Agitu e il prezzo dell’essere donna

Si rincorrono in queste ore le immagini di un sogno infranto e di un sorriso spezzato dall’ennesimo femminicidio. Agitu Ideo Gudeta, pastora di origine etiope era emigrata nel Trentino dove, recuperando  terreni abbandonati e razze rustiche autoctone, aveva dato vita all’Azienda Agricola Biologica ‘La Capra Felice’. Ieri è stata trovata uccisa nel suo appartamento. Reo confesso un suo dipendente, Adams Suleimani, ghanese, il quale ha raccontato di aver ucciso la donna a martellate per il mancato pagamento di una mensilità. Agitu è stata anche violentata mentre era agonizzante (fonte: https://www.huffingtonpost.it/entry/omicidio-di-agitu-ideo-gudeta-arrestato-un-dipendente-ghanese-ha-confessato_it_5fec2d4dc5b66809cb356f15 ).

Agitu Ideo

(Immagine tratta dall’articolo sopra)

Non possiamo parlare di un omicidio qualsiasi. L’uccisione di Agitu è un femminicidio. Agitu era una donna nera migrante che c’è l’aveva fatta: aveva coronato il suo sogno di diventare un’imprenditrice. Era sfuggita a diversi mostri: la guerra, la povertà, il razzismo. Ma non aveva fatto i conti con un altro mostro atavico che è il patriarcato. Perché se è vero che la fame può portare un uomo ad uccidere, per arrivare a commettere un delitto in modo così violento, il movente economico non può essere tutto. E poco importa se non è stato razzismo perché sia la vittima che il carnefice erano migranti stranieri. In realtà il razzismo ha diverse forme e non riguarda solo le etnie. Esistono il patriarcato e il sessismo secondo i quali una donna non può avere più successo o fortuna di un uomo, neanche a pari condizioni di partenza. Agitu Ideo Gudeta era una donna nera migrante ed Adams Suleimani è un uomo nero migrante. Ma la prima era un’imprenditrice e il secondo un dipendente. E’ questo il vero prezzo di questo delitto ed è questo ad aver fatto sì che la vita di questa donna, agli occhi dell’uomo, valesse quanto il suo stipendio, ovvero quanto la percepita distanza fra i due. Distanza che l’uomo ha voluto cancellare a suo modo, accanendosi contro la donna e violentandola nell’essenza stessa della sua femminilità mentre era ancora in vita. Non più una datrice di lavoro e un dipendente, non più quindi due esseri umani in una legittima relazione economica, ma solo una donna ed un uomo con l’illegittimo potere di quest’ultimo di disporre del corpo e della vita della prima. Agitu ha pagato con la sua vita il prezzo dell’essere una donna. Spero che la sua tragica e violenta morte faccia riflettere chi dice che non ha senso parlare di femminicidio, di violenza di genere, di patriarcato, di femminismo.

 

D. Q. 

 

Elisa e la colpa di essere donna (e lesbica)

Ci colpisce tutte e tutti l’ennesimo caso di femminicidio ai danni della giovane Elisa Pomarelli, la ragazza piacentina uccisa da quello che credeva un amico (http://www.ansa.it/emiliaromagna/notizie/2019/09/07/scomparsi-piacenza-catturato-sebastiani_0d3acac5-5037-407f-b83c-548e1806f8fd.html).

Colpisce noi donne in quanto donne, non solo per i numeri elevati dei casi di violenza ma per la stessa discriminazione di genere perpetuata in tutti i campi, persino quello dell’autodeterminazione personale. Ogni volta che una donna è uccisa da un uomo si parla di raptus, di gelosia, di amore non corrisposto, quasi a voler giustificare in qualche modo l’assassino. Come se, in una società ancora troppo patriarcale, noi donne dovessimo essere in qualche maniera sottomesse agli uomini in tutte le nostre scelte: che lavoro fare, come vestirci, se e quando avere figli, perfino chi e come amare. Se pensiamo questo capiamo il senso del termine femminicidio.

Colpisce – questa vicenda – la comunità lgbt+: un’amica di Elisa e del suo assassino, Massimo Sebastiani, ha raccontato che Elisa amava le donne e lo aveva detto  all’amico ossessionato da lei (https://www.lagazzettadilucca.it/rubriche/2019/09/lamica-di-elisa-pomarelli-e-massimo-sebastiani-rivela-elisa-amava-le-donne/). Data l’ossessione di Sebastiani,  Elisa sarebbe stata uccisa anche se fosse stata eterosessuale; tuttavia il fatto che lui, pur sapendo dell’orientamento sessuale di lei, non abbia desistito dai suoi desideri  malati denota una componente lesbofobica in questo femminicidio. Sebastiani non poteva accettare non solo che Elisa non lo corrispondesse ma anche che non fosse attratta dagli uomini; etero o omo lui la voleva per sé e basta, incurante dei sentimenti di lei.

Colpisce – questa e simili vicende – tutti gli uomini che rispettano le donne e tutte le persone di buon senso che, giustamente, anche di fronte al cattivo gusto – per usare un eufemismo –    di come certa stampa ha raccontato questa tragica storia, (http://www.gaypost.it/elisa-gigante-buono-il-giornale-titolo-vergogna?fbclid=IwAR0N3KD1mTa3V4h54HYAwTtOnJ18bhOqkdvJSfp8lYa534TdUjKc4rpeWLw) si sono indignate/i.

A tutte le Elise, uccise da un uomo solo per aver cercato di essere se stesse, va il mio pensiero.

 

D. Q.

What do you want to do ?

New mail