21 anni dalla strage di via dei Georgofili. Fu solo Cosa Nostra?

 

 

bOMBA VIA DEI GEORGOFILI-G.C.- Era l’1.04 di notte, quando, in via dei Georgofili, presso l’Accademia omonima, si scatenò l’inferno.

 

Un fiorino bianco era parcheggiato sotto la Torre de’ Pulci, a Firenze: sembrava una vettura innocua, ma era caricata da ben 250 chili di tritolo che, quando esplosero, sventrarono la sede dell’Accademia e strapparono la vita a cinque persone: la trentaseienne Angela Fiume, suo marito Fabrizio Nencioni, 38 anni, le loro figlie, Nadia, di 8 anni e mezzo, e Caterina di appena 50 giorni, e lo studente ventiduenne di architettura Dario Capolicchio,

 

A riempire quella vettura di tritolo era stata Cosa Nostra. Erano gli anni dello stragismo: dopo aver colpito uomini simbolo della lotta alla mafia, le cosche avevano intenzione di andare a colpire il patrimonio storico e artistico dell’Italia. Colpire un popolo nella sua identità nazionale e culturale, tentando, in tal modo, di destabilizzarlo e, contemporaneamente, farlo cedere alle richieste presentate. Si voleva, di fatto, velocizzare quella trattativa con lo Stato di cui parla anche la “Primula Nera” Paolo Bellini.

 

Egli aveva conosciuto in carcere il boss Antonino Gioè e, forse indirettamente, gli aveva suggerito la strategia stragista. Neofascista, assassino, ladro di tesori d’arte e più che probabilmente collegato ai Servizi Segreti, secondo le testimonianze fu colui che spinse Cosa Nostra a concentrarsi sui monumenti nazionali.Perchè “se tu a Pisa vai a togliere la torre, è finita Pisa”.

 

La mafia accettò il consiglio. E decise di andare a ferire anche Firenze, con l’intenzione di far saltare in aria gli Uffizi.

 

Non tutto seguì i piani: in quell’occasione, Cosa Nostra non aveva intenzione di mietere vittime, ma vi furono. Ugualmente, i celebri musei non vennero distrutti in quanto l’autobomba venne posteggiata in un luogo sbagliato. Secondo alcuni pentiti fu perché, semplicemente, i mafiosi non conoscevano sufficientemente bene la geografia della capitale del Rinascimento; secondo altri, nel luogo pianificato vi erano telecamere di sorveglianza che avrebbero ostacolato l’attentato.

 

Un attentato di cui ancora non si ha soluzione. Nel 2000 furono condannati come mandanti i boss Riina, Graviano, Bagarella e Provenzano, ma vi è comunque l’ombra dei mandanti occulti, di quei personaggi non appartenenti alla mafia che avrebbero richiesto e ottenuto la strage. Perché, come ebbe a dire il collaboratore Salvatore Cancemi, Che c’erano. Perchè, come ebbe a dire il pentito Salvatore Cancemi, “Cosa Nostra non ha la mente fina di mettere un’autobomba come quella di Firenze”. Nel 2012, il pentito Gaspare Monticciolo fece alcuni nomi: Silvio Berlusconi e Marcello Dell’Utri, per esempio, ma le indagini in merito furono ben presto archiviate.

 

E vi è ancora un altro collaboratore che, nelle proprie testimonianze ha ricordato spesso la strage di via dei Georgofili. Si tratta di Gaspare Spatuzza, i cui ricordi si sono rivelati essenziali per ricostruire quanto accadde prima di quella tragica notte. Come tutto fosse pianificato da tempo, con il boss Graviano che si era munito di depliant turistici per individuare con esattezza quali monumenti far saltare in aria.

 

Le cose non andarono secondo i piani, e nella notte tra il 26 e il 27 maggio, cinque innocenti persero la vita. Per Cosa Nostra fu un errore trascurabile, un’insignificanza. Per la società civile, che ancor’oggi lotta per ottenere la verità sui responsabili, una tragedia che spinge, ogni giorno, alla sete di giustizia.

 

 

Fonte:

http://www.articolotre.com/2014/05/21-anni-dalla-strage-di-via-dei-georgofili-fu-solo-cosa-nostra/