Attilio Manca: se questo è un suicidio

Dal profilo Facebook di Angela Manca

“… il 12 Giugno 2014 , dopo 10 lunghi anni e 4 mesi di attesa ,finalmente inizia un processo a Viterbo. Certo è per cessione di droga da parte di terzi ,ma intanto è un INIZIO !!!!!!

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manca-famiglia-bigPubblicate le foto-choc del cadavere del giovane urologo

di Lorenzo Baldo – 6 febbraio 2014

Un pugno nello stomaco. Eccole le prime immagini del cadavere di Attilio Manca pubblicate sul sito della trasmissione “Chi l’ha visto?”. La domanda è immediata: e questo sarebbe un suicidio?
Le fotografie restituiscono una prospettiva totalmente diversa. Che per altro era saltata subito agli occhi dei familiari e dello stesso avvocato Fabio Repici, recentemente affiancato da Antonio Ingroia. Così come è riportato nel sito dedicato al giovane urologo barcellonese Attilio Manca veniva ritrovato cadavere verso le ore 11 del 12 febbraio 2004. Il suo corpo si trovava riverso trasversalmente sul piumone del letto (che era intatto ed in ordine, come se non fosse andato a dormire), seminudo. Come si vede dalla prima immagine dal naso e dalla bocca era fuoriuscita un’ingente quantità di sangue (che aveva finito per provocare una pozzanghera sul pavimento). Si può notare altresì che il volto di Attilio presentava una vistosa deviazione del setto nasale, mentre sui suoi arti erano visibili macchie ematiche.
L’appartamento era in perfetto ordine, nella stanza da letto si trovava ripiegato su una sedia il suo pantalone, mentre incomprensibilmente non furono rinvenuti i boxer né la camicia; altrettanto inspiegabilmente sullo scrittoio erano poggiati suoi attrezzi chirurgici (ago con filo inserito; pinze, forbici), che egli mai aveva tenuto a casa; sul pavimento, all’ingresso del bagno, si trovava una siringa da insulina, evidentemente usata, cui era stato riposizionato il tappo salva-ago. Dalle prime indagini era risultato che in cucina non v’era traccia di cibo, consumato o residuato; sempre in cucina, nella pattumiera si trovavano, tra l’altro, un’altra siringa da insulina, indubbiamente usata, cui erano stati riapposti il tappo salva-ago ed anche quello proteggi-stantuffo, e due flaconi del sedativo “Tranquirit”, uno dei quali era completamente vuoto mentre l’altro solo a metà. Il medico del 118, alle ore 11,45 del 12 febbraio (dopo aver effettuato l’accertamento del decesso), attestava che Attilio Manca era morto circa dodici ore prima, quindi a cavallo della mezzanotte fra l’11 ed il 12 febbraio. Dalle prime ricostruzioni veniva accertato che, a partire dalle ore 20 circa del 10 febbraio, Attilio non aveva più avuto contatti, telefonici o di presenza, con amici e colleghi. Inspiegabilmente la sera del 10 febbraio aveva infatti deciso di non partecipare, contrariamente al solito, ad una cena fra colleghi. Nei giorni precedenti aveva chiesto e ottenuto un appuntamento per la sera dell’11 febbraio a Roma con il prof. Ronzoni, primario di urologia al policlinico Gemelli, reparto nel quale Attilio si era specializzato e aveva lavorato per anni. Stranamente – e senza alcuna comunicazione preventiva – il giovane urologo non si era però presentato a quell’appuntamento. Un vicino di casa, sentito lo stesso 12 febbraio, aveva dichiarato agli investigatori che la sera prima, verso le 22,15, aveva sentito il rumore della porta di casa di Attilio che veniva chiusa. Un dato preciso che attestava che in quel momento il dott. Manca tornava a casa o, viceversa, che qualcuno, a tutt’oggi non individuato, usciva da casa sua, in un’ora molto vicina alla morte di Attilio. Tutte queste “anomalie” avrebbero dovuto portare immediatamente ad indagini approfondite. Che invece non sono state fatte. Ecco allora che a distanza di 10 anni si riparte da zero. Chi è stato l’ultimo a incontrare il giovane urologo nel suo appartamento? Il setto nasale deviato è evidentemente frutto di una colluttazione, ad opera di chi? E inoltre: chi avrebbe avuto interesse a mettere a tacere per sempre Attilio Manca e per quali ragioni? Una mera questione di droga? O un “favore” richiesto da Cosa Nostra? Queste ed altre ancora sono le domande che pretendono risposte esaustive e soprattutto definitive. Il processo che inizierà il prossimo 12 giugno segna la prima tappa di un viaggio tortuoso. Che in molti hanno cercato di impedire. Ma la verità, prima o poi, è destinata ad emergere in superficie. Anche per Attilio Manca. Nel frattempo resta il dolore di due anziani genitori e di un fratello che, dopo aver visto per la prima volta queste foto terribili del proprio congiunto, chiedono espressamente che siano proprio queste stesse immagini a riaccendere l’attenzione su quello che non è – e non sarà mai – un suicidio.

FOTOGALLERY (visione sconsigliata ad un pubblico sensibile)

Fonte:

Giovanni Falcone


 

 

 

“Si muore generalmente perché si è soli o perché si  è entrati in un gioco troppo grande. Si muore spesso perché non si dispone di alleanze, perché si è privi di
sostegno. In Sicilia la mafia colpisce i servitori dello stato che lo stato non è riuscito a proteggere.”

 

Giovanni Falcone

 
Da http://www.ritaatria.it/

Sull’ergastolo agli assassini di Rostagno e del suono di una sola mano

Risulterò odiosa a molti ma nel commentare la sentenza per il delitto Rostagno avvenuta ieri,  http://www.liberainformazione.org/2014/05/15/delitto-rostagno-ergastolo-per-vincenzo-virga-e-vito-mazzara/, – non mi sento di festeggiare quella che non ritengo comunque un’istituzione democratica. Da tempo mi dichiaro contraria all’ergastolo, una pena disumana perché in contrasto con l’idea stessa di pena carceraria che dovrebbe tendere, come dice la legge, alla rieducazione del condannato. Ma come potrà considerarsi rieducato un condannato al quale è tolta per sempre la libertà e quindi qualsivoglia speranza di una vita diversa? E se è vero che col passare del tempo una persona  non è la più la stessa perché si cambia continuamente, come potrà essere giusta una pena che colpisce un individuo divenuto diverso dal condannato?
La sentenza di ieri contribuisce ad affermare definitivamente una verità che si sapeva già da 26 anni e permette, sia pure tardivamente, di rimediare alla vergognosa girandola di accuse che colpirono prima esponenti di Lotta Continua, il movimento politico fondato da Rostagno e altri negli anni ’70, e poi persino la compagna di vita di Rostagno, Chicca Roveri, che fu incarcerata.
Mi piace ricordare Mauro Rostagno con l’immagine del libro , scritto da sua figlia Maddalena e da Andrea Gentile, con quella foto che ritrae padre e figlia in un’espressione che è la sintesi visiva della loro speciale vita. Tanto speciale da far dire che Mauro fu l’uomo capace di sentire il suono di una sola mano.

Donatella Quattrone

EXPO 2015: CORRUZIONE, MAFIE, GRANDI EVENTI

 

 

 

 

Dopo l’ennesima inchiesta che ha travolto la gestione dell’Expo milanese del 2015, abbiamo fatto il punto della situazione con Roberto Maggioni, giornalista di Radio Popolare coautore del libro “Expopolis” (ed. Agenzia X).

 

Cosa emerge dall’ultimo giro di vite su Expo?

 

Se stiamo a quello che scrivono i magistrati antimafia milanesi emerge l’esistenza di una cupola per pilotare gli appalti di Expo 2015 e non solo. Dentro all’inchiesta c’è anche tutto il filone della sanità lombarda, il settore di cui più si è nutrito il ventennale sistema di potere formigoniano. Ora bisognerà capire chi siano i referenti politici di vecchi arnesi di tangentopoli rispuntati fuori, come il compagno G Primo Greganti e GianStefano Frigerio, entrambi reduci di quegli anni ma evidentemente con ancora una discreta voglia di sguazzare nel torbido. Il sindaco Pisapia ha sposato la tesi delle mele marce, altri parlano di sistema e nuova tangentopoli, poi ci sono i giustizialisti populisti.

 

Per quanto mi riguarda credo che al di là degli aspetti giudiziari che avranno il loro iter e sveleranno altre connessioni, una cosa importante da mettre in evidenza è l’esistenza di un “sistema Expo” fatto di appalti al ribasso, rincari record, extra-costi, poteri speciali. Un sistema a maglie larghe e di larghissime intese, dove in tanti hanno deciso di arraffare, fare affari, condizionare, scambiarsi favori, ridisegnare poteri. La spartizione è inscindibile dall’essenza del grande evento, che è inclusivo e accogliente pee tutti: la ricerca di un consenso totalizzante.

 

Prima dei reati ci sono le persone e chi sta governando Expo, a partire dal commissario Sala, potrebbe anche non essersi accorto che i suoi più stretti collaboratori si spartivano appalti e mazzette (difficile, ma tutto è possibile, in questo caso sarebbe forse inadatto a ricoprire quel ruolo) ma di sicuro ha firmato tutti i ribassi, i rincari e gli allentamenti dei controlli antimafia.

 

Commissari, gestione emergenziale, corruzione sembra una costante per quanto riguarda i grandi eventi…

 

I grandi eventi vivono di eccezionalità: quella raccontata e propagandata nell’accezione di “occasione unica” e quella del governo dell’eccezione, che apre percorse inediti di governo della cosa pubblica. Parola d’ordine derogare, forzare le maglie del diritto, il grande evento -in questo caso Expo- è a suo modo un evento abusivo, che si svolge in un contesto di illegalità diffusa, che per costruirsi ha bisogno di infrangere leggi e consuetudini. E’ la contraddizione di chi propaganda legalità e lotta alla criminalità da un pulpito poco credibile. Di più, il rispetto delle regole diventa un intralcio e rischia di rallentare la costruzione del’evento. I casi della Mantovani, della Maltauro, della CMC dimostrano che anche di fronte ad appalti assegnati in modo poco chiari, bisogna andare avanti e lasciare che il rito salvifico dell’Expo si compia.

 

D’altronde gli appalti sono diverse decine, i miliardi da incassare fino a 10, la possibilità di incidere anche sul post-evento e intessere relazioni nella ragnatela del grande evento sono una occasione troppo ghiotta.

 

Expo è lo shock che permette di fare quello che normalmente non si fa o si fa a rilento.

 

C’è davvero pericolo di infiltrazioni mafiose nella gestione di Expo 2015?

 

Parlare di infiltrazioni è riduttivo. La Lombardia è stata colonizzata dalla criminalità organizzata, in particolare dalla ‘ndrangheta. È organica a una parte importante dell’economia e condiziona la politica. L’inchiesta “infinito” del 2010 ha portato in carcere quasi 300 affiliati e anche l’inchiesta che ha pprtato agli arresti di giovedì su Expo nasce da una costola di “infinito”. Da stupidi pensare che le mafie possano stare fuori da Expo. Il grande evento ha una funzione acceleratrice e aggregatrice e le mafie stanno dentro questo schema.

 

Dal cantiere di Expo e da alcune opere collegate (soprattutto le nuove autostrade Pedemontana e Teem) sono state fin’ora interdette dalla Prefettura di Milano 33 aziende. Senza contare quelle che poi con un semplice ricorso al Tar sono rientrate al lavoro. Sempre sulle mafie segnalo che pochi giorni fa Expo Spa ha deciso di alzare la soglia del valore dell’appalto oltre cui far partire i controlli antimafia: da 50 mila a 100. La conseguenza, secondo me, sarà quella di una drastica riduzione dei controlli, perchè gli appalti grossi sono più legati alla criminalità imprenditoriale, i subappalti, dove lavora la mafia “tradizionale”, si frazioneranno ancora di più per stare sotto alla soglia alzata: tanti lavori sotto ai 100mila euro.

 

Expo e diritto alla città: come sta modificando l’area metropolitana milanese l’esposizione universale?

 

Expo è l’antitesi del diritto alla città: è un evento che non nasce dai bisogni reali di chi vive la città e i territori, è calato dall’alto e gioca sul brand della partecipazione senza praticarla, è un format chiuso condizionato dalle regole e dagli interessi del comitato organizzatore, il BIE (Expo è come un pacchetto turistico per la città che lo ospita: prendere o lasciare).

 

Lo spazio della politica è limitato, quello degli interessi privati ampio. Expo resuscita strada vecchie di 50 anni di cui nessuno sentiva il bisogno (Pedemontana) se ne inventa di nuove funzionali ai sei mesi dell’evento (Rho-Monza), propone al turista che arriverà una visione della metroregione lombarda falsa e falsata. E dal primo novembre 2015? Tutti morti? Il mondo finisce?

 

Non credo, ma se Expo si dipana nel tempo e ha una data di inizio e una fine, le conseguenze e le nocività di Expo no, resteranno e saranno usate ancora per un bel po’.

 

 

Fonte:

http://www.dinamopress.it/news/expo-2015-corruzione-mafie-grandi-eventi

Per l’antimafia Scajola era la proiezione di Matacena. E l’ex ministro prometteva soldi a Chiara Rizzo

I magistrati della Dda sostengono che Scajola era la proiezione degli affari di Matacena ma per il gip le cose non stanno così e nega l’aggravante mafiosa. La Procura è pronta al ricorso. Intanto emerge dalle carte la promessa dell’ex ministro alla moglie di Matacena di 15 mila euro per una casa a Montecarlo
Per l'antimafia Scajola era la proiezione di Matacena<br /><br />
E l'ex ministro prometteva soldi a Chiara Rizzo
Claudio Scajola e Chiara Rizzo
REGGIO CALABRIA – Scajola «rappresenta la proiezione degli accordi e degli impegni assunti da Matacena». Questo il principio sostenuto dalla Dda di Reggio Calabria nella richiesta al gip di emissione dell’ordinanza di custodia cautelare nei confronti dell’ex ministro e di altre sette persone per chiedere l’aggravante per avere agevolato la ‘ndrangheta. Richiesta che però non è stata accolta dal gip. Secondo il giudice, infatti, «manca un supporto indiziario idoneo a superare il mero dato congetturale secondo il quale lo Scajola rappresenta la proiezione degli accordi e degli impegni assunti dal Matacena: invero, anche se è emerso un coinvolgimento economico del primo negli affari dell’imprenditore, non emerge un interesse politico sovranazionale orientato a favorire, attraverso possibili ‘finanziamenti pubblici’ soggetti di vertice della ‘ndrangheta reggina». Una tesi contro la quale la Dda ha già predisposto un ricorso da presentare al tribunale del riesame.

La contestazione dell’aggravante è contenuta, scrive il gip, in una «integrazione alla richiesta di misura cautelare nella quale recepisce e riporta ulteriori elementi di prova a carico» degli indagati, «ricavabili dalla nota della Dia di Reggio nella quale si riportano elementi dai quali sono evincibili rapporti stabili del Matacena con la ‘ndrangheta, in particolare con la cosca dei Rosmini, utilizzati sia a fini elettorali sia nell’ambito di attività imprenditoriali interessanti sia Matacena che esponenti della ‘ndrangheta».
A detta del gip, però, «può affermarsi che mancano nel caso in esame elementi che depongano per l’idoneità oggettiva della condotta in ordine all’obiettivo di contribuire al rafforzamento di una specifica articolazione criminosa facente parte dell’unicum criminale ‘ndranghetistico».
Nel frattempo, mentre Matacena smentisce dal Dubai la propria volontà di andare in Libano (LEGGI L’INTERVISTA) dalle carte dell’inchiesta emergono diversi altri dettagli tra cui quelli riguardanti il presunto aiuto economico che Scajola avrebbe dovuto dare a Chiara Rizzo, moglie di Matacena, per prendere in locazione una abitazione a Montecarlo.
LA CANDIDATURA ALLE EUROPEE – Secondo l’accusa Scajola attendeva la candidatura al Parlamento europeo e la probabile elezione per poter dare, col proprio stipendio, 15.500 euro a Chiara Rizzo, moglie di Amedeo Matacena, per l’anticipo di una nuova casa in fitto a Montecarlo. E’ uno dei passaggi dell’ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip di Reggio Calabria nei confronti di Scajola ed altre sette persone, tra le quali la stessa Rizzo. Nel provvedimento è riportato il sunto di una telefonata intercettata dalla Dia, risalente al 4 aprile 2014. «Claudio – è scritto nella sintesi riportata nell’ordinanza – chiama Chiara e parlano della soluzione migliore affinché Claudio possa dare 15.500 euro a Chiara che deve dare l’anticipo per l’affitto di un nuovo appartamento senza che risulti il suo nome».
«Claudio – prosegue l’ordinanza – dice che per lui era meglio aspettare un pò di tempo perché se lo candidano, la sua elezione sarebbe molto probabile, per la certezza devono aspettare il 25 di maggio, e comunque con la carica di europarlamentare lui potrà darle una grossa cifra per la copertura delle spese della casa. In caso di mancata candidatura Forza Italia gli proporrà un incarico di prestigio e anche in questo caso l’incentivo economico sarebbe importante. Claudio ribadisce che il ritardo di un mese-un mese e mezzo porterebbe più tranquillità di copertura finanziaria. Chiara dice che comunque, se non aiutata, non vuole rischiare l’affitto della nuova casa, ritarderà comunque la risposta all’agenzia immobiliare per vedere come si evolve la situazione».
LA DIFESA DELLA MOGLIE – «Claudio Scajola è un galantuomo, con una grande testa e un grande cuore». È quanto dichiara Maria Teresa Scajola in riferimento all’inchiesta giudiziaria della Dda di Reggio Calabria che ha portato all’arrestato dell’ex ministro. La signora era rimasta in silenzio dal giorno dell’arresto del marito.

sabato 10 maggio 2014 16:18

Fonte:

http://www.ilquotidianodellacalabria.it/news/crotone/725387/Per-l-antimafia-Scajola-era-la.html

9 maggio 1978

Nubi di fiato rappreso
s’addensano sugli occhi
in uno stanco scorrere
di ombre e di ricordi:
una festa,
un frusciare di gonne,
uno sguardo,
due occhi di rugiada,
un sorriso,
un nome di donna:
Amore
Non
Ne
Avremo. 
Peppino Impastato 

 

*
Copertina del libro La “pazzìa di Aldo Moro di Marco Clementi
Copertina anteriore

#Maydays #theNED – 1-4 maggio Milano – Noexpodays

 

md_2014

 

A un anno dall’apertura dei cancelli di Expo2015, il megaevento mostra sempre più il fiato corto. Nonostante gli sforzi di Renzi, Maroni e Pisapia, la realtà delle cronache è ben lontana dalle dichiarazioni roboanti e ottimistiche, da un lato volte a creare aspettativa, dall’altro a giustificare deroghe, spese, emergenzialità.

 

Cambiano i tenori, non gli spartiti: “posti di lavoro come se piovesse, effetti esponenziali sui profitti e sul turismo,  White List e Expo mafia-free, protocolli di legalità”. Da opportunità  e rilancio per Milano, Expo è diventato l’ancora cui tutti s’aggrappano nella speranza di agganciare il rilancio del brand Italia in nome di un fantomatico “vento di cambiamento”. Alcuni parlano di sostenibilità, altri di buon cibo, altri  (i più realisti) di brand unico dell’agroalimentare, con la benedizione di Eataly e Coop. Milano voleva nutrire il pianeta e diventa invece il luogo di una sagra del made in Italy, a metà strada tra borsa del turismo globale e tavolata planetaria, perdendo ogni giorno pezzi per ritardi o cancellazioni causa spending review.

 

Ma trucchi e abbellimenti non possono nascondere il marcio, in un crescendo di fatti che hanno superato le peggiori previsioni di chi, come noi, dal 2007, ha cercato di svelare l’inganno e la minaccia che si celava dietro Expo2015. A prescindere dalle indagini della Magistratura, dagli arresti e dagli scoop dei media, erano chiari da principio intrecci e interessi che si spartiscono la torta Expo. Così come i free jobs e le miserie del lavoro nero e precario erano prevedibili, bastava guardare alla vicina Fiera di Milano o ai cantieri edili in generale. Un’Esposizione che prometteva lavoro e porterà invece nuova precarietà. Per abituarli fin da giovani Expo userà centinaia di studenti per lavori gratuiti grazie alle convenzioni firmate con scuole e università: stages, free jobs, il protocollo “Youth Training Program”. E c’è da scommetterci, il reclutamento degli studenti servirà anche per gonfiare il numero di visitatori durante i sei mesi dell’esposizione: a migliaia saranno forzatamente portati in visita a Expo.

 

La lotta No Canal contro la Via d’acqua, che ci ha visto protagonisti (e che segna dopo tanto tempo, e per ora, una vittoria di una lotta dal basso a Milano) ha svelato, invece, la bugia di un Expo sostenibile che si mangia parchi ed aree agricole con le sue propaggini infrastrutturali. Dalla periferia ovest di Milano è partito un monsone che porta a opporsi alla Rho-Monza o alla Zara-Expo (nuove strade, vecchi progetti) o al progetto Darsena. Una città sempre meno disposta a sopportare le dinamiche speculative che Expo ha generato anche sul piano dell’emergenza abitativa, rispetto a cui sgomberi di case e spazi sociale sono l’unica nefasta risposta offerta dalle Istituzioni. In questo quadro di fallimento si capisce perché le banche non si fidino, non garantiscano i finanziamenti senza impegni del Pubblico: o si guadagna coperti dalla produzione collettiva di ricchezza o non si rischia! 

 

Oggi, maggio 2014 noi vogliamo fare una dichiarazione alla metropoli. Vogliamo che nessuno e nessuna possa dire il 1 maggio 2015: io non sapevo, io non avevo capito. Vogliamo condividere e moltiplicare la consapevolezza che Expo non sarà un’opportunità, semmai un banale evento privato che alimenterà profitti privati utilizzando denaro e risorse pubbliche. Vogliamo che sia chiaro a tutti che Expo è e sarà questo con le sue tangenti, corruttele, mafie, inchieste, miserie e nocività perché non poteva essere altrimenti dentro un meccanismo di poteri speciali, deroghe, commissari, emergenze.

 

Debito, cemento, precarietà, poteri speciali, spartizione, mafie, nemico pubblico sono le sette chiavi di lettura con cui abbiamo criticato e smontato l’immaginario di Expo2015 e contrastato la sua realizzazione. Attorno a queste vogliamo costruire l’opposizione sociale a Expo e ai processi che questo sta innestando anche oltre la data del 31 ottobre 2015 (dalla svendita del patrimonio pubblico al job act ai poteri in deroga senza dimenticare i destini futuri del sito espositivo). Lo faremo portando questi contenuti dentro la Mayday2014 con il carro dell’Attitudine NoExpo e lo rilanceremo fino al 4 maggio duarnte i NED, NoExpoDays. Tre giorni di TAZ, laboratori, workshop e azioni per portare l’opposizione ad Expo al centro dell’agenda politica del prossimo decisivo anno, intrecciando i percorsi con le lotte territoriali e le resistenze metropolitane attive su precarietà, grandi opere, diritto alla città, formazione e saperi, sovranità alimentare e consumo di suolo. Tre giorni che guardano a Expo, ma anche a ciò che accade attorno, dalla Valle che resiste, ai movimenti per la casa, dalla difesa e riconquista dei beni comuni (e contro la stretta autoritaria che vorrebbe imporre una limitazione del dissenso) al prossimo forum europeo sull’occupazione giovanile.

 

Appuntamento 1 maggio h 15  piazza XXIV Maggio per la Mayday, a seguire the NED…

 

Info: [email protected]           TW: #maydays #theNED

Fonte:

http://www.inventati.org/noexpo/2014/04/25/maydays-thened-1-4-maggio-milano-noexpodays/

Caso Alpi, via il segreto dopo vent’anni

Aggiornamento.Qui il video della trasmissione di Rai 3 per celebrare il ventesimo anniversario dell’omicidio di Ilaria Alpi:
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Di

 

Caso Alpi-Hrovatin. Il governo annuncia l’operazione trasparenza. La procura pronta ad acquisire dalla Camera i documenti utili all’inchiesta. Articolo21: «È la vittoria delle 70mila firme»

 

Miran Hrovatin e Ilaria Alpi in Somalia

 

 

Vent’anni di misteri, depi­staggi, falsi testi­moni e inchie­ste finite nel nulla. E una pila di docu­menti segreti, tenuti sotto chiave per tutti que­sti anni negli archivi della Camera dei depu­tati per deci­sione dei ser­vizi segreti civili e mili­tari. Ieri il governo, nel giorno dell’anniversario dell’agguato di Moga­di­scio del 20 marzo ‘94, ha annun­ciato l’apertura degli archivi riser­vati dei ser­vizi sul caso di Ila­ria Alpi e Miran Hro­va­tin, la gior­na­li­sta e l’operatore del Tg3 assas­si­nati in Soma­lia men­tre erano sulle tracce dei traf­fici di armi e rifiuti tos­sici tra le pie­ghe della coo­pe­ra­zione italiana.

 

La deci­sione del governo è arri­vata in rispo­sta a una let­tera di inter­pello della pre­si­dente della Camera Laura Bol­drini, che ha rece­pito la richie­sta di Green­peace e una peti­zione lan­ciata da Arti­colo 21 che ha rag­giunto in pochi giorni 70mila firme: «Abbiamo avviato la pro­ce­dura di dese­cre­ta­zione degli atti sul caso Ila­ria Alpi. Il governo è for­te­mente impe­gnato su que­sto fronte — ha spie­gato alla Camera il sot­to­se­gre­ta­rio ai rap­porti con il Par­la­mento Sesa Amici — e vent’anni sono un tempo suf­fi­ciente per man­te­nere la sicu­rezza nazionale».

 

Sono carte che potreb­bero impri­mere una svolta alla ricerca della verità sui man­danti, sul con­te­sto dell’agguato, sui tanti depi­staggi che hanno impe­dito fino a ora il rag­giun­gi­mento della verità. Sull’omicidio di Ila­ria Alpi è ancora aperto un fasci­colo presso la pro­cura di Roma, affi­dato al pm Eli­sa­betta Penic­cola. Ieri alla noti­zia della pros­sima aper­tura degli archivi segreti il pro­cu­ra­tore di Roma, Giu­seppe Pigna­tone, ha dichia­rato di voler acqui­sire gli atti utili all’inchiesta.

 

L’unico con­dan­nato per l’esecuzione di Ila­ria e Miran, il somalo Omar Hashi Has­san, è dete­nuto da dodici anni sulla base di un testi­mone che avrebbe dichia­rato di aver inven­tato tutto, d’accordo con le auto­rità italiane.

 

Alla comu­ni­ca­zione del sot­to­se­gre­ta­rio Amici ha subito rispo­sto entu­sia­sta Laura Bol­drini: «È un segnale impor­tante con­tro il muro di silen­zio». Anche se nelle scorse set­ti­mane non erano man­cati dubbi e per­ples­sità sull’operazione di dese­cre­ta­zione dei fasci­coli sul traf­fico inter­na­zio­nale di rifiuti e sulle «navi a per­dere» — pra­tica che com­pren­deva anche gli atti segreti rela­tivi al caso Alpi — avviata dall’ufficio di pre­si­denza di Mon­te­ci­to­rio. La richie­sta di aper­tura degli archivi era arri­vata da Green­peace nel dicem­bre 2013, e dopo una prima rispo­sta posi­tiva di Bol­drini la noti­zia — sol­le­vata dal mani­fe­sto — di una rimo­zione sol­tanto par­ziale del segreto dai dos­sier riser­vati (solo 152 su diverse migliaia acqui­siti negli anni dalle com­mis­sioni par­la­men­tari d’inchiesta) aveva fatto sor­gere la neces­sità di una domanda di dese­cre­ta­zione «allargata».

 

Un’esigenza di verità cui ha cer­cato di rispon­dere la peti­zione lan­ciata da Arti­colo 21 pro­mossa da Ste­fano Cor­ra­dino e Beppe Giu­lietti, anche per­ché nel frat­tempo fonti di Mon­te­ci­to­rio ave­vano rive­lato al mani­fe­sto che i ser­vizi segreti mili­tari, nella pri­ma­vera scorsa, hanno negato l’autorizzazione all’apertura dei dos­sier riser­vati sui rifiuti e sulla Soma­lia a un uffi­cio di Montecitorio.

 

Non è ancora noto quanti e quali docu­menti ver­ranno avviati alla dese­cre­ta­zione: i dos­sier dei ser­vizi sul caso Alpi-Hrovatin sono 1.500 (ma il gene­rale Ser­gio Sira­cusa, ex diret­tore del Sismi, ne aveva mostrati circa 8mila alla com­mis­sione pre­sie­duta da Carlo Taor­mina), cui vanno aggiunti 750 docu­menti dell’ultima com­mis­sione sui rifiuti e le migliaia di atti acqui­siti dalle com­mis­sioni eco­ma­fia dalla XII alla XV legi­sla­tura. «È il miglior modo di ono­rare, più che la memo­ria, il lavoro di Ila­ria», ha com­men­tato in serata la mini­stra degli Esteri Fede­rica Moghe­rini. Entu­sia­sti anche tutti i sog­getti che nei giorni scorsi ave­vano ade­rito alla peti­zione di Arti­colo 21, dal segre­ta­rio della Fnsi Franco Siddi («è una svolta straor­di­na­ria che apre final­mente una brec­cia per verità e giu­sti­zia») all’associazione Ila­ria Alpi, agli stessi pro­mo­tori: «Segui­remo passo passo — assi­cu­rano Cor­ra­dino e Giu­lietti di Arti­colo 21 — l’iter e le rispo­ste che saranno for­nite da chi aveva appo­sto il segreto. Que­sto risul­tato è anche il frutto delle 70 mila per­sone che hanno chie­sto di met­tere fine al regime dei segreti e della clandestinità».

 

Ora la palla passa al governo e ai ser­vizi segreti — Aise e Aisi, ex Sismi e Sisde — gli stessi ser­vizi che solo nel mag­gio scorso ave­vano negato l’apertura degli archivi. Ma i ser­vizi di sicu­rezza sono con­trol­lati dalla pre­si­denza del Con­si­glio e dal governo, che sem­bra aver espresso una volontà poli­tica chiara. Non è pos­si­bile pre­ve­dere se gli atti declas­si­fi­cati daranno un impulso nuovo all’inchiesta sulla morte di Ila­ria e Miran. La madre di Ila­ria, Luciana Alpi, dopo un lungo periodo di disil­lu­sione ha detto di aver ritro­vato la spe­ranza. Dopo vent’anni di oblio, inqui­na­menti e omissioni.

 

* Toxi­cLeaks

 

Fonte:

http://ilmanifesto.it/archivi-via-il-segreto-dopo-ventanni/

 

 

Leggi anche qui:

http://popoff.globalist.it/Detail_News_Display?ID=99943&typeb=0&Ilaria-e-Miran-dovevano-morire-in-nome-dello-Stato

E qui:
http://ilmanifesto.it/bazar-somalia-ventanni-dopo-ilaria-alpi/