Donald Trump potrebbe autorizzare la costruzione dell’oleodotto in North Dakota

Attivisti marciano contro la costruzione dell’oleodotto Dakota Access, vicino a Cannon Ball, il 5 dicembre 2016. - Lucas Jackson, Reuters/Contrasto
Attivisti marciano contro la costruzione dell’oleodotto Dakota Access, vicino a Cannon Ball, il 5 dicembre 2016. (Lucas Jackson, Reuters/Contrasto)
  • 06 Dic 2016 18.26

Gli ingegneri dell’esercito statunitense hanno negato il 4 dicembre l’autorizzazione per la costruzione dell’oleodotto vicino alla riserva di Standing Rock Sioux, a cavallo tra il North Dakota e il South Dakota, ripagando i lunghi mesi di proteste dei nativi americani. Fin dal 2014, quando il progetto è stato presentato la prima volta, i sioux si sono opposti, affermando che il progetto profanerebbe le terre sacre e metterebbe in pericolo le risorse idriche.

L’oleodotto Dakota Access, la cui lunghezza dovrebbe essere di 2.047 chilometri, è quasi completo, manca poco più di un chilometro per essere terminato definitivamente. Quel chilometro sarebbe dovuto passare sotto il lago Oahe, punto che necessitava del permesso delle autorità federali. Il permesso chiave non è stato concesso e quindi l’azienda costruttrice, Energy transfer partners, è stata costretta a fermarsi.

Il portavoce del presidente eletto Donald Trump, Jason Miller, ha detto che la futura amministrazione potrebbe rivedere questa decisione, dato che è favorevole al completamento dell’oleodotto: quindi sarà Trump a decidere dopo il 20 gennaio, giorno del suo insediamento. Per i sioux, invece, quella dell’azienda è una decisione storica per la quale saranno per sempre grati all’amministrazione di Obama, che “ha fatto la cosa giusta”. Alcuni dei veterani non hanno intenzione di lasciare il campo di Oceti Sakowin, nel North Dakota, dove si sono riuniti finora, perché sospettano che la notizia di domenica sia solo una tattica per bloccare le loro proteste e poi riprendere i lavori.

Infatti i nativi americani, gli ambientalisti e i veterani che hanno protestato contro il progetto da 3,8 miliardi di dollari, temono molto la prossima amministrazione e che la compagnia di costruzione – nella quale Trump è perfino un investitore – possa presentare un ricorso.

Il leader della tribù Standing Rock Sioux, Dave Archambault, ha invitato i “protettori dell’acqua” ad abbandonare il campo e andare a casa, ma non è ancora chiaro se i manifestanti seguiranno il suo consiglio. Il corpo degli ingegneri dell’esercito ha detto che sarà necessaria una valutazione degli impatti ambientali dell’oleodotto, che richiederà anni, e trovare una soluzione alternativa se necessario.

 

Fonte:

http://www.internazionale.it/notizie/2016/12/06/oleodotto-north-dakota-nativi-trump

Polizia violenta a Standing Rock, arrivano i marines nativi

North Dakota. Decine di feriti e arresti non fermano la protesta contro l’oleodotto e a difesa dell’acqua nelle terre dei Lakota. Esercito in campo per sgomberare i manifestanti, che però avranno al loro fianco una milizia di veterani di guerra disarmata, ma dotata di giubbotti antiproiettile e maschere antigas. Battaglia annunciata per il 4 dicembre

Blocco stradale sull’autostrada all’altezza di Mandan, Nord Dakota

Ormai dalla scorsa primavera le popolazioni Lakota, attualmente con più di 6.000 nativi americani arrivati da diverse aree del Paese, sono accampati a Standing Rock, in Nord Dakota, per difendere le loro terre ancestrali dal mega oleodotto di 300km di lunghezza, voluto da governo e multinazionali in violazione dei trattati firmati in difesa delle terre indiane, che metterà a repentaglio le falde acquifere e le loro stesse vite, assieme a quelle delle generazioni future.

In questo momento drammatico in cui il Ku Klux Klan festeggia l’avvento del nuovo presidente Donald Trump, le popolazioni indigene sono precipitate nel terrore di nuovi Wounded Knee, nuove repressioni, nuovi massacri, nuove deportazioni contro i pacifici protettori dell’acqua riunitisi a Standing Rock.

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Lauren Howland del gruppo Jicarilla Apache sfida la polizia a Standing Rock (foto Jenni Monet/PBS)

PROTESTE DECISE ma pacifiche, a cui il governo ha finora risposto in modo repressivo e violento, con l’utilizzo di cani da combattimento, cannoni ad acqua, proiettili di gomma che hanno causato decine di feriti gravi e l’arresto di innumerevoli attivisti.
Ora nell’area sono arrivati anche centinaia di Veterani Nativi, che hanno messo per anni la loro vita in gioco per l’America e che ora lo fanno per difendere le proteste a difesa di questa terra. Dopo aver assistito ai brutali metodi utilizzati dalla polizia nei confronti dei nativi americani di Standing Rock, un centinaio di veterani statunitensi, appartenenti al corpo dei marines, hanno deciso di unirsi alle proteste degli indiani per difenderli dagli attacchi ingiustificati della polizia. Essi affermano: «Siamo veterani delle forze armate degli Stati uniti e chiediamo ai nostri compagni veterani di mettere assieme una milizia disarmata allo Standing Rock Indian per il 4 dicembre, per difendere i protettori dell’acqua dalle aggressioni e dalle intimidazioni messe in atto dalla polizia».

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Gli ex soldati hanno affermato anche di essere disposti a beccarsi un proiettile pur di difendere la causa indiana. Indosseranno le loro vecchie uniformi militari, ma anche giubbotti antiproiettile e maschere anti-gas, sapendo che la polizia sparerà lacrimogeni contro di loro. L’ex marine Michael Wood, ha anche aggiunto: «Questo Paese sta reprimendo la nostra gente. Se vogliamo essere davvero quei veterani che il nostro Paese ammira, allora è nostro dovere difendere la Costituzione dai nostri nemici interni che non la rispettano».

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La Guardia nazionale a difesa del Dakota Access Pipeline (foto Jenni Monet/PBS)

PROPRIO IL 4 DICEMBRE sarà infatti il giorno in cui è previsto lo sgombero del grande accampamento e l’arresto di tutti coloro che si opporranno. L’esercito è già sul luogo, pronto a intervenire con gli stessi carri armati speciali utilizzati in Iraq. I protettori dell’acqua non sono disposti a fare un passo indietro, quindi si rischierà una vera carneficina.
Per supportare le popolazioni native, il 27 novembre c’è stata una mobilitazione a Standing Rock culminata in un concerto a cui hanno partecipato Jackson Browne, Bonnie Raitt, la band John Trudell Bad Dog, Quiltman, Mark Shark, Ricky Epstein, Jane Fonda, Heather Rae Sage e molti altri.

Dal carcere di Coleman, Florida, il prigioniero politico Leonard Peltier, da 41 anni dietro le sbarre, ha scritto una lettera di sostegno alla nuova resistenza indigena di Standing Rock.

 

 

Fonte:

http://ilmanifesto.info/polizia-violenta-a-standing-rock-arrivano-i-marines-nativi/

 

Qui la lettera di Leonard Peltier:

http://ilmanifesto.info/peltier-dal-carcere-di-coleman-florida-sono-li-con-voi/

Sophia Wilansky: la ragazza che ha perso un braccio per difendere Standing Rock

 

 

Fonte:

http://earthriot.altervista.org/blog/3989-2/

Nord Dakota, idranti e gas lacrimogeni contro manifestanti: continua la protesta dei Sioux contro l’oleodotto

Nord Dakota, idranti e gas lacrimogeni contro manifestanti: continua la protesta dei Sioux contro l'oleodotto
 (reuters)
Idranti e gas lacrimogeni contro i manifestanti. Le proteste non si fermano in Nord Dakota, dove qualche centinaio di persone sta da mesi manifestando contro la realizzazione di un oleodotto che distruggerebbe i territori sacri ai Sioux. Alcuni dei presenti hanno denunciato l’uso di proiettili di gomma da parte della polizia, come è stato documentato anche dai fotografi Reuters. “Li hanno attaccati con gli idranti – afferma LaDonna Brave Bull Allard, della tribù dei Standing Rock – Quella notte era freddo, il termomentro segnava meno cinque gradi”. Molti hanno rischiato l’ipotermia, denuncia lo Standing Rock Medic & Healer Council tramite un post su Facebook. Il dipartimento dello sceriffo di Morton County si è giustificato denunciando l’aggressività dei manifestanti
Fonte:

29 dicembre 1890: il massacro di Wounded Knee

Lunedì 29 Dicembre 2014 06:38

altIl massacro di Wounded Knee del 29 dicembre 1890 è il nome con cui è passato alla storia un eccidio di Miniconjou, un gruppo di Lakota Sioux, da parte dell’esercito degli Stati Uniti d’America nella valle del torrente Wounded Knee (letteralmente ”Ginocchio Ferito”).

Negli ultimi giorni dell’anno 1890, la tribù di Miniconjou guidata da Piede Grosso, alla notizia dell’assassinio di Toro Seduto, partì dall’accampamento sul torrente Cherry per recarsi a Pine Bridge, sperando nella protezione di Nuvola Rossa. Erano mesi infatti che il governo dei bianchi toglieva l’erba da sotto i piedi delle tribù indiane attraverso recinzioni e concessioni minerarie, stermini di bisonti (che segnavano la fine di un’antica economia di sussistenza) e segregazioni all’interno delle riserve.

Sempre più tribù si appellavano al movimento spirituale promosso da Wovoka, la Ghost Dance, che prometteva loro di restituirgli il mondo com’era prima dell’arrivo dell’uomo bianco; in tutte le riserve si poteva assistere infatti a danze frenetiche ed estenuanti eseguite da centinaia di indiani speranzosi di potersi conquistare un futuro meno triste del presente.

Durante il viaggio verso Pine Bridge, nella notte tra il 28 e il 29 dicembre la cavalleria del Settimo Reggimento guidata dal colonnello George A. Forsyth intercettò e radunò più di trecento Sioux guidati dal capo Grande Piede. Fu chiaro fin da subito che l’intento del colonnello e dei suoi squadroni di cavalleria era quello di compiere una strage: tredici anni prima infatti, a Little Big Horn, Cavallo Pazzo e Toro Seduto avevano sconfitto e umiliato proprio il Settimo Reggimento, allora comandato da George A. Custer. Forse c’era voglia di chiudere i conti.

I Sioux erano stanchi, infreddoliti e nervosi, fermi e tenuti sotto tiro da diverse ore. Qualcuno di loro cominciò a danzare; altri seguirono l’esempio. I bianchi si agitarono, ma l’ordine di smettere di danzare rimase inascoltato. Forsith fece quindi puntare quattro cannoni contro la piccola folla.

Ordinò il fuoco a seguito di un gesto dello sciamano Uccello Giallo che guidava la danza e che lanciò in aria una manciata di polvere secondo il rituale della Danza degli Spiriti.

153 furono gli indiani (soprattutto donne e bambini) che persero la vita a Wounded Knee, gran parte dei feriti morirono invece assiderati cercando di allontanarsi dal luogo del massacro. Venticinque soldati furono uccisi, molti probabilmente vittime accidentali dei loro compagni.

Gli ufficiali responsabili della strage furono ricompensati con venti medaglie al valore militare.

 

 

 

Fonte:

https://www.infoaut.org/index.php/blog/storia-di-classe/item/3595-29-dicembre-1890-il-massacro-di-wounded-knee