Un anno fa l’uccisione di Andrea a Termini, una morte senza colpevoli

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La trans colombiana fu trovata ammazzata di botte al binario 10 la mattina del 29 luglio. “Le indagini continuano”, ma nessuna telecamera ha ripreso l’aggressione, nessuno ha visto nulla. Restò 5 mesi all’obitorio, poi in tanti si ritrovarono al suo funerale

 

29 luglio 2014

ROMA – Un anno fa Andrea, una trans colombiana di 30 anni, veniva uccisa a bastonate alla stazione Termini di Roma. Ammazzata di botte, colpo dopo colpo. La mattina del 29 luglio 2013 il suo corpo gonfio per le percosse è stato trovato lungo il binario 10.

Sono passati 365 giorni e ancora non si sa chi ha interrotto la vita di Andrea. La polizia continua le indagini, ma non ci sono indagati. Nessuna telecamera ha ripreso le immagini dell’aggressione, nessuno ha visto nulla, nessun colpevole sta pagando per la sua morte.

Andrea era arrivata in Italia quattro anni fa, piena di sogni. Invece, era finita a vivere per strada, la stazione Termini era diventata la sua casa. Portava sul corpo i segni delle violenze subite: era stata aggredita ad Ostia, aveva trascorso sette mesi in coma e al suo risveglio non aveva potuto più muovere un braccio e trascinava a fatica una gamba.

Dopo la sua morte, per cinque mesi è rimasta nell’obitorio del Verano di Roma in attesa che l’ambasciata rintracciasse qualche parente in Colombia. Ma Andrea era sola al mondo. Non lo è stata però il giorno del suo funerale: il 27 dicembre 2013 centinaia di persone si sono strette a lei per darle l’ultimo saluto nella Chiesa del Gesù a Roma, addobbata di fiori bianchi. Erano presenti il sindaco Ignazio Marino, l’ex ministro per l’integrazione Cecile Kyenge, i volontari delle associazioni, i senzatetto della stazione Termini e tante persone comuni accorse anche se non la conoscevano. Francesca Danese, presidente del Cesv, insieme alla Caritas Italiana ha organizzato il suo funerale: “Andrea resterà sempre nel nostro cuore. Purtroppo sono ancora tante le persone che vivono come lei. L’intera città l’ha abbracciata per darle un ultimo saluto, ma il nostro impegno deve essere quello di non ricordarci degli ultimi quando ormai è troppo tardi”.

Se Andrea fosse ancora viva vedrebbe che poco è cambiato. I senzatetto, che continuano a dormire davanti all’ingresso principale della stazione Termini e lungo via Marsala, sono 3.200.Vedrebbe che solo lo scorso anno sono stati 260 i corpi dimenticati rimasti nell’obitorio di Roma aspettando che qualcuno si offrisse di pagare il funerale. Una attesa inutile: a seppellirli in questo caso è l’Ama, l’azienda municipale per la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti, che con il Comune si fa carico della sepoltura. Vedrebbe che il suo assassino è ancora libero. Ma vedrebbe anche che sono tante le persone che non l’hanno dimenticata.

“Quello che è successo ad Andrea ci ha molto rattristato, ma ci ha insegnato a reagire come comunità”, afferma Padre Giovanni La Manna, presidente del Centro Astalli di Roma che insieme a Don Enrico Feroci della Caritas Italiana ha celebrato il funerale. “Realtà diverse e lontane si sono unite per pregare per lei. La sua vicenda ci obbliga ad avere più attenzione per tutte le trans che ogni giorno sono esposte ad aggressioni e soprusi. Non le dobbiamo lasciare sole nel momento del bisogno. Andrea è scappata dalla violenza e ha trovato altra violenza. Questo non deve più succedere. E’ morta una nostra sorella ma rimarrà sempre viva nella memoria di tutti noi”.

Di Andrea restano le sue ultime parole, le speranze, le paure che poco prima di morire ci aveva confidato: temeva che qualcuno potesse farle del male, voleva trovare un fidanzato con tanti soldi, cambiare vita perché la strada è “troppo brutta”. Restano pochi minuti di un video in cui sorrideva alla telecamera e si sistemava i capelli tinti di biondo raccolti in due codini. Resta il suo sguardo pieno di fiducia, nonostante tutto. (Maria Gabriella Lanza)

© Copyright Redattore Sociale

 

 

Fonte:

http://www.redattoresociale.it/Notiziario/Articolo/465519/Un-anno-fa-l-uccisione-di-Andrea-a-Termini-una-morte-senza-colpevoli

28 giugno 1969: i moti di Stonewall

Sabato 28 Giugno 2014 06:5828 giugno1

È il giugno 1969. La situazione per gli omosessuali americani è particolarmente difficile, le irruzioni della polizia nei locali gay sono all’ordine del giorno, fino a pochi anni prima l’identità di tutti i presenti al momento di una retata veniva pubblicata sui quotidiani locali, qualsiasi scusa viene usata dalle forze dell’ordine per procedere ad un arresto per “pubblica indecenza”, i poliziotti addirittura sono soliti usare l’entrapment (adescamento), per spingere le persone ad infrangere la legge e quindi arrestarle.

Proprio in quest’anno esce il Manuale diagnostico e statistico dell’Associazione americana di psichiatria che ancora definisce l’omosessualità come una malattia mentale. A tutto il ’69 non esiste nessun movimento di diritti per gli omosessuali, proprio mentre la questione dei diritti civili (per i neri, per le donne, per i poveri, per le minoranze in genere) raggiunge la massima importanza negli Stati Uniti e in molte altre parti del mondo.

A New York i locali gay sono molto numerosi, soprattutto nel quartiere Greenwich Village, e la maggior parte di essi si sono vista revocare la licenza per la vendita degli alcolici proprio a causa delle frequentazioni omosessuali. Lo Stonewall Inn, in Cristopher Street, è sicuramente uno dei locali più famosi, ed è gestito dalla mafia newyorkese che ha fiutato nella clientela omosessuale un lauto guadagno, e che spesso riesce a contenere i danni delle retate e a continuare a vendere alcolici con qualche bustarella.

Venerdì 27 giugno lo Stonewall Inn è come sempre strapieno: ci sono alcune drag queen, ma soprattutto tantissimi giovani clienti. Verso l’una del 28 giugno sei agenti irrompono nel locale, rompendo gli oggetti a colpi di manganello e minacciando gli avventori. Circa duecento clienti vengono identificati e fatti uscire uno a uno mentre tre travestiti vengono fermati (la legge impone infatti che sia illegale indossare meno di tre capi di vestiario “adatti al proprio genere”).

Ma per la prima volta qualcuno reagisce. La miccia si accende , forse quando la trans gender Sylvia Riveira lancia una bottiglia contro un’agente, oppure quando una lesbica oppone resistenza all’arresto: la folla riunitasi davanti al locale attacca la polizia con un fitto lancio di pietre, i bidoni vengono dati alle fiamme, e i poliziotti sono costretti a barricarsi dentro al locale per alcune ore, fino al sopraggiungere di ingenti rinforzi.
Il giorno successivo i giornali parleranno di tredici persone arrestate e tre agenti feriti.

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Nelle serate successive, quelle di sabato e domenica, il neonato movimento omosessuale si fortifica, dando vita ad altre manifestazioni davanti allo Stonewall Inn, e ad altre tumulti con le forze dell’ordine: il seme è gettato, per la prima volta gli omosessuali utilizzano il termine gay nelle proprie rivendicazioni e non chiedono più solo di “essere lasciati in pace”, ma rivendicano parità di diritti. Gli scontri, una sorpresa per tutti, dimostrano per la prima volta che la comunità omosessuale è diventata movimento, deciso a combattere e a rifiutare il ruolo canonico di vittime.

Ben presto, dopo la svolta segnata dalla rivolta dello Stonewall, vedranno la luce altri gruppi ed organizzazioni come la “Gay Activists Alliance” dapprima a New York, quindi nel resto del paese. In altri paesi ci saranno negli anni successivi simili rivolte, come ad esempio in Canada nel 1981, quando a seguito dell’irruzione della polizia in un locale gay, ci sarà quella che sarà ancora ricordata come la “Stonewall canadese”.

 

 

Fonte:
http://www.infoaut.org/index.php/blog/storia-di-classe/item/1908-28-giugno-1969-i-moti-di-stonewall

#IoDecido di chiedervi: da che parte state? occupato Ordine dei medici a Roma

March 4th, 2014

4 marzo: occupata la sede dell’Ordine dei medici dalla rete cittadina #iodecido, contro l’obiezione di coscienza, per la libertà di scelta di tutte e tutti,  per l’autodeterminazione dei corpi.

COMUNICATO:

Dopo aver manifestato il primo febbraio a fianco delle donne spagnole contro l’attacco alla legge sull’aborto del ministro Gallardon, abbiamo deciso di ripartire ancora dall’Italia e da noi.  Nel Bel Paese la situazione è altrettanto drammatica: il diritto alla salute e la libertà di scelta sono ogni giorno messi in discussione dentro gli ospedali pubblici e i consultori. Questo avviene a causa dei tagli sempre più indiscriminati alla sanità e per lo svuotamento della legge194, esautorata di ogni valore per l’altissimo numero di medici obiettori (nel Lazio sono circa il 90%). Non è un mistero che l’obiezione di coscienza sia il passepartout verso lo scatto di carriera e quei pochi medici che,invece, praticano ancora l’aborto rimangono spesso isolati dalle stesse istituzioni mediche. Nelle sale parto le donne sono sottoposte ad abusi e violenze ostetriche, fisiche e psicologiche, ad interventi medici non necessari e non acconsentiti, spesso in contrasto con le evidenze scientifiche e quindi dannosi per la loro salute. Altrettanto tragica è la situazione quando si decide di intraprendere un percorso di transizione, che diventa un calvario fatto di ostacoli e umiliazioni. altra violenza agita sui bambini intersex a cui viene brutalmente assegnato un sesso con il ricorso ad operazioni chirurgiche irreversibili: si tratta dell’ennesimo attacco all’autodeterminazione.

Siamo perfettamente consapevoli della cultura cattolica che sostiene tutte queste pratiche e della tendenza al controllo dei corpi delle politiche europee e nazionali. 

Oggi siamo qui per denunciare tutto questo, ma siamo qui anche per chiedere a voi medici, operanti nel servizio pubblico, di prendere una posizione chiara in merito a questi punti:

accesso libero e gratuito all’aborto. per ogni donna, anche senza permesso di soggiorno in qualsiasi struttura sanitaria pubblica e in qualsiasi momento. Il medico che obbietta si rifiuta di erogare una prestazione sanitaria e quindi di compiere il suo dovere.

possibilita di scelta effettiva fra aborto chirurgico farmacologico (pillola ru486), in regime di day hospital 

* reperibilità h 24 in ogni territori del Levonorgestrel

* prescrizione in pronto soccorso del Levonorgestrel senza ticket e senza l’autorizzazione dei genitori per la dimissione delle minorenni

autonomia decisionale e partecipazione attiva di ogni donna a tutto il percorso nascita (gravidanza, parto, puerperio);

*rispetto delle evidenze scientifiche sul parto con riduzione degli interventi medici ai soli casi di effettiva urgenza e necessità e comunque previo consenso libero e informato della donna ( taglio cesareo, episiotomia, manovra di kristeller, induzione farmacologica, rottura artificiale delle membrane, etc..)

nessun* bambino deve subire interventi medico farmacologici non necessari o trattamenti chirurgici cosmetici su genitali sani solo perché “atipici”;

* depatologizzazione della condizione trans

riduzione delle liste di attesa e dei costi della perizia dei diversi servizi per la re-attribuzione chirurgica del sesso.

Dalla parte dei diritti o dei profitti?

rete cittadina #iodecido verso l’#8marzo

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Fonte:

http://cagnesciolte.noblogs.org/post/2014/03/04/iodecido-di-chiedervi-da-che-parte-state-occupato-ordine-dei-medici-a-roma/

Qui l’ultimo aggiornamento:

http://cagnesciolte.noblogs.org/post/2014/03/04/iodecido-comunicato-sullazione-di-oggi-allordine-dei-medici/