Parigi, manifestante ferito da un lacrimogeno durante la manifestazione contro la Loi Travail

#‎FRANCIA‬
Ieri a Parigi, nella manifestazione nazionale contro la Loi Travail et son monde, un manifestante ha ricevuto una granata lacrimogena tirata ad altezza uomo. L’impatto gli ha danneggiato la nuca, le capsule gli si sono aperte addosso cospargendogli il corpo di gas lacrimogeno e bruciando il colletto della sua t-shirt. Adesso rischia di rimanere tetraplegico.
Questa foto è brutta da guardare ma riflette una realtà delle manifestazioni, in Francia, nel 2016.
Le violenze della polizia contro i manifestanti crescono di giorno in giorno – numerosi sono stati i feriti alla manifestazione di ieri e copioso era il sangue su Boulevard des Invalides – così come però la determinazione del movimento a non lasciarsi intimidire. Qui il video del momento della caduta del manifestante, con la polizia che inizialmente allontana e colpisce medici e giornalisti: http://bit.ly/1tqHq73.

foto di DINAMOpress.

Loi Travail (Francia – riforma del lavoro); Sciopero Sociale transnazionale

 

238° puntata: corrispondenza con la Francia; in collegamento un co-redattore di Corrispondenze Operaie, un compagno di Chroniques syndicales, trasmissione di Radio Libertaire (attiva a Parigi dal 1981) che parla di conflitti lavorativi, e una compagna francese che ci aiuta nella traduzione.

Parliamo della Loi El Khomry (la riforma del lavoro, anche conosciuta come Loi Travail) e delle mobilitazioni di protesta che da marzo infiammano tutta la Francia. Per il 14 giugno è prevista una nuova mobilitazione nazionale.

La seconda corrispondenza con una compagna, di stanza a Parigi, della piattaforma per lo Sciopero Sociale transnazionale, che ci informa di un incontro previsto per l’11 giugno in Place de la Republique, la piazza che è caratterizzata, da marzo, dalle Nuit Debout (Notti in piedi). Nello specifico, inoltre, per l’autunno si sta organizzando un incontro sulla convergenza delle lotte a livello europeo in cui cercare di coinvolgere i lavoratori di Amazon francesi, tedeschi e polacchi.

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Fonte:

http://www.ondarossa.info/newstrasmissioni/loi-travail-francia-riforma-del-lavoro-sciopero-sociale-transna

Corteo in ricordo di Clément Meric

Domenica 05 Giugno 2016 15:08

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Il 4 di giugno a Parigi si è reso omaggio con un corteo antifascista partecipato e determinato a Clément Méric, militante antifascista ucciso da estremisti di destra tre anni fa. La manifestazione di ieri arriva in pieno movimento sociale contro la Loi travail, in un momento di criminalizzazione dei gruppi militanti che vede un particolare accanimento nei confronti dei compagni dell’Antifa Paris Banlieue, in seguito al caso della macchina della polizia bruciata, per la quale alcuni di loro sono stati accusati. Proprio in questo senso va letta la decisione della prefettura di obbligare la manifestazione di ieri a percorrere il canale sul quai de Valmy, luogo ostile in termini di mobilità per la prossimità al canale e luogo in cui la famosa macchina della polizia è stata data alle fiamme qualche settimana fa. Molti slogan hanno infatti mostrato la solidarietà agli incolpati sottolineando la strategia della prefettura a colpire nel mucchio cercando di delegittimare e indebolire il movimento.

Arrivati dunque all’altezza di quai de Valmy la polizia ha deciso di bloccare il corteo che avrebbe dovuto proseguire il percorso fino a Menilmontant effettuando una sorta di vendetta a colpi di cariche violente, lacrimogeni, granate (le stesse che hanno ridotto in coma un giornalista due settimane fa) e flashball. Nonostante la volontà delle prime file di proteggere il corteo e di avanzare, la violenza del dispositivo poliziesco ha impedito alla manifestazione di continuare oltre, finendo per creare una “nassa” (modalità di accerchiamento dei manifestanti) sotto una pioggia di lacrimogeni. La situazione si è quindi cristallizzata per più di quattro ore, concludendosi con varie decine di persone portate in commissariato per un controllo di identità, dove all’uscita hanno trovato un presidio di solidarietà ad attenderle.

Il 4 giugno a Parigi è stata una giornata importante, densa di voci che all’unisono hanno scandito “Siamo tutt* antifascist*”, di solidarietà di fronte a chi tenta di dividere chi lotta, di ricordo a tutte le vittime del fascismo e della polizia. Ma anche difficile da affrontare in un contesto sempre più repressivo che ha il chiaro obiettivo di impedire con ogni arma, poliziesca o giuridica, l’espressione del conflitto.

Da Clement a Dax passando per Zyed e Bounna, un solo grido : on n’oubli pas on ne pardonne pas (non dimentichiamo e non perdoniamo).

Parigi 5 giugno 2016

Fonte:

Ottava giornata di scioperi in Francia

Dal blog di Bob Fabiani:

May

26

Ottava giornata di scioperi in Francia.

Oggi, 26 maggio, i lavoratori delle 19 centrali nucleari del paese hanno deciso di aderire allo sciopero per un giorno. La mobilitazione contro la #LoiTravail ha già coinvolto altri settori, tra cui l’aviazione civile, le ferrovie e i porti. Sei delle otto raffinerie sono chiuse e le autorità francesi sono state costrette a imporre il razionamento dei carburanti e ad attingere alle riserve strategiche. Il premier Manuel Valls – più arrogante che mai – ha ribadito ieri, 25 maggio, che il suo governo non è disposto a negoziare sulla riforma (sbagliata secondo i francesi).
(Fonte.:bbc)
Bob Fabiani
Link
-www.bbc.com/news/world-europe/french-labour-dispute-nuclear-power-plant-workers-to-joint-strike

Fonte:

DOPO L’EXPO

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di Mario Vitiello

A qualche giorno dalla fine dell’Expo, è possibile iniziare a fare alcuni bilanci dell’evento che ha occupato la scena politica e sociale milanese (e a tratti anche nazionale) negli ultimi cinque anni. Expo è un evento complesso, che riguarda la città di Milano e probabilmente l’intera nazione, che interessa molti settori, e ancora oggi sono tante le domande aperte, molti i rischi incombenti – non tutti noti – e innumerevoli le ferite che si devono ancora rimarginare. Per questo è necessario premettere qualche informazione riguardo gli assetti delle società che governano Expo, per comprendere quali siano le criticità e le contraddizioni presenti sullo scenario milanese (ma non solo) per i prossimi anni.

La proprietà delle aree è di Arexpo Spa, la società che ha comperato il milione di metri quadri su cui si sta svolgendo l’evento. Li ha acquistati da Cabassi, da Fondazione Fiera e da Poste Italiane, pagandoli uno sproposito (grazie ad una speculazione tipo “mani sulla città” garantita dalla giunta Moratti), indebitandosi con le banche (principalmente Intesa San Paolo per circa 160 milioni) e con la stessa Fondazione Fiera (per circa 50 milioni di euro). La gara indetta negli scorsi mesi per trovare un compratore per le aree del sito è andata deserta, e in molti stanno pensando a cosa fare di queste aree, che per il momento sembrano interessare a tutti ma che nessuno vuole.

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A meno che non intervenga un soggetto “forte”, sia sotto il profilo politico sia sotto quello finanziario, che garantisca la realizzazione di nuove opere, nuove infrastrutture Expo Spa è la società che ha costruito l’Expo e che sta gestendo lo show.

I compiti di Expo S.p.A. sono in sintesi: organizzare e gestire l’Evento; redigere il piano finanziario dettagliato delle opere essenziali; gestire i finanziamenti pubblici degli enti finanziatori; stipulare i contratti relativi alla gestione operativa dell’Evento ed acquisire i proventi, nel rispetto del dossier di candidatura e successive modificazioni; redigere alla chiusura dell’Evento un rendiconto finanziario generale, da sottoporre all’approvazione del Ministero dell’Economia e delle Finanze; (da wikipedia).

Expo Spa ha realizzato il sito e ha gestito il processo costruttivo dei padiglioni “standard”, ha stipulato i contratto con i paesi ospiti, sta gestendo il management di tutto lo svolgimento, sta percependo proventi di vario tipo (pubblicità, merchandising, …) e sta incassando il denaro proveniente dalla vendita dei biglietti. Ad oggi non è chiaro a nessuno quale sia il bilancio definitivo di Expo Spa. Certo è che erano attesi 29 milioni di visitatori, e forse si arriverà a 20 milioni. Il masterplan prevedeva che l’accesso costasse 30-32 euro, mentre fin dal mese di aprile erano sul mercato biglietti a 20 euro, che diventavano 10 euro per le scuole. Dal mese di giugno i visitatori serali (comunque contati nel conto complessivo) entrano con 5 euro. Molti paesi non stanno pagando i creditori, tra cui gli Stati Uniti. Si può affermare, senza timore di grosse smentite, che Expo produrrà un importante passivo che dovrà essere ripagato dall’unico soggetto capace di una operazione di questo genere e portata: il ministero dell’Economia, cioè lo Stato tramite Cassa Depositi e Prestiti. Questa voragine inoltre avrà sicuramente ripercussioni sul bilancio del comune di Milano, sull’economia dell’intera regione ed in generale sul “sistema paese”.

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Sul piano politico (e delle politiche) Expo è una specie di buco nero. Tutti si sono improvvisamente scoperti “expottimisti”, a partire ovviamente dal Pd e dalla giunta del sindaco Pisapia, che ha ereditato l’Expo quando ne avrebbe volentieri fatto a meno ma che non a saputo dire l’unico “no” che avrebbe dato un senso al suo mandato. L’euforia da Expo è stata venduta con gran dispiegamento di forze, ed  alla fine il mantra che ripete ossessivamente “Expo è un successo” si è affermato con modalità orwelliane.

La saldatura tra Comunione e Liberazione e Pd nella gestione di tutta l’area metropolitana è oramai definitiva. Sotto i profilo culturale Expo si è rivelato essere esattamente quello che molti avevano sempre temuto:la materializzazione di una specie di Disneyland in versione padana, con una dose rilevante di kitch e una enorme capacità di imporre il pensiero unico dell’”Expo felice”. In questo ambito, occorre riconoscerlo, ha dato una grossa mano il contribuito di (pare) circa 50 milioni elargito da Expo alle maggiori testate e giustificato sotto la voce “comunicazione istituzionale”. Gli effetti sul turismo sono contraddittori, in città il flusso dei turisti è sicuramente aumentato e le statistiche dicono che i visitatori sono raddoppiati rispetto al 2014.

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Però Milano non è una città turistica, e raddoppiare un numero piccolo non è un gran risultato … È ormai chiaro però che Expo si è rivelato un competitore con la città. Expo ha funzionato da attrazione verso il sito espositivo, con grandi afflussi concentrati nei weekend e lunghe code agli accessi, e da dissuasione rispetto alla città: molti ristoratori lamentano un calo delle presenze in centro, molti esercizi commerciali fuori dalle rotte verso Expo non hanno registrato alcun incremento di clientela. Sul piano della legalità Expo ha avuto il pregio di far emergere il peggio del peggio della corruzione, della connivenza tra settori dello stato, con manager incaricati di gestire la cosa pubblica e criminalità organizzata. Soprattutto ha dimostrato, per quanto fosse già chiaro, che la macchina del “grande evento”, così come è pensata, genera un diffuso agire criminale. Ormai è chiaro che non esiste una “grande opera” sana e pulita, le grandi opere per definizione sono un precipitato di criminalità e di connivenza tra impresa, stato ed organizzazioni malavitose, tanto da rendere difficile distinguere i confini tre questi soggetti.

Il dopo Expo per ora assomiglia a un qualcosa a metà tra un film con Fantozzi e un film di Fellini. Sicuramente subiremo con violenza la narrazione del successo di Expo, e si userà il numero di visitatori per giustificarlo. Invece i numeri reali del bilancio verranno tenuti nascosti almeno per tutta la campagna elettorale, che si svolgerà nella prossima primavera.

L’unico soggetto che ne uscirà bene sarà, come al solito,Fondazione Fiera Milano (Ffm) che venderà la sua quota in Areepo allo Stato, incasserà le plusvalenze e non dovrà nemmeno preoccuparsi delle bonifiche, delle dismissioni e di qualsiasi cosa riserverà il dopo-sito. L’area di Expo rischia di rimanere abbandonata a se stessa per i prossimi mesi e forse per i prossimi anni. Tutti resteranno fermi in attesa che vengano definiti gli accordi tra i poteri forti, che per l’area milanese in questa fase significano l’intreccio tra Fondazione Fiera, Ferrovie dello Stato, che sta per trasformare gli ex scali ferroviari in nuove speculazioni edilizie, Aler, che procederà con la svendita del patrimonio immobiliare pubblico, l’Università, che tenterà di diventare l’ennesimo agente del Real Estate. Uno scenario ad elevato rischio di bolla speculativa, perché a Milano non esiste nessun bisogno reale, cioè capace di suscitare mercato, di nuove edificazioni o di nuovi interventi, che finiranno per moltiplicare i fallimenti di Santa Giulia o di City Life.

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Infine si devono considerare i progetti infrastrutturali, che trovano nuova forza dallo Sblocca Italia, e che incombono sull’area metropolitana e in particolare sul Parco Sud (trivelle, discariche e stoccaggi di idrocarburi). Questi progetti confermano la gigantesca menzogna di Expo rispetto al tema dell’esposizione: cibo, filiera corta, alimenti a km zero, agricoltura sostenibile e periurbana etc., e dimostrano l’inutilità della Carta di Milano, spacciata come “High Agreement” quando in realtà nessuno sa cosa ci sia scritto e finirà dimenticata. Expo è stato e sarà un furto alla collettività. È stato realizzato con risorse pubbliche che hanno drenato le casse del Comune, della Regione e domani anche dello Stato.

Expo inoltre non ha ridistribuito ricchezza. Al contrario ha generato limitatissimi ritorni economici diffusi, mentre invece haprodotto enormi plusvalenze per pochi soggetti collocati in posizione strategica. Expo infine è stata la vittoria della logica emergenziale, violenta e privatistica di concepire l’economia e più in generale i rapporti sociali in questa fase di crisi. L’unica risposta accettabile, che peraltro potrebbe solo in parte restituire quanto sottratto negli scorsi anni, consiste nel convertire il sito per restituirlo alla città ed al territorio.

Il dopo Expo deve diventare un luogo sociale, deve restituire alla città le aree e le infrastrutture, deve diventare bene comune e patrimonio di tutti i cittadini, deve sdebitarsi per tutto quello che è stato sottratto a Milano e al paese.Ma questo non è ancora sufficiente. È necessario che anche l’intero processo decisionale su cosa fare dell’Expo sia oggetto di una valutazione e di una decisione partecipata. Un dispositivo di partecipazione attiva in cui i cittadini possano esprimere un punto di vista che di sicuro sarebbe differente da quello di Fiera, Expo e Compagnia delle Opere

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*Comitato No Expo
Fonte il Granello di Sabbia

 

Citato in http://comune-info.net/2015/11/dopo-lexpo/

BOMBARDAMENTO ISRAELIANO SU GAZA: UCCISE UNA DONNA INCINTA E UNA BIMBA DI DUE ANNI

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Gaza-Quds Press e PIC. Domenica all’alba, un attacco aereo israeliano contro la Striscia di Gaza ha distrutto una casa palestinese, uccidendo una donna incinta e la figlioletta, e ferendo altri tre membri della famiglia.

Un portavoce del ministero della Sanità, Nour Hassan, ha dichiarato che la donna, al quinto mese di gravidanza, e la sua bimba, Rahaf Yehya, di due anni, sono state uccise quando la casa è collassata su di loro, come risultato dell’attacco aereo israeliano contro il sobborgo di Azzeitoun, a est della città di Gaza.

Al momento delle dichiarazioni del portavoce del ministero, erano ancora in corso i tentativi di ricerca di altre persone sotto le macerie.

Testimoni hanno dichiarato che la casa è stata ridotta in macerie dalle bombe israeliane che hanno colpito un vicino sito di addestramento della resistenza palestinese.

Un aereo israeliano ha lanciato due missili contro due campi delle Brigate al-Qassam, ala militare di Hamas, a Gaza. Uno dei due campi era vicino alla casa.

Nella foto, il padre della piccola vittima, Rahaf.

 

 

“Agenzia stampa Infopal – www.infopal.it”

 

http://www.infopal.it/bombardamento-israeliano-su-gaza-uccise-una-mamma-incinta-e-una-bimba-di-2-anni/

GRIDIAMO FORTE IL NOSTRO OXI EUROPEO

 

AD ATENE IL FRONTE DEL NO TORNA IN PIAZZA

A quanto pare, la Grecia, dopo aver vinto una battaglia, si prepara a perdere la guerra. A una settimana dalla vittoria referendaria, il governo greco di Alexis Tsipras cede al ricatto del gigante tedesco preparandosi a pesanti riforme in cambio di aiuti. Già da ieri il popolo greco è tornato a scendere in piazza per protestare contro questo accordo.  Forse il governo  greco sta tradendo il suo popolo o forse la Grecia è stata lasciata sola da parte di altri paesi europei che avrebbero potuto costituire una coalizione antitedesca, per esempio la Francia. Comunque sia il fronte del No all’austerity, del No alla troika si sta preparando per una mobilitazione europea prevista per domani, termine ultimo per l’approvazione delle riforme.
Staremo a vedere come il popolo greco e i solidali di tutta Europa faranno sentire la loro voce per un No alla resa.

D. Q.

 

  • 14 Lug 2015 12.34

Ad Atene il fronte del no torna in piazza

Il 13 luglio, dopo che Atene ha trovato un accordo con i creditori a Bruxelles, i cittadini sono tornati in piazza Syntagma per esprimere dissenso rispetto all’intesa. “L’Europa ci umilia”, hanno affermato i manifestanti che hanno criticato Alexis Tsipras per la sua decisione di firmare il piano.

Tra i partecipanti alla manifestazione il sindacato del pubblico impiego, Adedy, che ha indetto uno sciopero di 24 ore per il 15 luglio, quando il parlamento dovrà votare le nuove misure di austerità concordate con l’eurozona.

 

Fonte:

http://www.internazionale.it/video/2015/07/14/atene-proteste

 

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Cosa resta dell’Europa?

L’Eurosummit si chiude con la vendetta della Germania nei confronti di Atene. Entro mercoledì nuova tranche di riforme “lacrime e sangue” e poi via alle privatizzazioni in cambio degli aiuti economici. Dopo la trattativa di questa settimana molte cose non saranno più come prima

Dopo diciassette ore di trattative l’Eurosummit si è chiuso con un accordo che avrà probabilmente conseguenze devastanti. Un pacchetto di aiuti che si aggira tra gli 82 e gli 86 miliardi di euro verrà stanziato per un periodo di tre anni a favore della Grecia, se e solo se in questa settimana la Grecia approverà un pacchetto di riforme enormi. Perciò il parlamento di Atene è chiamato a votare entro il 15 luglio, cioè meno di tre giorni, su: la riforma delle pensioni, del fisco – comprensiva dell’innalzamento dell’IVA – l’autonomizzazione dell’istituto nazionale di statistica e la piena applicazione del Fiscal Compact, che prevede, tra le altre cose, la costituzionalizzazione del pareggio di bilancio. Entro il 22 luglio si dovrà riformare il codice civile e applicare pienamente la direttiva sulle crisi bancarie (Brrd).

Una volta approvate queste riforme e quindi ristabilita “la fiducia” dei creditori nei confronti del governo greco, l’Eurogruppo potrà dare il suo via libera per il Memorandum of Understanding, che dovrà essere votato in seguito, secondo le procedure dei singoli stati, da almeno sei parlamenti nazionali, tra cui – chiaramente – il parlamento tedesco. “Al fine di costituire la base per una conclusione di successo del protocollo d’intesa, l’offerta greca di misure di riforma deve essere seriamente rafforzata (…). Il governo greco deve formalmente impegnarsi a rafforzare le proprie proposte in un numero di aree identificate dalle Istituzioni”, con tempi chiari, obiettivi precisi, standard di riferimento e ispirandosi alle buone pratiche europee (traduzione nostra). Cosa bisogna “riformare”? E’ necessaria un’ “ambiziosa” riforma delle pensioni, una piena liberalizzazione del mercato dei beni e servizi (ex: farmacie, traghetti, aperture la domenica…), privatizzazione della compagnia elettrica, “una rigorosa revisione e modernizzazione del mercato del lavoro”, in particolare per ciò che riguarda la contrattazione collettiva e le misure industriali, rafforzare il sistema finanziario, eliminando qualsiasi possibilità di interferenza politica nel sistema bancario.

A queste riforme si aggiunge la costituzione di un fondo di 50 miliardi che si occuperà di gestire un massiccio processo di privatizzazione. Gli assets – o meglio i beni pubblici – considerati “valuables” verranno trasferiti a questo fondo che si occuperà di “monetizzarli” attraverso la loro vendita al migliore offerente. I fondi così ricavati verranno utilizzati per ripagare una parte del prestito triennale, per ammortizzare una parte del debito pubblico e per investimenti per far “ripartire l’economia”. Il fondo avrà sede in Grecia, e non in Lussemburgo come inizialmente previsto, e verrà gestito dalle istituzioni greche, sotto la supervisione delle Istituzioni europee. Ovviamente sono presenti minacciose clausole di salvaguardia, quali anche noi ben conosciamo.

Durante i negoziati la Grecia aveva costruito la propria linea di difesa attorno a quattro punti principali: il rifiuto della partecipazione dell’FMI al terzo programma di aiuti, l’opposizione al fondo per le privatizzazioni, la ristrutturazione del debito, la garanzia di liquidità alle banche. Soltanto sull’ultimo punto – stando al tenore delle dichiarazioni di queste ore – il governo greco sembra essere riuscito a strappare qualcosa, per il resto – a parte il trasferimento del fondo per le privatizzazioni dal Lussemburgo ad Atene – il governo Tsipras è stato costretto a capitolare. La stessa discussione attorno alla ristrutturazione del debito è presente nel testo dell’accordo in termini molto vaghi.

Durante il negoziato, come riporta questa infografica del Guardian di ieri, lo schieramento dei “falchi” dell’austerity, con a capo la Germania, ha portato fino in fondo il progetto ordoliberale europeo: o la Grexit o la capitolazione della Grecia. In entrambi i casi la Germania avrebbe vinto. I termini in cui si sono svolte le trattative e il contenuto stesso dell’accordo fanno emergere in piena luce un progetto di Europa costruito attorno a un blocco tedesco, forte di una maggioranza schiacciante all’interno dell’Eurosummit. La stessa proposta avanzata negli ultimi giorni dal ministro Schäuble sulla possibilità di una Grexit “a tempo” chiarisce la posizione della Grosse Koalition tedesca sul futuro dell’Europa. Se, come sosteneva Varoufakis nei scorsi giorni, l’eurozona è qualcosa di più di un’area a cambi fissi, ma è qualcosa di meno di uno entità statale, è altrettanto vero che il ricatto tedesco in questi giorni si è basato proprio sulla possibilità della Germania di aggredire i capitali ellenici in caso di uscita della Grecia dall’euro. Un’alternativa tra default e austerity che poteva essere rotta solo attraverso la costituzione di un fronte antitedesco al tavolo del negoziato, con la Francia in prima fila. Tutto ciò non è avvenuto e la scommessa di Tsipras sulla trattativa si è rivelata perdente.

Ora il parlamento greco dovrà votare questo pessimo accordo uscito dall’Eurosummit, lo scenario più probabile è che Syriza si divida e una parte voti contro, aprendo di fatto una crisi di governo cui potrebbe seguire la prospettiva di un governo di unità nazionale o addirittura le elezioni anticipate. In ogni caso, un’eventuale crisi di Syriza rappresenterebbe per la Merkel la ciliegina sulla torta. Diverso effetto, soprattutto in vista di elezioni anticipate e di un ricompattamento della sinistra radicale, potrebbe avere un clamoroso gesto di dimissioni di Tsipras al primo rilancio ricattatorio della trojka.

Di fatto sappiamo chi pagherà: i precari, i disoccupati, i lavoratori e un paese pauperizzato e umiliato. Non possiamo negarlo, questo accordo rappresenta una forte battuta di arresto alla possibilità di ridisegnare lo spazio europeo. Il potere economico tedesco ha utilizzato tutto il suo potere di ricatto, ma il più grande merito del governo greco è stato far emergere con forza esplosiva le contraddizioni dell’UE. La vittoria dell’#Oxi della scorsa domenica è stata innanzitutto l’apertura di uno spazio per riprendere in mano la decisione politica, ed è ancora questa la sfida che abbiamo di fronte: comprendere qual è lo spazio e la scala per poter tornare a decidere. In Grecia sono previste manifestazioni già oggi pomeriggio, mentre mercoledì è stato annunciato uno sciopero del settore pubblico, e sta circolando l’appello per una mobilitazione europea nei prossimi giorni. Lo spazio di mobilitazione sociale aperto dal referendum non è chiuso e chi ha votato “no” vuole rimanere in piedi. Su ciò che resta dell’Europa.

 

 

Fonte:

http://www.dinamopress.it/news/cosa-resta-delleuropa

Atene, the day before

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Ci sono luoghi nel mondo dove la Storia sembra scorrere a un ritmo lento e rilassato. Ci sono cittá che cambiano verso l’alto, nella skyline, o sotto la scorza di una monotonia che si ripete.

Poi c’é Atene. Atene che cambia dentro. Atene della crisi, che ogni volta ti regala un dettaglio inedito, dietro cui si nasconde un significato piú grande, che a volte sfugge, a volte é chiaro. I ragazzini con le divise addosso e le armi in mano ad ogni angolo di Exarcheia, dopo la rivolta di dicembre 2008. I marmi divelti dei palazzi delle strade che confluiscono a Syntagma, a partire dal 2010. Centinaia di tossici che assediano il perimetro di Exarcheia, a ridosso delle elezioni di giugno 2012. Criminali robusti e vestititi di nero che minacciano con lo sguardo e con le mani, che torturano e uccidono, dopo l’ingresso in Parlamento dei loro camerati. L’entusiasmo inquieto e l’attesa preoccupata dopo la caduta dell’ennesimo governo, poche ore prima che la speranza dell’alternativa diventi fatto concreto.

Oggi Atene regala l’immagine di una cittá sospesa e divisa. Le macchinette della metro sono coperte da un cartello: ‘I trasporti pubblici sono gratuiti fino a nuova comunicazione’. Gli OXI e i NAI si alternano a singhiozzo sui manifesti che coprono i pali e i muri del centro e sulle copertine dei giornali esposti in ogni Periptero [edicole a chiosco, nda]. Nei bar affollati si legge, la carta stampata o le schermate degli smartphone, e si discute.

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Questa é Atene, il giorno prima che la Storia si affacci di nuovo in cittá. Questa é Atene, il giorno dopo le piazze di chiusura della campagna referendaria. Piena quella per il sí. Strabordante, commovente, da brividi quella per il no.

Se gli ultimi giorni avevano segnato una tendenziale rimonta di chi si diceva disposto ad accettare un nuovo memorandum, l’impressione (forse, la speranza) é che la giornata di ieri possa aver invertito questa direzione. Certo é impossibile fare previsioni o avere il polso della situazione. Almeno ad Atene, peró, potrebbe essersi aperta una breccia nel muro di paura cementificato dalla Troika, dalle multinazionali, dai padroni. La capitale, dove vivono la metá degli elettori greci, ha dato una risposta impressionante circondando e inonando Syntagma, mentre Alexis Tsipras teneva il discorso conclusivo.

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Una prova non scontata. Una risposta a chi sta praticando un colpo di Stato non convenzionale. Non con i carrarmati e le armi spianate, senza colonnelli, ma con il blocco della liquiditá alle banche, con le minacce di non pagare gli stipendi e di licenziare in massa, con mille ricatti grandi e piccoli, degni solo dell’arroganza di chi ha affamato il Paese, lo ha costretto al suicidio, lo ha indebitato, ma non é ancora sazio. Ci vorrá grande coraggio e un’infinita dignitá per votare No domani. Non sará certo facile con la pistola alla testa puntata dal fronte pro-austerity.

Intanto, intorno al Greferendum i fronti che si scontrano oggi in Europa e per l’Europa stanno assumendo maggiore concretezza e diventano visibili a un largo pubblico. Da un lato, troviamo chi vuole cancellare qualsiasi prerogativa democratica e distruggere lo Stato sociale e i diritti conquistati dalle lotte. Chi lavora quotidianamente per trasformare il vecchio continente, e in particolare la sua area mediterranea, in una riserva di lavoro a basso costo o gratuito, senza potere contrattuale. Chi spende miliardi per escludere migranti e rifugiati, per costringerli a morire al di lá del mare e delle frontiere. Chi non puó tollerare che agli interessi dei mercati finanziari e delle élite globali si contrappongano politiche differenti, in fondo neanche troppo radicali e comunque legittimate formalmente da un mandato popolare.

Dall’altro lato, peró, c’é un popolo europeo che lentamente, a fatica, sta alzando la testa, cercando di consolidare ed espandere l’incompatibilitá con i diktat neoliberali, con il disprezzo della vita e della democrazia delle istituzioni finanziarie. Lo sciopero europeo del 14 novembre 2012, l’intenso percorso di Blockupy culminato nell’assedio all’Eurotower, l’emersione in diversi Paesi di partiti radicali e anti-austerity, l’esperienza greca in tutta la sua complessitá, gli scontri e i fuochi che dall’inizio della crisi sono scoppiati nelle principali metropoli, fino alle decine di piazze europee di ieri, riempite da migliaia di persone nel silenzio generalizzato dei media di regime.

Questa grande mobilitazione per il No merita un breve approfondimento. Innanzitutto bisogna sottolineare l’importanza della lettura europea di questa consultazione refendaria, che comunque rimane su base nazionale. Le piazze di ieri e le azioni di questi giorni raccontano una crescente capacitá di interpretazione della fase politica e della spazialitá che le é propria. La consapevolezza che il risultato del voto greco riguarda il futuro di tutti i cittadini europei ha travalicato i circoli dei militanti politici da piú tempo impegnati nella costruzione di dinamiche politiche transnazionali. Inoltre, un altro merito di queste piazze é quello di aver contribuito a smascherare la sistematica produzione di menzogne dei centri di potere finanziario e delle istituzioni europee. Stanno raccontando che il No é un voto contro l’Europa, eppure ieri é stata proprio l’Europa che in maniera compatta ha votato No nelle strade: neppure una piazza si é riempita a sostegno del Sí!

Allora diciamo le cose come stanno. La scelta non é pro o contro l’Europa. La scelta é pro o contro quest’Europa. L’Europa del debito, dei ricatti, dello schiavismo, del razzismo, oppure un’Europa in cui ci sia spazio per l’alternativa, per i diritti del lavoro e per i diritti sociali, per l’autodeterminazione, per i movimenti sociali e per una democrazia che va necessariamente radicalizzata. La questione dell’euro é solo una parte di questo tema piú ampio e decisamente piú importante. Di sicuro non si puó pensare di sacrificare la possibilitá dell’alternativa sull’altare della moneta unica e dei ricatti ad essa connessi!

Comunque vada, siamo alla resa dei conti: il nemico vuole colpire SYRIZA e il popolo greco per educare, scoraggiare, sfiancare tutti coloro che in questi anni si sono opposti all’austerity e al progetto di autoritarismo finanziario della Troika e delle istituzioni europee. Da domani, in ogni caso, niente sará come prima. Da domani, in ogni caso, ci sará maggiore bisogno di un movimento europeo reale e di rotture che dal basso e dall’alto facciano male al nemico.

di Giansandro Merli

 

Fonte:

http://atenecalling.org/atene-the-day-before/

 

Leggi anche qui:

Cosa succede, cosa succede in città? Impressioni dalle strade di Atene

supa-500x330Atene, in questi giorni è una città calviniana, invisibilmente presa nei suoi percorsi simbolici, nelle sue linee insieme concrete ed effimere, attraversata dal dubbio. Ma chi sono i protagonisti di questa storia, che non fanno che apparire confusi ai lettori…

SOLIDARIETA’ A SHIP TO GAZA GREECE – IN SOLIDARIETY WITH SHIP TO GAZA GREECE

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In questo momento, mentre attendiamo i voli di rimpatrio forzato delle ultime persone sequestrate in acque internazionali dalla marina israeliana, il nostro pensiero va anche al grande sacrificio dei compagni di “Ship to Gaza Grecia”, campagna che, assieme a “Freedom Flotilla Italia” e alle altre della coalizione internazionale FFC, contribuisce alla missione Freedom Flotilla III. Queste persone hanno continuato a lavorare per il popolo palestinese di Gaza, nonostante la situazione di emergenza in cui versa il loro paese, negli ultimi anni, e in queste ultime settimane in particolare.

La Grecia è ora in prima linea nel difendere i diritti sociali alla base dell’Europa comunitaria, diritti che l’Europa della finanza vuole cancellare, incurante della crisi umanitaria che questo comporta.

Teniamo a far notare che l’attuale governo greco, nonostante la situazione sia ancora più difficile di quella del 2011, si è comportato onestamente, con dignità, non intervenendo per bloccare le imbarcazioni della Freedom Flotilla III, in partenza dai porti ellenici. Sembra ovvio che sia così, eppure il governo in carica nel 2011, in cerca di aiuti economici, si comportò in maniera opposta, emanando un decreto legge senza precedenti per fermare le imbarcazioni della Freedom Flotilla II, anche allora ancorate nei porti greci, in attesa di partire per Gaza.

In solidarietà

Freedom Flotilla Italia

Under the actual circumstances, while waiting for the return of last deported people, captured in international water by the Israeli Navy, our thoughts go also to the big efforts of the “Ship to Gaza Greece” campaign, that along with other campaigns in the international Freedom Flotilla Coalition, are contributing to the Freedom Flotilla III. Those Greek activists continued to work for the Palestinian people of Gaza, despite the emergency situation involving their country during the past years and particularly the past weeks.

Now Greece is front line defending the social rights that should be the grounds of the EU Community, whereas the actual Europe, led by financial market, is willing to cancel those rights, with no regard to the resulting humanitarian crisis.

We highlight the fact that the actual Greek Government, despite the current situation being even worst than in 2011, is acting honestly and with dignity towards Flotilla III boats, not having prevented them from departing from Greek ports. This may appear an odd statement. It is not, because the Greek Government in charge in 2011, probably seeking for economical help, choose to act differently issuing a Legislative Decree, unprecedented, thus preventing Freedom Flotilla II boats to Gaza from departing from Greek ports.

In solidarity

Freedom Flotilla Italia

 

Fonte:

http://www.freedomflotilla.it/2015/07/04/solidarieta-a-ship-to-gaza-greece-in-solidarity-with-ship-to-gaza-greece/