Memorandum greco: privatizzazioni made in EU

Il Memorandum rivela il nuovo tentativo dell’UE di imporre la privatizzazione dell’acqua in Grecia.

L’obbligo di svendere € 50 miliardi di patrimonio pubblico è uno degli aspetti più controversi dell’ “accordo” che i paesi dell’Eurozona e la troika hanno costretto a firmare il governo greco durante “la notte della vergogna” di metà luglio.

I dettagli di ciò che esattamente la Grecia è tenuta a privatizzare sono ormai emersi con la fuoriuscita del “Protocollo d’intensa per un programma triennale dell’ESM (Meccanismo Europeo di Stabilità ndr)” preparato dal Fondo Monetario Internazionale, la Commissione Europea e la Banca Centrale Europea [1]. Il documento trapelato elenca 23 beni dello Stato, che vanno dagli aeroporti alle aziende di pubblica utilità, e presenta passaggi e scadenze precise per la privatizzazione.

E’ scioccante che questo elenco comprenda due grandi aziende pubbliche dell’acqua: Atene Water Supply & Sewerage S. A. (EYDAP) e Salonicco Water Supply & Sewerage S. A. (EYATH), che forniscono acqua potabile per le due più grandi città del paese. La troika aveva insistito per la privatizzazione dell’acqua nel Memorandum precedente, ma una forte opposizione dell’opinione pubblica aveva bloccato la proposta.

Nel giugno 2014 il Consiglio di Stato, la più alta corte amministrativa del paese, aveva stabilito che il trasferimento di un pacchetto azionario di maggioranza dell’azienda dell’acqua pubblica di Atene EYDAP in mani private era incostituzionale, a causa della responsabilità dello Stato di proteggere “il diritto fondamentale dei cittadini alla salute” [2]. Il nuovo protocollo prevede la cessione dell’11% delle azioni EYDAP, che sembra poco rispetto al valore nominale, ma dato che il 38,7% delle azioni di EYDAP sono già di proprietà di aziende private e singoli, si lascerebbe il 49,7% dell’azienda di pubblica utilità in mani private.

Come a Salonicco dove un referendum non vincolante si è tenuto nel maggio 2014, con il 98% dei voti contro la privatizzazione dell’acqua. Questa iniziativa dei cittadini ha mobilitato 218,002 elettori e ha inviato un messaggio chiarissimo rifiutando la prevista cessione del 51% delle azioni Eyath a investitori privati (la Suez, multinazionale francese dell’acqua e la Merokot, aziende statale israeliana, avevano mostrato interesse). Il memorandum trapelato ordina ora la liquidazione del 23% delle azioni di proprietà dello Stato; sapendo che un altro 26% è già in mano ai privati, questo renderebbe la società al 49% privata.

In entrambi i casi, la troika chiede una svendita al massimo livello possibile, senza entrare in conflitto direttamente con la sentenza della Corte. George Archontopoulos, il presidente del sindacato dei lavoratori dell’azienda dell’acqua di Salonicco, teme che agli investitori privati “sarà dato il controllo della gestione in regalo”. Quindi “se si tratta del 49% o del 51%, ci opponiamo ad un’ulteriore privatizzazione della società”, dice Archontopoulos.

Giustamente perché ci sono numerosi esempi di cosiddetti partenariati pubblico-privato in cui le multinazionali dell’acqua possiedono poco meno della metà delle azioni, ma ne controllano la società de facto. Un esempio ironico è quello della capitale della Germania Berlino, che ha venduto il 49,9% della sua società dell’acqua (BWB) nel 1999. Nonostante la quota di minoranza, le società private controllavano la gestione e si erano garantiti alti profitti mediante contratti segreti. Nel 2013, l’acqua di Berlino è stata presa di nuovo in mano pubblica, dopo quasi 15 anni di privatizzazione impopolare. Come riportato dal The Guardian la settimana scorsa, la spinta da parte del governo tedesco e le istituzioni dell’UE a privatizzare l’acqua greca contraddice decisamente l’andamento del resto d’Europa, dove le città stanno “rimunicipalizzando” l’acqua dopo gli esperimenti falliti di privatizzazione. Il settore idrico della Germania è prevalentemente pubblico di proprietà e di gestione e la popolazione tedesca gode di servizi idrici di alta qualità forniti da queste aziende municipalizzate.

Già abbastanza danni sono stati fatti. Le aziende idriche pubbliche di Atene e Salonicco sono state quotate nella Borsa di Atene per quasi 15 anni. Da allora il numero di dipendenti a Salonicco è diminuito da 700 a 229. Si tratta veramente di un piccolo numero di lavoratori per una città di oltre un milione di abitanti e 2.330 km di rete idrica. In una città paragonabile come Amsterdam (1,3 milioni di abitanti e 2.700 km di rete), la società idrica pubblica impiega 1.700 dipendenti. Tagli simili ci sono stati anche ad Atene.

I servizi idrici sia di Atene che di Salonicco sono moderni e ben funzionanti e non c’è giustificazione logica per la privatizzazione. Nonostante la grave crisi sociale in Grecia, EYDAP e EYATH hanno fornito servizi essenziali e di alta qualità, a una delle tariffe più convenienti in Europa. Le aziende sono efficienti e hanno i conti in ordine.

L’insistenza della Troika per la privatizzazione è guidata da un’ideologia fuorviante. Prima di tutto, la vendita delle azioni delle aziende dell’acqua produrrà guadagni insignificanti se si considera il quadro generale.

Peggio ancora, consegnare il controllo di servizi essenziali a multinazionali private presenta gravi rischi per i più vulnerabili della popolazione greca colpita dalla crisi. L’imposizione testarda e aggressiva della privatizzazione va contro la volontà dei cittadini greci e rappresenta un attacco diretto alla democrazia. E’ scandaloso che la Commissione europea, una delle tre istituzioni che formano la Troika, ignori ancora una volta il suo obbligo derivante dal trattato UE di rimanere neutrale quando si tratta di proprietà dei servizi idrici. [3]

Traduzione: Vanessa Bilancetti

Pubblicato su: Corporate Europe Observatory

[1] Il documento è disponibile sul sito dell’europarlamentare Sven Giegold dei Verdi tedeschi: “Greece Memorandum of Understanding for a three year ESM programme” http://www.sven-giegold.de/wp-content/uploads/2015/08/MoU-draft-11-Augus… ANNEXES 1 HRDAF Asset Development Plan 30 July 2015 http://www.sven-giegold.de/wp-content/uploads/2015/08/Privatisation-Prog…

HRDAF Government Pending Actions 30 July 2015 http://www.sven-giegold.de/wp-content/uploads/2015/08/Government-Pending… The list of privatisation projects is in the first annex.

[2] La sentenza è accaduta dopo che il 27,3% delle azioni erano state trasferite al fondo di privatizzazione HRADF nel i gennaio 2014, per essere vendute agli investitori privati. La corte ha bloccato il previsto trasferimento di un altro 34,03% alla HRADF

[3] ¨EU Commission forces crisis-hit countries to privatise water ¨, October 17th 2012; http://corporateeurope.org/pressreleases/2012/eu-commission-forces-crisi…

 

 

Fonte:

http://www.dinamopress.it/news/memorandum-greco-privatizzazioni-made-in-eu

AD ATENE IL FRONTE DEL NO TORNA IN PIAZZA

A quanto pare, la Grecia, dopo aver vinto una battaglia, si prepara a perdere la guerra. A una settimana dalla vittoria referendaria, il governo greco di Alexis Tsipras cede al ricatto del gigante tedesco preparandosi a pesanti riforme in cambio di aiuti. Già da ieri il popolo greco è tornato a scendere in piazza per protestare contro questo accordo.  Forse il governo  greco sta tradendo il suo popolo o forse la Grecia è stata lasciata sola da parte di altri paesi europei che avrebbero potuto costituire una coalizione antitedesca, per esempio la Francia. Comunque sia il fronte del No all’austerity, del No alla troika si sta preparando per una mobilitazione europea prevista per domani, termine ultimo per l’approvazione delle riforme.
Staremo a vedere come il popolo greco e i solidali di tutta Europa faranno sentire la loro voce per un No alla resa.

D. Q.

 

  • 14 Lug 2015 12.34

Ad Atene il fronte del no torna in piazza

Il 13 luglio, dopo che Atene ha trovato un accordo con i creditori a Bruxelles, i cittadini sono tornati in piazza Syntagma per esprimere dissenso rispetto all’intesa. “L’Europa ci umilia”, hanno affermato i manifestanti che hanno criticato Alexis Tsipras per la sua decisione di firmare il piano.

Tra i partecipanti alla manifestazione il sindacato del pubblico impiego, Adedy, che ha indetto uno sciopero di 24 ore per il 15 luglio, quando il parlamento dovrà votare le nuove misure di austerità concordate con l’eurozona.

 

Fonte:

http://www.internazionale.it/video/2015/07/14/atene-proteste

 

*

Cosa resta dell’Europa?

L’Eurosummit si chiude con la vendetta della Germania nei confronti di Atene. Entro mercoledì nuova tranche di riforme “lacrime e sangue” e poi via alle privatizzazioni in cambio degli aiuti economici. Dopo la trattativa di questa settimana molte cose non saranno più come prima

Dopo diciassette ore di trattative l’Eurosummit si è chiuso con un accordo che avrà probabilmente conseguenze devastanti. Un pacchetto di aiuti che si aggira tra gli 82 e gli 86 miliardi di euro verrà stanziato per un periodo di tre anni a favore della Grecia, se e solo se in questa settimana la Grecia approverà un pacchetto di riforme enormi. Perciò il parlamento di Atene è chiamato a votare entro il 15 luglio, cioè meno di tre giorni, su: la riforma delle pensioni, del fisco – comprensiva dell’innalzamento dell’IVA – l’autonomizzazione dell’istituto nazionale di statistica e la piena applicazione del Fiscal Compact, che prevede, tra le altre cose, la costituzionalizzazione del pareggio di bilancio. Entro il 22 luglio si dovrà riformare il codice civile e applicare pienamente la direttiva sulle crisi bancarie (Brrd).

Una volta approvate queste riforme e quindi ristabilita “la fiducia” dei creditori nei confronti del governo greco, l’Eurogruppo potrà dare il suo via libera per il Memorandum of Understanding, che dovrà essere votato in seguito, secondo le procedure dei singoli stati, da almeno sei parlamenti nazionali, tra cui – chiaramente – il parlamento tedesco. “Al fine di costituire la base per una conclusione di successo del protocollo d’intesa, l’offerta greca di misure di riforma deve essere seriamente rafforzata (…). Il governo greco deve formalmente impegnarsi a rafforzare le proprie proposte in un numero di aree identificate dalle Istituzioni”, con tempi chiari, obiettivi precisi, standard di riferimento e ispirandosi alle buone pratiche europee (traduzione nostra). Cosa bisogna “riformare”? E’ necessaria un’ “ambiziosa” riforma delle pensioni, una piena liberalizzazione del mercato dei beni e servizi (ex: farmacie, traghetti, aperture la domenica…), privatizzazione della compagnia elettrica, “una rigorosa revisione e modernizzazione del mercato del lavoro”, in particolare per ciò che riguarda la contrattazione collettiva e le misure industriali, rafforzare il sistema finanziario, eliminando qualsiasi possibilità di interferenza politica nel sistema bancario.

A queste riforme si aggiunge la costituzione di un fondo di 50 miliardi che si occuperà di gestire un massiccio processo di privatizzazione. Gli assets – o meglio i beni pubblici – considerati “valuables” verranno trasferiti a questo fondo che si occuperà di “monetizzarli” attraverso la loro vendita al migliore offerente. I fondi così ricavati verranno utilizzati per ripagare una parte del prestito triennale, per ammortizzare una parte del debito pubblico e per investimenti per far “ripartire l’economia”. Il fondo avrà sede in Grecia, e non in Lussemburgo come inizialmente previsto, e verrà gestito dalle istituzioni greche, sotto la supervisione delle Istituzioni europee. Ovviamente sono presenti minacciose clausole di salvaguardia, quali anche noi ben conosciamo.

Durante i negoziati la Grecia aveva costruito la propria linea di difesa attorno a quattro punti principali: il rifiuto della partecipazione dell’FMI al terzo programma di aiuti, l’opposizione al fondo per le privatizzazioni, la ristrutturazione del debito, la garanzia di liquidità alle banche. Soltanto sull’ultimo punto – stando al tenore delle dichiarazioni di queste ore – il governo greco sembra essere riuscito a strappare qualcosa, per il resto – a parte il trasferimento del fondo per le privatizzazioni dal Lussemburgo ad Atene – il governo Tsipras è stato costretto a capitolare. La stessa discussione attorno alla ristrutturazione del debito è presente nel testo dell’accordo in termini molto vaghi.

Durante il negoziato, come riporta questa infografica del Guardian di ieri, lo schieramento dei “falchi” dell’austerity, con a capo la Germania, ha portato fino in fondo il progetto ordoliberale europeo: o la Grexit o la capitolazione della Grecia. In entrambi i casi la Germania avrebbe vinto. I termini in cui si sono svolte le trattative e il contenuto stesso dell’accordo fanno emergere in piena luce un progetto di Europa costruito attorno a un blocco tedesco, forte di una maggioranza schiacciante all’interno dell’Eurosummit. La stessa proposta avanzata negli ultimi giorni dal ministro Schäuble sulla possibilità di una Grexit “a tempo” chiarisce la posizione della Grosse Koalition tedesca sul futuro dell’Europa. Se, come sosteneva Varoufakis nei scorsi giorni, l’eurozona è qualcosa di più di un’area a cambi fissi, ma è qualcosa di meno di uno entità statale, è altrettanto vero che il ricatto tedesco in questi giorni si è basato proprio sulla possibilità della Germania di aggredire i capitali ellenici in caso di uscita della Grecia dall’euro. Un’alternativa tra default e austerity che poteva essere rotta solo attraverso la costituzione di un fronte antitedesco al tavolo del negoziato, con la Francia in prima fila. Tutto ciò non è avvenuto e la scommessa di Tsipras sulla trattativa si è rivelata perdente.

Ora il parlamento greco dovrà votare questo pessimo accordo uscito dall’Eurosummit, lo scenario più probabile è che Syriza si divida e una parte voti contro, aprendo di fatto una crisi di governo cui potrebbe seguire la prospettiva di un governo di unità nazionale o addirittura le elezioni anticipate. In ogni caso, un’eventuale crisi di Syriza rappresenterebbe per la Merkel la ciliegina sulla torta. Diverso effetto, soprattutto in vista di elezioni anticipate e di un ricompattamento della sinistra radicale, potrebbe avere un clamoroso gesto di dimissioni di Tsipras al primo rilancio ricattatorio della trojka.

Di fatto sappiamo chi pagherà: i precari, i disoccupati, i lavoratori e un paese pauperizzato e umiliato. Non possiamo negarlo, questo accordo rappresenta una forte battuta di arresto alla possibilità di ridisegnare lo spazio europeo. Il potere economico tedesco ha utilizzato tutto il suo potere di ricatto, ma il più grande merito del governo greco è stato far emergere con forza esplosiva le contraddizioni dell’UE. La vittoria dell’#Oxi della scorsa domenica è stata innanzitutto l’apertura di uno spazio per riprendere in mano la decisione politica, ed è ancora questa la sfida che abbiamo di fronte: comprendere qual è lo spazio e la scala per poter tornare a decidere. In Grecia sono previste manifestazioni già oggi pomeriggio, mentre mercoledì è stato annunciato uno sciopero del settore pubblico, e sta circolando l’appello per una mobilitazione europea nei prossimi giorni. Lo spazio di mobilitazione sociale aperto dal referendum non è chiuso e chi ha votato “no” vuole rimanere in piedi. Su ciò che resta dell’Europa.

 

 

Fonte:

http://www.dinamopress.it/news/cosa-resta-delleuropa