Tell al Zaater, agosto 1976: 3000 morti palestinesi per mano siriana

Dal blog di Valentina Perniciaro:

 

12 agosto 2013

 

3000 cadaveri…un migliaio in più di quelli di Sabra e Chatila: il paese è lo stesso, il Libano, ed anche il sangue è lo stesso,
sangue palestinese, sangue di profughi palestinesi.
La mano non è la stessa però: mentre a Sabra e Chatila i quasi duemila morti vengono fatti sotto ordine israeliano ( a gestire l’operazione c’è Ariel Sharon) e per mano cristiano maronita,
la strage di Tell al-Zaater, la collina del timo libanese, è mossa da mano siriana ( i servi tagliagole maroniti ci son sempre eh!),
visto che era proprio il generale Hafez Al-Assad, al potere dal 1970, che non poteva assistere silenzioso alla possibilità di un governo arabo-palestinese nella sua sfera influenza: il Libano.
Il massacro porta la data di oggi, 12 agosto,
ma già dal 1 giugno diecimila soldati siriani, con l’aiuto di milizie cristiane e dei reparti di Al-Saiqa (organizzazione palestinese di formazione baathista), mettono sotto assedio il campo profughi, con dentro più di 50.000 abitanti.
Un assedio privo di pertugi, dove nemmeno l’acqua e il pane riuscivano a passare,
un assedio di 52 giorni che vide anche molti palestinesi morire di fame e sete.
Fino al 12 agosto, data in cui si entrò nel campo e tremila persone morirono in meno di 24 ore.

Un massacro rimosso,
rimosso dalla memoria araba, che si ostina a mettere sotto il tappeto il sangue palestinese versato per mano araba,
rimosso dalla memoria di chi, asservito alla geopolitica, trova amici ed alleanze nel baathismo come se la storia non c’avesse insegnato nulla,
rimosso dalla memoria di chi si occupa di Palestina ma solo in senso anti-israeliano,
dimenticando questo massacro come i tanti che dal Settembre Nero del 1970 hanno mietuto migliaia e migliaia di vittime palestinesi per mano e scelta dei governi arabi.
I morti della collina del timo continuano ad essere morti di serie B,
anche tra di noi.
Un “noi” che grazie ai deliri geopolitici diventa sempre più pronto a schierarsi con i massacri del figlio di Assad, le milizie armate sciite del Partito di Dio Hezbollah e quelle iraniane, come se potessero essere la controparte alle milizie jihadiste sunnite di Nusra e delle altre componenti qaediste che hanno scippato la rivolta dalle strade siriane trasformandola in guerra civile religiosa.
Stiamo proprio messi male,
povera Palestina, disperata Siria.

a QUESTO LINK, la “ballata di Tell al Zaater” che ho dedicato ad Arrigoni quando fu ucciso.

 

 

 

Fonte:

http://baruda.net/2013/08/12/tell-al-zaater-agosto-1976-3000-morti-palestinesi-per-mano-siriana/

SIT-IN DI SOLIDARIETA’ AL POPOLO PALESTINESE A REGGIO CALABRIA

12 luglio 2014

Scritto da C.S.O.A. ANGELINA CARTELLA

Anche a Reggio Calabria a sostegno del popolo palestinese…
…per restare umani!

Uno degli eserciti più forti e tecnologici del mondo si sta apprestando ad una delle ripetute stragi a cui ci ha abituato, di fronte all’indifferenza del mondo intero. Il governo israeliano di  Netanyahu ha ribattezzato l’operazione “Margine protettivo” e parla di una “rappresaglia necessaria” contro i terroristi di Hamas, ma ad essere colpiti sono, come sempre, donne, bambini, intere famiglie innocenti. Lo stillicidio di morti giorno per giorno, tutti i giorni, diventa ciclicamente il massacro generalizzato. È successo in passato a Der Yassin, a Tall el Zaatar, a Sabra e Chatila, a Jenin. Succede oggi a Gaza, la gabbia per topi super affollata dalla quale non si può scappare

L’ennesima operazione militare di sterminio di un popolo, verso la soluzione finale, ampiamente preparata utilizzando a pretesto strumentale la scomparsa dei tre poveri ragazzi, trovati poi morti, stava saltando per opera di qualche ultraortodosso che ha pensato bene, per rappresaglia, di bruciare vivo un ragazzo palestinese. L’alibi, preparato con cura, non poteva più reggere, e allora via alla correzione di rotta, pubblicizzando da una parte la condanna a quei fanatici che stavano facendo fallire la pianificazione militare, e ringraziando dall’altra i “razzetti” di Hamas per aver permesso loro di recuperare le pseudo giustificazioni.

La piramide mediatica, dalle informazioni che arrivano solo dall’esercito israeliano, si dipana raccontando fatti e loro interpretazione ad uso e consumo del governo Netanyahu e dei suoi alleati internazionali, che per bocca del Segretario di Stato John Kerry hanno di fatto benedetto la nuova aggressione. La solita canea di pennivendoli di regime si fa carico trasversalmente della propagazione, in una gara a chi è più realista del re. L’enorme differenza del numero dei morti, le stragi di civili come forma di punizione collettiva, l’uso di armi tecnologiche e di distruzione di massa da sperimentare in loco, le centinaia di bombardamenti contro qualche decina di missili caserecci, l’ invasione che sembra imminente – con il suo corollario di morte e distruzione – , non contano se non come “comprensibili ed inevitabili” cause collaterali.

Il resto non si vede: un potente esercito di occupazione, brutale ed al contempo sofisticato, contro una delle ultime colonie occupate del mondo, i muri, i ghetti, il regime di apartheid, le migliaia di prigionieri – molti dei quali bambini -, le sistematiche violazioni di qualunque legge internazionale o risoluzione dell’ONU, la diaspora (con circa 6 milioni di palestinesi in giro per il mondo), il divieto del diritto al ritorno universalmente riconosciuto, le cicliche stragi alla Marzabotto contro civili indifesi, donne, bambini, i campi di concentramento, le torture

Le vittime del nazismo di ieri si sono trasformate nei carnefici di oggi con solo poche, pochissime voci che si levano a condannare questi crimini contro l’umanità e questi criminali. Nel silenzio o balbettio dei governi. Così come ieri con il nazismo.

Leviamo le nostre voci contro queste ignominie, che diventino un grido di protesta, di condanna; quella che i governi collusi mai faranno. Che diventi un grido di ripudio universale, che trasformi deboli voci in un boato, che parli di boicottaggio economico (i prodotti commerciali israeliani, seppur camuffati, cominciano con 729 come prime cifre del codice a barre), culturale, sportivo, mediatico, che faccia appello anche a lavoratori e giovani israeliani, perché si mobilitino contro un governo che usa il massacro di un popolo come arma di distrazione di massa dalla macelleria sociale che sta preparando.

Invitiamo tutte e tutti al Presidio organizzato per lunedì 14 luglio alle ore 18.00 a Piazza Italia, di fronte la Prefettura, contro il genocidio in atto del popolo palestinese. L’iniziativa non vuole essere solo un momento di solidarietà e di sostegno a un popolo martoriato, ma anche occasione per riflettere e ragionare insieme su come attivare azioni più incisive per contrastare le politiche di uno stato, quello sionista, che vedono coinvolte anche l’Italia e la stessa Calabria.

NOI NON CI STIAMO! NON IN NOSTRO NOME!
SOLIDARIETA’ CON IL POPOLO PALESTINESE!

Adesioni in aggiornamanto:

Comitato Solidarietà Migranti
Comitatoacquapubblica Villa San Giovanni
Nuvola Rossa vsg
Csoa Cartella
Collettivo UniRc AteneinRivolta
Pagliacci ClanDestini – Freckles
Sinistra in Movimento
Rifondazione Comunista Reggio Calabria
Collettiva AutonoMIA Reggio Calabria
Circolo SEL “Eugenio Musolino”
ass. “La cosa pubblica”
Arci Reggio Calabria

chi volesse dare la propria adesione: [email protected]

 

 

 

Fonte:

http://www.csoacartella.org/

1948 – 2014: LA NAKBA DI IERI E QUELLA DI OGGI

Dal blog di Germano Monti:

 

yarmouk unrwa

GIOVEDI’ 15 MAGGIO, ALLE 16.30, a Roma. allo spazio occupato COMMUNIA, in Viale dello Scalo San Lorenzo n. 33,

DIBATTITO PUBBLICO

“LA NAKBA DEL XXI SECOLO. YARMOUK E’PALESTINA!”

Intervengono:

Cinzia NACHIRA – Docente Università di Lecce

Domenico CHIRICO – Un ponte per…

Iyad HAFEZ – Presidente della Comunità Araba di Perugia

Ali – Rifugiato palestinese da Yarmouk

Germano MONTI – Comitato Romano di Solidarietà con il Popolo Siriano

Renato SCAROLA – Comune Umanista Socialista

Coordina Fouad Roueiha

Proiezione del video realizzato dai rifugiati di Yarmouk appositamente per questa iniziativa

A seguire, dalle 20.30, cena siriana-palestinese a sottoscrizione in Via di Porta Labicana n. 56a

 

Quello di Yarmouk, a Damasco, è il più grande campo dei rifugiati palestinesi, quelli che la pulizia etnica israeliana costrinse ad abbandonare le proprie case e la propria terra in quella che i Palestinesi definiscono la “Nakba”, la “Catastrofe”, vale a dire la nascita dello Stato di Israele su un territorio di gran lunga superiore a quello che prevedeva la Risoluzione 181 delle Nazioni Unite.
La storia dei rifugiati palestinesi è costellata di episodi di violenza, persecuzione e veri e propri massacri ad opera non solo delle forze israeliane, ma anche da parte di quei regimi arabi che si sono sempre venduti l’immagine di sostenitori della causa palestinese, dal “Settembre Nero” in Giordania alle stragi di Tall El Zaatar e della “Guerra dei Campi” in Libano, ad opera di milizie libanesi palestinesi alle dipendenze del regime del clan Assad, tuttora al potere in Siria.
Dall’inizio della rivoluzione in Siria, più di tre anni fa, i rifugiati palestinesi sono stati solidali e partecipi con la lotta dei loro fratelli del popolo siriano. Per questo motivo,  il regime di Assad, che ha risposto con la guerra alle manifestazioni pacifiche della popolazione nel 2011, dopo aver perso il controllo del campo di Yarmouk, lo ha trasformato in terreno di battaglia, come tutte le città ed i villaggi siriani, stringendolo in un assedio sempre più feroce, fino a sigillarlo completamente nel luglio dello scorso anno.
I Palestinesi assassinati in Siria dalle forze del regime sono ormai più di 2.200 (circa sei volte quelli uccisi dagli Israeliani nello stesso lasso di tempo), più della metà dei quali residenti a Yarmouk. Da quando il regime, lo scorso dicembre, ha imposto anche il blocco all’ingresso nel campo dei generi alimentari, a Yarmouk sono morti per fame e disidratazione più di 200 rifugiati palestinesi.

***

La situazione a Yarmouk e negli altri campi palestinesi in Siria è talmente drammatica che non è esagerato parlare di una seconda “Nakba”. La popolazione di Yarmouk si è ridotta da 150.000 residenti a meno di 30.000 e si calcola che gli sfollati dai campi siano più della metà dei circa 500.000 Palestinesi precedentemente residenti in Siria: solo in Europa, alla fine dello scorso anno, erano arrivati almeno 30.000 rifugiati palestinesi provenienti dalla Siria, mentre altre decine di migliaia sono andati a cercare scampo in Turchia, Libano, Giordania, Egitto e persino nella Striscia di Gaza.
A fronte di questa tragedia, l’iniziativa da parte dei movimenti di solidarietà con il popolo palestinese è stata del tutto assente, salvo eccezioni tanto lodevoli, quanto rare. La complessità della crisi siriana e la persistenza di pregiudizi ideologici accecanti hanno indotto molti al silenzio, quando non all’aperta complicità con il regime siriano, considerato – contro ogni evidenza -“antimperialista” e addirittura “socialista”.
Questo silenzio è inaccettabile. Questo silenzio è una ferita nel corpo del movimento di solidarietà con il popolo palestinese. Questo silenzio deve finire.
Come soggetti impegnati nella solidarietà con il popolo siriano, il popolo palestinese e con tutti i popoli in lotta per la libertà e la dignità, invitiamo tutte e tutti gli amici della Palestina, della pace e della giustizia a parlare di Yarmouk, dei rifugiati palestinesi e della necessità di costruire insieme sostegno e solidarietà. Perché anche Yarmouk è Palestina. 

Comitato Romano di Solidarietà con il Popolo Siriano

 

 

 

Fonte:

http://vicinoriente.wordpress.com/2014/05/02/1948-2014-la-nakba-di-ieri-e-quella-di-oggi/