes-Luján, Agustín Radrizzani, consegnò al governo una richiesta di amnistia firmata da Videla e da un altro centinaio di detenuti per crimini contro l’umanità. Nel 2012 Videla ha ammesso i suoi crimini in diverse interviste, si è vantato del sostegno e della cooperazione della nunziatura apostolica e dell’episcopato argentino e ha detto di essere stato amico di Primatesta.

Uno dei giornalisti ha visto arrivare “un uomo dai capelli bianchi con il calice in mano”. In seguito a questo episodio, un gruppo di laici che si fanno chiamare Cristiani per il terzo millennio ha chiesto alla conferenza episcopale di mettere fine allo “scandalo” del “libero e periodico accesso all’eucarestia” dell’ex dittatore, nonostante questi avesse riconosciuto le “sue azioni criminali” senza pentirsi. Nella sua risposta, l’episcopato ha negato che “i fratelli maggiori che ci hanno preceduto” abbiano avuto “qualsiasi complicità con fatti delittuosi”.

I Cristiani per il terzo millennio avevano progettato di andare in Vaticano per insistere davanti alla Santa Sede, un proposito che è rimasto incompiuto quando Benedetto XVI ha deciso di ritirarsi e la burocrazia vaticana ha designato Jorge Bergoglio per sostituirlo. Oggi diversi Cristiani per il terzo millennio fanno parte del gruppo chiamato Laudatianos, che celebra ogni parola di papa Francesco. La chiesa cattolica vuole di più. Ora chiede applausi.

(Traduzione di Francesca Rossetti)

 

 

Fonte:

http://www.internazionale.it/opinione/horacio-verbitsky/2016/11/28/vaticano-archivio-argentina

“Così la Chiesa copre i preti pedofili. E su Bergoglio dico che…”

ESCLUSIVO/ “I preti pedofili vengono coperti dai vertici della Chiesa ma anche dalle istituzioni”. Francesco Zanardi è il portavoce di un gruppo di attivisti anti-pedofilia e lavorava con Luisa Bonello, la donna trovata morta a Savona al cui funerale Don Lupino ha attaccato la curia. In un’intervista ad Affaritaliani.it accusa: “Le vittime subiscono pratiche mafiose, dall’omertà allo screditamento. Ratzinger? Era a conoscenza di abusi ma non fece niente. Bergoglio? Vada al di là dei gesti e delle parole. Wesolowski lo hanno fatto scappare loro”. E rivela: “Troppe anomalie sulla sua morte, non credo al suicidio. Stavamo lavorando ai legami tra Chiesa e massoneria, forse ci siamo spinti troppo in là

Venerdì, 26 settembre 2014 – 11:14:00

Francesco Zanardi è il portavoce della Rete L’Abuso, un gruppo di attivisti, vittime e professionisti volontari che opera su tutto il territorio nazionale per portare alla luce i casi, spesso nascosti, di abusi sessuali nella Chiesa. Zanardi conosceva molto bene Luisa Bonello, il medico di di 53 anni ritrovata morta negli scorsi giorni a Savona. Insieme hanno denunciato molestie e stavano indagando sulle coperture di cui godono i preti pedofili. Proprio nei giorni in cui sono emersi casi clamorosi come quello dell’arcivescovo Wesoloswki, Zanardi parla in un’intervista ad Affaritaliani.it del caso di Savona (e non solo), di Luisa e di quello che Papa Francesco sta facendo (o non sta facendo) per combattere questa piaga.

Francesco Zanardi, durante il funerale di Luisa Bonello sono arrivate le dure parole di Don Lupino sulla curia di Savona e le coperture ai pedofili. Lei, da portavoce della Rete L’Abuso, da tempo si occupa di questo argomento. Che cosa succede a Savona?

A Savona abbiamo documentato parecchi casi di abusi sessuali che vedono coinvolti preti. Preti che vengono coperti dall’alto. Ma, come abbiamo raccontato nel docu-film “Parole, opere e omissioni”, quello che è successo a Savona succede un po’ in tutta Italia. Purtroppo chi si oppone a certe cose, anche dall’interno della Chiesa, finisce per essere emarginato e diventa vittima come la vittima stessa degli abusi.

Anche Don Lupino rischia di venire emarginato?

Don Lupino è già abbastanza emarginato dalla diocesi. Non è stato spretato solo perché più di tanto non si osa.

Ma chi ha coperto i preti pedofili?

La copertura arriva dai vertici ed è garantita non solo dalla curia ma anche dalle istituzioni. Per esempio, sul caso di don Giraudo abbiamo depositato un esposto 15 giorni fa perché siamo venuti a conoscenza di altre responsabilità. I suoi abusi sono stati coperti non solo da uomini della Chiesa ma anche da altre persone che hanno cariche istituzionali che lo hanno messo nella situazione di compiere abusi pur sapendo della sua predisposizione… Persino Ratzinger, quando era ancora prefetto della Dottrina della fede prima di diventare Papa, fu avvisato del caso ma non fece nulla. Al funerale di Luisa, tra l’altro, le istituzioni neppure c’erano, nonostante suo marito sia un consigliere comunale.

E’ più difficile punire un prete pedofilo rispetto a un pedofilo, per così dire, comune?

Certamente sì, perché ci sono altri poteri sotto. La pedofilia è come andare a pescare in una palude: tiri su il pesciolino che è il pedofilo ma insieme a lui tiri su anche tanta altra melma perché si vanno a toccare anche altri poteri.

In questi giorni abbiamo assistito ai casi di Wesolowski e dell’altro vescovo rimosso in Paraguay per aver coperto abusi sessuali. Le sembra che con Papa Francesco la Chiesa stia agendo finalmente agendo per combattere la pedofilia?

Sono molto critico verso Bergoglio. Certo, se guardiamo alle parole e al gesto possiamo dire che in tutti questi anni la Chiesa non aveva mai fatto qualcosa del genere, ma non possiamo fermarci alle parole. Guardando ai fatti, mettere Wesolowski ai domiciliari in Vaticano non mi sembra una gran punizione, avrebbe dovuto farlo rimpatriare nel Paese in cui è stato condannato, tenendo conto anche era stato il Vaticano a farlo scappare all’inizio dello scandalo, negando l’estradizione.

Crede che nemmeno con Bergoglio la Chiesa abbia la volontà di affrontare la questione?

Negli scorsi giorni è stato rimosso un vescovo in Paraguay per aver coperto un caso di pedofilia. Benissimo, ma non è che bisogna andare così lontano per fare qualcosa. Qui in Italia di casi del genere ce ne sono tantissimi, noti e meno noti. A Savona la curia ha coperto e tenuto nascosto un prete pedofilo ricercato dalla polizia irlandese. A Napoli e Crotone ci sono preti accusati di pedofilia scomparsi e nascosti non si sa dove. Sono tutti casi attualissimi, se si volesse intervenire sul serio lo si potrebbe fare partendo da qui.

Quanto è difficile per una vittima di abusi da parte di un prete pedofilo riuscire a parlarne?

Difficilissimo. Tra le tantissime vittime che abbiamo conosciuto solo 3 o 4 si vogliono esporre pubblicamente, tutte le altre non ne hanno il coraggio. Quando si è vittime di una cosa del genere si finisce per essere ghettizzati, soprattutto nelle realtà più piccole. Vengono messe in atto pratiche che sembrano quelle mafiose, dall’omertà allo screditamento.

Lei conosceva Luisa. Anche lei collaborava per portare alla luce abusi sessuali nella Chiesa?

Era dal 2010 che collaborava con noi, ma sempre in maniera riservata perché frequentava la Chiesa e dunque non poteva scoprirsi troppo.

La Procura ha aperto un fascicolo contro ignoti per istigazione al suicidio. Lei pensa che possa essere stata indotta da qualcuno a togliersi la vita?

Io non credo all’istigazione al suicidio. Luisa si sarebbe sparata con una calibro 9 x 21, una pistola che fa un botto assurdo. Peccato nel palazzo nessuno ha sentito lo sparo, ed era l’una meno 10 di notte. L’unico elemento che porta a pensare al suicidio è un cane che ha abbaiato e che si ipotizza abbia sentito lo sparo, insieme a un sms di Luisa con una lettera autografa al marito. Ma lei il marito lo chiamava sempre con un nomignolo mentre lì c’era scritto “perdonami Maurizio”, e non è l’unica anomalia di questa storia. Non è facile spararsi in bocca con una calibro 9. Gliel’hanno trovata sul petto ma una pistola del genere vola via, ha un rinculo fortissimo. Ora, non dico che il problema diretto sia la pedofilia, ma magari quella melma che tiri su col pesciolino… In Liguria c’è tanto potere del Vaticano. Stavamo lavorando sui legami tra Chiesa e massoneria, forse ci siamo spinti troppo in là.

 

 

Fonte:

http://www.affaritaliani.it/cronache/zanardi-savona-curia260914.html

Leggi anche i seguenti articoli:

http://italian.ruvr.ru/news/2014_09_23/Prete-russo-sospettato-di-pedofilia-arrestato-in-Israele-5831/

http://retelabuso.org/blog/32201 (Pedofilia, Papa Francesco rimuove vescovo Paraguay: “Avrebbe coperto abusi”. E il cardinale Domenico Calcagno, quando lo rimuove ?)

http://www.unavoceperledonne.it/2014/09/26/finta-rivoluzione-ecclesiale-papa-bergoglio-trasferisce-vescovo-accusato-di-abusi-sessuali/

http://www.repubblica.it/esteri/2014/09/27/news/kubicki_io_vittima_di_abusi_ora_chiedo_giustizia_il_cardinale_nycz_sapeva_e_ha_taciuto-96781229/

http://www.corriere.it/cronache/14_settembre_27/missioni-all-estero-vescovo-organizzare-festini-minori-05beefc4-4610-11e4-a490-06a66b2e25ed.shtml

http://retelabuso.org/blog/32266 ( Pedofilia a Savona, le dichiarazioni dei “SUA INSAPUTA”. Dai Vescovi al Papa)

 

 

ABUSI SESSUALI, STERILIZZAZIONI DI MASSA E DECINE DI MIGLIAIA DI BAMBINI MORTI NELLE SCUOLE CATTOLICHE RESIDENZIALI DEL CANADA DAL 1922 AL 1984 CON LA COMPLICITA’ DELLE ALTRE CHIESE

Dal blog di Daniele Barbieri:
6 aprile 2010 

 

Con l’autorizzazione dell’autore, pubblico questa inchiesta di Marco Cinque uscita sul quotidiano «il manifesto» del 4 aprile 2010.  

 

 
Sono ormai diversi anni che Kevin Annet denuncia gli abusi e le stragi dei nativi canadesi nelle cosiddette “scuole residenziali” cattoliche. Prima col libro The Canadian Holocaust, poi col film documentario Unrepentant, diretto da Louie Lawless, Annet sta cercando di scuotere l’opinione pubblica internazionale sulle sistematiche violenze fisiche, gli abusi sessuali, gli elettroshock, le sterilizzazioni di massa e gli omicidi perpetrati ai danni delle popolazioni native nella seconda metà del XX secolo. «È necessario che il mondo sappia quello che è successo», recitava una donna nativa in lacrime all’inizio di Unrepentant, ma bisogna vedere se il mondo a cui viene rivolto questo drammatico appello abbia davvero voglia di sapere.

 

 

Sia il governo canadese che il capo della Chiesa cattolica hanno ammesso i crimini commessi nelle scuole residenziali. Infatti, l’11 giugno 2008 il presidente del Consiglio dei ministri, Stephen Harper, ha chiesto ufficialmente scusa per il genocidio e per gli abusi inflitti agli aborigeni. Dal canto suo papa Ratzinger, durante un’udienza con  Phil  Fontaine, leader discusso e non riconosciuto dalle First Nation, ha espresso «il proprio dolore per l’angoscia causata dalla deplorevole condotta di alcuni membri della Chiesa», che ha causato sofferenza «ad alcuni bimbi indigeni, nell’ambito del sistema scolastico residenziale canadese».  Queste scuse però, oltre a sminuire il senso delle proporzioni, somigliano a una sorta di confessione che in un sol colpo pretenderebbe di cancellare le responsabilità dei peccatori e di redimerne automaticamente  i peccati.  Se crimini sono stati commessi e ammessi, si presume che debbano esistere anche i criminali che li hanno compiuti e risulta strano che gli stessi non vengano né identificati né perseguiti a norma di legge.
Ammontano almeno a 50mila i bambini morti nelle scuole residenziali cattoliche, senza contare tutti coloro che resteranno segnati per sempre, fisicamente e psicologicamente, dalle torture e dalle violenze subite. Ma la situazione attuale nelle riserve indiane canadesi continua a essere tragica e i nativi  sono  ancora vittime di deprivazioni, violenze razziste, discriminazioni e misteriose sparizioni.  Negli ultimi 20 anni, circa 500 donne native americane sono svanite nel nulla in tutto il Canada.  Annet ha denunciato la scomparsa di molte ospiti aborigene del centro di Vancouver Eastside e il coinvolgimento di agenti della Royal Canadian Mounted Police (RCMP), della Chiesa e dello stesso governo. Tale coinvolgimento, supportato da prove documentali e da dichiarazioni di testimoni oculari, farebbe capo a una rete di pedofili e a un traffico di film porno e pedopornografia. Più volte Annet, attraverso il suo programma radiofonico Hidden from History, trasmesso dalla Vancouver Co-op Radio, ha rivelato l’esistenza di luoghi di sepoltura di massa per occultare i resti delle donne assassinate nell’area intorno a Vancouver.  Un esame necroscopico sui resti di ossa riesumate, rinvenute nella riserva degli Indiani Musqueam, vicino all’Università della British Columbia nel 2004, ha rivelato infatti che queste appartengono a giovani donne mischiate a ossa di maiale.L’11 ottobre 2009, Annet si è recato a Roma per consegnare le richieste dei parenti delle vittime native ai vertici vaticani. A tutt’oggi, nessuna risposta è arrivata dalla Santa Sede.  Annet ha ufficialmente richiesto che il 15 aprile venga celebrato come giorno della memoria per l’olocausto dei nativi in Canada. L’autore di Unrepentant sarà di nuovo a Roma per presentare il suo documentario presso la Camera dei deputati, martedì 7 aprile, alle ore 14,30. Lo accompagneranno anche due anziani che hanno frequentato le Boarding School, in rappresentanza delle vittime native.

 

In attesa della sua visita gli abbiamo rivolto alcune domande:

 

Signor Annet, dall’inizio della sua denuncia pubblica, che sviluppi ci sono stati e quali le reazioni del governo canadese e del Vaticano?

 

La mia campagna è cominciata nel 1996, ma solo dal 2008 la Chiesa e il Governo canadese hanno cominciato a rispondere all’evidenza delle morti avvenute nelle scuole residenziali. I cattolici e le altre Chiese ancora si rifiutano di restituire i resti dei bambini che morirono sotto la loro responsabilità o di indicare i nomi dei responsabili. Le Chiese si nascondono dietro i loro avvocati e alle cosiddette “scuse” fatte dal Governo a nome di tutti. Nessuno è stato ancora processato o arrestato per quelle morti, anche se noi abbiamo dimostrato che più di 50.000 bambini indiani morirono lì.

 

Che risalto è stato dato a questa tragedia dai media canadesi, internazionali e anche italiani?

 

I media hanno generalmente ignorato questa storia, specialmente in Canada, dove questi crimini e le prove di questo genocidio sono deliberatamente censurati. In altri Paesi, i media ancora non si stanno occupando di questa storia, forse perchè il Canada dal punto di vista dei diritti umani ha la reputazione di Paese attento ed evoluto, cosa che non è. Ho inviato prove documentate e testimonianze dei crimini accaduti ai media per più di 10 anni, ma raramente le hanno pubblicate  e tantomeno trasmesse su radio o televisioni.

 

Ha mai ricevuto intimidazioni o minacce?

 

Ricevo regolarmente minacce di morte e di attentati. Ho perso il mio lavoro come pastore, la mia famiglia, il sostentamento. Sono stato aggredito fisicamente, picchiato, minacciato di azioni legali, sottoposto a campagne diffamatorie, censurato e molestato ad ogni livello.

 

In Europa e in Italia c’è una visione edulcorata, turistica e un po’ new-age dei nativi canadesi. Qual è la situazione reale nelle riserve e fra le comunità native?

 

Lavoro con diversi aborigeni a Vancouver e altre città canadesi, e nelle riserve indiane di tutto l’ovest canadese. La situazione è da terzo mondo: continue morti per malattia, malnutrizione, violenza, suicidi, e gli effetti delle scuole residenziali. C’è gente che muore e scompare tutti i mesi. È un piano per sterminare più indiani possibile e costringerli fuori dalle loro terre per arricchire le multinazionali.

 

In un documento, dodici anziani del Consiglio, in rappresentanza delle nazioni Cree, Haida, Metis, Squamish e Anishinabe hanno fatto una serie di richieste a papa Ratzinger e ai vertici vaticani, fra cui quella di presentarsi davanti al Tribunale internazionale sui crimini di guerra e sul genocidio in Canada. Che ne pensa?

 

Io sostengo le richieste di questi capi tribali al papa e credo che Joseph Ratzinger debba presentarsi davanti al Tribunale per i crimini di guerra per rispondere alle accuse di genocidio rivolte alla sua Chiesa. Il papa è direttamente implicato nella copertura dei crimini contro quei bambini, sin da quando scrisse la lettera al vescovo del Nordamerica ordinando di celare le aggressioni sessuali da parte di preti sui fedeli delle loro diocesi. Questo insabbiamento è lo stesso motivo per cui il mondo ancora conosce poco gli omicidi, le torture e le sterilizzazioni perpetrate per decenni nelle scuole residenziali indiane cattoliche in Canada.

 

IL CASO CANADESE

 

Dal Consiglio delle tribù sette domande al Vaticano

 

Le richieste rivolte a papa Ratzingher e ai vertici vaticani da dodici anziani del Consiglio che rappresentano le nazioni Cree, Squamish, Haida e Metis.

 

1. Identificare il posto dove sono sepolti i bambini morti in queste scuole cattoliche e ordinare che i loro resti vengano restituiti ai familiari per una degna sepoltura.

 

2. Identificare e consegnare le persone responsabili per queste morti.

 

3. Divulgare tutte le prove riguardanti questi decessi e i crimini commessi nelle scuole residenziali, consentendo il pubblico accesso agli archivi del Vaticano e altri registri delle altre Chiese coinvolte.

 

4. Revocare le bolle pontificie “Romanus Pontifex” (1455) e “Inter Catera” (1493), e tutte le altre leggi che sanzionarono la conquista e la distruzione dei popoli indigeni non-cristiani nel Nuovo Mondo.

 

5. Revocare la politica del Vaticano, in parte formulata dall’attuale papa, che richiede che vescovi e preti tengano segrete le prove degli abusi subiti da bambini indigeni nelle loro chiese invitando le vittime al silenzio.

 

6. Venire in Canada di persona per visitare i quartieri più poveri, dove abitano i sopravvissuti delle scuole residenziali e chiedere perdono a queste persone per il genocidio e per la politica messa in atto dalla sua Chiesa nei loro confronti, e giurare pubblicamente che tali azioni e politiche non si ripeteranno mai più.

 

7. Presentarsi davanti al Tribunale internazionale sui crimini di guerra e sul genocidio in Canada per rispondere alle accuse che lui e la sua Chiesa siano responsabili per la distruzione e la morte di milioni di Nativi Americani.

 

Il menù delle torture
Dai capelli strappati alle bastonate, dall’isolamento all’acqua ghiacciata

 

Decine e decine di sopravvissuti provenienti da dieci diverse scuole residenziali della British Columbia e dell’Ontario hanno descritto sotto giuramento le seguenti torture, inflitte fra il 1922 e il 1984, a loro stessi e ad altri bambini, alcuni di soli cinque anni di età:

 

Stringere fili e lenze da pesca attorno al pene dei bambini;
Inserire aghi nelle loro mani, guance, lingue, orecchie e pene;
Tenerli sospesi sopra tombe aperte minacciando di seppellirli vivi;
Costringerli a mangiare cibo pieno di vermi o rigurgitato;
Dire loro che i genitori erano morti o che stavano per essere uccisi;
Denudarli di fronte alla scolaresca riunita e umiliarli verbalmente e sessualmente;
Costringerli a stare eretti per oltre 12 ore di seguito sino a quando non crollavano;
Immergerli nell’acqua ghiacciata;
Costringerli a dormire all’aperto durante l’inverno;
Strappare loro i capelli dalla testa;
Sbattere ripetutamente le loro teste contro superfici in muratura o in legno;
Colpirli quotidianamente senza preavviso tramite fruste, bastoni, finimenti da cavallo, cinghie metalliche, stecche da biliardo e tubi di ferro;
Estrarre loro i denti senza analgesici;
Rinchiuderli per giorni in stanzini non ventilati senza acqua né cibo;
Somministrare loro regolarmente scosse elettriche alla testa, ai genitali e agli arti.

 

LE TESTIMONIANZE

 

«Quando avevo sei anni, proprio davanti ai miei occhi vidi una suora ammazzare una bambina. Era suor Pierre, ma il suo vero nome era Ethel Lynn. La bambina che uccise si chiamava Elaine Dik e aveva cinque anni. La suora la colpì con violenza dietro il collo e io udii quell’orribile schiocco. Morì proprio dinanzi a noi. Poi la suora ci disse di scavalcarne il corpo e andare in classe. Era il 1966». Steven H., St Paul’s Catholic day School, North Vancouver

 

«Nè io né nessuno dei miei fratelli potè avere figli dopo che fummo sottoposti ai raggi x nella scuola residenziale Carcross Angelican School, nello Yukon. Presero ognuno di noi e ci misero sotto la macchina a raggi x per 10-20 minuti. Proprio sulla zona pelvica. Avevo 10 anni. Io e i miei fratelli non avemmo mai figli». Steve John, Denè Nation, 7 giugno 2005

 

«Il primo a subire l’operazione fu il maggiore dei miei figli, quando aveva quattro anni. Era il 1975. Lo portarono via mentre io non ero in casa. Nel luglio del 1981 sterilizzarono il mio figlio più giovane, aveva nove anni. Lo portarono al Victoria General Hospital e lo tennero là per giorni. Nessuno dei due ragazzi può avere figli. Ci fecero questo perchè siamo discendenti dei capi originali, eredi di questi territori. Il governo sta ancora cercando di farci fuori». (Nomi non mostrati su richiesta) Vancouver Island, 18 maggio 2005

 

«Il dott. James Goodbrand sterilizzò molte delle nostre donne. Ho sentito personalmente Goodbrand dire che il governo lo pagava 300 dollari per ogni donna che sterilizzava». Sarah Modeste, Cowichan Nation, Vancouver Island, 12 agosto 2000

 

«Mia sorella Maggie fu scaraventata da una suora dalla finestra del terzo piano della scuola di Kuper Island, e morì. Tutto venne insabbiato, né venne svolta alcuna indagine. All’epoca, essendo indiani, non potevamo assumere un avvocato e così non venne mai fatto alcunché». Bill Steward, Duncan, BC, 13 agosto 1998

 

«Mio fratello morì a causa di una scossa elettrica data da un ago da bestiame. Aveva quattro anni, i pastori lo trascinarono e lo ferirono, gli tagliarono la pelle sotto la fronte con una frusta. Come la frusta dei cavalli. Era tagliente e aveva sopra delle lame. Io ero lì, lo sentivo gridare aiuto. Subito dopo c’era un mare di sangue sul pavimento, ma non lo portarono all’ospedale, in infermeria o altrove, e quello accadde allora, quando ero lì. Lo sento ancora che grida aiuto: “Rick, aiuto, mi stanno torturando! Sto morendo!”. E poi morì. Era il mio unico.. Il mio unico… Il mio miglior amico e il mio unico fratello che ho sempre amato». Rick La Vallee, Portage La Praire Residential School (Catholic Curch).

 

«Avevo soltanto otto anni, e ci avevano mandato dalla scuola residenziale anglicana di Alert Bay al Nanaimo Indian Hospital, quello gestito dalla Chiesa Unitaria. Lì mi hanno tenuto in isolamento in una piccola stanza per più di tre anni, come se fossi un topo da laboratorio, somministrandomi pillole e facendomi iniezioni che mi facevano star male. Due miei cugini fecero un gran chiasso, urlando e ribellandosi ogni volta. Così le infermiere fecero loro delle iniezioni, ed entrambi morirono subito. Lo fecero per farli stare zitti». Jasper Jospeh Port Hardy, British Columbia 10 novembre 2000

 

«Una sorta di accordo sulla parola fu in vigore per molti anni: le chiese ci fornivano i bambini dalle scuole residenziali e noi incaricavamo l’RCMP di consegnarli a chiunque avesse bisogno di un’infornata di soggetti da esperimento: in genere medici, a volte elementi del Dipartimento della Difesa. I cattolici lo fecero ad alto livello nel Quebec, quando trasferirono in larga scala ragazzi dagli orfanotrofi ai manicomi. Lo scopo era il medesimo: sperimentazione. A quei tempi i settori militari e dell’Intelligence davano molte sovvenzioni: tutto quello che si doveva fare era fornire i soggetti. I funzionari ecclesiastici erano più che contenti di soddisfare quelle richieste. Non erano solo i presidi delle scuole residenziali a prendere tangenti da questo traffico: tutti ne approfittavano, e questo è il motivo per cui la cosa è andata avanti così a lungo; essa coinvolge proprio un sacco di alti papaveri». (Dai fascicoli riservati del tribunale dell’IHRAAM, contenenti le dichiarazioni di fonti confidenziali, 12-14 giugno 1998)

Fonte:

http://danielebarbieri.wordpress.com/2010/04/06/marco-cinque-genocidio-canadese/

La responsabilità della Chiesa cattolica nel genocidio dei Nativi Americani è certa!

 

 

A questa pagina del sito http://www.nativiamericani.it/ 
è possibile vedere il documentario Unrepentant con i sottotitoli in italiano:

http://www.nativiamericani.it/?p=561