Tragedia Moby Prince: quella notte del 1991 il porto di Livorno era “stranamente affollato”

C’è chi sostiene che il Moby Prince si sia trovato nel mezzo di un traffico illegale di armi che coinvolgeva alcune navi statunitensi, militari e militarizzate, di ritorno dalla prima guerra del Golfo ed ancorate in rada a Livorno quella notte

Il disastro del Moby Prince

di Carlotta Macerollo

Roma 10 aprile 2014

Tanti i misteri, tanti i depistaggi sulla tragedia del Moby Prince che costò la vita a 140 persone il 10 aprile del 1991. Quella notte il porto di Livorno era “affollato”: traghetti, porta containers, petroliere ma anche navi rifornimento da e per la base americana di Camp Darby, in Toscana.
Presunto traffico d’armi

Secondo Enrico Fedrighini, che nel 2005 ha pubblicato il libro-inchiesta “Moby Prince: un caso ancora aperto” che ha portato la Procura di Livorno a riaprire il caso dopo 15 anni, il traghetto si trovò nel mezzo di un traffico illegale di armi che coinvolgeva alcune navi statunitensi, militari e militarizzate, di ritorno dalla prima guerra del Golfo ancorate in rada a Livorno quella notte. La tesi sostenuta da Fedrighini si poggia soprattutto sulla presenza accertata nel porto della città toscana di un peschereccio d’altura, il 21 Oktobar II.

Il 21 Oktobar II

Il peschereccio, donato dalla cooperazione italiana alla compagnia somala Shifco era stato filmato da Ilaria Alpi e Miran Hrovatin in Somalia, durante una movimentazione di armi, anziché di pesce, pochi mesi prima dela tragedia. L’imbarcazione era ormeggiata nel porto di Livorno dal 15 marzo 1991, ufficialmente per interventi di manutenzione e vi rimarrà fino al giugno dello stesso anno.

Il ritardo nei soccorsi

Il ritardo nei soccorsi è l’aspetto più drammatico di questa intricata vicenda. Un’ora e venti per rendersi conto che c’era una nave alla deriva, in fiamme e carica di persone, 66 membri dell’equipaggio e 75 passeggeri, all’interno di un porto. A lungo si è sostenuto che dopo 30 minuti a bordo erano tutti morti, ma la circostanza è stata smentita dalle analisi dei periti. 

 

Fonte:

http://www.rainews.it/dl/rainews/articoli/Moby-Prince-porto-di-Livorno-affollato-la-notte-del-10-aprile-1991-e-presunti-traffici-di-armi-9d3e0891-83d4-4d42-bbe9-6144eec80dd0.html

Tragedia Moby Prince: quella notte del 1991 il porto di Livorno era “stranamente affollato”

C’è chi sostiene che il Moby Prince si sia trovato nel mezzo di un traffico illegale di armi che coinvolgeva alcune navi statunitensi, militari e militarizzate, di ritorno dalla prima guerra del Golfo ed ancorate in rada a Livorno quella notte

Il disastro del Moby Prince

di Carlotta MacerolloRoma Tanti i misteri, tanti i depistaggi sulla tragedia del Moby Prince che costò la vita a 140 persone il 10 aprile del 1991. Quella notte il porto di Livorno era “affollato”: traghetti, porta containers, petroliere ma anche navi rifornimento da e per la base americana di Camp Darby, in Toscana.

Presunto traffico d’armi 
Secondo Enrico Fedrighini, che nel 2005 ha pubblicato il libro-inchiesta “Moby Prince: un caso ancora aperto” che ha portato la Procura di Livorno a riaprire il caso dopo 15 anni, il traghetto si trovò nel mezzo di un traffico illegale di armi che coinvolgeva alcune navi statunitensi, militari e militarizzate, di ritorno dalla prima guerra del Golfo ancorate in rada a Livorno quella notte. La tesi sostenuta da Fedrighini si poggia soprattutto sulla presenza accertata nel porto della città toscana di un peschereccio d’altura, il 21 Oktobar II.

Il 21 Oktobar II
Il peschereccio, donato dalla cooperazione italiana alla compagnia somala Shifco era stato filmato da Ilaria Alpi e Miran Hrovatin in Somalia, durante una movimentazione di armi, anziché di pesce, pochi mesi prima dela tragedia. L’imbarcazione era ormeggiata nel porto di Livorno dal 15 marzo 1991, ufficialmente per interventi di manutenzione e vi rimarrà fino al giugno dello stesso anno.

Il ritardo nei soccorsi
Il ritardo nei soccorsi è l’aspetto più drammatico di questa intricata vicenda. Un’ora e venti per rendersi conto che c’era una nave alla deriva, in fiamme e carica di persone, 66 membri dell’equipaggio e 75 passeggeri, all’interno di un porto. A lungo si è sostenuto che dopo 30 minuti a bordo erano tutti morti, ma la circostanza è stata smentita dalle analisi dei periti.

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Caso Alpi, via il segreto dopo vent’anni

Aggiornamento.Qui il video della trasmissione di Rai 3 per celebrare il ventesimo anniversario dell’omicidio di Ilaria Alpi:
*

Di

 

Caso Alpi-Hrovatin. Il governo annuncia l’operazione trasparenza. La procura pronta ad acquisire dalla Camera i documenti utili all’inchiesta. Articolo21: «È la vittoria delle 70mila firme»

 

Miran Hrovatin e Ilaria Alpi in Somalia

 

 

Vent’anni di misteri, depi­staggi, falsi testi­moni e inchie­ste finite nel nulla. E una pila di docu­menti segreti, tenuti sotto chiave per tutti que­sti anni negli archivi della Camera dei depu­tati per deci­sione dei ser­vizi segreti civili e mili­tari. Ieri il governo, nel giorno dell’anniversario dell’agguato di Moga­di­scio del 20 marzo ‘94, ha annun­ciato l’apertura degli archivi riser­vati dei ser­vizi sul caso di Ila­ria Alpi e Miran Hro­va­tin, la gior­na­li­sta e l’operatore del Tg3 assas­si­nati in Soma­lia men­tre erano sulle tracce dei traf­fici di armi e rifiuti tos­sici tra le pie­ghe della coo­pe­ra­zione italiana.

 

La deci­sione del governo è arri­vata in rispo­sta a una let­tera di inter­pello della pre­si­dente della Camera Laura Bol­drini, che ha rece­pito la richie­sta di Green­peace e una peti­zione lan­ciata da Arti­colo 21 che ha rag­giunto in pochi giorni 70mila firme: «Abbiamo avviato la pro­ce­dura di dese­cre­ta­zione degli atti sul caso Ila­ria Alpi. Il governo è for­te­mente impe­gnato su que­sto fronte — ha spie­gato alla Camera il sot­to­se­gre­ta­rio ai rap­porti con il Par­la­mento Sesa Amici — e vent’anni sono un tempo suf­fi­ciente per man­te­nere la sicu­rezza nazionale».

 

Sono carte che potreb­bero impri­mere una svolta alla ricerca della verità sui man­danti, sul con­te­sto dell’agguato, sui tanti depi­staggi che hanno impe­dito fino a ora il rag­giun­gi­mento della verità. Sull’omicidio di Ila­ria Alpi è ancora aperto un fasci­colo presso la pro­cura di Roma, affi­dato al pm Eli­sa­betta Penic­cola. Ieri alla noti­zia della pros­sima aper­tura degli archivi segreti il pro­cu­ra­tore di Roma, Giu­seppe Pigna­tone, ha dichia­rato di voler acqui­sire gli atti utili all’inchiesta.

 

L’unico con­dan­nato per l’esecuzione di Ila­ria e Miran, il somalo Omar Hashi Has­san, è dete­nuto da dodici anni sulla base di un testi­mone che avrebbe dichia­rato di aver inven­tato tutto, d’accordo con le auto­rità italiane.

 

Alla comu­ni­ca­zione del sot­to­se­gre­ta­rio Amici ha subito rispo­sto entu­sia­sta Laura Bol­drini: «È un segnale impor­tante con­tro il muro di silen­zio». Anche se nelle scorse set­ti­mane non erano man­cati dubbi e per­ples­sità sull’operazione di dese­cre­ta­zione dei fasci­coli sul traf­fico inter­na­zio­nale di rifiuti e sulle «navi a per­dere» — pra­tica che com­pren­deva anche gli atti segreti rela­tivi al caso Alpi — avviata dall’ufficio di pre­si­denza di Mon­te­ci­to­rio. La richie­sta di aper­tura degli archivi era arri­vata da Green­peace nel dicem­bre 2013, e dopo una prima rispo­sta posi­tiva di Bol­drini la noti­zia — sol­le­vata dal mani­fe­sto — di una rimo­zione sol­tanto par­ziale del segreto dai dos­sier riser­vati (solo 152 su diverse migliaia acqui­siti negli anni dalle com­mis­sioni par­la­men­tari d’inchiesta) aveva fatto sor­gere la neces­sità di una domanda di dese­cre­ta­zione «allargata».

 

Un’esigenza di verità cui ha cer­cato di rispon­dere la peti­zione lan­ciata da Arti­colo 21 pro­mossa da Ste­fano Cor­ra­dino e Beppe Giu­lietti, anche per­ché nel frat­tempo fonti di Mon­te­ci­to­rio ave­vano rive­lato al mani­fe­sto che i ser­vizi segreti mili­tari, nella pri­ma­vera scorsa, hanno negato l’autorizzazione all’apertura dei dos­sier riser­vati sui rifiuti e sulla Soma­lia a un uffi­cio di Montecitorio.

 

Non è ancora noto quanti e quali docu­menti ver­ranno avviati alla dese­cre­ta­zione: i dos­sier dei ser­vizi sul caso Alpi-Hrovatin sono 1.500 (ma il gene­rale Ser­gio Sira­cusa, ex diret­tore del Sismi, ne aveva mostrati circa 8mila alla com­mis­sione pre­sie­duta da Carlo Taor­mina), cui vanno aggiunti 750 docu­menti dell’ultima com­mis­sione sui rifiuti e le migliaia di atti acqui­siti dalle com­mis­sioni eco­ma­fia dalla XII alla XV legi­sla­tura. «È il miglior modo di ono­rare, più che la memo­ria, il lavoro di Ila­ria», ha com­men­tato in serata la mini­stra degli Esteri Fede­rica Moghe­rini. Entu­sia­sti anche tutti i sog­getti che nei giorni scorsi ave­vano ade­rito alla peti­zione di Arti­colo 21, dal segre­ta­rio della Fnsi Franco Siddi («è una svolta straor­di­na­ria che apre final­mente una brec­cia per verità e giu­sti­zia») all’associazione Ila­ria Alpi, agli stessi pro­mo­tori: «Segui­remo passo passo — assi­cu­rano Cor­ra­dino e Giu­lietti di Arti­colo 21 — l’iter e le rispo­ste che saranno for­nite da chi aveva appo­sto il segreto. Que­sto risul­tato è anche il frutto delle 70 mila per­sone che hanno chie­sto di met­tere fine al regime dei segreti e della clandestinità».

 

Ora la palla passa al governo e ai ser­vizi segreti — Aise e Aisi, ex Sismi e Sisde — gli stessi ser­vizi che solo nel mag­gio scorso ave­vano negato l’apertura degli archivi. Ma i ser­vizi di sicu­rezza sono con­trol­lati dalla pre­si­denza del Con­si­glio e dal governo, che sem­bra aver espresso una volontà poli­tica chiara. Non è pos­si­bile pre­ve­dere se gli atti declas­si­fi­cati daranno un impulso nuovo all’inchiesta sulla morte di Ila­ria e Miran. La madre di Ila­ria, Luciana Alpi, dopo un lungo periodo di disil­lu­sione ha detto di aver ritro­vato la spe­ranza. Dopo vent’anni di oblio, inqui­na­menti e omissioni.

 

* Toxi­cLeaks

 

Fonte:

http://ilmanifesto.it/archivi-via-il-segreto-dopo-ventanni/

 

 

Leggi anche qui:

http://popoff.globalist.it/Detail_News_Display?ID=99943&typeb=0&Ilaria-e-Miran-dovevano-morire-in-nome-dello-Stato

E qui:
http://ilmanifesto.it/bazar-somalia-ventanni-dopo-ilaria-alpi/

 

 

 

Caso Alpi: Articolo21, raggiunte 50mila firme su Change.org per chiedere “verità e giustizia”

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“La petizione lanciata da Articolo21 su Change.org per chiedere alla Presidente della Camera dei Deputati, Laura Boldrini, che vengano resi pubblici documenti ancora segreti ha appena raggiunto oltre 50.000 adesioni”. A comunicarlo in una nota Stefano Corradino e Giuseppe Giulietti, direttore e portavoce di Articolo21 e promotori della raccolta di firme.

“A 48 ore dal triste anniversario dell’uccisione di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin ci auguriamo che la voce di oltre 50.000 persone che chiedono che venga tolto il segreto all’inchiesta possa essere ascoltata e accolta dalle istituzioni”, dichiara Stefano Corradino. La petizione (link: www.change.org/ilariaalpi) ha raccolto 50.000 firme in meno di otto giorni. “L’incredibile sostegno all’appello che abbiamo lanciato su Change.org dimostra come, nonostante siano passati 20 anni dall’uccisione di Ilaria e Miran, la loro memoria e la voglia di verità suscitino ancora grande mobilitazione dell’opinione pubblica” dichiara Giuseppe Giulietti.

“Nei giorni scorsi il legale della famiglia Alpi, l’Avvocato Domenico D’Amati, aveva spiegato quanto fosse importante per la ricerca della verità poter accedere ai documenti secretati. ”È fondamentale che queste carte siano rese pubbliche e che ai cittadini sia data la possibilità di sapere. C’è molto da fare e speriamo che tutti gli organi dello Stato collaborino. In primo luogo la Camera dei Deputati che deve desecretare questi documenti fondamentali sui traffici dei rifiuti tossici”, aveva dichiarato D’Amati.

Gli oltre 8.000 documenti secretati si troverebbero negli archivi della Camera dei deputati a cui sembra essere stato negato l’accesso dall’Agenzia Aise – come ha rivelato un’inchiesta de “Il Manifesto” firmata dai giornalisti Andrea Palladino e Andrea Tornago – che pare “abbia negato l’autorizzazione a un ufficio di Montecitorio che chiedeva la declassificazione dei documenti riservati acquisiti dalla Commissione parlamentare sui rifiuti presieduta da Gaetano Pecorella”.

“Ci auguriamo che già nel corso della cerimonia di domani alla Camera dei Deputati la presidente Boldrini che ha sempre mostrato grande sensibilità sulla vicenda Alpi-Hrovatin, voglia dare un segnale positivo alla richiesta di desecretazione” concludono Corradino e Giulietti.

La petizione è on line sul sito www.change.org/ilariaalpi

18 marzo 2014

Fonte:
http://www.articolo21.org/2014/03/caso-alpi-articolo21-raggiunte-50mila-per-chiedere-verita-e-giustizia/