In ricordo di Barbara Kistler

 Dal profilo Facebook di Paola Staccioli :

Barbara Kistler era una militante di Zurigo, l’ho conosciuta a Roma. E’ stata uccisa in Turchia fra la fine di gennaio e l’inizio di febbraio del 1993.

 

Fin da giovanissima partecipa con il movimento di resistenza ad azioni dimostrative contro obiettivi simbolici dello Stato o dell’economia capitalista. È poi inserita nel circuito della solidarietà nei confronti dei prigionieri politici. Nelle carceri tedesche fa colloqui con i detenuti della Raf, è presente nelle iniziative che riguardano i processi politici, ma anche nel dibattito sulle prospettive di potere in un paese a capitalismo avanzato. Sui temi della violenza, della lotta armata. Nel 1970 sono nate le Brigate rosse in Italia, sulla scia delle lotte operaie e studentesche, e la Raf nella Repubblica federale tedesca. Barbara è convinta della necessità di un’azione che vada oltre la resistenza, per una trasformazione rivoluzionaria in senso comunista della società.

Nel 1987 conosce i militanti comunisti turchi che hanno lasciato il paese dopo il colpo di stato dell’Ottanta. Sono insieme nelle contestazioni del Primo maggio, per le celebrazioni del cinquantenario della Pace del lavoro. Il patto fra padroni e sindacati, la fine del diritto di sciopero.

 

Nell’ottobre 1987, a dieci anni dalla morte nel carcere di Stammheim di tre prigionieri della RAF, i militanti della resistenza effettuano azioni antimperialiste. Barbara finisce in carcere. Non è la prima volta.

A Istanbul viene arrestata il 19 maggio 1991. Massacro di Hasanpaşa, viene definito. Diciotto arresti e due militanti, Ismail Oral e Hatice Dilek, uccisi a freddo.

 

Il clima è teso. Sono appena entrate in vigore le leggi speciali. Sono stati uccisi tre poliziotti ad opera del tikko, l’esercito operaio e contadino di liberazione della Turchia, braccio armato del Partito comunista turco marxista leninista.

 

Barbara è in un appartamento. Irrompono in casa. Passi pesanti, colpi. Una furia scatenata. E grida, grida contro Ismail. Urlano di volerlo ammazzare. Ismail non c’è. È uscito pochi minuti prima. Il telefono è sotto controllo. Possono catturarlo vivo. Invece lo vogliono uccidere.

Alle undici di sera otto agenti entrano nella casa in cui sono Ismail e Hatice. I compagni sono disarmati. Ismail tenta di fuggire. Il figlio di Hatice, un bambino otto anni, è l’unico testimone della cattura. Viene montata una messinscena per giustificare l’esecuzione.

 

Barbara rimane 15 giorni in una caserma. La protesta della Svizzera è formale. Per annebbiare l’opinione pubblica e mantenere buoni rapporti con la Turchia. Importante acquirente di armi, ottimo cliente per le banche svizzere, che ripuliscono i capitali del narcotraffico turco.

Barbara rimane sette mesi in carcere. È inserita in una Comune, i collettivi in cui i detenuti si uniscono per affinità politica.

Nel novembre del Novantuno viene espulsa dal paese e torna a Zurigo.

 

Cade armi in pugno alla fine di gennaio del 1993 per le ferite e il freddo sui monti del Kurdistan turco. Il suo gruppo, di circa cinquanta guerriglieri, viene attaccato dall’esercito. Le perdite sono pesanti, i superstiti seppelliscono frettolosamente i corpi dei caduti. Il governo della Turchia non ha mai riconosciuto la sua uccisione.

Dopo la morte Barbara viene nominata membro d’onore del Comitato centrale del Partito comunista turco marxista-leninista.

 

Il pensiero mi stritola il cuore. Immagino la sua vita che si spegne nell’agonia glaciale e inconsolata di un inverno montano. Un rivolo di sangue ferisce la neve candida fino a bagnare la terra forestiera che accoglie il suo corpo. Trentotto anni. Sufficienti per una scelta matura. Troppo pochi per volare via così, colpita da un nemico che nega la sua morte.

 

Ho i brividi ogni volta che ci penso. Una morte senza un corpo rimane una notizia sospesa. Vorrei andare fra quelle montagne. Toccare la terra, guardare il cielo che i suoi occhi hanno visto per l’ultima volta. Darle il saluto crudele ma necessario per il congedo definitivo. Quello che sua madre Rosemarie ha invano cercato fino alla morte, nel 2010. Vorrei andare fra quelle montagne, urlare al vento il suo nome e sentirne l’eco. Barbara Anna Kistler, militante del tikko. Nome di battaglia Kinem.

 

Stralci dal racconto del libro Non per odio ma per amore. Storie di donne internazionaliste. Di Paola Staccioli e Haidi Gaggio. Prefazione di Silvia Baraldini. Derive Approdi editore

 

 

 

 

Fonte:

https://www.facebook.com/notes/paola-staccioli/in-ricordo-di-barbara-kistler/10151307567163264?pnref=story

Un pensiero su “In ricordo di Barbara Kistler

  1. Massimo rispetto alla compagna Barbara e a tutte/i le/i compagne/i morte/i, in tutto il mondo, lottando per i loro ideali! Io forse non ho avuto il coraggio di fare altrettanto, certamente ho fatto quello che ho potuto, e non mi stancherò mai di ricordarle/i sempre, perché la lotta continua e loro ci devono essere di esempio. E penso a compagne/i che si perdono in diatribe tanto complicate da capire, per chi è fuori da certe logiche, quanto improduttive: io le(li rispetto perché ho visto queste cose troppe volte per non credere alla loro genuinità, però dico anche oggi, come allora: compagne/i, non perdete mai di vista il nemico. quello vero, e ricordate che l’avversario politico, o presunto tale, non è un problema. Chi ha più filo più tesse, il problema sono i nemici, quelli veri!!!!

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