UN NUOVA FREEDOM FLOTILLA PACIFICA VERSO GAZA

Posted on 28 luglio 2014 by

comunicato stampa
La Coalizione della Freedom Flotilla
Condanna l’attacco israeliano a Gaza, il blocco in atto e la complicità internazionale.

Pianifichiamo l’invio di una nuova Freedom Flotilla per sfidare il blocco

La Coalizione Internazionale della Freedom Flotilla (composta da campagne Inglesi, Francesi, Svedesi, Norvegesi, Spagnole, Italiane, Greche, Turche, Statunitensi, Canadesi e Australiane) condanna l’attacco militare israeliano contro i civili di Gaza, denuncia l’insuccesso della comunità internazionale nel fermare l’attacco, e rinnova l’opposizione al blocco economico imposto da Israele ai Palestinesi di Gaza e la collaborazione di altri governi.

Notiamo che la richiesta di rimuovere il blocco è un punto centrale dei colloqui in corso per fermare la violenza, e che i governi che rifiutano il blocco dovrebbero utilizzare la propria influenza ora per far sì che un accordo che pone fine alla violenza, ponga fine anche al blocco dannoso.

Contestualmente annunciamo che stiamo progettando una nuova Flotilla nel prossimo futuro, per sfidare l’assedio di Gaza, con partecipanti da tutto il mondo. Annunciamo la nostra intenzione di ripartire da Gaza trasportando prodotti palestinesi da esportazione, continuando così il lavoro dell’Arca di Gaza.

Siamo civili pacifici, che agiscono in solidarietà con il popolo palestinese, indipendenti da qualsiasi governo. Contrariamente a quanto espresso di recente da alcuni media, non abbiamo chiesto scorta militare, non abbiamo alcuna intenzione di farlo, e partiremo, come sempre, senza alcuna scorta militare.

La  Mavi Marmara,  la nave madre della Freedom Flotilla del 2010, che ha pagato il prezzo dell’assalto della marina militare israeliana che uccise  nove cittadini turchi e uno statunitense, sarà presto pronta ad unirsi alla Flotilla che trasporterà centinaia di attivisti pacifici da tutto il mondo.

Maggiori informazioni sui nostri piani saranno disponibili in poche settimane. Chiediamo ai sostenitori in tutto il mondo di stare allerta per gli  aggiornamenti e di prepararsi  a prender parte alla nostra campagna per far cadere il blocco israeliano di Gaza.

Freedom Flotilla Coalition:
European Campaign to end the Siege on Gaza
International Committee for Breaking the Siege on Gaza (ICBSG)
Freedom Flotilla Italia
Gaza’s Ark
IHH
Rumbo a Gaza
Ship to Gaza Greece
Ship to Gaza Norway
Ship to Gaza Sweden

Per maggiori informazioni:
Zohar Chamberlain Regev (Rumbo a Gaza/Spain)  +34 (647) 077-426   [email protected]
Dror Feiler (StG-Sweden)  +46 (70) 285-5777  [email protected]
İzzet Shahin (IHH/Turkey)  +90 (530) 341 2134  [email protected]
Ehab Lotayef (Gaza’s Ark/Canada)  +1 (514) 941-9792  [email protected]

 

 

Fonte:

http://www.freedomflotilla.it/2014/07/28/6203/

 

151 LE VITTIME PALESTINESI MENTRE LA SITUAZIONE SANITARIA DI GAZA E’ SEMPRE PIU’ CRITICA

 

12 lug 2014

by Redazione

Dopo il lancio di razzi su Tel Aviv, annunciato e celebrato da Hamas, scatta la rappresaglia di Tel Aviv contro una moschea di Gaza city

Palestinians gather around a house which police said was destroyed in Israeli air strikes in Khan Younis in the southern Gaza Strip, 8 July. Eight persons, including six children, were killed. (Ramadan El-Agha / APA images)

Palestinians gather around a house which police said was destroyed in Israeli air strikes in Khan Younis in the southern Gaza Strip, 8 July. Eight persons, including six children, were killed. (Ramadan El-Agha / APA images)

 

Giorno 4 – venerdì 11 luglio

Giorno 3 – giovedì 1o luglio

Giorno 2 – mercoledì 9 luglio

Giorno 1 – martedì 8 luglio

 

AGGIORNAMENTO ORE 23 – 151 MORTI, ESPLODE LA VIOLENZA A GERUSALEMME. CONFERMATO L’AVVISO DI EVACUAZIONE PER IL NORD DELLA STRISCIA DI GAZA. IDF: “NOI PAESE DISCIPLINATO, MISURA ALTAMENTE MORALE”

Il numero delle vittime palestinesi è salito a 151, dopo il raid che a Gaza City ha causato la morte di 16 persone – tra cui donne e bambini – in una moschea e in un’abitazione privata. Ci sarebbero anche alcune persone intrappolate sotto le macerie. Due razzi in provenienza dal Libano sono caduti nella Galilea occidentale e Israele ha aperto il fuoco oltreconfine. Esplode la violenza a Gerusalemme, con scontri tra esercito israeliano e dimostranti palestinesi a Issawiya, at-Tur e Qalandiya.

Le autorità militari israeliane hanno confermato che presto verrà diffuso l’avviso di evacuazione per i residenti del nord della Striscia di Gaza: secondo un alto ufficiale israeliano intervistato da Haaretz sarebbe proprio da lì che viene sparata la maggior parte dei razzi diretti in Israele. Secondo l’ufficiale, la popolazione verrà avvertita via media, telefono e volantini e una volta ripulita la zona dai civili, l’esercito rimuoverà alcune delle restrizioni alle varie unità, intensificando gli attacchi aerei. ”Questa – ha dichiarato l’ufficiale – è una misura altamente morale… L’evacuazione consente una maggiore libertà di azione nella zona. Noi, da paese disciplinato, emetteremo segnalazioni prima di colpire coloro che vogliono uccidere i nostri cittadini”.

AGGIORNAMENTO ORE 22.00

 Un nuovo raid aereo israeliano ha causato stasera a Gaza City almeno altri 15 morti, portando il totale delle persone uccise oggi nella Striscia a 45 (circa 150 da lunedì), secondo le stime dei servizi di soccorso medico locali palestinesi. L’attacco ha colpito un edificio e una moschea.

 

AGGIORNAMENTO ORE 20.30 – 135 VITTIME, 950 FERITI A GAZA. DUE RAZZI INTERCETTATI SU TEL AVIV, HAMAS: “ASPETTIAMO UN’OFFERTA PER UN CESSATE IL FUOCO”

Il bilancio delle vittime palestinesi a cinque giorni dall’inizio dell’operazione “Bordo protettivo” contro Gaza è di 135 morti: lo riferisce al-Jazeera. Gli ultimi raid dell’aviazione israeliana hanno avuto come obiettivi 4 militanti di Hamas e della Jihad Islamica che, secondo quanto riporta Haaretz, “stavano lanciando razzi contro Israele” e la casa di un dirigente di Hamas dove, sempre secondo Haaretz, erano nascosti dei lanciarazzi. Anche la casa di un miliziano della Jihad Islamica, Radwan Tapash, è stata colpita.

Continua intanto il lancio di razzi verso Israele. Haaretz riporta che due missili sono stati appena intercettati nei cieli di Tel Aviv. Sami Abu-Zuhri, portavoce di Hamas, ha dichiarato che il gruppo deve ancora ricevere una “offerta concreta” per quanto riguarda un cessate il fuoco. ”Non stiamo elemosinando una tregua.  Se dovessimo ricevere una proposta seria – ha aggiunto – la studieremo e daremo una risposta. Ma nel frattempo, le forze della resistenza continueranno a combattere l’occupazione”.

Secondo la tv israeliana Canale 10, Israele ordinerà stanotte a parte degli abitanti ‪di ‎Gaza‬ di lasciare le proprie case perché quelle aree saranno zona di combattimento.

AGGIORNAMENTO ORE 18:30 LA TV AL-MAYADEN: “IL BILANCIO DELLE VITTIME PALESTINESI SALE A 133″

 Secondo quanto riferisce la tv al-Mayadeen le vittime palestinesi sarebbero salite a 133. 950 i feriti.

Intanto a Ramallah si è riunita la dirigenza del Comitato politico dell’OLP. Tra i temi discussi la richiesta di protezione internazionale. A Londra il Ministro degli Esteri britannico,William Hague, ha dichiarato che Inghilterra, Stati Uniti, Francia e Germania si incontreranno domani per discutere della possibilità di un cessate il fuoco a Gaza.

Secondo quanto riferito dai media israeliani le sirene sono risuonate ad Ashkelon ed Ashdod. Un missile avrebbe, invece, provocato due feriti a Rishon LeTzion. Due esplosioni si sono udite a Gerusalemme mentre quattro razzi sono caduti  in Cisgiordania nella zona di Hebron e Betlemme.

L’Aviazione israeliana ha annunciato di non riuscire a portare a termine la missione da sola. A dirlo è il canale 10 israeliano.

AGGIORNAMENTO ORE 16:40 ABU ZUHRI (HAMAS): “NESSUNA TREGUA SE L’AGGRESSIONE CONTINUA”

La tv al-Mayadeen riporta le parole pronunciate poco fa dal portavoce di Hamas, Abu Zuhri: “non c’è possibilità di una tregua se l’aggressione israeliana continua. Chi parla di calma è solo la stampa israeliana, ma non è la nostra posizione. L’attacco israeliano ha superato tutte le linee rosse. A Gaza sta avvenendo una guerra di sterminio”. Abu Zuhri ha poi aperto alle altre forze palestinesi: “siamo d’accordo con la proposta della Jihad islamica di convocare un incontro palestinese allargato”. E sull’ANP ha detto: “l’autorità palestinese deve assumersi le responsabilità e sentirsi ingannata dalla posizione araba”. Ha poi minacciato Tel Aviv: “non siamo né deboli né in crisi. Anzi, nei prossimi giorni dimostreremo che ad esserlo è l’Occupazione [Israele,ndr]”.

Tra i sei morti palestinesi  nel raid a Sheykh Radwan a Gaza, ci sono anche 2 nipoti dell’ex Premier di Hamas, Ismail Haniyeh. 20 sono stati i feriti. Sirene sono suonate nuovamente a Ashkelon e Hof Hashkelon

AGGIORNAMENTO ORE 15:10 127 PALESTINESI UCCISI. 940 I FERITI

Un raid militare israeliano nel quartiere di Shaykh Radwan a Gaza ha provocato la morte di 6 persone. Il bilancio dei palestinesi uccisi da stamattina sale a 21 vittime. Il Ministero della Salute a Gaza ha detto che i morti totali sono 127. 940 sono i feriti.

Continua il lancio di razzi su Israele. Due missili sono esplosi vicino a Eshkol. Altri tre sono caduti a Sha’ar HaNeghev. In entrambi i casi non si registrano danni. 3 feriti israeliani si registrano a Netivot in seguito alla caduta di un missile su una casa. A riferirlo sono i media israeliani.

Le Brigate al-Qassam dichiarano di aver colpito l’aeroporto di Tel Aviv “Ben Gurion”. Notizia però che non trova conferma da parte israeliana.

L’esercito di Tel Aviv ha detto che finora sono stati sparati dalla Striscia di Gaza 36 razzi dei quali due sono stati intercettati dall’Iron Dome. 19 sono invece esplosi nella zona di Eshkol.

AGGIORNAMENTO ore 14.45 – RIAPERTO IL VALICO DI RAFAH

Stamattina il valico di Rafah è stato riaperto dalle autorità egiziane per permettere l’evacuazione di feriti gravi, gazawi con cittadinanza egiziana e internazionali. Dall’Egitto sono arrivati anche aiuti umanitari alla Striscia. Il valico era stato aperto giovedì (erano passate solo 11 persone) e poi di nuovo chiuso venerdì.

AGGIORNAMENTO ore 14.15 –  CINQUE MORTI PALESTINESI IN UN ATTACCO ISRAELIANO A GAZA CITY

AGGIORNAMENTO ore 13 – AL ARABIYA: “MORTI DUE SOLDATI ISRAELIANI, DOPO INGRESSO A GAZA”

Secondo alcuni media arabi, tra cui al Arabiya, ieri notte truppe speciali israeliane sono entrate via terra a nord della Striscia e avrebbero ingaggiato un conflitto a fuoco con miliziani palestinesi. Sia le Brigate Al Qassam (Hamas) che le Brigate Al Quda (Jihad Islamica) hanno rivendicato l’azione in cui sarebbero morti due soldati israeliani.

AGGIORNAMENTO ore 12.15 – ISRAELE: “COLPITA UNA MOSCHEA PERCHE’ CONTENEVA ARMI”

Il portavoce dell’esercito israeliano ha detto che l’aviazione ha colpito ieri notte una moschea al centro di Gaza perché probabilmente conteneva armi. In cinque giorni di operazione militare Israele ha compiuto oltre 1.160 bombardamenti aerei e ha ucciso oltre 120 persone, di cui moltissimi bambini.

AGGIORNAMENTO ore 12 – MINISTRO DELLA DIFESA: “L’OPERAZIONE PROSEGUIRA’ A LUNGO”. LUNEDì AL CAIRO SI INCONTRANO I PAESI ARABI

Il ministro della Difesa israeliano Moshe Ya’alon ha incontrato oggi i funzionari di esercito, Shin Bet e Ministero per organizzare i prossimi giorni di offensiva: “Ci stiamo preparando  per molti altri giorni di combattimento e proseguiremo nel promuovere i nostri obiettivi: colpire Hamas e altre organizzazioni terroristiche per riportare pace e sicurezza ai cittadini di Israele”.

Lunedì i ministri degli Esteri dei paesi arabi si incontreranno al Cairo per discutere dell’escalation di violenza tra Hamas e Israele. A chiedere il meeting è stato il Kuwait, attuale presidente della Lega Araba.
AGGIORNAMENTO ore 11.30 – LE NAZIONI UNITE DIVISE SULLA CRISI DI GAZA

Prosegue in Consiglio di Sicurezza la discussione sulla bozza di risoluzione sull’attacco israeliano contro Gaza. La delegazione palestinese, insieme ad alcuni paesi sostenitori, sta cercando di far passare la condanna contro tutte le violenze sui civili e la richiesta di un cessate il fuoco immediato e duraturo. L’iniziale bozza prodotta dal Consiglio parlava di “grande preoccupazione” per l’escalation di violenza, ma i 15 membri sono estremamente divisi sulla possibilità di condanna delle azioni israeliane. Una simile risoluzione sarebbe sicuramente bloccata dagli Stati Uniti.

La proposta presentata dalla Palestina chiama entrambe le parti a rispettare gli obblighi previsti dalla Convenzione di Ginevra e la protezione di civili in tempo di guerra e insiste nella soluzione a due Stati. Si chiede il ritorno all’accordo di tregua del 2012, alla fine del lancio di missili e dell’operazione israeliana.

 

AGGIORNAMENTO ore 11 – YNET NEWS: “QATAR E EGITTO STANNO MEDIANDO LA TREGUA”

Secondo il sito israeliano Ynet News, Qatar e Egitto starebbero lavorando ad una bozza di accordo di tregua tra Israele e Hamas. Tra i punti, che sarebbero già stati presentati alle due parti, c’è la liberazione dei 56 prigionieri rilasciati con l’accordo Shalit e poi riarrestati dall’esercito israeliano.

AGGIORNAMENTO ore 10.30 – SCONTRI A GERUSALEMME E IN TUTTA LA CISGIORDANIA

È stata una notte di scontri quella appena trascorsa in tutta la Cisgiordania, tra soldati israeliani e manifestanti palestinesi. Ieri notte a Qalandiya, una molotov ha incendiato la torretta militare, i soldati hanno risposto con proiettili veri, ma non hanno provocato feriti.

A Ramallah, stamattina giovani palestinesi hanno bloccato la strada che conduce alla base militare israeliana vicino al villaggio di Sinjel. Le truppe hanno risposto con gas lacrimogeni, proiettili di gomma e granate stordenti. A Nord di Ramallah è stata attaccato il posto di blocco israeliano a Tal al-Asour con molotov e fuochi di artificio. I soldati si sono rifugiati nel bunker e hanno attaccato i manifestanti con proiettili di gomma.

A Betlemme, un palestinese è stato colpito da un proiettile vero durante scontri nei pressi del campo di Aida. Nel campo profughi di Al Arroub, tra Betlemme e Hebron, quattro giovani palestinesi sono stati feriti negli scontri di ieri notte da proiettili di gomma. Nel campo di al-Fawwar, a Hebron, dopo la preghiera, è partita una manifestazione di protesta contro l’attacco israeliano a Gaza: i manifestanti hanno attaccato i soldati israeliani con pietre e bottiglie vuote. Stessa scena a Hebron e a Beit Ummar: un giovane è stato colpito da un proiettile di gomma, molti altri hanno sofferto per l’inalazione di gas.

A Gerusalemme Est, a Shuafat i soldati israeliani sono stati attaccati con pietre e molotov ieri notte. Scontri simili a Abu Dis e Anata, città palestinesi di Gerusalemme Est ma oggi al di qua del muro di separazione.

 

AGGIORNAMENTO ore 10 – ATTIVISTI INTERNAZIONALI PRESIDIANO L’OSPEDALE AL WAFA

Attivisti internazionali dell’ISM stanno presidiando l’ospedale di Al Wafa a Gaza City per evitare che venga bombardato dall’aviazione israeliana. Ieri droni israeliani hanno colpito vicino all’ospedale. Per evitare che divenga il prossimo target, volontari da Stati Uniti, Spagna, Venezuela, Nuova Zelanda e Australia sono da ieri dentro il centro.

 

AGGIORNAMENTO ore 9.30 – TRE MORTI A GAZA CITY, DIFFICILE L’IDENTIFICAZIONE

Il Ministero della Salute di Gaza è riuscito a identificare i tre uomini uccisi stamattina nel quartiere at-Tuffah di Gaza City: a causa dell’esplosione i tre corpi erano stati fatti a pezzi.

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dalla redazione

Gaza, 12 luglio 2014, Nena News – Nuovi pesanti raid aerei israeliani vanno avanti dalla scorsa notte su tutta la Striscia di Gaza dove solo nelle ultime ore, secondo fonti locali, hanno ucciso almeno 9 persone tra le quali, in un istituto di Beit Lahiya, due donne disabili. L’attacco più grave, con quattro morti, è avvenuto a Jabaliya dove i missili hanno colpito una abitazione. L’ultimo bilancio di vittime palestinesi è di 121, tra i quali una ventina di bambini di pochi anni.

A Gaza denunciano anche un attacco, avvenuto ieri, contro l’ospedale “Wafa” di Shujayeh dove, a protezione della struttura sanitaria, sono presenti anche alcuni attivisti stranieri dell’International Solidarity Movement. Quattro razzi di “avvertimento”, che i jet israeliani talvolta sparano prima dell’attacco vero e proprio, hanno danneggiato gravemente il quarto piano dell’ospedale.

A Khan Yunis è stata colpita la sede della Banca nazionale islamica legata al movimento islamico Hamas. La violenza dei raid aerei mette sotto pressione l’erogazione dei servizi pubblici. Il 75% del capoluogo Gaza city è senza elettricità da questa mattina e alcuni ospedali operano solo con i generatori autonomi.

Non si arrestano peraltro i lanci di razzi palestinesi verso le città israeliane, inclusa Tel Aviv. A Bersheeva una donna è rimasta ferita quando un Grad ha colpito in pieno la sua abitazione. Molti dei razzi che partono da Gaza sono fermati dall’Iron Dome e i comandi militari israeliani stanno dispiegando  altre batterie del sistema di difesa antimissile.

Uno scenario di guerra che prelude all’offensiva di terra israeliana che il premier Benyamin Netanyahu ieri ha di fatto annunciato, sottolineando che le pressioni internazionali non fermeranno le operazioni militari. Nena News

Fonte:
*
12 lug 2014
by Redazione

Gli ospedali sono vicini al collasso. L’Organizzazione Mondiale della Sanità segnala l’insufficienza di forniture mediche e di carburante per i generatori autonomi di elettricità. Condizioni che non consentono di gestire l’ondata dirompente di feriti, mutilati e invalidi.

 Gaza3

di Federica Iezzi

Khan Younis, 12 luglio 2014, Nena News – L’Organizzazione Mondiale della Sanità segnala la grave carenza nei serivizi sanitari palestinesi. Insufficienza di forniture mediche e di caburante per i generatori degli ospedali, rendono le strutture sanitarie della Striscia di Gaza inadatte a gestire l’ondata dirompente di feriti, mutilati e invalidi causata dall’offensiva aerea israeliana.

I risultati degli indiscriminati bombardamenti fanno salire ora dopo ora il numero di civili feriti, che si riversano caoticamente negli atri e negli affollati corridoi degli ospedali maggiori della Striscia. I pazienti arrivano negli ospedali in ambulanze, furgoni, auto private e taxi collettivi, senza nessuna forma di allertarmento. Il 23% sono bambini.

Attualmente almeno 250 palestinesi non hanno la possibilità di ricevere cure mediche adeguate, per la mancanza assoluta di letti e barelle nei centri di pronto soccorso. Bloccata le attività sanitarie in elezione.

Mancano farmaci di emergenza, antibiotici e antidolorifici, materiale monouso e materiale sterile. Mancano guanti, cateteri urinari, punti di sutura e attrezzature mediche diagnostiche. Crolla l’attività  dei laboratori. Pesante lo stato delle banche del sangue. Già in utilizzo le scorte di materiale, che diminuiscono severamente. Non ultime, mancano forniture di carburante medico-ospedaliero per fronteggiare le innumerevole ore in cui l’elettricità manca. Critiche le condizioni dei pazienti ammessi nei reparti di emergenza, nelle rianimazioni e nelle sale operatorie.

Nel centro della Striscia di Gaza, nei pressi dei campi profughi di al-Nussairat e al-Maghazi,  negli ultimi bombardamenti sono stati danneggiati un ospedale, tre cliniche secondarie e un centro di desalinizzazione di acqua. Secondo il portavoce del Ministero della Salute palestinese, Ashraf al-Qedra, mancherebbe il 30% dei farmaci essenziali per la cura dei feriti gravi. A Gaza rimane un’autonomia del 15% per il resto dei farmaci, utilizzati nelle cure croniche.

Il Primo Ministro palestinese, Rami Hamdallah e il Ministro della Salute palestinese, Jawad Awwad, hanno coordinato una spedizione via mare, dai territori cisgiordani, Ramallah e Nablus, di farmaci per cure croniche, come diabete e malattie renali, farmaci oncologici, soluzioni arteriose, sacche di sangue e materiale di laboratorio.

Il Qatar avrebbe donato 5 milioni di dollari per l’acquisto di forniture ospedaliere e per servizi di emergenza nella Striscia di Gaza. La donazione sarebbe stata annunciata da Muhammad al-Ummadi, membro del Ministero degli Esteri del Qatar, che presiede il Comitato per la ricostruzione della Striscia di Gaza.

Intanto il personale medico gazawi lavora senza sosta, con turni logoranti senza orari.

Tre giorni fa, l’European Gaza Hospital di Khan Younis, a sud della Striscia di Gaza, ha subito danni durante un attacco aereo avvenuto a breve distanza. Un infermeire è stato ferito. Nonostante il barbaro perpetrarsi di bombardamenti senza preavviso su case, famiglie e bambini, nei pressi dell’ospedale, il personale sanitario continua a lavorare. Divisi in tre gruppi, medici e infermieri, coprono le 24 ore.

Ormai gli spostamenti sono diventati troppo pericolosi. Alcuni non riescono ad arrivare in ospedale perché vivono troppo lontani, per affrontare, senza rischi, il cammino a piedi. A molti mancano soldi per il trasporto pubblico. L’ospedale al-Shifa, nel distretto di Rimal a Gaza City, riceve ininterrottamente da quattro giorni feriti da schegge di proiettili – pare in qualche caso anche dalle operazioni di lancio dei razzi indirizzati dai miliziani palestinesi verso Israele – vittime dei martellanti bombardamenti e dei crolli degli edifici. I 12 letti della terapia intensiva dell’ospedale sono assiduamente occupati.

Da quando, giovedì, le autorità egiziane hanno aperto il valico di Rafah, dopo estenuanti pratiche burocratiche, solo 11 pazienti con ferite gravi hanno avuto il permesso di attraversare il confine tra Striscia di Gaza ed Egitto, in ambulanza. Chiuso nuovamente ieri dopo l’opera di allertamento degli ospedali egiziani più vicini a Rafah e quelli del Sinai settentrionale. Nena News

 

Fonte:

Buenaventura Durruti

 L’infanzia

Buenaventura Durruti nasce il 14 luglio 1896 in una numerosa e modesta famiglia proletaria (ha sette fratelli e una sorella) di León, «una cittadella dell’antica Spagna clericale e monarchica». [1]

Buenaventura Durruti

Il padre di Buenaventura è un ferroviere iscritto al sindacato dell’UGT che era stato arrestato nel 1903 per aver partecipato ad uno sciopero sindacale. Il piccolo Buenaventura cresce in un ambiente fortemente conservatore, León infatti ha «pochissime le imprese industriali […] Una forte guarnigione, diversi reparti della Guardia Civil, numerosi conventi, una cattedrale, un palazzo episcopale, un seminario per la formazione degli insegnanti, una scuola di veterinaria, una forte piccola borghesia, che voleva tranquillità e ordine […] non tollerava alcun pensiero divergente, alcun temperamento che gli si contrapponesse.» [2]

A cinque anni comunque inizia a frequentare la scuola e la porta avanti sino all’età di 14 anni, quando viene assunto nel laboratorio di un certo Melchor Martìnez. Secondo la testimonianza della sorella continua comunque a frequentare la scuola serale ed è un appassionato lettore. Viene assunto poi nelle fonderie Miaja fino al 1916, quando trova lavoro presso la Compagnia ferroviaria della Spagna del nord.

Attivismo sindacale e anarchico

Nel 1917 si impegna attivamente nello sciopero generale proclamato dall’UGT (Union general de trabajadores), in cui, a seguito degli scontri con le forze di polizia spagnole, 70 persone vengono uccise, 500 ferite e oltre 2000 arrestate.

«Quando venne lo sciopero del 1917, avevamo dicianove anni giusti giusti […] Non volevamo permettere che lo sciopero finisse in una bolla di sapone. Avevamo anche qualche arma, niente di speciale, ma abbastanza da fare un poco di paura ai soldati […] Già avevamo occupato la stazione […] Già era scuro, vedevamo brillare le divise dei soldati, e poi incominciò: “Bang! Bing-bang, bing-bang!” Era come una piccola guerra. Subito ci venne sopra la Guardia Civil. E qua con quei revolver piccoli non c’era da fare più niente. Ci cercammo qualche pilone dell’alta tensione al centro di Lèon, che erano altissimi, e in posizione buona, davanti ci stavano gli alberi. Ci arrampicammo lassopra e ci nascondemmo bene bene, e tutti avevamo cappelli e tasche pieni di pietre, e le buttammo in testa ai poliziotti […] I poliziotti caricarono coi cavalli sulla gente. Ma a noi non ci presero […] mano mano venne fuori un clima rivoluzionario, che poi è stato portato in tutto il paese dalla CNT. Naturalmente, quello che già allora era il capo in tutte queste lotte, era Durruti.»[3] (Florentino Monroy)

Émilienne Morin, compagna di Durruti

In seguito a questi avvenimenti perde il posto di lavoro ed è quindi costretto a trasferirsi a Gijon, nella regione delle Asturie, centro di notevole influenza legata all’anarco-sindacalismo. Qui conosce Manuel Buencasa, segretario generale della CNT, che gli fa conoscere il pensiero anarchico in maniera più profonda e matura.

Quando giunge il momento, viene chiamato alla leva militare obbligatoria, ma Buenaventura, che già era ostile ad ogni qualsivoglia autorità, decide di disertare ed è dichiarato renitente. In seguito a questi avvenimenti, per non finire in prigione, si sposta in Francia dove prendee contatto con gli anarchici francesi, tra cui Sébastien Faure, Louis Lecoin e Émile Cottin.

Nel 1920 rientra a Barcellona e diviene un militante influente all’interno delle due organizzazioni anarchiche più importanti di Spagna: la Confederación Nacional del Trabajo (CNT) e la Federazione Anarchica Iberica (FAI). Rifiuta sempre e comuqnue ogni tipo di incarico “dirigenziale” all’interno della CNT.

«L’importante non é il posto di responsabile. L’importante è la vigilianza della base per obbligare quelli in alto a fare il loro dovere senza morire nella burocrazia».

Contemporaneamente aderisce anche al gruppo “Los Justicieros“, partecipando alla progettazione, mai portata a termine, di un attentato contro il Re Alfonso XIII. Nel 1922, a Barcellona, Los Justicieros assume il nome di “Los Solidarios” (“I Solidali”), di cui fanno parte anche Juan Garcia Oliver e Francisco Ascaso, che si rende protagonista di numerose azioni dirette volte ad attaccare il sistema capitalistico spagnolo. Le più “significative” saranno: una rapina al Banco di Spagna di Gijon e l’implicazione nell’uccisione del cardinale Romero, colpito per ritorsione in seguito all’assassinio dell’anarchico Salvador Segui, nonché perché uno dei principali finanziatori dei “pistoleros” (gruppo paramilitare al servizio del padronato).

Buenaventura Durruti, braccato dalla “giustizia” spagnola, è costretto ad emigrare in SudAmerica, insieme a Francisco Ascaso e ad altri compagni de Los Solidarios con cui fonda il gruppo “Los Errantes” (Gli Erranti), che ricalcano le stesse orme di “espropriazione popolare”. Ricercato, insieme ai suoi compagni, da molte polizie del mondo, ritorna clandestinamente in Francia, dove viene fermato il 25 giugno 1926. A Durruti, Francisco Ascaso e Gregorio Jover viene loro imputata la progettazione di un attentato contro il re di Spagna, Alfonso XII, in visita a Parigi.

Grazie alla mobilitazione e alla strenua difesa operata da Louis Lecoin, Henri Torres e Sébastien Faure, tutto il gruppo anarchico è liberato il 14 luglio 1927 con l’obbligo di lasciare immediatamente il territorio della Francia. Ritornerà in Spagna solamente nel 1931. Lo stesso giorno fa la conoscenza di Emilienne Morin alla Libreria Internazionale anarchica di Parigi e diviene il suo compagno. Così, la stessa Morin, racconterà il loro incontro:

«Ci eravamo conosciuti a Parigi. Dev’essere stato il 1927. Lui usciva proprio allora di prigione. In tutta la Francia c’era stata un’enorme campagna, il governo aveva ceduto, i tre moschettieri [4] – era un nomignolo che aveva trovato la stampa – erano stati rilasciati. Durruti uscì, la sera stessa fece visita a qualche amico, io ero presente, ci vedemmo, ci innammoramo a rotta di collo e le cose rimasero così. [5]»

Nello stesso anno, Durruti entra a far parte della corrente faista (la faista era la corrente della CNT che propugnava un accordo con la Federazione Anarchica Iberica) della CNT. Ha un rapporto conflittuale con la cosiddetta II Repubblica (in cui la destra ha il controllo del governo), partecipando a numerose sollevazioni popolari, come quella dell’Alto Llobregat (gennaio 1932), che di fatto gli aprono la strada per un nuovo esilio forzato presso il carcere delle Canarie, in cui vi rimane fino al 1935.

 Durruti e la rivoluzione spagnola

Durruti in “divisa” da combattimento

Durante gli anni della Rivoluzione spagnola (1936-39) si conquista la fiducia degli anarchici spagnoli e non, soprattutto per il coraggio e l’instancabile attivismo non finalizzato ad obiettivi personali.

Il 1° maggio 1936, durante il 3° congresso della CNT, a Saragozza, viene denunciata l’inettitudine del governo e il pericolo del “golpe militare”. Gli anarchici si organizzano di conseguenza per armare il popolo e quando, il 19 luglio (data d’inizio della Guerra Civile), la guarnigione militare di Barcellona si solleva contro i repubblicani viene sconfitta dal popolo in armi, cancellando di fatto il potere statale. Erano la CNT e la FAI ad essere “padroni assoluti” della situazione.

Durruti è tra i protagonisti principali di quell’esaltante periodo storico. Promuove la creazione del Comitato centrale di Milizie antifasciste della Catalogna, che praticamente deteneva il “potere” (su basi libertarie) governativo. Il 23 luglio del 1936 si mette a capo di 10000 anarchici, chiamati poi Colonna Durruti, ottenendo numerose vittorie sul fronte Aragonese e successivamente si sposta verso la capitale Madrid, pesantemente minacciata dai fascisti franchisti. Quando la Colonna Durruti, «marciando verso il fronte, attraversava un villaggio, per prima cosa i suoi consiglieri politici deponevano il giudice. I problemi locali venivano risolti in base alle seguenti tre domande: “Dov’è il tribunale? Dov’è il catasto coi registri? Dov’è la prigione?”. Poi incendiavano gli atti giudiziari e i registri catastali e liberavano i prigionieri» [6]. In seguito venivano fatti riunire tutti gli abitanti del villaggio e si spiegavano loro i principi del comunismo libertario.

Talvolta i miliziani anarchici si lasciavano andare a violenze non sempre giustificabili (contro preti, persone ricche, presunti fascisti o addirittura che vestivano in maniera non conforme agli “standard” operai), frutto dell’odio covato da tempo o causa di miliziani dell’ultim’ora che ancora non avevano formato una coscienza tale da distinguere le violenze necessarie da quelle che potevano addirittura essere un boomerang per le sorti della rivoluzione. Durruti cercava in ogni occasione di impedire che si eccedesse nelle violenze, tant’è che diverrà una sorta di segretario della Colonna tale Jesus Arnal Pena, ovvero un prete cattolico che alcuni miliziani intendevano fucilare proprio in quanto prete, anche se nulla aveva a che fare con i fascisti, e che Durruti invece non solo salverà ma porrà addirittura sotto la sua protezione:

«Non ho mai avuto la minima inclinazione per l’anarchia, e Durruti non ha mai avuto un segretario. Ero semplicemente scrivano della cancelleria della colonna. Ma devo ammettere che Durruti era un uomo retto, e quando certa gente lo diffama come assassino e delinquente, ebbene si tratta di calunniatori, e difenderò il mio amico contro simili menzogne […] Una volta trascinarono davanti a noi un uomo che, ai suoi tempi, aveva detenuto a Saragozza una carica piuttosto importante. Preferirei non dirne il nome. Doveva essere fucilato. Durruti fece chiamare i suoi custodi e domandò loro: “Come si è comportato quest’uomo nella sua proprietà? Come ha trattato i contadini?” La risposta fu: “Non troppo male”.- “Allora, che volete? Si deve farlo fuori solo perché, un tempo, è stato ricco? Questa è idiozia”. Mi consegnò l’uomo e disse: “Bada che faccia il maestro nella scuola popolare del villaggio, e che lavori molto” […] Durante l’assedio di Huesca Durruti, con un piccolo Breguet, fece un volo di ricognizione sulla città. Era giorno di festa, e la gente usciva appunto dalla chiesa. Il pilota dell’aereo, il tenente Erguido, detto il Diavolo Rosso, domandò se dovesse buttare qualche bomba a mano. Durruti rifiutò di bombardare la popolazione civile» (Testimonianza di Jesus Arnal Pena [7]).

 La morte

A Madrid, il 20 novembre 1936, Buenaventura Durruti viene colpito mortalmente da un’arma da fuoco che lo raggiunge all’altezza della settima\ottava costola toracica.

Funerali di Durruti

Altro momento dei funerali di Durruti

La versione ufficiale, avallata anche dalla CNT, attribuì immediatamente la responsabilità ad un cecchino fascista della Guardia Civil, tuttavia, visto il diametro del foro provocato dal proiettile, sorse il sospetto che il colpo fosse stato esploso da molto vicino. Ciò ha fatto sorgere sospetti inquietanti: per aluni anarchici sarebbero essere stati i comunisti ad essere se non gli esecutori materiali quantomeno i mandanti (bisogna evidenziare che i fascisti alimentarono sicuramente questa versione per incrementare le divisioni del fronte repubblicano), per altri (es. Jaume Miravitlless [8] e inizialmente anche Emilienne Morin, compagna di Buenaventura) potrebbero essere stati addirittura alri compagni anarchici, che negli ultimi tempi lo avevano accusato di essere diventato eccessivamente autoritario e dispotico (secondo alcune voci, non del tutto confermate e attendibili, in quel periodo si sarebbe avvicinato agli ambienti comunisti). L’ultima versione, portata avanti per esempio dal testimone oculare Ramon Garcia Lopez, farebbe riferimento ad un drammatico incidente. Durruti sarebbe morto a causa di un colpo partito incidentalmente dalla sua stessa arma. (Se questo fosse vero, la CNT avrebbe preferito evitare di raccontare la verità dei fatti, ovvero che si sarebbe trattato di un incidente causato dall’imprudenza di Durruti, perché ciò avrebbe potuto comportare la demoralizzazione dei combattenti.).

L’unico fatto appurato senza alcun dubbio, al di là delle versioni discordanti [9], è che egli si trovasse in automobile insieme al suo autista Julio Estancio, a José Manzana, Antonio Bonilla e Ramon Garcia Lopez. Una volta giunti in Piazza Moncloa (quartiere universitario), dove erano in atto degli scontri a fuoco con dei fascisti che occupavano la clinica universitaria, Durruti sarebbe sceso ed in quel momento sarebbe stato colpito a morte [10].

 Il funerale

Al suo funerale, il 22 novembre a Barcellona, partecipa circa un milione persone, tutte desiderose di tributare il proprio omaggio ad un uomo protagonista di un pezzo importantissimo della storia di Spagna. Così le esequie di Durruti furono poi raccontate da Hanns-Erich Kaminski:

«I miliziani con il fucile al braccio, circondarono il catafalco… poi alcuni uomini della colonna Durruti che erano venuti da Madrid con la bara la portarono alla “casa” (l’ex-sede della Camera di Industria e commercio di Barcellona, N.d.R) […] Il coperchio della bara fu tolto e Durruti apparve, sotto vetro, coricato sulla seta bianca con una sciarpa bianca avvolta intorno alla testa; aveva l’aria di un arabo […] Migliaia e migliaia di persone sfilarono davanti a Durruti per tutta la notte. Il giorno dopo, la mattina, ebbero luogo i funerali … era grandioso, sublime e bizzarro, poiché tutta quella folla non era diretta, non c’era né ordine né organizzazione; nulla funzionava, il caos era indescrivibile …alle dieci e mezza, coperto di una bandiera rossa e nera, lascia la “casa degli anarchici” sulle spalle dei miliziani della sua colonna […] No, non erano funerali regali, erano funerali popolari…funerali anarchici… Ai piedi della colonna di Cristoforo Colombo…furono pronunciate le orazioni funebri […] Era previsto che il corteo si sarebbe sciolto dopo i discorsi…fu impossibile seguire il programma […] Scendeva la notte…all’ultimo momento si decise di rimandare l’inumazione…soltanto il giorno dopo Durruti fu sotterrato.» [11]
Fonte:
http://ita.anarchopedia.org/Buenaventura_Durruti

“Stretta” antiabortista del Parlamento spagnolo: domani presidio informativo della Collettiva AutonoMia

Reggio Calabria. Nuova iniziativa di protesta per la Collettiva AutonoMia: l’appuntamento è per domani – 27 giugno – alle 18 davanti al Teatro comunale “Francesco Cilea”, in relazione alla campagna Yo Decido, in sostegno alle donne spagnole che lottano contro la “legge Gallardon”, che restringe di molto i casi in cui la donna può ricorrere all’aborto quale propria libera scelta.

La data è tutt’altro che casuale: proprio domani infatti il Parlamento iberico incardinerà il dibattito sulla normativa antiabortista.

«Insieme alle nostre sorelle spagnole e a tutte le donne che si stanno nuovamente mobilitando in tutt’Europa – si legge nella nota diramata ai media dalla Collettiva – chiediamo che non venga approvata la proposta del governo Rajoy», dopo la spinta forte delle «lobby confessionali» alla “194” già avvenuta in Italia e, su scala continentale, la mancata approvazione della risoluzione Estrela a Strasburgo.

L’iniziativa di domani al “Cilea” si caratterizzerà quale presidio informativo, per tutelare «un’Europa laica e dei diritti, il rispetto della nostra libertà di scelta e d’autodeterminazione, la tutela della nostra salute sessuale a riproduttiva».

 

Mario Meliadò

Giovedì 26 giugno 2014
Ore 22:34

 

Fonte:

http://www.reggiotv.it/notizie/attualita/37476/-stretta-antiabortista-parlamento-spagnolo-domani-presidio-informativo-collettiva-autonomia

Libertà per 40 giovani baschi, ora liberiamo tutte e tutti gli altri!

  • giugno 12, 2014 17:52

40 giovani processat* nella Audiencia Nacional…
LA SENTENZA ASSOLVE TUTTI/E!
#grebalariakASKE! condanna a 2 anni e 6 mesi per due giovani

Due notizie, due sentenze, giornata dal sapore agrodolce quella di ieri nel Paese basco. Sono arrivate infatti due importanti sentenze. La prima sul maxi-processo contro 40 giovani  militanti con piena assoluzione da parte dell’Audiencia Nacional. La seconda condanna due giovani di Bilbao a scontare una pena di 2 anni e 6 mesi.
libre1Dopo 5 anni si chiude con una totale assoluzione “l’odissea” di 40 giovani baschi/e. Il processo farsa si è finalmente concluso con la piena assoluzione di tutte e tutti. Un maxiprocesso farsa che si è svolto da ottobre a febbraio, preceduto da diversi anni di persecuzione poliziesca e giudiziaria ai danni delle compagne e dei compagni che hanno dovuto affrontare carcerazione preventiva, regime di incomunicazione, torture e maltrattamenti, seguito da mezzo anno di attesa della sentenza. Uno schifo repressivo fatto prima, durante e dopo il processo dalle autorità spagnole che certamente non viene cancellato dalla sentenza e dalla gioia per la libertà delle compagne e dei compagni.
Una storia che inizia nel novembre del 2009 con una maxi-retata contro 42 militanti indipendentist*, 34 dei quali arrestat* la notte del 24 novembre del 2009. La maggior parte degli arrestati denunciano torture nei giorni di incomunicación. Nei mesi successivi vengono arrestati in diversi stati europei altri 8 giovani riusciti a fuggire il giorno dell’operazione. Tre di questi, Zuriñe, Artzai e Fermin, vengono arrestat* a Roma mentre denunciavano la criminalizzazione del movimento giovanile basco.
[Video]
Dopo alcuni mesi di carcere in Italia e senza alcuna prova giudiziaria lo stato italiano come nel caso di Lander Fernandez concede l’estradizione allo stato spagnolo.
Come Caso basco a Roma abbiamo seguito con particolare attenzione questo processo. Sia perché ha rappresentato un caso particolarmente evidente della strategia di criminalizzazione della dissidenza politica e sociale che vivono sulla loro pelle le compagne e i compagni di Euskal Herria. Sia perché abbiamo appunto potuto conoscere da vicino quest* compagn* nelle nostre città, condividendone le storie, il legame solidale e la rabbia dell’arresto e dell’estradizione.
Tutti gli imputati hanno scontato da uno a due anni di carcere preventivo. Hanno subito in questi mesi un processo lungo e faticoso, fatto di continui viaggi tra Paese basco e il Tribunale speciale di Madrid.
libre libreI giudici del “tribunale speciale”, dopo quasi 4 mesi di attesa dalla fine del dibattimento, hanno finalmente reso pubblica una sentenza importante. Infatti, viene riconosciuto che i compagni e le compagne accusate hanno solo svolto attività politica e non terrorismo. Inoltre, vengono rifiutate le dichiarazioni dei 40 accusati raccolte dalla polizia durante i fermi in regime di incomunicación, vale a dire il periodo, che dura diversi giorni, in cui i fermati per accuse di terrorismo non possono contattare avvocati, medici e famigliari, rimanendo così senza difese nelle mani della polizia. Questa volta i giudici dell’Audiencia Nacional, pur non entrando nel merito delle torture denunciate dalle nostre compagne e compagni, ci hanno sorpreso, dichiarando nulle le dichiarazioni raccolte durante l’incomunicación, solo per il dubbio che possano essere state estorte sotto tortura, e, inoltre, dichiarando esplicitamente che l’ incomunicación rappresenta una situazione in cui sono a rischio i diritti di chi è tratt* in arresto e che, pertanto, risulta essere una formula poco compatibile con una pratica giudiziaria attenta ad evitare i rischi di tortura e maltrattamenti.
[ qui il link allo stralcio della sentenza, pdf in castigliano ]
Ciò che da anni denunciano i collettivi e le realtà che svolgono lavoro di solidarietà e informazione sulla prigionia politica e la repressione nel Paese basco, vale a dire che durante l’ incomunicación si tortura, e che le dichiarazioni estorte sotto tortura vengono usate come prova in processi farsa, è stato riconosciuto in maniera abbastanza chiara anche dalla stessa Audiencia Nacional, il famigerato tribunale che per decenni è stato complice, se non parte integrante e attiva, del sistema di criminalizzazione e brutale repressione della dissidenza politica e sociale basca ad opera di Madrid e Parigi. ‘Meglio tardi che mai’ non si può dire, perchè ci sono stati anni e anni di sofferenze, torture e rabbia.
La gioia per l’assoluzione dei 40, e l’importanza della sentenza per la delegittimazione dell’incomunicación, non ci devono comunque far tenere bassa la guardia e l’attenzione solidale. Nelle stesse ore in cui si stava per rendere pubblica la sentenza sul maxiprocesso Segi, altri compagni venivano invece nuovamente colpiti dalla repressione.
Nella notte tra lunedì e martedì Tomás “Tomi” Madina è stato svegliato nella sua casa di Galdakano, vicino Bilbao, da una quindicina di sbirri incappucciati e armati fino ai denti, che lo hanno arrestato e posto in regime di incomunicación con la solita accusa di terrorismo e appartenenza ad Eta (a quasi tre anni dalla fine definitiva delle attività armata). Oggi Tomi ha denunciato davanti al giudice di essere stato torturato.

aske grebalariakLa giornata di ieri è stata inoltre macchiata dalla notizia della condanna a 2 anni e 6 mesi per Urtzi e Jon, due giovani ragazzi di Bilbao, arrestati nel giugno del 2012 per la presunta partecipazione ad alcuni incidenti durante lo sciopero generale del 29 marzo dello stesso anno. Dal momento dell’arresto è partito un grande montaggio giudiziario atto a condannare i 2 ragazzi, molto attivi a Deusto, il loro quartiere. Un montaggio che ha portato l’accusa a chiedere fino a 14 anni di carcere. Nel settembre del 2013 arriva la condanna a 1 anno e tre mesi, che rispetto alle richieste iniziali fa intravedere l’assoluta inconsistenza delle accuse mosse contro di loro, ma ieri, dopo il ricorso della procura, è arrivata la notizia che la condanna sale a 2 anni e 6 mesi, e costringerà i due giovani baschi a scontare la totalità della pena.
L’atteggiamento schizofrenico dell’apparato repressivo spagnolo, che, da un lato, dopo anni di persecuzione assolve 40 giovani militanti della sinistra indipendentista, dopo avergli fatto soffrire carcere, esilio e tortura, mentre, dall’altro continua a condannare militanti di organizzazioni politiche e sociali e ad arrestare in regime di incomunicazione e di legislazione antiterrorista come se nulla fosse accaduto nell’ottobre 2011, rendono ancora necessaria la mobilitazione e la solidarietà internazionalista. Oggi festeggiamo il ritorno alla libertà dei 40, ma la lotta del movimento basco, e la nostra azione solidale, non si fermeranno finché non saranno liberati tutti i prigionieri e le prigioniere politiche basche, e finché non si porrà fine all’assurda legislazione antiterrorista.
Perché non possiamo essere liber* se non lo sono anche tutte e tutti loro.

Con Tomi, Urtzi e Jon, finchè non saranno liberi!

euskal gazteria aurrera!! tutti liberi, tutte libere!

 

 

Fonte:

http://uncasobascoaroma.noblogs.org/post/2014/06/12/gora-euskal-gazteria-liberta-per-40-giovani-basch-ora-liberiamo-tutte-e-tutti-gli-altri/

 

#IoDecido di chiedervi: da che parte state? occupato Ordine dei medici a Roma

March 4th, 2014

4 marzo: occupata la sede dell’Ordine dei medici dalla rete cittadina #iodecido, contro l’obiezione di coscienza, per la libertà di scelta di tutte e tutti,  per l’autodeterminazione dei corpi.

COMUNICATO:

Dopo aver manifestato il primo febbraio a fianco delle donne spagnole contro l’attacco alla legge sull’aborto del ministro Gallardon, abbiamo deciso di ripartire ancora dall’Italia e da noi.  Nel Bel Paese la situazione è altrettanto drammatica: il diritto alla salute e la libertà di scelta sono ogni giorno messi in discussione dentro gli ospedali pubblici e i consultori. Questo avviene a causa dei tagli sempre più indiscriminati alla sanità e per lo svuotamento della legge194, esautorata di ogni valore per l’altissimo numero di medici obiettori (nel Lazio sono circa il 90%). Non è un mistero che l’obiezione di coscienza sia il passepartout verso lo scatto di carriera e quei pochi medici che,invece, praticano ancora l’aborto rimangono spesso isolati dalle stesse istituzioni mediche. Nelle sale parto le donne sono sottoposte ad abusi e violenze ostetriche, fisiche e psicologiche, ad interventi medici non necessari e non acconsentiti, spesso in contrasto con le evidenze scientifiche e quindi dannosi per la loro salute. Altrettanto tragica è la situazione quando si decide di intraprendere un percorso di transizione, che diventa un calvario fatto di ostacoli e umiliazioni. altra violenza agita sui bambini intersex a cui viene brutalmente assegnato un sesso con il ricorso ad operazioni chirurgiche irreversibili: si tratta dell’ennesimo attacco all’autodeterminazione.

Siamo perfettamente consapevoli della cultura cattolica che sostiene tutte queste pratiche e della tendenza al controllo dei corpi delle politiche europee e nazionali. 

Oggi siamo qui per denunciare tutto questo, ma siamo qui anche per chiedere a voi medici, operanti nel servizio pubblico, di prendere una posizione chiara in merito a questi punti:

accesso libero e gratuito all’aborto. per ogni donna, anche senza permesso di soggiorno in qualsiasi struttura sanitaria pubblica e in qualsiasi momento. Il medico che obbietta si rifiuta di erogare una prestazione sanitaria e quindi di compiere il suo dovere.

possibilita di scelta effettiva fra aborto chirurgico farmacologico (pillola ru486), in regime di day hospital 

* reperibilità h 24 in ogni territori del Levonorgestrel

* prescrizione in pronto soccorso del Levonorgestrel senza ticket e senza l’autorizzazione dei genitori per la dimissione delle minorenni

autonomia decisionale e partecipazione attiva di ogni donna a tutto il percorso nascita (gravidanza, parto, puerperio);

*rispetto delle evidenze scientifiche sul parto con riduzione degli interventi medici ai soli casi di effettiva urgenza e necessità e comunque previo consenso libero e informato della donna ( taglio cesareo, episiotomia, manovra di kristeller, induzione farmacologica, rottura artificiale delle membrane, etc..)

nessun* bambino deve subire interventi medico farmacologici non necessari o trattamenti chirurgici cosmetici su genitali sani solo perché “atipici”;

* depatologizzazione della condizione trans

riduzione delle liste di attesa e dei costi della perizia dei diversi servizi per la re-attribuzione chirurgica del sesso.

Dalla parte dei diritti o dei profitti?

rete cittadina #iodecido verso l’#8marzo

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Fonte:

http://cagnesciolte.noblogs.org/post/2014/03/04/iodecido-di-chiedervi-da-che-parte-state-occupato-ordine-dei-medici-a-roma/

Qui l’ultimo aggiornamento:

http://cagnesciolte.noblogs.org/post/2014/03/04/iodecido-comunicato-sullazione-di-oggi-allordine-dei-medici/