La satira perdona…O forse no.

E’ passata una settimana dalla strage alla redazione del Charlie Hebdo. Nei giorni a seguire purtroppo la violenza è continuata con altri attentati e altre vittime a Parigi: morti quattro ostaggi e due degli attentatori del Charlie. In questa settimana molte cose sono state scritte: si sono sollevati polveroni su chi fosse Charlie e chi no, se fosse giusto esserlo o no, sul silenzio di tanti su altre stragi come quella di Boko Haram in Nigeria con 2000 vittime, sui palestinesi e i siriani che stanno morendo di freddo oltre che di assedio, sui giornalisti palestinesi uccisi , su chi si sarebbe dimenticato del vignettista Naji al-Ali, il padre di Handala.

© Khalil Bendib

(Fonte: https://www.facebook.com/syrilution/photos/a.1424991651072486.1073741827.1424980901073561/1556075241297459/?type=1&theater

 
Per me, che nelle pagine di questo blog cerco di parlare dei diritti umani in ogni parte del mondo e di argomenti simili non ho mai taciuto, una cosa non esclude l’altra. Così oggi ho acquistato e sfogliato il nuovo numero del giornale satirico Charlie Hebdo, diffuso in Italia in allegato con Il Fatto Quotidiano. Ancora una volta la satira è irriverente, anche stavolta in copertina è raffigurato il profeta Maometto. Però c’è qualcosa di diverso: nella vignetta di Luz il profeta è triste, gli scende una lacrima mentre tiene in mano un cartello con il famoso slogan coniato in questi giorni, sotto una scritta che recita “Tutto è perdonato”. In questo misto di tristezza e irriverenza, la satira, nei panni di un insolito Maometto, sembra voler perdonare quella strage e con essa quella assurda confusione tra fede e intolleranza. Per questo il profeta prende il nome di chi apparentemente lo denigra, per far capire che in realtà non è lui che viene sbeffeggiato ma l’intolleranza e sembra voler dire: “Quello che è successo non doveva succedere. Adesso andiamo avanti.”

 

Ma aprendo e sfogliando il giornale si vede come la stessa satira ha già spostato il velo di tristezza della vignetta in copertina e si fa nuovamente pungente. Si prendono in giro i preti, papa Francesco, suor Emmanuelle. Andando più avanti si vede perfino un simpatico crocifisso sdraiato su una spiaggia che chiede ai bagnanti se possono girarlo, sotto una scritta che dice “ Attenti alle scottature”. All’interno delle pagine ci sono, per ricordarli,  vignette di Wolinski, Charb, Tignous e Cabu. In una vignetta di Tignous tre salafiti dicono: “Non bisogna toccare quelli di Charlie Hebdo. Altrimenti passeranno per martiri e una volta in paradiso ci fregheranno tutte le vergini”. In una vignetta di Cabu si prendono in giro jihadisti armati immaginati in fila all’ufficio di collocamento per un posto di cassiere al Carrefour. Non mancano vignette sullo Stato Islamico e al-Baghdadi. Si prendono in giro politici internazionali. In parole povere non si risparmia nessuno com’è nella satira più irriverente.

 

D. Q.

 

La matita di Charlie

Credo che i valori più alti siano quelli per cui non solo si vive ma si può anche morire. Uno degli ideali per cui si può morire è la libertà in tutte le sue forme, tra cui la libertà di stampa. Oggi, in Francia, nella sede del giornale satirico Charlie Hebdo, dodici persone, tra cui il direttore e altri tre vignettisti, sono rimaste uccise in un attentato terroristico. Stéphane Charbonnier, detto Charb, Cabu, Wolinski e Tignous sono morti per la libertà di espressione, perché hanno osato affermare quello che tutti gridiamo da mesi, cioè che l’Isis, o Stato Islamico, o Is o qualunque delle varie sigle vogliamo usare per chiamarlo, è terrorismo. Ma non lo hanno fatto alla maniera dei comuni mass media di tutto il mondo, che stanno cavalcando l’orrore di stragi e esecuzioni per tenerci incollati a loro, con nuove paure indotte, che la crisi mondiale ce l’eravamo ormai sorbita in tutte le salse. Charb e i suoi hanno voluto metterci un pizzico di coraggio in più, hanno voluto deridere, farsi beffe di questo terrorismo, mostrarlo nella sulla grottesca assurdità. Un coraggio divenuto forse inconsapevole sfida in quella vignetta premonitrice pubblicata nell’ultimo numero. “Ancora nessun attentato in Francia. “Aspettate. Abbiamo ancora tutto gennaio per fare i nostri auguri”.” Poco prima dell’attentato, sul profilo Twitter del giornale è comparsa anche un’altra vignetta satirica contro il leader dell’Isis al Baghdadi.

 

Charlie Hebdo: morto Charb, in vignetta 'previde' attentato
Con buona pace di Salvini, Le Pen, Magdi Cristiano Allam e compagnia cantante, non possiamo lasciare che gli autori della strage siano chiamati musulmani. La frase “Allah u Akbar”, gridata dagli assassini durante l’attentato, è una bestemmia alle orecchie di tutti i veri fedeli musulmani. E non venitemi a dire che quelli sono islamisti moderati e gli altri islamisti radicali. L’islam è una religione come lo è il cristianesimo e tutte le altre fedi che conosciamo. D’altra parte il giornale Charlie Hebdo faceva satira sulle diverse fedi evidentemente perché libero. In questa e in tutte le stragi simili, non c’entra alcun Dio , alcuna religione, solo la cieca volontà di individui e organizzazioni di seminare morte ovunque si condanni la loro folle brama di dominio.
Oggi la matita di Charlie è stata spezzata ma non potranno spezzare tutte le matite del mondo perché d’ora in poi chiunque creda nella libertà di pensiero è Charlie.

 

D. Q.

Qui un articolo sull’attentato:

http://www.ansamed.info/ansamed/it/notizie/rubriche/cronaca/2015/01/07/massacro-a-charlie-hebdo12-morti-hollande-e-terrorismo_acb6160d-536e-4cd2-b441-75df75633f8d.html?idPhoto=1