Sulla canonizzazione di Giovanni Paolo II

Fra qualche giorno ci sarà la canonizzazione dei pontefici Roncalli e Wojtyla. Spesso noi cattolici ci facciamo condizionare dalle figure dei rappresentanti della Chiesa, soprattutto quando si tratta di pontefici, vediamo solo ciò che essa vuole mostrarci rifuggendo critiche e accuse come anticlericali e infondate. Ma si può anche scegliere di non lasciarsi condizionare e di andare oltre.
C’è uno scatto molto noto che in alcuni ambienti ha suscitato parecchio scalpore. Si tratta della famosa fotografia che ritrae  papa Giovanni Paolo II nell’atto di affacciarsi al balcone del palazzo presidenziale cileno per benedire la folla, con a fianco il dittatore Pinochet.

Dell’episodio ha parlato in un intervista, apparsa sull’ “Osservatore Romano” del 23 dicembre 2009, il cardinale Roberto Tucci: <<Come dimenticare il volto di Wojtyla quando si accorse del tiro che gli giocò Pinochet durante il viaggio in Cile nel 1987? Lo fece affacciare con lui al balcone del palazzo presidenziale, contro la sua volontà. Ci prese tutti in giro. Noi del seguito fummo fatti accomodare in un salottino in attesa del colloquio privato. Secondo i patti – che avevo concordato su precisa disposizione del Papa – Giovanni Paolo II e il presidente non si sarebbero affacciati per salutare la folla. Wojtyla era molto critico nei confronti del dittatore cileno e non voleva apparire accanto a lui. Io tenevo sempre d’occhio l’unica porta che collegava il salottino, dove eravamo noi del seguito, alla stanza nella quale erano il Papa e Pinochet. Ma con una mossa studiata li fecero uscire da un’altra porta. Passarono davanti a una grande tenda nera chiusa – ci raccontò poi il Papa furioso – e Pinochet fece fermare lì Giovanni Paolo II, come se dovesse mostrargli qualcosa. La tenda fu aperta di colpo e il Pontefice si ritrovò davanti il balcone aperto sulla piazza gremita di gente. Non poté ritrarsi, ma ricordo che quando si congedò da Pinochet lo gelò con lo sguardo. Alfonsín, in Argentina, fu più rispettoso, e non pretese assolutamente di comparire al suo fianco. In Africa invece re, dittatori e governanti corrotti lo tiravano da tutte le parti per sfruttarne l’immagine. Lui lo sapeva, ma era uno scotto da pagare per incontrare la gente. Ne era addolorato, ma sopportava. Con noi poi si sfogava. E quando parlava non risparmiava le denunce.>> (Fonte: http://www.vatican.va/news_services/or/or_quo/interviste/2009/296q07a1.html)


Secondo il cardinale Tucci, quindi, durante la visita in Cile, Wojtyla sarebbe stato vittima di una trovata astuta di Pinochet. Tuttavia, se guardiamo un paio di filmati girati durante la visita del pontefice, possiamo vedere che il presidente incontrò il papa proprio affianco del balcone che dava sul cortile della Moneda, la tenda nera di cui si parla era già aperta e faceva intravedere la folla, e, al termine delle presentazioni dei prelati che accompagnavano Wojtyla, Giovanni Paolo e Pinochet si diressero insieme e senza esitazioni verso il balcone. Le immagini di questi momenti sono visibili nell’ultima parte di questo video

e nella prima parte di quest’altro:

Per quanto riguarda poi il riferimento all’Argentina e a Alfonsìn, nel settimo capitolo del libricino Storia delle Madres de Plaza de Majo, Edizione Buendia, a cura dell’associazione Kabawil, è citato un viaggio di Giovanni Paolo II in Argentina, nel marzo 1987, durante il governo Alfonsìn. Durante questo governo, fintamente democratico, iniziò un processo farsa nei confronti dei militari coinvolti nella sparizione dei desaparecidos, che, con le cosiddette leggi di Punto Finale e di Obbedienza Dovuta, puntava alla quasi totale impunità degli assassini. Sul viaggio del papa si legge: <<Nel marzo di quell’anno, per finire di modellare uno scenario di riconciliazione e punto finale, venne in visita ufficiale nel paese il Papa, Giovanni Paolo II. Il pontefice rimase in Argentina solo sei giorni, quanto bastava per avvalorare ancora di più i militari che cercavano il perdono. Nelle varie tappe del suo itinerario – Bahia Blanca, Viedman, Mendoza, Rosario, Cordoba, Tucuman, Salta, Corrientes, Parana e Buenos Aires – il capo supremo della chiesa aiutò a creare il clima propizio per una scalata golpista di nuovo tipo>>. Nella settimana santa del 1987, infatti ci fu la sommossa dei Carapintadas che portò alla legge di Obbedienza Dovuta, la quale riconosceva diversi gradi nella repressione genocida. Se in questo caso fu favorevole ai repressori, una precedente visita di Wojtyla nel 1982 durante il governo Galtieri, rallentò anche se di poco la caduta del regime. Nel quarto capitolo di questo libricino si legge: <<Per alleviare il sicuro effetto che la sconfitta andava a provocare nella popolazione, il Papa Giovanni Paolo II visitò per un’ora il paese. Sebbene la versione ufficiale del motivo del viaggio fosse sigillare un accordo di pace, il pontefice venne ad adempiere un altro compito: contenere l’ira popolare e ridare ossigeno alla possibilità di governare del regime, la cui sorte finale era ormai scritta. La dittatura sapeva che doveva abbandonare il potere, ma voleva farlo nel modo più ordinato possibile. A tre giorni della visita del Papa, il “governatore” Menendez firmò la resa agli inglesi, e neanche le preghiere papali poterono impedire una mobilitazione spontanea in opposizione alla dittatura, che un’altra volta gli assassini repressero selvaggiamente>>.

Tornando ai rapporti di Wojtyla con Pinochet, in un articolo del “New York Times”, si racconta che, sempre durante la sua visita, il papa pregò con il generale Pinochet e sua moglie in una cappella nel palazzo dove il presidente democraticamente eletto del Cile, Salvador Allende, morì nel colpo di stato che portò al potere il generale Pinochet. Il pontefice ha anche benedetto la casa. (Fonte: http://www.nytimes.com/1987/04/03/world/john-paul-calls-for-chileans-to-move-toward-democracy.html)

Nel 1993 il cardinale Angelo Sodano e papa Wojtyla inviarono al generale Pinochet due messaggi di auguri per il cinquantesimo anniversario del suo matrimonio. <<Il cardinale Sodano (nunzio apostolico in Cile negli anni della dittatura di Pinochet) nella sua lettera scrive, tra l’altro, di aver ricevuto dal pontefice “il compito di far pervenire a Sua Eccellenza e alla sua distinta sposa l’ autografo pontificio qui accluso come espressione di particolare benevolenza”. Il cardinale fa anche riferimento al viaggio cileno fatto da Giovanni Paolo II. “Sua Santità – ricorda infatti Sodano – conserva il commosso ricordo del suo incontro con i membri della sua famiglia in occasione della sua straordinaria visita pastorale in Cile”. E conclude il messaggio a Pinochet, riaffermando “signor Generale, l’espressione della mia più alta e distinta considerazione”. Altrettanto “partecipata” la lettera augurale di Wojtyla. “Al Generale Augusto Pinochet Ugarte, alla sua distinta sposa, Signora Lucia Hiriarde Pinochet, in occasione delle loro nozze d’oro matrimoniali e – scrive il pontefice – come pegno di abbondanti grazie divine, con grande piacere impartisco, così come ai loro figli e nipoti, una benedizione apostolica speciale. Giovanni Paolo II”>>. (Fonte: http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1993/06/29/pinochet-auguri-dal-papa.html)

Pinochet fu arrestato a Londra nel 1998 dopo che la Spagna ne aveva chiesto l’estradizione perchè fosse processato per presunti crimini contro i diritti umani. Il 19 febbraio 1999 Wojtyla intervenne nella controversia sull’estradizione dell’ex dittatore cileno lanciando un appello di clemenza per motivi umanitari e nell’interesse della riconciliazione nazionale in Cile. (Fonte: http://news.bbc.co.uk/2/hi/282225.stm) Pochi giorni dopo quest’appello , le Madri di Plaza de Mayo scrissero una dura lettera a papa Wojtyla. Qui il testo in italiano:

Buenos Aires 23 febbraio 1999

Sig Giovanni Paolo II

Ci è costato diversi giorni assimilare la richiesta di perdono che Lei, Sig. Giovanni Paolo II, ha inoltrato in favore del responsabile di genocidio Pinochet.

Ci rivolgiamo a Lei come cittadino comune, perchè ci sembra aberrante che dalla sua poltrona di Papa in Vaticano, senza conoscere, senza avere sofferto sulla sua pelle la tortura con scariche elettriche, le mutilazioni e le violenze sessuali, abbia il coraggio di chiedere, in nome di Gesù Cristo, clemenza per l’assassino Pinochet.

Gesù è stato crocifisso e la sua carne è stata lacerata dai Giuda come Lei che oggi difende gli assassini.

Sig. Giovanni Paolo II, nessuna madre del Terzo Mondo che ha dato alla luce, allattato e curato con amore un figlio che è stato mutilato dalle dittature di Pinochet, Videla, Banzer, Stroessner, accetterà con rassegnazione la sua richiesta di clemenza.

Noi Madri ci siamo incontrate con Lei in tre occasioni, ma Lei non ha impedito i massacri, non ha alzato la voce in difesa delle nostre migliaia di figli durante quegli anni di terrore.

Adesso non abbiamo più dubbi su da quale parte sta Lei, ma sappia che malgrado il suo potere immenso, non potrà arrivare nè a Dio nè a Gesù.

Molti dei nostri figli si sono ispirati a Gesù nel loro impegno per il popolo.

Noi Membri dell’Associazione delle Madri di Plaza de Mayo, attraverso una preghiera immensa che arrivera’ al mondo, chiediamo a Dio che non perdoni Lei, Sig. Giovanni Paolo II, perchè Lei denigra la Chiesa del popolo che soffre. Lo facciamo in nome dei milioni di esseri umani che morirono e continuano a morire ad opera degli assassini che Lei difende e sostiene.

DICIAMO: SIGNORE NON PERDONARE GIOVANNI PAOLO II

Associazione Madri di Plaza de Mayo
Hebe Bonafini
presidentessa
(seguono firme)”

(Fonte: http://www.censurati.it/2001/02/03/accuse-al-papa-le-madri-di-plaza-de-mayo/)

Il perdono è un principio cristiano. Ma considerati i rapporti che Wojtyla ha intrattenuto con il dittatore Pinochet e i suoi silenzi nei confronti delle vicende dei desaparecidos argentini, ho seri dubbi sul fatto che il perdono che Giovanni Paolo II voleva per il generale sanguinario fosse ispirato da motivazioni evangeliche. Credo piuttosto che il gesto del pontefice sia stato la prosecuzione dei buoni rapporti con Pinochet e che dimostri come questo papa, nonostante abbia compiuto numerosi viaggi, visitato molti popoli, attratto tanti giovani e sia molto amato, sia stato un uomo più vicino agli oppressori che agli oppressi.
Non possiamo impedire alla Chiesa Cattolica di scegliersi i suoi santi ma di fronte alla canonizzazione di Giovanni Paolo II, che avverrà il prossimo 27 aprile, (tre giorni prima del 37° anniversario della prima riunione delle Madri di Plaza de Mayo), per mano di Papa Francesco, l’argentino Jorge Bergoglio, pontefice che secondo molti starebbe cambiando la Chiesa, ritengo giusto non tacere sulle contraddizioni di Wojtyla.

 

Donatella Quattrone

 

I VOLI DELLA MORTE

I voli della morte (spagnolo: vuelos de la muerte) furono un atroce distintivo della Guerra sporca Argentina, durante il cosiddetto Processo di Riorganizzazione Nazionale (1976-1983). Mediante i vuelos de la muerte migliaia di dissidenti politici, o ritenuti tali, furono gettati in mare vivi e sotto l’effetto di droghe da appositi aerei militari.
I fattiI Un Fokker F28 dell’Aviación Naval dell’Armada de la República Argentina, la Marina militare argentina, nell’Aeroporto Militare Jorge Newbury.Short SC.7 Skyvan della prefettura, usato per i voli della morte. L’aereo è ora di proprietà dell’Helsinki University of Technology, Laboratory of Space Technology, e si trova all’Oulu Airport (EFOU).Le prove riguardanti l’assassinio di oppositori mediante il lancio da aerei sono incontestabili e non vi sono controversie al riguardo. Già nel 1977, durante il regime militare, erano apparsi vari corpi nelle insenature atlantiche di Santa Teresita e Mar del Tuyú, circa 200km al sud della Città di Buenos Aires. I medici forensi che esaminarono i corpi dichiararono che la causa del decesso era riconducibile a una collisione con oggetti da una grande altezza. I cadaveri furono comunque seppelliti frettolosamente come N.N. nel cimitero di General Lavalle (Buenos Aires).
Nel 1995, l’ex repressore dell’ESMA Adolfo Scilingo ha raccontato in modo particolareggiato al giornalista Horacio Verbitsky la metodologia di sterminio alla quale gli stessi carnefici si riferivano con il termine vuelos (voli). La testimonianza fu in seguito pubblicata in un libro, con il titolo “El Vuelo” (Il volo). Scilingo, nella sua testimonianza, racconta della procedura, dell’autorizzazione della Chiesa Cattolica, dell’utilizzo di iniezioni anestetiche, del tipo di aerei utilizzati (Lockheed L-188 Electra [1], Short SC.7 Skyvan 3M-400[2]), l’ampia partecipazione degli ufficiali, l’utilizzazione dell’aeroporto militare Jorge Newbury (Città di Buenos Aires). In un’intervista [3] di Martín Castellano a Adolfo Scilingo (4 ottobre 1997), quest’ultimo afferma:
« I voli furono comunicati ufficialmente da Mendía (viceammiraglio della Armada, la marina militare) pochi giorni dopo il golpe militare del marzo 1976. Ci è stato spiegato che le procedure per lo smistamento dei sovversivi nell’ Armada si sarebbero svolte senza uniformi, indossando solo scarpe da ginnastica, jeans e magliette. Ci ha spiegato che nell’ Armada i sovversivi non sarebbero stati fucilati, giacché non si volevano avere gli stessi problemi avuti da Franco in Spagna e Pinochet in Cile. E neanche bisognava “andare contro al Papa”, ma è stata consultata la gerarchia ecclesiastica ed è stato adottato un metodo che la Chiesa considerava cristiano, ossia gente che si alza in volo e non arriva a destinazione. Davanti ai dubbi di alcuni marinai, si è chiarito che “i sovversivi sarebbero stati buttati nel bel mezzo del volo”. Di ritorno dai voli, i cappellani cercavano di consolarci ricordando un precetto biblico che parla di “separare l’erba cattiva dal grano”. »Sebbene vi siano pochi dati in proposito, la sparizione dei cadaveri dei desaparecidos tramite il lancio da aerei sembra essere stato un metodo molto diffuso, in aggiunta a quello delle tombe clandestine. I Centri Clandestini di Detenzione (CCD) collegati a questa pratica erano soprattutto la ESMA, l’Olimpo, la Perla, il Campito. In particolare, quest’ultimo centro clandestino fu allestito in prossimità dell’aerodromo appunto per facilitare il trasporto dei detenuti agli aerei. L’Aeronautica uruguaiana ha ammesso nel 2005 di aver effettuato voli della morte in collaborazione con le Forze Armate argentine (Operazione Condor)[4]. Scilingo ha anche dichiarato al cospetto del giudice spagnolo Baltasar Garzón che si sono anche raccolti prigionieri dalla base della marina militare a Punta Indio (Provincia di Buenos Aires). Il CCD conosciuto come Quinta de Funes a Rosario si trovava a 400m dall’aeroporto e vi sono testimonianze che alcuni di quei detenuti sono stati gettati in mare nella zona della Bahía de Samborombón (Provincia di Buenos Aires)[5] [6].
Procedura
L’aeroporto militare Jorge Newbury, usato per i voli della morte.I detenuti che venivano trasladados (“trasferiti”, termine usato dagli aguzzini per indicarne l’eliminazione definitiva), di norma erano raggruppati nel sottosuolo di un Centro di Detenzione Clandestino. Qui gli ufficiali comunicavano loro che sarebbero stati trasferiti ad un centro di detenzione situato nel Sud del paese, e che quindi sarebbero stati sottoposti ad una vaccinazione. In realtà, quest’ultima consisteva in un’iniezione di pentothal, che aveva lo scopo di addormentare le vittime (ma non di ucciderle). A questo punto i detenuti, vivi ma incoscienti, venivano spogliati, caricati su camion, trasportati al più vicino aeroporto militare e imbarcati sugli aerei. La maggior parte dei detenuti veniva lanciata ancora in stato di incoscienza, ma vi sono alcuni casi in cui qualche vittima si sia risvegliata e sia stata buttata a mare in stato cosciente. Come venne testimoniato da Scilingo nella citata intervista [7], tutti gli ufficiali, a turno, prendevano parte all’operazione, che durava all’incirca un’ora e mezza.
Recenti identificazioni
Nel novembre del 2004, il Gruppo Argentino di Antropologia Forense (Equipo Argentino de Antropología Forense, EAAF) ha scoperto che i resti di una persona seppellita come N.N. nel cimitero di General Lavalle (Provincia di Buenos Aires) corrispondeva a un desaparecido. Si è quindi passato all’esame dei registri del cimitero scoprendo che quella persona e altre cinque erano state trovate sulle spiagge tra il 20 e il 29 dicembre 1977, e si cominciò a sospettare che si trattasse di vittime dello stesso vuelo de la muerte. Pochi giorni dopo i corpi furono esumati e nel lasso di qualche mese si stabilì che si trattava dei resti delle madri di Plaza de Mayo Esther Ballestrino, María Eugenia Ponce, Azucena Villaflor[8], della suora francese Léonie Duquet [9] e della militante Angela Auad[10]. Ana María Careaga, figlia di una delle vittime, dichiara:
« È la prima volta che si recuperano corpi dal mare, li si identifica e li si vincola chiaramente all’arresto, successiva sparizione e reclusione in un centro clandestino di detenzione, in questo caso la Escuela Mecánica de la Armada (ESMA). »
Il Gruppo Argentino di Antropologia Forense ha anche osservato[11] che i corpi presentavano:
« […] fratture multiple a livello di membra superiori, inferiori, e del cranio, compatibili con la caduta da una grande altezza con una superficie dura che potrebbe essere il mare. »
Controversie
Durante un comizio tenuto nel febbraio 2009, il Presidente del Consiglio italiano Silvio Berlusconi fece una battuta di spirito sui voli della morte. L’Argentina convocò l’ambasciatore italiano esprimendo «preoccupazione e disagio» per la leggerezza delle parole.[12][13] Per il governo italiano si è trattato di uno stravolgimento delle parole del Presidente del Consiglio.
Note1. ^ http://www.fuerzaaerea.mil.ar/conflicto/electra.htm
2. ^ http://www.fuerzaaerea.mil.ar/conflicto/skyvan.html
3. ^ http://www.laopinion-rafaela.com.ar/opinion/2005/01/27/c512777.htm
4. ^ http://www.clarin.com/diario/2005/08/10/um/m-1031040.htm
5. ^ http://www.lacapital.com.ar/2005/12/23/politica/noticia_257039.shtml
6. ^ http://www.telediariodigital.com.ar/leer.asp?idx=14365
7. ^ http://www.laopinion-rafaela.com.ar/opinion/2005/01/27/c512777.htm
8. ^ http://www.rionegro.com.ar/arch200507/09/n09a01.php
9. ^ http://www.terra.com.ar/canales/politica/121/121787.html
10. ^ http://www.pagina12.com.ar/diario/elpais/1-56595-2005-09-16.html
11. ^ http://www.clarin.com/diario/2005/08/30/elpais/p-00301.htm
12. ^ L’Argentina protesta per la battuta di Berlusconi sui Desaparecidos, La7
13. ^ Berlusconi scherza sui desaparecidos. L’Argentina convoca l’ambasciatore. la RepubblicaFonte:http://it.wikipedia.org/wiki/Voli_della_morte
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La verità sui voli della mortedi Gigi Riva. Foto di Giancarlo Ceraudo 
Un lungo lavoro investigativo. A cui ha partecipato anche un fotografo italiano. Ecco come sono stati ritrovati gli aerei e i piani di volo usati dalla giunta militare argentina per eliminare gli oppositori
(04 marzo 2010)GUARDA IL REPORTAGEGli aerei della morte | Memoria, Verdad y Justicia | Archeologia del terrore | Reaparecidos Otto nomi di piloti che tornano, con cadenza regolare, sulla ‘planilla para historial de aeronave’, il brogliaccio dove viene riportata tutta l’attività di un velivolo. Solo che lo Skyvan PA-51 non è un aereo normale perché quando era di proprietà della Prefectura Naval Argentina tra il 1976 e il 1983 è stato utilizzato per i ‘vuelos de la muerte’ con cui almeno 5 mila oppositori della dittatura militare sono stati gettati, tramortiti ma vivi, nell’Oceano Atlantico. Tornata la democrazia nel paese sudamericano, gli alti ufficiali della ‘junta’ hanno sempre sostenuto che quelle carte erano state distrutte. Trent’anni di bugie per coprire le responsabilità, a diversi livelli, di uno dei crimini più odiosi della storia recente. Invece i documenti, preziosissimi, sono riapparsi, in seguito a un lungo lavoro investigativo, durato tre anni in vari continenti, condotto da un fotografo italiano, una ex desaparecida e un ricco signore col gusto della verità. Modello dell’aereo, numero di serie, giorno, itinerario, nome del comandante, durata della missione: tutto è stato registrato. E adesso è un formidabile atto d’accusa. I giuristi già le hanno definite “le carte più importanti sulla dittatura ritrovate negli ultimi dieci anni”. Un premio Nobel per la Pace, Adolfo Pérez Esquivel, e il ricco signore, Enrique Piñeyro, rampollo della famiglia Rocca, li hanno consegnati al giudice istruttore di Buenos Aires Sergio Torres, lo stesso che ha condotto le indagini che hanno portato al processo, in corso, sulla Scuola di Meccanica della Marina (Esma), luogo di tortura e detenzione dei ‘desaparecidos’ (un processo è in corso in Italia in contumacia). Torres ha già chiesto, per rogatoria, gli originali dei piani di volo che si trovano negli Stati Uniti (e vedremo come ci sono arrivati). ‘L’espresso’ ha avuto modo di visionarli e conosce i nomi degli otto piloti. Erano, all’epoca, giovani tra i 25 e i 35 anni, hanno poi lasciato la Marina e fatto carriera nelle compagnie civili. Alcuni sono andati in pensione, altri sono ancora in attività e due, dipendenti dell’Aerolineas Argentinas, sono comandanti su rotte intercontinentali. Toccherà alla magistratura stabilire chi di loro era davvero al posto di comando dei voli della morte. Per questo tacciamo i nomi. Il sospetto, comunque, è che tutti fossero coinvolti. Perché una delle prerogative del regime era la condivisione dei misfatti: in modo da essere uniti, in futuro, nel patto scellerato dell’omertà. I protagonisti dell’inchiesta sul filo della memoria hanno rintracciato cinque ‘aerei della morte’. Buonsenso, intuito, pazienza e molta passione gli ingredienti che hanno prodotto il risultato. La storia inizia tre anni fa quando il fotografo romano Giancarlo Ceraudo si stabilisce in Argentina e decide di iniziare un lavoro sulla dittatura. Trascorre mesi nei centri di detenzione illegale, Olimpo, Club Atletico, Esma, Virrey Ceballo, dove sono passati i trentamila desaparecidos, luoghi adesso gestiti da comitati e associazioni per i diritti umani. Ritrae i sopravvissuti, le stanze dove furono torturati. All’Olimpo, garage per la revisione delle automobili della polizia, in via Ramon Falcon, nella zona di Floresta, grazie alla sua curiosità vengono recuperati, in uno scaffale nascosto, dei fogli con le spiegazioni tecniche dei lavori sulle Ford Falcon, le famigerate auto usate dalle squadre della morte per i sequestri di persona. Un piccolo frammento del tempo che fu. Oltre che dai racconti, è influenzato dalla visione del film ‘Garage Olimpo’ di Marco Bechis, con quell’ultima scena in cui i carcerati vengono trascinati dentro un aereo che decolla. Un riferimento esplicito ai voli della morte. Di cui, quattro anni fa, si sapeva solo quanto riferito da quello che in Italia definiremmo un pentito,Adolfo Scilingo, trentenne capitano all’epoca dei fatti. Nel 1995 aveva raccontato al giornalista Horacio Verbitsky di aver partecipato a due voli della morte in cui furono ammazzati rispettivamente13 e 17 prigionieri. E aveva aggiunto: “La decisione dei voli fu comunicata ufficialmente dal viceammiraglio dell’Armada Mendìa pochi giorni dopo il golpe del 1976. Ci è stato spiegato che le procedure per lo smistamento dei sovversivi nell’Armada si sarebbero svolte senza uniformi, indossando solo scarpe da ginnastica, jeans e magliette. I sovversivi non sarebbero stati fucilati per non aver gli stessi problemi avuti da Franco in Spagna e Pinochet in Cile”. E circa il modo: “Erano incoscienti. Li spogliavamo e, quando il comandante del volo ci dava l’ordine, aprivamo le porte e li gettavamo, nudi, uno alla volta. Questa è la storia vera, nessuno può negarla”.