AD ATENE IL FRONTE DEL NO TORNA IN PIAZZA

A quanto pare, la Grecia, dopo aver vinto una battaglia, si prepara a perdere la guerra. A una settimana dalla vittoria referendaria, il governo greco di Alexis Tsipras cede al ricatto del gigante tedesco preparandosi a pesanti riforme in cambio di aiuti. Già da ieri il popolo greco è tornato a scendere in piazza per protestare contro questo accordo.  Forse il governo  greco sta tradendo il suo popolo o forse la Grecia è stata lasciata sola da parte di altri paesi europei che avrebbero potuto costituire una coalizione antitedesca, per esempio la Francia. Comunque sia il fronte del No all’austerity, del No alla troika si sta preparando per una mobilitazione europea prevista per domani, termine ultimo per l’approvazione delle riforme.
Staremo a vedere come il popolo greco e i solidali di tutta Europa faranno sentire la loro voce per un No alla resa.

D. Q.

 

  • 14 Lug 2015 12.34

Ad Atene il fronte del no torna in piazza

Il 13 luglio, dopo che Atene ha trovato un accordo con i creditori a Bruxelles, i cittadini sono tornati in piazza Syntagma per esprimere dissenso rispetto all’intesa. “L’Europa ci umilia”, hanno affermato i manifestanti che hanno criticato Alexis Tsipras per la sua decisione di firmare il piano.

Tra i partecipanti alla manifestazione il sindacato del pubblico impiego, Adedy, che ha indetto uno sciopero di 24 ore per il 15 luglio, quando il parlamento dovrà votare le nuove misure di austerità concordate con l’eurozona.

 

Fonte:

http://www.internazionale.it/video/2015/07/14/atene-proteste

 

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Cosa resta dell’Europa?

L’Eurosummit si chiude con la vendetta della Germania nei confronti di Atene. Entro mercoledì nuova tranche di riforme “lacrime e sangue” e poi via alle privatizzazioni in cambio degli aiuti economici. Dopo la trattativa di questa settimana molte cose non saranno più come prima

Dopo diciassette ore di trattative l’Eurosummit si è chiuso con un accordo che avrà probabilmente conseguenze devastanti. Un pacchetto di aiuti che si aggira tra gli 82 e gli 86 miliardi di euro verrà stanziato per un periodo di tre anni a favore della Grecia, se e solo se in questa settimana la Grecia approverà un pacchetto di riforme enormi. Perciò il parlamento di Atene è chiamato a votare entro il 15 luglio, cioè meno di tre giorni, su: la riforma delle pensioni, del fisco – comprensiva dell’innalzamento dell’IVA – l’autonomizzazione dell’istituto nazionale di statistica e la piena applicazione del Fiscal Compact, che prevede, tra le altre cose, la costituzionalizzazione del pareggio di bilancio. Entro il 22 luglio si dovrà riformare il codice civile e applicare pienamente la direttiva sulle crisi bancarie (Brrd).

Una volta approvate queste riforme e quindi ristabilita “la fiducia” dei creditori nei confronti del governo greco, l’Eurogruppo potrà dare il suo via libera per il Memorandum of Understanding, che dovrà essere votato in seguito, secondo le procedure dei singoli stati, da almeno sei parlamenti nazionali, tra cui – chiaramente – il parlamento tedesco. “Al fine di costituire la base per una conclusione di successo del protocollo d’intesa, l’offerta greca di misure di riforma deve essere seriamente rafforzata (…). Il governo greco deve formalmente impegnarsi a rafforzare le proprie proposte in un numero di aree identificate dalle Istituzioni”, con tempi chiari, obiettivi precisi, standard di riferimento e ispirandosi alle buone pratiche europee (traduzione nostra). Cosa bisogna “riformare”? E’ necessaria un’ “ambiziosa” riforma delle pensioni, una piena liberalizzazione del mercato dei beni e servizi (ex: farmacie, traghetti, aperture la domenica…), privatizzazione della compagnia elettrica, “una rigorosa revisione e modernizzazione del mercato del lavoro”, in particolare per ciò che riguarda la contrattazione collettiva e le misure industriali, rafforzare il sistema finanziario, eliminando qualsiasi possibilità di interferenza politica nel sistema bancario.

A queste riforme si aggiunge la costituzione di un fondo di 50 miliardi che si occuperà di gestire un massiccio processo di privatizzazione. Gli assets – o meglio i beni pubblici – considerati “valuables” verranno trasferiti a questo fondo che si occuperà di “monetizzarli” attraverso la loro vendita al migliore offerente. I fondi così ricavati verranno utilizzati per ripagare una parte del prestito triennale, per ammortizzare una parte del debito pubblico e per investimenti per far “ripartire l’economia”. Il fondo avrà sede in Grecia, e non in Lussemburgo come inizialmente previsto, e verrà gestito dalle istituzioni greche, sotto la supervisione delle Istituzioni europee. Ovviamente sono presenti minacciose clausole di salvaguardia, quali anche noi ben conosciamo.

Durante i negoziati la Grecia aveva costruito la propria linea di difesa attorno a quattro punti principali: il rifiuto della partecipazione dell’FMI al terzo programma di aiuti, l’opposizione al fondo per le privatizzazioni, la ristrutturazione del debito, la garanzia di liquidità alle banche. Soltanto sull’ultimo punto – stando al tenore delle dichiarazioni di queste ore – il governo greco sembra essere riuscito a strappare qualcosa, per il resto – a parte il trasferimento del fondo per le privatizzazioni dal Lussemburgo ad Atene – il governo Tsipras è stato costretto a capitolare. La stessa discussione attorno alla ristrutturazione del debito è presente nel testo dell’accordo in termini molto vaghi.

Durante il negoziato, come riporta questa infografica del Guardian di ieri, lo schieramento dei “falchi” dell’austerity, con a capo la Germania, ha portato fino in fondo il progetto ordoliberale europeo: o la Grexit o la capitolazione della Grecia. In entrambi i casi la Germania avrebbe vinto. I termini in cui si sono svolte le trattative e il contenuto stesso dell’accordo fanno emergere in piena luce un progetto di Europa costruito attorno a un blocco tedesco, forte di una maggioranza schiacciante all’interno dell’Eurosummit. La stessa proposta avanzata negli ultimi giorni dal ministro Schäuble sulla possibilità di una Grexit “a tempo” chiarisce la posizione della Grosse Koalition tedesca sul futuro dell’Europa. Se, come sosteneva Varoufakis nei scorsi giorni, l’eurozona è qualcosa di più di un’area a cambi fissi, ma è qualcosa di meno di uno entità statale, è altrettanto vero che il ricatto tedesco in questi giorni si è basato proprio sulla possibilità della Germania di aggredire i capitali ellenici in caso di uscita della Grecia dall’euro. Un’alternativa tra default e austerity che poteva essere rotta solo attraverso la costituzione di un fronte antitedesco al tavolo del negoziato, con la Francia in prima fila. Tutto ciò non è avvenuto e la scommessa di Tsipras sulla trattativa si è rivelata perdente.

Ora il parlamento greco dovrà votare questo pessimo accordo uscito dall’Eurosummit, lo scenario più probabile è che Syriza si divida e una parte voti contro, aprendo di fatto una crisi di governo cui potrebbe seguire la prospettiva di un governo di unità nazionale o addirittura le elezioni anticipate. In ogni caso, un’eventuale crisi di Syriza rappresenterebbe per la Merkel la ciliegina sulla torta. Diverso effetto, soprattutto in vista di elezioni anticipate e di un ricompattamento della sinistra radicale, potrebbe avere un clamoroso gesto di dimissioni di Tsipras al primo rilancio ricattatorio della trojka.

Di fatto sappiamo chi pagherà: i precari, i disoccupati, i lavoratori e un paese pauperizzato e umiliato. Non possiamo negarlo, questo accordo rappresenta una forte battuta di arresto alla possibilità di ridisegnare lo spazio europeo. Il potere economico tedesco ha utilizzato tutto il suo potere di ricatto, ma il più grande merito del governo greco è stato far emergere con forza esplosiva le contraddizioni dell’UE. La vittoria dell’#Oxi della scorsa domenica è stata innanzitutto l’apertura di uno spazio per riprendere in mano la decisione politica, ed è ancora questa la sfida che abbiamo di fronte: comprendere qual è lo spazio e la scala per poter tornare a decidere. In Grecia sono previste manifestazioni già oggi pomeriggio, mentre mercoledì è stato annunciato uno sciopero del settore pubblico, e sta circolando l’appello per una mobilitazione europea nei prossimi giorni. Lo spazio di mobilitazione sociale aperto dal referendum non è chiuso e chi ha votato “no” vuole rimanere in piedi. Su ciò che resta dell’Europa.

 

 

Fonte:

http://www.dinamopress.it/news/cosa-resta-delleuropa

Atene, the day before

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Ci sono luoghi nel mondo dove la Storia sembra scorrere a un ritmo lento e rilassato. Ci sono cittá che cambiano verso l’alto, nella skyline, o sotto la scorza di una monotonia che si ripete.

Poi c’é Atene. Atene che cambia dentro. Atene della crisi, che ogni volta ti regala un dettaglio inedito, dietro cui si nasconde un significato piú grande, che a volte sfugge, a volte é chiaro. I ragazzini con le divise addosso e le armi in mano ad ogni angolo di Exarcheia, dopo la rivolta di dicembre 2008. I marmi divelti dei palazzi delle strade che confluiscono a Syntagma, a partire dal 2010. Centinaia di tossici che assediano il perimetro di Exarcheia, a ridosso delle elezioni di giugno 2012. Criminali robusti e vestititi di nero che minacciano con lo sguardo e con le mani, che torturano e uccidono, dopo l’ingresso in Parlamento dei loro camerati. L’entusiasmo inquieto e l’attesa preoccupata dopo la caduta dell’ennesimo governo, poche ore prima che la speranza dell’alternativa diventi fatto concreto.

Oggi Atene regala l’immagine di una cittá sospesa e divisa. Le macchinette della metro sono coperte da un cartello: ‘I trasporti pubblici sono gratuiti fino a nuova comunicazione’. Gli OXI e i NAI si alternano a singhiozzo sui manifesti che coprono i pali e i muri del centro e sulle copertine dei giornali esposti in ogni Periptero [edicole a chiosco, nda]. Nei bar affollati si legge, la carta stampata o le schermate degli smartphone, e si discute.

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Questa é Atene, il giorno prima che la Storia si affacci di nuovo in cittá. Questa é Atene, il giorno dopo le piazze di chiusura della campagna referendaria. Piena quella per il sí. Strabordante, commovente, da brividi quella per il no.

Se gli ultimi giorni avevano segnato una tendenziale rimonta di chi si diceva disposto ad accettare un nuovo memorandum, l’impressione (forse, la speranza) é che la giornata di ieri possa aver invertito questa direzione. Certo é impossibile fare previsioni o avere il polso della situazione. Almeno ad Atene, peró, potrebbe essersi aperta una breccia nel muro di paura cementificato dalla Troika, dalle multinazionali, dai padroni. La capitale, dove vivono la metá degli elettori greci, ha dato una risposta impressionante circondando e inonando Syntagma, mentre Alexis Tsipras teneva il discorso conclusivo.

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Una prova non scontata. Una risposta a chi sta praticando un colpo di Stato non convenzionale. Non con i carrarmati e le armi spianate, senza colonnelli, ma con il blocco della liquiditá alle banche, con le minacce di non pagare gli stipendi e di licenziare in massa, con mille ricatti grandi e piccoli, degni solo dell’arroganza di chi ha affamato il Paese, lo ha costretto al suicidio, lo ha indebitato, ma non é ancora sazio. Ci vorrá grande coraggio e un’infinita dignitá per votare No domani. Non sará certo facile con la pistola alla testa puntata dal fronte pro-austerity.

Intanto, intorno al Greferendum i fronti che si scontrano oggi in Europa e per l’Europa stanno assumendo maggiore concretezza e diventano visibili a un largo pubblico. Da un lato, troviamo chi vuole cancellare qualsiasi prerogativa democratica e distruggere lo Stato sociale e i diritti conquistati dalle lotte. Chi lavora quotidianamente per trasformare il vecchio continente, e in particolare la sua area mediterranea, in una riserva di lavoro a basso costo o gratuito, senza potere contrattuale. Chi spende miliardi per escludere migranti e rifugiati, per costringerli a morire al di lá del mare e delle frontiere. Chi non puó tollerare che agli interessi dei mercati finanziari e delle élite globali si contrappongano politiche differenti, in fondo neanche troppo radicali e comunque legittimate formalmente da un mandato popolare.

Dall’altro lato, peró, c’é un popolo europeo che lentamente, a fatica, sta alzando la testa, cercando di consolidare ed espandere l’incompatibilitá con i diktat neoliberali, con il disprezzo della vita e della democrazia delle istituzioni finanziarie. Lo sciopero europeo del 14 novembre 2012, l’intenso percorso di Blockupy culminato nell’assedio all’Eurotower, l’emersione in diversi Paesi di partiti radicali e anti-austerity, l’esperienza greca in tutta la sua complessitá, gli scontri e i fuochi che dall’inizio della crisi sono scoppiati nelle principali metropoli, fino alle decine di piazze europee di ieri, riempite da migliaia di persone nel silenzio generalizzato dei media di regime.

Questa grande mobilitazione per il No merita un breve approfondimento. Innanzitutto bisogna sottolineare l’importanza della lettura europea di questa consultazione refendaria, che comunque rimane su base nazionale. Le piazze di ieri e le azioni di questi giorni raccontano una crescente capacitá di interpretazione della fase politica e della spazialitá che le é propria. La consapevolezza che il risultato del voto greco riguarda il futuro di tutti i cittadini europei ha travalicato i circoli dei militanti politici da piú tempo impegnati nella costruzione di dinamiche politiche transnazionali. Inoltre, un altro merito di queste piazze é quello di aver contribuito a smascherare la sistematica produzione di menzogne dei centri di potere finanziario e delle istituzioni europee. Stanno raccontando che il No é un voto contro l’Europa, eppure ieri é stata proprio l’Europa che in maniera compatta ha votato No nelle strade: neppure una piazza si é riempita a sostegno del Sí!

Allora diciamo le cose come stanno. La scelta non é pro o contro l’Europa. La scelta é pro o contro quest’Europa. L’Europa del debito, dei ricatti, dello schiavismo, del razzismo, oppure un’Europa in cui ci sia spazio per l’alternativa, per i diritti del lavoro e per i diritti sociali, per l’autodeterminazione, per i movimenti sociali e per una democrazia che va necessariamente radicalizzata. La questione dell’euro é solo una parte di questo tema piú ampio e decisamente piú importante. Di sicuro non si puó pensare di sacrificare la possibilitá dell’alternativa sull’altare della moneta unica e dei ricatti ad essa connessi!

Comunque vada, siamo alla resa dei conti: il nemico vuole colpire SYRIZA e il popolo greco per educare, scoraggiare, sfiancare tutti coloro che in questi anni si sono opposti all’austerity e al progetto di autoritarismo finanziario della Troika e delle istituzioni europee. Da domani, in ogni caso, niente sará come prima. Da domani, in ogni caso, ci sará maggiore bisogno di un movimento europeo reale e di rotture che dal basso e dall’alto facciano male al nemico.

di Giansandro Merli

 

Fonte:

http://atenecalling.org/atene-the-day-before/

 

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