Bombe «italiane» allo Yemen, il giallo divieti

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Sono molti i punti da chiarire nell’indagine della procura di Brescia sulle esportazioni di armi assemblate in Italia e dirette verso la coalizione saudita impegnata nella guerra dello Yemen. Nel fascicolo aperto dal procuratore Fabio Salamone, oltre alle denunce di Rete Disarmo e all’inchiesta di Avvenire, sono entrati almeno un paio di documenti ufficiali da Berlino, riguardanti la tedesca ‘Rwm’, la cui branca italiana da diversi anni consegna bombe all’Arabia Saudita e ad altre forze armate del Golfo. L’incartamento del Bundestag, il Parlamento tedesco, conferma l’esistenza di contratti con Riad e altri Paesi della coalizione impantanata nel conflitto contro i ribelli Houthi. Dell’alleanza militare fanno parte anche Bahrain, Kuwait, Qatar, Emirati Arabi Uniti, Egitto, Giordania, Marocco e Sudan. La vendita di armi, secondo il capo d’accusa per il momento rivolto ad ignoti, non sarebbe lecita perché in violazione delle norme italiane che vietano l’export verso Paesi in guerra, soprattutto se le operazioni militari vengono condotte senza alcuna copertura internazionale.
L’INCHIESTA: bombe italiane da Cagliari allo Yemen

La Rwm tace, ma da quanto trapela il gruppo, con stabilimento in Sardegna e sede legale nel Bresciano, si trincera dietro le autorizzazioni ottenute dai governi italiani a partire dal 2012. Sebbene sostenuti dagli Usa, non vi è infatti alcuna risoluzione Onu che autorizza l’intervento e ieri il segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, ha avvertito: «Ci deve essere l’obbligo di rispondere della condotta scioccante di questa intera guerra», alludendo ai responsabili dei crimini commessi ai danni dei civili. Da Roma, però, non arrivano parole chiare sulla fornitura di almeno 5mila ordigni alle forze aeree saudite. Il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni con un tweet ha ribadito che l’Italia «condanna il bombardamento contro un funerale a Sanaa. Inaccettabile escalation attacchi ai civili. Negoziati per fermare la guerra». Ma la titolare della Difesa, Roberta Pinotti, che di recente si è recata a Riad attirando le critiche di alcuni parlamentari e di ong come Amnesty a sua volte minacciate di Querela, domenica ha chiamato in causa la Farnesina: «Il ministero della Difesa non si occupa dell’export di armi, è una questione che dipende dal ministero degli Esteri».

Anche questo dovrebbe essere accertato dagli inquirenti. «Il ministero della difesa è comunque coinvolto – ribadisce il coordinatore nazionale della Rete Italiana Disarmo, Francesco Vignarca – perché grazie agli accordi militari che l’Italia può stipulare con vari Paesi, la procedura di autorizzazione può essere in qualche modo bypassata, come aveva denunciato, da parlamentare, anche l’attuale Presidente della Repubblica Sergio Mattarella». Dagli atti dell’inchiesta si deduce che la Germania già dal gennaio 2015 avrebbe bloccato la vendita di armi ai sauditi. Ma poiché le bombe della Rwm sono prodotte in Italia, sarebbe stato più facile superare le scelte di Berlino, consentendo di rifornire i bombardieri almeno fino alla scorsa estate. Come provano le immagini di alcune bombe inesplose, del tutto identiche a quelle ‘Made in Italy’.

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Fonte:
http://www.avvenire.it/Cronaca/Pagine/Bombe-Yemen-il-giallo-divieti—3.aspx