Attacco all’università di Bacha Khan in Pakistan

 

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http://www.internazionale.it/video/2016/01/20/attacco-universita-pakistan

 

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Pakistan, l’attacco all’università Bacha Khan è un crimine di guerra

20 gennaio 2015

L’attacco della mattina del 20 gennaio contro l’università Bacha Khan di Charsadda, nel Pakistan nord-occidentale, ha violato il cuore del diritto internazionale umanitario colpendo deliberatamente civili e costituisce dunque un crimine di guerra.

L’attacco, che non è ancora chiaro quante vittime abbia provocato, sarebbe stato rivendicato da un comandante dei talebani pachistani (anche se in seguito un portavoce del gruppo armato ha condannato l’episodio), già responsabile del massacro alla scuola per cadetti militari di Peshawar che nel dicembre 2014 aveva causato 142 morti.

“Chiunque sia stato, ha mostrato assoluto disprezzo per la vita umana. I gruppi armati che agiscono in Pakistan devono porre fine a questi affronti all’umanità e impegnarsi pubblicamente a non attaccare ulteriori obiettivi civili” – ha dichiarato Champa Patel, direttrice ad interim per l’Asia meridionale di Amnesty International.

“Le autorità del Pakistan, a loro volta, devono fare il massimo per proteggere i civili e, nel farlo, devono rispettare i diritti umani. È terribile constatare che, dopo oltre 300 esecuzioni, la pena di morte – ripristinata dopo il massacro di Peshawar in nome della lotta al terrorismo – non è affatto servita a prevenire tragedie come quella di oggi” – ha sottolineato Patel.

Fonte:

Peshawar, strage di studenti

Pakistan. Commando di islamisti fa irruzione nella scuola militare di Peshawar. È il peggior attacco terroristico della storia pachistana: oltre 140 i morti, quasi tutti ragazzi. Tehrek-e-Taliban Pakistan (una sigla nata nel 2007) rivendica il massacro

Mamme in lacrime a Peshawar

Comin­cia nella tarda mat­ti­nata di un giorno di scuola appa­ren­te­mente nor­male il peg­gior attacco ter­ro­ri­stico della sto­ria del Paki­stan. Un attacco che pro­duce un bilan­cio di oltre 140 morti, in stra­grande mag­gio­ranza stu­denti. Maschi e fem­mine uccisi in una gior­nata con­vulsa che richiede almeno quat­tro ore per con­fi­nare i guer­ri­glieri isla­mi­sti del Tehreek-e-Taleban Paki­stan in una zona delle scuola dove sgo­mi­narli e ucci­derli.
Suc­cede a Pesha­war, la capi­tale della pro­vin­cia nor­doc­ci­den­tale — al con­fine con l’Afghanistan — nel col­lege mili­tare di War­sak Road che fa parte di una rete di 146 scuole che fanno capo all’esercito: liceo e secon­da­ria fre­quen­tate da quasi 500 ragazzi tra i 10 e i 18 anni d’età. Un mas­sa­cro pre­me­di­tato e senza alcun senso se non per il fatto che il col­lege è una scuola mili­tare. Una scuola con alunni che in mag­gio­ranza sono minorenni.

La furia omi­cida del com­mando — com­po­sto tra sei e dieci per­sone — si abbatte subito su inse­gnanti e ragazzi, gio­vani e gio­va­nis­simi stu­denti che l’istituto indi­rizza alla car­riera mili­tare. È giorno d’esami ma c’è anche in pro­gramma una festa che diventa pre­sto il peg­gior incubo quando irrompe il com­mando entrato da una porta late­rale: spa­rano all’impazzata non si capi­sce ancora come e con che logica. Hanno avuto solo un ordine dai loro capi, come pre­cisa la riven­di­ca­zione: spa­rare agli «adulti» e rispar­miare i «pic­coli». Mis­sione impos­si­bile in un para­pi­glia di cen­ti­naia di stu­denti e decine di inse­gnanti ostag­gio — oltre che delle armi — del ter­rore, il via­tico dell’ennesima cam­pa­gna dei tale­bani pachi­stani per spro­fon­dare le città e la gente nella paura. Gran parte dei più pic­coli, sostiene Al Jazeera, rie­sce a scap­pare alla spic­cio­lata. I più grandi sono meno for­tu­nati.
La dina­mica è per ora ancora fram­men­tata (la rico­stru­zione ora per ora sul sito del quo­ti­diano The Dawn) e non è chiaro né evi­dente come i guer­ri­glieri, tra­ve­stiti da mili­tari, abbiano orga­niz­zato la strage. Ma è chiaro che strage doveva essere: ven­detta per la mis­sione mili­tare Zarb-e-Azb del governo che da alcuni mesi mar­tella il Wazi­ri­stan, agen­zia tri­bale rifu­gio per tale­bani e sodali stranieri.

La riven­di­ca­zione del Ttp arriva poco dopo l’ingresso del com­mando e spiega che il tar­get sono pro­prio i più anziani, stu­denti com­presi. Non dun­que ostaggi da trat­te­nere per nego­ziare qual­cosa, ma obiet­tivi della vendetta.

I parenti dei ragazzi ini­ziano ad arri­vare fuori dalla scuola che è vicino a una caserma; le sirene delle ambu­lanze sono la cor­nice dello sce­na­rio più sini­stro che Pesha­war abbia mai visto.

Il primo mini­stro Nawaz Sha­rif, che defi­ni­sce l’attacco una «tra­ge­dia nazio­nale» — decre­terà poi tre giorni di lutto nazio­nale -, vola a Pesha­war dove con­verge anche il capo dell’esercito Raheel Sha­rif: i suoi sol­dati intanto stanno cer­cando di libe­rare la scuola aula per aula, men­tre il com­mando si va asser­ra­gliando nell’area ammi­ni­stra­tiva dell’edificio.

Si trova comun­que il tempo anche per la pole­mica poli­tica: Nawaz è ai ferri corti con Imran Khan, cri­ti­cis­simo capo del par­tito al potere nella pro­vin­cia del Khy­ber Pakh­tun­khwa. Ora la falla nella sicu­rezza mette in dif­fi­coltà anche il con­te­sta­tore. Tutti, com­presi i par­titi isla­mi­sti (legali), pren­dono le distanze dall’attacco e così i diversi respon­sa­bili poli­tici e reli­giosi. Il mondo guarda allibito.

Alle tre del pome­rig­gio la situa­zione comin­cia a essere sotto con­trollo: fonti rife­ri­scono che alcuni mili­ziani avreb­bero ten­tato la fuga rasan­dosi la barba. Ma le voci cor­rono incon­trol­late: il com­mando è ancora den­tro. Qual­cuno si è fatto già esplo­dere, altri tirano gra­nate, spa­rano con mitra­glie di ultima gene­ra­zione. Alle 15 e 35 radio Paki­stan lan­cia il primo duro bilan­cio dei morti: 126, un numero inim­ma­gi­na­bile solo qual­che ora prima. E desti­nato a cre­scere. È in quel momento che i mili­tari pachi­stani rie­scono intanto a rag­giun­gere il loro obiet­tivo e pochi minuti prima delle 16 fanno sapere che il com­mando è ormai con­fi­nato in un’area pre­cisa dell’enorme scuola militare.

Poco più tardi il mini­stro dell’Informazione della pro­vin­cia Mush­taq Ghani dice all’agenzia Afp che il bilan­cio è di 130 morti. Sono già 131 qual­che minuto dopo. Poi sal­gono a 140 e così avanti.

I mili­tanti del Ttp non pos­sono par­lare. Tutti morti. Non potranno spie­gare quale delle tante fazioni dell’ex ombrello jiha­di­sta — divi­sosi nel corso del 2014 in quasi una decina di rivoli — ha deciso la strage.

Muham­mad Kho­ra­sani, l’uomo che per primo riven­dica, non è un nome noto della galas­sia col cap­pello tale­bano. Il gruppo, che dal 2010 figura nella lista dei most wan­ted inter­na­zio­nali, ha man­te­nuto una certa unità sino alla morte nel 2009 di Bei­tul­lah Meshud — il fon­da­tore del Ttp con Wali-ur-Rehman (anche lui ucciso nel 2013) — e ancora sotto la guida di Haki­mul­lah Meshud, assas­si­nato da un drone alla fine del 2013. Da allora il gruppo si è diviso su que­stioni ideo­lo­gi­che e dia­tribe tri­bali (una parte per esem­pio ha ade­rito al pro­getto di Al Bagh­dadi, una fazione ha con­te­stato la lea­der­ship dei Meshud).

Quel che è certo è che la deriva stra­gi­sta nei con­fronti dei civili, già uti­liz­zata senza pro­blemi dal Ttp (a dif­fe­renza della mag­gior parte dei cugini afgani), ha preso velocità.

Il Ttp non è nuovo a bombe nei bazar e nelle moschee ma non era mai giunto a tanto. Un ten­ta­tivo nego­ziale con il governo alcuni mesi fa è fal­lito e a giu­gno l’esercito ha ini­ziato a ripu­lire il Nord Wazi­ri­stan con l’operativo Zarb-e Azb, tut­tora in corso, col­pendo i rifugi della guer­ri­glia pachi­stana e stra­niera dal cielo e da terra con 30mila uomini.

 

 

Fonte:

http://ilmanifesto.info/peshawar-strage-di-studenti/