#Not_in_our_name: le guerre e il terrorismo stanno uccidendo il dialogo


Prendo il seguente appello di Asmae Dachan dal suo blog http://diariodisiria.wordpress.com:

Di Asmae Dachan:


1397298_611763265539907_779226832_oDi fronte al clima di odio, terrore, paura che stiamo vivendo in questi giorni diventa imperativo fermarsi e ristabilire alcuni concetti fondamentali, per evitare di farsi trascinare dal vortice del caos mediatico e politico.

Le notizie che giungono dalla Siria e dall’Iraq, sulle persecuzioni delle minoranze cristiane e yazidi, da parte di Isis stanno scuotendo l’opinione pubblica mondiale. Non è accettabile, né moralmente, né civilmente, né religiosamente, che una persona o un gruppo di persone vengano minacciate e subiscano violenza per la loro appartenenza etnica e/o religiosa e ogni atto che sia contrario al principio universale dell’uguaglianza tra esseri umani è da condannare senza riserva alcuna.

Il rispetto della sacralità della vita umana è alla base di ogni società civile e deve essere il presupposto su cui fondare ogni ragionamento e ogni azione.

Oggi il dialogo, la fratellanza, la solidarietà, l’umana vicinanza vengono fortemente minacciati. Si rischia di veder bruciati, insieme a case, luoghi di culto, monumenti e libri, anche secoli di convivenza, rispetto e confronto. La Siria e l’Iraq sono infatti la culla delle religioni monoteiste e della civiltà e sono da sempre un esempio di tolleranza, fratellanza e apertura all’altro, con tutte le difficoltà che si sono presentate nel tempo. Ed è proprio da questo punto che bisogna partire: i drammatici accadimenti di questi giorni non devono farci dimenticare che la convivenza serena e fraterna tra cristiani e musulmani in questi due paesi dura da secoli, da quando, cioè, sono nate e si sono sviluppate queste due grandi civiltà. È un errore storico attribuire il merito della pacifica e costruttiva convivenza ai regimi che governano questi due paesi. Tutt’altro: le loro politiche hanno comportato l’inasprimento dei rapporti tra le diverse comunità che compongono le rispettive società civili, creando un clima di tensione che è l’avamposto del settarismo.

La situazione in Iraq e Siria negli ultimi anni è diventata quantomeno drammatica: la guerra scatenata contro l’Iraq nel 2003 e di fatto mai finita (quella che è stata venduta al mondo come guerra per esportare la democrazia) e la repressione del regime di Damasco contro quello che dovrebbe essere il suo stesso popolo, iniziata nel 2011 dopo quarant’anni di dominio della dinastia degli Assad , hanno provocato centinaia di migliaia di morti. Son due situazioni diverse, ma le conseguenze sulla popolazione e sugli equilibri sociali sono tristemente simili. Di fatto la guerra, i bombardamenti, gli stupri, i sequestri, la tortura, le violenze sono l’humus in cui nascono e crescono i germogli malefici del terrorismo. Sono in molti ad approfittare della situazione di generale caos per condurre guerre parallele e fare i propri interessi e gli interessi dei loro mandanti. Il caso di Daesh/Isis, il famigerato Stato islamico di Siria e Levante, ne è una prova. Orde di barbari mercenari si sono infiltrati nei due paesi, armati e formati da potenze straniere e di fatto sostenuti e lasciati liberi dai governi dei due paesi e approfittando della situazione di totale anarchia, sono diventati una potenza. Da più di un anno i siriani gridano che Isis non è contro Assad, ma contrasta, stupra e uccide i suoi oppositori e soprattutto bestemmia e calunnia l’islam dicendo che opera in nome della fede. Nessuno ha dato ascolto ai siriani, anzi, parte della politica e della stampa ha continuato a etichettare Isis come ribelli anti-Assad, cosa del tutto falsa perché In Siria Isis si muove e opera solo dove le truppe governative si sono ritirate e apre il fuoco, perseguita e massacra i civili e gli oppositori al regime.

Oggi Isis è una potenza militare che spaventa e di fronte all’escalation della sua violenza, che ha portato in Iraq all’avvicinamento a zone dove sorgono giacimenti petroliferi, sembra che il mondo si stia svegliando. Nessuno ha mosso un dito per i civili siriani (+ dell’80 per cento musulmani), uccisi da questi barbari, arrivando persino a negare il massacro, ma oggi che si grida alla persecuzione delle minoranze, in Siria come in Iraq, scatta l’allarme. Passerebbe quindi il messaggio che se a morire è la maggioranza musulmana poco importa, ma guai a toccare gli altri. Così facendo si fa solo il gioco di Isis che vuole creare tensione e fomentare l’odio settario. In questo quadro i regimi cantano vittoria, spacciandosi come tutori delle minoranze e la già inaccettabile morte di innocenti viene persino strumentalizzata.

È necessario, quindi, fermarsi e fare chiarezza:

1- In Siria la principale causa di morte sono i bombardamenti aerei operati dal regime siriano, che colpiscono in maniera scellerata e indiscriminata tutta la popolazione, distruggendo e uccidendo a prescindere dalla fede e dall’etnia; ad oggi si contano oltre 200 mila vittime in 41 mesi, di cui oltre 18 mila sono bambini sotto i 16 anni. In Siria muoiono musulmani, cristiani, laici, atei, curdi e armeni da oltre 3 anni. E’ un genocidio che colpisce l’intera popolazione.

2- In Iraq persino l’Onu ha smesso di contare i morti, ma ormai più fonti affermano che sarebbero circa un milione; i cristiani sono tra il 5 e l’8% della popolazione, hanno subito e subiscono le sofferenze e le atrocità che subiscono tutte le altre componenti sociali. Con l’avanzata di Isis la loro situazione è persino peggiorata e sono iniziate le minacce, le persecuzioni casa per casa con tanto di marchiatura in stile nazista. Alle persecuzioni contro gli yazidi si sta dando una valenza religiosa, ma in realtà Isis è interessata ad occupare le loro terre per mettere mani sui giacimenti petroliferi.

3- Isis non rappresenta il sentimento, i valori, i principi dell’islam, tutt’altro: Isis va definito per quello che è, ovvero un gruppo (anche se si definisce Stato) di terroristi mercenari il cui operato è contrario alla fede islamica. Isis sta uccidendo i musulmani in Siria e in Iraq e sta uccidendo con loro le altre componenti etniche e religiose. Isis strumentalizza, mortifica e bestemmia il nome di Dio. L’unica divinità a cui risponde Isis è il denaro. Isis non rappresenta i siriani, non rappresenta gli iracheni, non rappresenta l’islam.

4-Isis è formata da mercenari stranieri che non hanno nulla a che spartire con la causa del popolo siriano che si è opposto a quasi mezzo secolo di tirannia, né con la causa del popolo iracheno che ormai lotta per la sua sopravvivenza dopo anni di genocidio. Isis è una creatura dei servizi segreti internazionali che trova sostegno in diverse monarchie e stati stati finalizzata a “creare scompiglio”, a condurre guerre per procura. Per approfondire di leggano questi articoli: http://www.sirialibano.com/tag/isis, http://www.pagina99.it/news/mondo/6681/Che-succede-in-Iraq.html, http://popoffquotidiano.it/2014/08/11/hillary-clinton-lisil-e-roba-nostra-ma-ci-e-sfuggito-di-mano/, http://megachip.globalist.it/Detail_News_Display?ID=107832&typeb=0.

5 – La strategia della falsa informazione sta mietendo tante vittime: foto spacciate per quello che non sono (seguirà un mio articolo sulla bufala della decapitazione dei bambini cristiani) stanno provocando reazioni anche dall’alto, tra i potenti del mondo. Basterebbe un minimo di attenzione e professionalità per verificare l’origine e la matrice di una foto e di una notizia, ma quella mediatica è una guerra che i regimi e i terroristi combattono senza esclusione di colpi e la stampa disattenta e persino complice ne diventa un amplificatore.

Per chi ha fede, per chi crede, per chiunque abbia una coscienza e un minimo di onestà intellettuale sembra persino scontato dover ribadire che non esiste una guerra in nome di Dio, che nulla e nessuno può giustificare la persecuzione, la minaccia, l’offesa e l’uccisione di un innocente. Non cadiamo nel tranello dell’odio settario, non smettiamo di dialogare, non lasciamo che i seminatori di conflitto prevalgano sui costruttori di ponti. Ci vuole tanta determinazione e tanto coraggio, soprattutto ora, ma è proprio di fronte a queste difficoltà che il mondo dei credenti delle diverse religioni e la società civile tutta, laica, atea, debbono stringersi le mani e far sentire che la vera forza è il dialogo e l’impegno per la pace. Non si tratta di buonismo, anzi: è molto più impegnativo ribadire le ragioni del dialogo e tendere verso l’altro che ergere muri e chiudersi nell’inferno dell’odio.

Volendo immaginare un manifesto dei siriani, degli iracheni, dei musulmani che in questo momento vengono associati erroneamente e ingiustamente al terrorismo bisogna ripetere all’infinito: “no, non in nostro nome”. I cristiani sono nostri fratelli, gli esseri umani di ogni religione ed etnia sono nostri fratelli.

Come autrice di questo blog, come siriana, come musulmana lo ripeto anche io e propongo la campagna: “Not_in_our_name”, per dire no alle persecuzioni, alle false notizie, ai seminatori di odio.

 

 

Fonte:

http://diariodisiria.wordpress.com/2014/08/12/not_in_our_name-le-guerre-e-il-terrorismo-stanno-uccidendo-il-dialogo/

SIRIA: ISIS E L’INFIBULAZIONE DEI CERVELLI

Dal blog di Asmae Dachan:

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Cosa può legittimare e giustificare il silenzio del mondo di fronte al genocidio in corso in Siria, che in 40 mesi ha causato più di 200 mila vittime accertate, tra cui oltre 15 mila bambini? Nulla, assolutamente nulla e allora è importante creare un capro espiatorio. L’aviazione di bashar al assad sta bombardando le città siriane con i barili Tnt, distruggendo interi quartieri, ospedali, acquedotti, scuole e luoghi di culto, provocando la fuga di oltre 4 milioni di persone (3 milioni si trovano nella condizione di profughi nei paesi limitrofi e circa 1 milione sono partiti per altre destinazioni) e generando 9 milioni di sfollati interni (gente senza più una casa) “perché sta colpendo i terroristi”. Già, perché secondo quanto riportano i media siriani e chi sostiene ancora il regime di Damasco in Siria è scoppiata un’improvvisa epidemia di terrorismo che ha contagiato i bambini, le donne, i giovani, gli anziani, per cui tutti meritano di morire. Via allora, si rada al suolo l’intero paese, si proceda con l’arresto, la tortura e l’uccisione degli oppositori pacifici e di quelli che hanno disertato per non uccidere il proprio stesso popolo e al contempo si liberino tutti quei criminali detenuti da anni per reati legati al terrorismo. Questi ultimi si sono organizzati, sono stati pagati e armati, con il bene placito del regime e la complicità di servizi segreti internazionali e governi che hanno tutto l’interesse a mantenere lo stato di instabilità sociale, politica, economica in Siria.

E così i civili siriani, che nel 2011 hanno dato il via ad un movimento pacifico, laico, eterogeneo, comprensivo di tutte le componenti etniche e religiose della società siriana, oggi si trovano a dover subire i bombardamenti e le incursioni del regime da un lato e dall’altro le aggressioni, le violenze, le barbarie dei terroristi di daesh/isis il cui capo si è anche autoproclamato califfo.

I media internazionali che alla Siria non hanno mai riservato lo spazio che questo dramma richiede, i media che hanno sempre giustificato il fatto di non condividere e diffondere video girati da citizen reporter che documentano in tempo reale la situazione negli ospedali da campo, nelle città colpite dai barili, nelle tendopoli perché “non si possono verificare le fonti”, continuano a citare le agenzie del regime e a dare la più ampia visibilità possibile a isis e al suo capo criminale al baghdady (evidentemente considerato attendibile). In questo modo, sulla Siria si sente solo parlare del giuramento di assad per il prossimo settennato e al contempo delle minacce alle minoranze religiose e alle donne del famigerato isis/califfato. Quindi? La conclusione, per chi della Siria sa poco o nulla, sarà quella di dire che “assad non è poi così male e così cattivo ed è sempre meglio lui che i terroristi fondamentalisti persecutori”. Concetti che vengono ripetuti e argomentati anche da personaggi nostrani…

In questo quadro delirante trovano voce solo quelle che per milioni di siriani e di donne e uomini liberi nel mondo – che non ci stanno a farsi prendere in giro – sono le due facce della stessa medaglia: assad e il suo terrorismo di stato, isis e il terrorismo internazionale in finti abiti religiosi. A tal proposito basta ammirate le vignette disegnate da artisti siriani, come quelli di Kafranbel (https://www.facebook.com/kafrev?fref=ts) per capire cosa pensi veramente la Siria su questo argomento.

Non ci si dimentica di nulla? Già, ma è una dimenticanza “collaterale” … in fondo cosa sono milioni di civili inermi? Da che mondo è mondo in ogni conflitto sono i civili, gli ultimi, i dimenticati a pagare e lo fanno in silenzio, per cui anche ai siriani tocca la stessa sorte. Qualcuno sa quante persone sono cadute ieri in Siria? No, perché i media non ne parlano, non fa più notizia, non ha mai fatto notizia (non dimentichiamo che l’Onu ha cessato la conta dei morti e questo la dice lunga…). Nessuno mostra le immagini dei bombardamenti, che arrivano incessantemente attraverso la rete, nessuno mostra le immagini dei civili pelle e ossa nelle città assediate, nessuno raccoglie le denunce dei medici che di fronte a più di 1 milione di feriti, tra cui circa 650 mila mutilati e a migliaia di casi di malati oncologici, diabetici ecc. rimasti senza cure non sanno più cosa fare, nessuno ascolta gli appelli delle donne che non hanno più nemmeno acqua potabile per dissetare i propri figli. La gente non deve sapere del dolore e delle sofferenze dei civili. La Siria deve morire e deve farlo in silenzio.

Si alzano così solo le bandiere e gli inni all’odio; le preghiere per la pace e le richieste d’aiuto cadono nel vuoto. Così l’alter ego del regime, isis/califfato si è invece guadagnato le copertine dei media di tutto il mondo con la sua nuova uscita: infibulazione alle donne di Iraq e Siria. Come se le donne di questi due paesi non abbiano già subito abbastanza: senza più una casa, senza più alcun sostegno, stuprate, rese vedove, costrette a tumulare i propri figli a causa delle violenze del regime, ora si trovano minacciate da questa nuova barbara, disumana, blasfema sentenza. Blasfema, sì, perché ormai dovrebbero saperlo anche i muri che l’infibulazione è una pratica abominevole che nulla ha a che vedere con l’islam, ma evidentemente dire che è un insegnamento del Profeta (bestemmia) è funzionale ad alimentare il clima di odio anti-islamico e a ritrarre il criminale al baghdady come l’incarnazione dell’”islam fondamentalista, persecutore misogino e criminale che il bravo assad combatte a suon di bombe”.

È evidente che questi criminali non conoscono la Siria e i siriani se pensano che avranno campo libero nel voler allungare le loro insulse mani sulle donne: gli uomini e le donne siriani pagheranno anche con la vita pur di non farli avvicinare. Ma in fondo è quello che loro vogliono, nuove vittime, nuove morti. L’infibulazione non fa parte della cultura siriana ed è un’abominevole violenza che non trova alcun riscontro negli insegnamenti dell’islam e questo bisogna ripeterlo fino allo sfinimento perché la gente capisca. Bisogna che la politica, la società civile, gli intellettuali comprendano che questi terroristi sono funzionali ai regimi liberticidi e che catalizzando su se stessi e sui loro deliri l’attenzione del mondo tolgono importanza al dramma taciuto di un popolo che continua a morire sotto le bombe, che continua a fuggire e che spesso, cercando di raggiungere l’Europa, non trova altro che la morte in mare.

Ma la cosa forse più importante è che la notizia di questo decreto, ripresa, amplificata, pubblicata e commentata ovunque, si basa su un fake. A tal proposito si legga la ricostruzione minuziosa e approfondita del collega Lorenzo Trombetta: http://www.sirialibano.com/short_news/infibulate-tutte-le-donne-come-un-falso-fa-notizia.html. L’ennesima bufala mediatica, come quella della crocifissione dei cristiani (vedi http://www.diariodisiria.wordpress.com/2014/05/10/siria-sulla-croce-lumanita-intera/) costruita ad arte per distogliere la già flebile attenzione sul dramma dei civili e alimentare nella gente la convinzione che in Siria sia in atto un’offensiva contro le minoranze a cui il regime si trova a dover rispondere. Naturalmente molti discutibili personaggi hanno colto la palla al balzo per far parlare di sé denunciando questo famigerato proclama, pur non essendosi mai interessati al genocidio in atto da più di tre anni in Siria.

Anche in questo caso, le macchinazioni del regime e dei suoi sostenitori, compresi quindi coloro che questi mercenari barbari li stanno pagando, hanno prodotto un’infibulazione dei cervelli e delle coscienze della gente. Quella gente che ora grida giustamente contro l’infibulazione ma che in 40 mesi non si è accorta degli stupri e delle torture subite dalle donne, persino dalle bambine per mano degli uomini di assad. Quella gente che ora applaude soddisfatta dicendo “come volevasi dimostrare, l’alternativa ad assad è solo il terrorismo fondamentalista”. Quella stessa gente che è pronta a gridare il suo dissenso per altri drammi che si stanno consumando nel mondo, come il genocidio a Gaza, ma che sulla morte quotidiana di civili siriani non si pronuncia e arriva persino a negare ciò che sta accadendo.

La Siria sta morendo con i suoi figli, i suoi giovani, le sue donne e i suoi uomini, la sua storia, le sue città. Non fingiamo di non saperlo. Bisogna gridare contro l’infibulazione e contro tutti i crimini commessi ai danni dei civili, ma non farlo a spot, farlo prendendo una posizione ferma e urgente, chiedendo che si parli del dramma dei civili e si ascoltino le loro voci, senza lasciarle soffocare dalle grida dei violenti guerrafondai. I piccoli angeli morti nella sacralità delle loro case, i giovani uccisi in piazza mentre cantavano libertà, gli innocenti inghiottiti dal mare mentre tentavano di fuggire dalla morte, meritano rispetto e considerazione, non di finire nel dimenticatoio o, peggio ancora, di essere inseriti nell’elenco degli “effetti collaterali di una guerra”. La guerra è crimine contro l’umanità intera.

 

 

Fonte:

http://diariodisiria.wordpress.com/2014/07/24/siria-isis-e-linfibulazione-dei-cervelli/

L’ ISIS, uno Stato senza Stato legittimato da Assad

giugno 30, 2014

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di Elena Calogiuri – inviata in Siria

Lunedì 16 giugno il regime siriano ha dato all’ISIS dodici ore di tempo per evacuare la città di Raqqa prima di iniziare a colpirla con raid aerei. Magnanimi, dato che per gli attacchi con barili esplosivi sulle zone libere del FSA non ha mai dato preannunci. Così martedì mattina ha lanciato quattro missili provocando la distruzione di varie zone ma nessun morto; sette i civili feriti, sempre loro a rimetterci, mentre l’ISIS aveva evacuato la zona già nella notte. I primi tentativi, volti a colpire la sede centrale, falliscono.

Poi un altro raid, questa è la volta buona che a venir distrutto è il quartier generale. Martedì 24 dei droni colpiscono l’ISIS alla frontiera siriana-iraqena; gira voce che siano americani o siriani. Kerry smentisce; ad aver colpito l’ISIS, una seconda volta, è il regime siriano. Mercoledì 25 giugno l’Esercito siriano colpisce ancora Raqqa, mirando però ai luoghi pubblici e non ai tribunali, né alle sedi amministrative degli estremisti. L’ambigua Syrian Observatory for Human Rights riporta 19 morti e molti feriti.

Apparentemente, per chi legge la notizia ora e per chi, da soli pochi giorni sa cosa significa la sigla ISIS perché, all’irrefrenabile corsa degli estremisti in Iraq è seguito il terrore degli occidentali sfogato sui media nazionali, non vi sarebbe nulla per cui scomporsi. Per chi, invece, segue la guerra siriana da tempo, sa che il governo siriano considera gli adepti dell’organizzazione criminale-terroristica quali mercenari da pagare per “liberare” la Siria dal FSA. Peccato che ai 5,500 stranieri occidentali e agli altri 5000 adepti dell’ISIS non importi nulla del motivo per cui lotta l’Esercito siriano regolare e che, la loro guerra, è spinta da ideali e obiettivi completamente differenti.

C’è quindi da sorprendersi se Assad, che sino a poche settimane fa si muoveva a braccetto con ISIS nella regione orientale di Deir ez Ezor (il regime a sud, gli estremisti a nord) ora decida di bombardare, simbolicamente, la roccaforte dell’ISIS. Che Assad se ne sia finalmente accorto del grave errore che ha commesso immettendo l’ISIS in Siria?

Il dittatore siriano, infatti, dal momento in cui ha permesso l’immissione dei jihadisti dell’ISIS nel Paese, ha automaticamente legittimato la loro organizzazione che, prima ancora di essere terroristica, è criminale, dando loro modo di acquisire potere (sociale, economico, territoriale) e di mirare ad aspettative solite di un’istituzione governativa. Prima fra tutte la costituzione di uno stato territoriale che, ufficialmente, non possiedono. L’ISIS è l’abbreviazione di Stato islamico dell’Iraq e del Levante (o dell’Iraq e della Siria) ma, nei fatti, non è ancora uno stato e il nome stesso con cui si definisce fa comprendere la sua prima, pericolosa ambizione.

L’ISIS è uno stato senza stato, un’organizzazione criminale che non ha riconoscenza governativa, ha un popolo, pericoloso e violento, che ha bisogno di un territorio, territorio che riguarda appunto la Siria, l’Iraq e, a giudicare da ciò che pubblicano e dagli eventi degli ultimi tempi, l’intero territorio medio orientale, per certo l’Iran. L’acume di Assad non è arrivato a comprendere che, permettendo a costoro di penetrare in Siria si sarebbe torto con le sue stesse mani, giocandosi il suo potere ma, sopratutto, il presente e il futuro della Siria. Assad ha legittimato l’esistenza dell’ISIS, innalzandola al livello di un’organizzazione governativa e dando loro una terra futura, uno Stato territoriale che non possiedono o, almeno, non possedevano.

In linea con questa ipotesi Assad, presa coscienza dell’errore che ha commesso, ora avrebbe deciso, di punto in bianco, di devastare, oltre che i civili e i soldati dell’Esercito siriano libero, anche i suoi (ex) dipendenti, ormai divenuti una minaccia. Dipendenti, tra l’altro, che non hanno mai riconosciuto l’autorità del capo.
Un’altra teoria, coerentemente con le sceneggiate assadiane che hanno raggiunto il culmine con la farsa delle elezioni nei primi di giugno, seguirebbe questo ragionamento: dal momento che l’ISIS, satollo abbastanza di armi e di adepti accalappiati con l’azione in Siria dove ha deposto fieramente le sue bandiere nere dalla scritta bianca “Dio è unico, non c’è Dio all’infuori di me” ha deciso di tornare nella casa iraqena per concentrarsi tutto ad Oriente, annunciando nei social network che finito con l’Iraq volgeranno all’Iran, e dal momento in cui quest’azione ha suscitato la preoccupazione di tutto il mondo occidentale, Assad ha deciso bene di sceneggiare un’altra farsa.

All’inarrestabile traversata dell’ISIS che, in pochissimi giorni, li ha visti conquistare il border siriano-iraqeno, la città di Mosul (banca con 450 milioni di dollari compresa), raffinerie petrolifere (tra cui la più importante del Paese, Bajii) è seguita (e segue) l’attenzione mediatica che il premuroso Assad tiene a manipolare. Troppi occhi che guardano, troppe domande: da dove viene l’ISIS, dov’è attualmente l’ISIS? Chi combatte contro e con l’ISIS? In tre anni di guerra siriana, e in due (di silenzio occidentale) in cui l’ISIS è in Siria, il regime non ha mai osato attaccare o osteggiare l’organizzazione terroristica, permettendo che si impossessasse di un quarto e più del territorio siriano, permettendo che eseguisse condanne, fucilazioni, decapitazioni, che esercitasse prematuramente la sha’ria, che costruisse i suoi centri di potere e i suoi tribunali dalle strutture rettangolari e dai muri neri. Permettendo che, il “virus Daesh” lievitasse ben bene.

Quando poi è divenuto talmente grande da non starci più in Siria, tornando quindi in Iraq, e l’Occidente, allora, America per prima, ha iniziato a preoccuparsi per le ricchezze del Paese fiutando nell’aria una guerra già combattuta dieci anni fa, Assad si è sentito osservato da troppi occhi. Allora ha deciso di far credere al mondo di combattere l’ISIS, di eseguire raid aerei sul centro di potere degli estremisti e sul confine con l’Iraq.

Insomma, tre raid che sono stati preannunciati da 12 ore di preavviso e che hanno ucciso solo civili per far credere che anche lui, come l’Occidente, come l’ESL, come gli amici sciiti combatte contro l’ISIS. I pro Assad scriveranno sul web, sui commenti ai post dei media e anche sui giornali che questa è un’evidente prova di come il regime lotti, sin dal 2011, contro gli estremisti, ma chi ha acume rivoluzionario noterà che questa è solo una delle tante mosse di Assad di far credere al mondo di lottare sin dall’inizio una guerra contro l’estremismo religioso e di avere tutto il diritto di continuare imperterrito il suo democratico, stoico (alle nefandezze della guerra sicuro!) mandato.

 

 
Fonte:
http://caratteriliberi.eu/2014/06/30/mondo/l-isis-legittimato-assad/

OFFENSIVA DELLO “STATO ISLAMICO IN IRAQ E LEVANTE”: ISIL CONQUISTA LARGA PARTE DELL’IRAQ OCCIDENTALE

Dal blog di Fouad Roueiha:

LE TORTURE DEI MILITARI ITALIANI A NASSIRIYA

Feci e urine sui prigionieri, mutilazioni, elettricità ai genitali, waterboarding (simulazione di annegamento). Queste sarebbero le prassi che i nostri connazionali in divisa avrebbero portato avanti in Iraq (e non solo) durante le varie missioni di pace. Anzi, durante le “missioni di pace”. L’ultima puntata de Le Iene ha portato alla luce le testimonianze (una delle quali raccontata a viso scoperto) di un ex militare e di un “esecutore” – come vengono chiamati nell’ambiente i militari selezionati per interrogare i prigionieri sospettati di essere terroristi – i cui dettagli raccapriccianti squarciano il velo di omertà costruito sulla nostra presenza militare in ambiti internazionali.

QUI LE DUE TESTIMONIANZE VIDEO

 

Fonte:

http://frontierenews.it/2014/04/le-torture-dei-militari-italiani-a-nassiriya/