La strage di Orlando apra il percorso per una moratoria internazionale contro l’omo/transfobia

La strage di Orlando apra il percorso per una moratoria internazionale contro l’omo/transfobia

Quanto successo ad Orlando, Stati Uniti, e quanto scongiurato al Gay Pride californiano è un campanello di allarme molto forte. 50 persone sono morte per mano di un esaltato e molte altre sarebbero potute morire se il progetto di attacco in California fosse andato a buon fine. Si tratta di un attacco terroristico? Si tratta di una strage figlia di un’inveterata omofobia? Si tratta di un eccidio teso a colpire l’”american way of life”? O si può identificare in un’efferata rappresaglia risultata dalla fusione tra queste componenti? Chi segue i risvolti della politica internazionale e i simboli della guerra del terrore tra un certo radicalismo di matrice islamica e l’Occidente, sa bene che da vari gruppi terroristici è giunto l’invito a colpire gli infedeli durante il mese sacro del Ramadan. Invito che può essere raccolto e portato a termine da qualsiasi esaltato si senta investito di questa missione.
Ma attenzione a derubricarlo come vile attacco terroristico. Perché qui si ha più l’impressione che quest’odio contro gli omosessuali sia un sentimento che mescola imprudentemente certi dettami religiosi presunti tali e fobie personali e che questa ultima componente giochi il ruolo maggiore nel trasformare un astio profondo e personale in un progetto di sangue. L’attacco di Orlando non è stato rivendicato dall’Isis, ma gli è stato dedicato dal suo autore che ha deciso di rendersi strumento solitario di un certo fondamentalismo che si fonde a paure e inadeguatezze tutte personali.
In questo contesto non possiamo non ricordarci che lo scorso Giugno 2015 la Corte Suprema degli USA aveva stabilito che il matrimonio omosessuale, quale diritto garantito dalla Costituzione, doveva essere sottratto alla discrezionalità dei singoli Stati confederati e riconosciuto in tutto il territorio statunitense. La decisione della Corte aveva visto 5 voti favorevoli e 4 contrari, palesando una spaccatura all’interno dell’Assise.
Lo scorso 27 maggio, durante l’incontro con Monica Cirinnà organizzato da Arcigay Calabria, tra i vari punti toccati, si è parlato anche di una forte recrudescenza di atti ed episodi di intolleranza omofobica – soprattutto nelle grandi città – subito dopo l’approvazione del DDL sulle Unioni Civili. Quasi a riaffermare il principio che a ogni azione corrisponda una reazione uguale e opposta. Uno scenario che negli Stati Uniti ha preso la forma più eclatante. Non a caso Obama, nelle sue dichiarazioni, ha sottolineato una volta di più quanto sia necessario rivedere l’allegro accesso alle armi che ogni americano ha.
La strage di Orlando è innanzitutto un attacco a una minoranza che in troppi pensano non debba avere alcuna tutela e alcun diritto. E’ un attacco ai principi costituzionali americani e occidentali, è un attacco alla Persona Umana quale sacra portatrice di diritti inalienabili e inviolabili sanciti dalla Dichiarazione dei Diritti fondamentali dell’Uomo, è un attacco alla tradizione del diritto positivo e al principio di laicità dello Stato. E’ un attacco ai più deboli come molti ne abbiamo visti, donne (come non ricordarsi degli stupri etnici), minoranze religiose (non dimentichiamo la strage di copti in Egitto), minoranze etniche (le lotte fatte contro al segregazione razziale in USA), minoranze culturali. E’ un attacco al cuore del principio democratico, quello del rispetto e della dialettica con la minoranza che scongiura il formarsi e il prevalere del pensiero unico, del “pensiero etico”, del principio secondo cui vi sia un detentore – primus inter pares – di un primato morale che gli da diritto di vita o di morte su chi gli sta intorno.
Dobbiamo batterci affinchè la paura non prevalga, dobbiamo mostrarci forti e coraggiosi contro chi fomenta l’odio, dobbiamo depotenziare immediatamente il tremendo impatto simbolico del sangue di Orlando, non solo sugli americani, ma sugli esaltati che potrebbero trarne ispirazione. Dobbiamo restare saldi nell’affermare con maggiore forza che i principi e gli architravi su cui abbiamo costruito la nostra storia e il nostro complesso di valore sono inviolabili e sono quelli che hanno permesso che fiorisse una libertà che agogna chi scappa da guerre, conflitti, persecuzioni di vario tipo e per la quale richiede di essere accolto in Europa o in America.
E’ doveroso essere in lutto, ma occorre lavorare con maggiore impegno per scongiurare rovinose e sconcertanti derive. Se è vero che il mondo arabo-musulmano è schiavo di una sessualità medievale che ha bisogno di essere liberata attraverso una battaglia culturale, è altrettanto vero che a livello nazionale e internazionale servono strumenti idonei a sostenere questo cambiamento.
Una legge contro l’omo/trans fobia è stata attesa per troppo tempo e non più essere rinviata. Al tempo stesso la politica internazionale, da cui la comunità LGBTI attende un segnale forte di solidarietà e vicinanza, è chiamata a disegnare strumenti vincolanti sul piano del diritto internazionale per prevenire e reprimere stragi come quella a cui siamo stati costretti ad assistere. Bisogna avviare il percorso per il riconoscimento di una moratoria internazionale contro fenomeni di omo/trans fobia, anche legata a strumentalizzazioni religiose, con la stessa convinzione con cui è stata promossa quella contro le mutilazioni genitali femminili. Ne va della nostra libera esistenza.
Silvio Nocera
Associazione culturale FIDEM – Festival delle Idee Euromediterranee
Lucio Dattola
Arcigay Calabria

 

 

Fonte:

https://www.facebook.com/calabriapride/posts/575466279300528

 

 

Qui il comunicato di ieri dell’Arcigay nazionale:

 

Strage Orlando, il cordoglio di Arcigay: “Odio feroce verso un simbolo di libertà”. Presidi per ricordare le vittime

rose

Bologna, 12 giugno 2016 – “Leggiamo con orrore della strage che si è consumata la scorsa notte nella discoteca di Orlando”: lo dichiara Gabriele Piazzoni, segretario nazionale di Arcigay. Che prosegue: “Esprimiamo innanzitutto la nostra vicinanza alla comunità lgbt, colpita da questo attacco, ai familiari e alle persone vicine alle numerosissime vittime. Che si sia trattato di attacco terroristico o di crimine d’odio,    la comunità lgbt ricorre come bersaglio esplicito di entrambi i fenomeni: essa viene colpita in quanto destinataria di un odio particolare o perché, come in altri fatti analoghi, rappresentativa dell’esercizio della libertà, in un luogo di divertimento. In questo senso, e in entrambi i casi, si colpisce al cuore una comunità che ha fatto della visibilità e del contrasto alla paura una battaglia quotidiana. Già stasera alle 22,30 assieme ad altre associazioni, Arcigay organizza un presidio nella Gay Street di Roma per ricordare le vittime della strage. Domani  altri due presidi ricorderanno le vittime a Milano e a Napoli, dove si trovano  due delle sedi diplomatiche degli Stati Uniti in Italia. In altre città si stanno organizzando iniziative analoghe, di cui saranno noti i dettagli nelle prossime ore”, conclude Piazzoni.
Fonte:
*

Qui un articolo dell’Ansa sulla strage:

Orlando, strage al club gay: 50 morti

Rivendicazione dell’Isis. E’ il massacro peggiore della storia Usa. Killer era seguito da Fbi

dell’inviata Serena Di Ronza ROMA

 Una telefonata al 911 – il numero delle emergenze negli Usa – in cui ha giurato fedeltà all’Isis e al suo leader al Baghdadi. Poi l’ingresso in un night club di Orlando frequentato dalla comunità gay per perpetrare la strage più grave della storia d’America provocata da armi da fuoco. L’intero Paese è sotto shock. Alla fine si contano almeno 50 morti e 53 persone ferite, di cui molte versano in gravi condizioni. “Un atto di terrore e di odio”, ha tuonato Barack Obama parlando alla nazione in diretta tv, dalla Casa Bianca. Dal volto traspariva tutta la frustrazione per quello che considera un fallimento personale: non essere stato in grado di portare a termine una vera stretta sulla vendita di pistole e fucili, almeno 300 milioni quelle oggi in circolazione negli Stati Uniti.

Ma a scuotere l’America è soprattutto lo spettro del terrorismo. Con lo Stato islamico che attraverso l’Amaq, la sua agenzia di stampa, ha rivendicato l’attentato definendo l’autore “un combattente” del Califfato. Il killer, ucciso dalla polizia, si chiama Omar Mateen, 29 anni, cittadino americano di origini afghane. Un profilo simile al killer di San Bernardino, originario del Pakistan, e ai fratelli autori dell’attentato alla maratona di Boston, le cui radici erano in Cecenia. E che sembra Omar abbia citato nella sua telefonata. Si tratta di giovani in tutto e per tutto integrati nella società americana. Almeno così sembrava.

Omar, nato a New York ed ex guardia giurata, viveva in una cittadina a quasi 200 chilometri dal luogo della mattanza, Fort Pierce. E in queste ore di febbrili indagini da parte dell’Fbi il confine tra l’atto di un folle che odiava i gay e quello di un ‘lupo solitario’ radicalizzatosi all’Islam è ancora labile.

Certo è che il killer era noto al Bureau: l’Fbi indagò due volte su di lui per terrorismo (e due volte fu interrogato, nel 2013 e nel 2014). Ma anche se fu inserito in una lista di presunti ‘simpatizzanti’ dell’Isis, le indagini non proseguirono, ha confermato stasera Ronald Hopper, un agente speciale dell’Fbi. “Il movente religioso non c’entra nulla, ha visto due gay che si baciavano a Miami un paio di mesi fa ed era molto arrabbiato”, ha giurato invece il padre del killer. Che poi però si è scoperto essere un sostenitore dei talebani afghani: “I nostri fratelli del Waziristan, i nostri guerrieri nel movimento e i talebani dell’Afghanistan stanno risollevandosi”, arringa Mir Seddique Mateen in un video su YouTube.

Tutte le piste vengono seguite. Mentre si cerca di ricostruire quei terribili minuti che hanno sconvolto la vita delle centinaia di persone che sabato sera affollavano il Pulse, il locale gay più famoso della Florida dove era in corso una serata di musica latinoamericana. Omar è entrato e ha cominciato a sparare all’impazzata. I testimoni raccontano di scene di terrore con la gente che urlava e il fuggi fuggi generale. Il killer impugnava un fucile d’assalto e una pistola, e portava con sé un ordigno. Un secondo congegno esplosivo sarebbe stato ritrovato nell’auto dell’uomo.

La sparatoria, iniziata all’interno del locale, sarebbe poi continuata fuori, quando una guardia che lavorava nel club ha tentato di affrontare l’aggressore. Quest’ultimo si è ritirato nel retro e ha ripreso a sparare prendendo degli ostaggi. La polizia ha quindi deciso di intervenire ricorrendo a delle ‘esplosioni controllate’ per farsi largo. Almeno nove agenti hanno preso parte all’operazione che è terminata con la morte del killer. Uno degli agenti è rimasto leggermente ferito, mentre un altro si è salvato da un proiettile alla testa grazie all’elmetto. In serata, a sostegno della pista dell’omofobia, è arrivata un’altra notizia da Los Angeles, dove un uomo armato fino ai denti con fucili stile militare ed esplosivi è stato arrestato a Santa Monica, mentre era diretto al Gay Pride. Per gli investigatori non ci sarebbe alcun legame con la strage di Orlando. Ma oggi è tutta la comunità Lgbt americana a piangere, come dopo la strage di Charleston fu quella afroamericana. E che si tratti di terrorismo islamico o di puro e semplice odio per chi viene ritenuto diverso, non c’è dubbio che oggi l’America si è svegliata più debole e vulnerabile che mai.

RIPRODUZIONE RISERVATA © Copyright ANSA