Acqua: il re è nudo

Non sono passati più di tre giorni dalla rivendicazione da parte di Renzi dell’astensionismo nel referendum sulle trivellazioni (“referendum inutile”, come certamente hanno capito gli abitanti di Genova), che il governo e il Pd compiono l’ulteriore atto di disprezzo della volontà popolare.

 

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Il tema questa volta è l’acqua e la legge d’iniziativa popolare, presentata dai movimenti nove anni fa, dopo aver raccolto oltre 400.000 firme. Una legge dimenticata nei cassetti delle commissioni parlamentari fino alla sua decadenza e ripresentata, aggiornata, in questa legislatura dall’intergruppo parlamentare in accordo con il Forum italiano dei movimenti per l’acqua. La legge è stata approvata ieri alla Camera, fra le contestazioni dei movimenti e dei deputati di M5S e SI, dopo che il suo testo è stato letteralmente stravolto dagli emendamenti del Partito Democratico e del governo, al punto che gli stessi parlamentari che lo avevano proposto hanno ritirato da tempo le loro firme in calce alla legge.

Nel frattempo, procede a passo spedito l’iter del decreto Madia (Testo unico sui servizi pubblici locali) che prevede l’obbligo di gestione dei servizi a rete (acqua compresa) tramite società per azioni e reintroduce in tariffa l’”adeguatezza della remunerazione del capitale investito”, ovvero i profitti, nell’esatta dicitura abrogata dal voto referendario.

Un attacco concentrico, con il quale il governo Renzi prova a chiudere un cerchio: quello aperto dalla straordinaria vittoria referendaria sull’acqua del giugno 2011 (oltre 26 milioni di “demagoghi” secondo la narrazione renziana), sulla quale i diversi governi succedutisi non avevano potuto andare oltre all’ostacolarne l’esito, all’incentivarne la non applicazione, ad impedirne l’attuazione. Il rilancio della privatizzazione dell’acqua e dei servizi pubblici risponde a precisi interessi delle grandi lobby finanziarie che non vedono l’ora di potersi sedere alla tavola imbandita di business regolati da tariffe, flussi di cassa elevati, prevedibili e stabili nel tempo, titoli tendenzialmente poco volatili e molto generosi in termini di dividendi: un banchetto perfetto, che Partito Democratico, Governo Renzi e Ministro Madia hanno deciso di apparecchiare per loro.

Ma poiché la spoliazione delle comunità locali attraverso la mercificazione dell’acqua e dei beni comuni, necessita una drastica sottrazione di democrazia, ecco che lo stravolgimento della legge d’iniziativa popolare sull’acqua e lo schiaffo al vittorioso referendum del 2011 non rappresentano semplici effetti collaterali di quanto sta accadendo, bensì ne costituiscono il cuore e l’anima. A tutto questo occorre rispondere con una vera e propria sollevazione dal basso, con iniziative di contrasto in tutti i territori e l’inondazione di firme in calce alla petizione popolare per il ritiro del decreto Madia, promossa dal Forum italiano dei movimenti per l’acqua all’interno della stagione appena aperta dei referendum sociali.

Oggi più che mai, si scrive acqua e si legge democrazia.

*Forum italiano dei movimenti per l’acqua

 

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Fonte:

http://www.dinamopress.it/news/acqua-il-re-e-nudo

Diverse associazioni chiedono alla Regione di impugnare lo “Sblocca Italia”

“È stata protocollato oggi, 17 novembre 2014, alla vice presidente della Regione Calabria Antonella Stasi, agli uffici della Giunta Regionale, del Dipartimento Ambiente e dell’assessore all’Ambiente della Regione Calabria un appello sottoscritto da diverse associazioni e comitati calabresi rivolto alla Giunta Regionale, presente e futura, affinchè impugni la legge 164 di conversione del decreto 133 del 12 settembre 2014, il cosiddetto Sblocca-Italia”. Lo si legge in una nota diffusa oggi.

“Anche in Calabria si chiede quindi di impugnare la legge per incostituzionalità, così come hanno già fatto diverse Regioni d’Italia, prima fra tutte la Lombardia, seguita dalle Marche, mentre sarebbero orientate a fare alrettanto anche la Campania e la Puglia.
L’articolo 127 della Costituzione, difatti permette alle Regioni, entro il termine di sessanta giorni – a decorrere dalla pubblicazione del decreto sulla gazzetta ufficiale – , di impugnare la legge avanti alla Corte costituzionale.
Quelli contestati nell’appello sono gli artt. 35, 37 e 38 che definiscono forzosamente come strategiche intere categorie di interventi (incenerimento dei rifiuti, gasdotti, rigassificatori, stoccaggio di gas, ricerca, prospezione, coltivazione e stoccaggio del gas naturale nel sottosuolo) e che consentono la realizzazione delle medesime in deroga alle procedure di valutazione ambientale ed economico-finanziarie e cancellano le ineludibili intese con le Regioni, stabilite dal Titolo V della Costituzione.
Tutto questo comporterebbe, in Calabria : l’avvio delle trivellazioni dell’alto Ionio cosentino, la costruzione del rigassificatore di Gioia Tauro, il raddoppio del termovalorizzatore di Gioia Tauro.
Il decreto convertito in legge e’, inoltre, in palese contrasto con l’art. 1, comma 78, della legge L.239/2004, l’ art. 34 della legge n. 99 del 2009, nonché con gli articoli 9, 42, 117 e 118 della Costituzione e con norme e convenzioni internazionali, quali la Carta di Ottawa 1986 per la Promozione della Salute, la Convenzione di Aarhus 25/6/1998, la Direttiva 2003/35/CE riguardanti la partecipazione dei cittadini sui temi ambientali, il Sesto Programma di Azione per l’Ambiente della UE, che prevede la riduzione dei rifiuti e la sostituzione dei temovalorizzatori con impianti di riciclo completo dei rifiuti entro il 2020.
Le associazioni chiedono inoltre a tutti i candidati alla presidenza della Regione di impegnarsi a fare altrettanto ed ai candidati consiglieri di farsi promotori, qualora eletti, di un referendum abrogativo della legge unitamente ad almeno altre quattro regioni”.

Ecco le associazioni che hanno firmato la richiesta:

Tavolo Tecnico di Tutela Ambientale; Coordinamento NO Rigass – Calabria; San Ferdinando in Movimento; Comitato “La Piana di Gioia Tauro ci mette la faccia”; SOS Mediterraneo; No alla centrale a carbone di Saline Joniche; Sindacato Unitario Lavoratori (SUL); Unione Mediterranea; Comitato “No alla centrale a biomasse di Sorbo San Basile”; Forum Ambientalista-Calabria; WWF Calabria; ALBA; Ciufer; Unione Sindacale di Base (USB); Legambiente –Calabria; Associazione Città Aperta (Vibo Valentia).

 

 

Fonte:

http://ildispaccio.it/calabria/60157-diverse-asociazioni-chiedono-alla-regione-di-impugnare-lo-sblocca-italia

“Mare nero”: la corsa al petrolio continua. Con l’aiuto dello Sblocca Italia

petrolio impiantodi Pasquale Cotroneo – Northen Petroleum Ltd, Shell Eni Norten Enel Longanesi Developments, Nautical petroleum, Global Med. Cosa sono? Solo alcune delle compagnie che nello Ionio Calabrese, soprattutto nel crotonese, si affiancano ad Eni alla ricerca di petrolio, greggio e metano.

Una ricerca affannosa (ma non troppo) che oltre un anno fa trattavamo da queste colonne, e che oggi sembra essere spinta da nuovo vigore.

E ad aiutarle (anche) stavolta ci ha ben pensato il Governo nazionale.

Con l’articolo 37 del Decreto “Sblocca Italia”, voluto dal Governo Renzi, si dispone infatti che gasdotti, rigassificatori e stoccaggi rivestono “carattere di interesse strategico e costituiscono una priorità a carattere nazionale e sono di pubblica utilità, nonché indifferibili e urgenti e di conseguenza avranno diritto a una serie di semplificazioni”. Mentre il 38 spiana letteralmente la strada all’estrazione degli idrocarburi, facendo ritorno alla competenza esclusiva dello Stato delle materie “produzione, trasporto e distribuzione dell’energia”, e togliendo agli enti locali la possibilità di veto su ricerca di petrolio e trivellazione.

Il Premier e l’esecutivo hanno giustificato la misura in quanto questa permetterebbe di aumentare la nostra capacità estrattiva, la nostra indipendenza energetica e garantirebbe lo sblocco di investimenti utili alla nostra economia.

Ma chi ci guadagna realmente?

“A pensar male si fa peccato, ma spesso ci si azzecca!”

Così che la mossa del Governo Renzi, affiancata al Decreto Sviluppo che nel giugno 2012 (Governo Monti), come affermavamo tempo fa, aveva fatto ripartire tutti i procedimenti per la prospezione, ricerca ed estrazione di petrolio che erano stati bloccati nel 2010 dopo l’incidente alla piattaforma Deepwater Horizon nel Golfo del Messico, appare solo come l’ultimo ed ennesimo regalo alle lobbies che in Italia hanno interessi sulle estrazioni di metano e petrolio.

Tutto o quasi nel disinteresse generale, con il Movimento “No Triv”, gli ambientalisti e le associazioni sparse sul territorio (per ultima la notta di ieri dell’Associazione Isola Ambiente Apnea di Crotone) a battersi quasi sempre da soli.

Un “no” il loro ben giustificato dall’imbruttimento e annientamento che la petrolizzazione provocherebbe sul paesaggio; dall’installazione di strutture invasive (per pesca e pescatori) e dalla produzione di nuovi rifiuti pericolosi per il loro impatto sull’ambiente; dalla scarsa quantità e qualità di riserve di metano e petrolio; inquinamento dell’acqua e dell’aria con problemi per l’intero ecosistema.

Non meno importante la questione della sismicità di quel territorio, il nostro che non “gioverebbe certamente della presenza di nuovi pozzi di estrazione metanifera”.

Ad essere rinnovabili, pertanto, prima delle energie da utilizzare, dovrebbero essere le idee (e gli interessi) di chi Governa.