BLACK LIVES UNITED A RIO

Reportage. Davanti alla celebre chiesa della Candelaria nel giorno in cui si ricorda la strage di senza tetto avvenuta qui nel 1983. Nel paese che detiene il triste record di innocenti morti ammazzati dalla polizia, attivisti afroamericani e movimenti delle favelas hanno unito le loro voci per dire basta alla violenza razzista delle forze dell’ordine. Negli Usa come in Brasile, «è genocidio dei neri». Il 6 e il 7 agosto si replica, sfidando le Olimpiadi

La protesta che a Rio ha unito le associazioni che lottano nelle favelas contro le uccisioni della polizia e il movimento Usa «Black Lives Matter»

23 luglio, Chiesa de La Candelaria, Rio da Janeiro. Si è scelta non a caso questa data e questo luogo per sancire un nuovo percorso tra diverse associazioni brasiliane contro le uccisioni della polizia nelle favelas (Maes de Maio, Candelaria Nunca Mais e Brazil Police Watch tra le altre) e il movimento statunitense Black Lives Matter. Gli attivisti statunitensi sono da qualche giorno in città e ci resteranno fino a inizio dei Giochi quando, insieme ai brasiliani, il 6 e il 7 agosto, saranno per le strade di Rio contro quello che chiamano apertamente il genocidio dei neri. Sono previsti una serie di appuntamenti dal giorno successivo alla cerimonia d’apertura.

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foto Ivan Grozny Compasso

Una lotta unica

Dal nord al sud dell’America, un’unica voce. È significativo farlo in Brasile, durante i Giochi, nel Paese che detiene il triste record di morti ammazzati durante operazioni di polizia. Super militarizzato sempre, ancora di più in questi giorni. «Negli Stati uniti non crediate che sia così diverso. Come azione di monitoraggio abbiamo riscontrato, quest’anno, seicento afro americani colpiti da proiettili sparati dalla polizia», ricorda Daunasia Yancey, voce riconosciuta di Black Lives Matter. «Quello che sta accadendo negli Stati uniti e in Brasile è figlio di una politica razzista molto chiara», rincara la dose.

Elizabet Martin è una donna del Massachusetts, ha perso suo figlio che in Brasile c’era venuto in vacanza, anche lui ucciso dalla polizia di qui. Lei ha fondato il Brazil Police Watch: «Sono molto preoccupata per quello che può succedere con i Giochi. Ci sarà ancora più esercito, controllo del territorio, violenza. Se, per preparare e garantire una Olimpiade bisogna uccidere i propri cittadini, bisogna gridarlo al mondo che c’è qualcosa di molto sbagliato».

Nella Chiesa de La Candelaria, risalente al 1710, opera neo classica, grande orgoglio non solo della cultura carioca ma brasiliana, il 23 luglio 1983 più di quaranta senza dimora si trovavano proprio qui. Quattro agenti aprirono il fuoco contro di loro e otto morirono trucidati. Da allora casi come questo sono accaduti altre volte, con la differenza che si sono scelti luoghi più periferici vista l’eco addirittura internazionale che ebbe la vicenda.

L’impunità è garantita poiché di fronte all’insistenza di associazioni dei familiari delle vittime e altre organizzazioni come Amnesty International Brasil, le autorità di polizia replicano di essere stati costretti a rispondere al fuoco per legittima difesa. «Dal 2012, dal 5 al 20% dei casi sono stati indagati. L’impunità è garantita, in pratica. Il 77% dei morti, parliamo dunque di cifre molto significative, 5600 persone solo nel 2012, anno della Coppa del Mondo, erano neri abitanti delle favelas. Vere e proprie esecuzioni». E sono state davvero tante.

Quest’anomala messa, perché di questo si dovrebbe trattare, è celebrata da padre Renato Chiera, fondatore della Casa do Menor, che si scaglia contro il razzismo usato come incudine contro i più poveri. Accusa i politici, non risparmiando nessuno. Fa i conti dei Giochi scherzando amaramente sul fatto che il municipio è fallito per organizzarli e non ha pensato all’istruzione, ai servizi, a ciò di cui la gente ha maggiormente bisogno.

Centoundici colpi

Ogni tanto l’omelia si interrompe per ricordare non solo i caduti de La Candelaria ma anche quelli di molti altri episodi, non solo brasiliani. Quelli statunitensi, ad esempio. Tra gli altri Alton Sterling ucciso a Baton Rouge in Louisiana, Philando Castiglia nel Minnesota e Michael Brown a Ferguson. Si è ricordato poi il caso della favela di Costa Barros, qui a Rio de Janeiro, quando cinque ragazzi morirono sotto centoundici colpi sparati da poliziotti militari: Wesley Castro di 20 anni, Cleiton Correa del Souza di 18, Wilton Estevs Jr. di 20, Carlo Eduardo da Silva Souza e Roberto Souza Penha di soli sedici anni. Tornavano da un compleanno quando l’auto su cui viaggiavano è stata investita da una pioggia di colpi. Centoundici appunto. Tra i banchi anche le madri di questi ragazzi, alcune davvero giovanissime. Si fanno coraggio l’una con l’altra. Tra le organizzatrici c’è l’esperta Debora Silva Maria, fondatrice del Movimento Maes de Maio. Molto disponibile, dispensa una parola per tutti. Ha tempo pure di rilasciare qualche intervista. Ci sono televisioni tedesche e francesi oltre che brasiliane e l’inviato del New York Times. Lei risponde anche per quelle che hanno meno voglia di esporsi. Anche Debora ha perso un figlio di 29 anni, a São Paulo. Rimase celebre una sua frase pronunciata direttamente alla presidente Dilma Roussef, qualche mese dopo la sua prima elezione: «Non possiamo ancora festeggiare la fine della dittatura, perché vi siete dimenticati di avvertire le forze armate».

Anche di Patricia Olivera, la sorella di uno degli scampati alla tragedia del 23 luglio 1983, si ricordano duri attacchi verso chi fa di tutto per insabbiare cosa è accaduto da allora e cosa è successo dopo. Da anni lotta per vedere incriminati i veri mandanti, sa che i quattro sono solo degli esecutori, visto che quello non è rimasto affatto un caso isolato. Solo il più visibile.

C’è anche Fatinha, una delle storiche fondatrici del Movimento Candelaria Nunca Mais, fondato una settimana dopo il massacro. Con l’arcivescovo di allora, Dom Eugenio Sales, intimò di non smettere mai di ricordare «fino a che saranno uccisi bambini nelle strade di Rio». Dopo 27 anni non solo ci sono i brasiliani ma pure statunitensi uniti nella stessa convinzione. Fatinha è molto provata, non solo dal tempo, che evidentemente non ha cancellato quella notte. Ci sono molti ragazzini attorno a lei, indossano delle magliette azzurrine e fanno parte di uno dei progetti che queste donne hanno realizzato nella favelas.

«È un genocidio»

«È in atto, nelle Americhe, in diverse forme, un vero e proprio genocidio. Non è una questione che riguarda solo i neri – lo dice con impeto il reverendo e attivista John Selders – è una questione che riguarda tutti gli uomini, nessuno escluso. I poveri e la comunità nera sono le vittime, americane, ma negli altri continenti siamo sicuri che non stia avvenendo la stessa cosa contro altri popoli che si vogliono esclusi?». Un lungo applauso chiude il suo intervento. Un’attivista di Black Lives Matter, la cugina di un’altra vittima, Waltrina Middleton, fa partire un coro gospel. Lo seguono tutti e uno dopo l’altro alzano il pugno chiuso. Madri, fratelli, preti, brasiliani, statunitensi. Tutti. A pugno chiuso.

 

 

Fonte:

http://ilmanifesto.info/black-lives-united-a-rio/

ATTIVISTI DEL MOVIMENTO BLACK LIVES MATTER IN BRASILE

NEW YORK TIMES:
ATTIVISTI DEL MOVIMENTO BLACK LIVES MATTER IN BRASILE
articolo pubblicato sul New York Times il 20 luglio 2016*

I giochi olimpici de Janeiro Rio potrebbero rivelarsi mortali per i neri poveri della città. A lanciare l’allarme, giovedì (20.07), una delegazione di attivisti americani del movimento Black Lives Matter e gruppi di attivisti brasiliani.

Gli attivisti americani si trovano a Rio per una visita di quattro giorni volta ad evidenziare i rischi che il gigantesco apparato di sicurezza olimpica costituisce, in un paese in cui un rapporto delle Nazioni Unite ha indicato gli agenti delle forze dell’ordine come responsabili di una “parte significativa” delle quasi 60.000 morti violente all’anno.

Durante i giochi, ch si svolgeranno tra il 5 ed il 21 agosto, circa 85.000 tra soldati e poliziotti saranno di pattuglia nel tentativo di rendere sicura questa città notoriamente pericolosa per i 10.000 atleti e per gli spettatori stranieri, che si calcola saranno tra i 350.000 ed i 500.000. Si tratta di più del doppio del contingente di sicurezza ai Giochi Olimpici di Londra del 2012.

Ma mentre il gigantesco apparato di sicurezza può aiutare a proteggere i visitatori stranieri da scippi e rapine a mano armata, furti d’auto e sparatorie dei narcotrafficanti che fanno regolarmente parte della vita di Rio, gli attivisti degli Stati Uniti e le loro controparti locali hanno avvertito che la maggiore presenza di forze dell’ordine potrebbe causare un picco di omicidi da parte della polizia.

“Si parla dei costi per la costruzione delle strutture olimpiche, dell’acqua sporca, dello Zika e della criminalità, ma io voglio che il mondo conosca l’orrore della polizia che uccide i cittadini come parte della preparazione delle Olimpiadi”, ha detto Elizabeth Martin, una donna del Massachusetts il cui nipote Joseph è stato ucciso nel 2007 da un agente di polizia fuori servizio, mentre festeggiava il suo 30° compleanno a Rio.

Il Brazil Police Watch (Osservatorio sulla Polizia Brasiliana), gruppo fondato dalla Martin dopo la morte di Joseph, ha organizzato il viaggio.

I sei attivisti americani hanno iniziato la loro visita a Rio con un incontro carico di emozioni con le famiglie delle vittime della violenza della polizia locale, leader di comunità e attivisti anti-razzisti. I due gruppi hanno condiviso le loro storie personali e discusso sulle analogie tra la situazione dei neri in Brasile e negli Stati Uniti, denunciando il profilo razziale degli omicidi della polizia e la criminalizzazione delle comunità povere.

“È importante trovarsi e stare insieme, perché sappiamo che questa violenza è collegata”, ha detto Daunasia Yancey, attivista nera dei Black Lives Matter che arriva da Boston. “La violenza contro i neri è globale e la nostra resistenza è globale.”

Secondo la Yancey, sia negli Stati Uniti che in Brasile, le uccisioni di giovani neri da parte della polizia sono un problema sistemico. “Non si tratta solo di singoli casi di cattivi poliziotti. Si tratta del sistema di polizia, questo è il modo in cui la polizia lavora”, ha detto.

Monica Cunha, di Rio de Janeiro, il cui figlio Rafael è stato ucciso dalla polizia nel 2006, annuisce e dice: “Essere neri oggi in Brasile vuol dire essere marchiati per morire, spesso per mano della polizia”.

L’esatta misura della quantità degli omicidi commessi della polizia in Brasile rimane oscura e attivisti per i diritti umani e organizzazioni internazionali accusano da tempo la polizia della nazione sudamericana della pratica abituale di esecuzioni sommarie, normalmente giustificate come uccisioni a seguito di presunte “resistenze all’arresto” (ndt. i ben noti “autos de resistencia” ossia “atti di resistenza” detti anche “atti di resistenza seguiti da morte”. Si tratta di un sistema legale ereditato dalla dittatura militare ed ancor oggi in vigore, che, non prevedendo alcuna indagine nel caso in cui si certifichi che una morte è avvenuta in un confronto a fuoco, copre di fatto gli omicidi commessi dai poliziotti garantendo loro l’impunità)

Secondo le stime di Amnesty International, la polizia di Rio è responsabile di uno ogni cinque omicidi occorsi nel 2015 e che il numero degli omicidi per mano della polizia è aumentato nello stato di Rio di circa il 40 per cento durante la Coppa del di calcio del 2014.

Gli attivisti del Black Lives Matter hanno detto che più di 600 persone sono state uccise dalla polizia negli Stati Uniti finora nel corso di quest’anno.

Durante l’incontro, sono state ricordati alcuni dei più eclatanti omicidi commessi dalla polizia sia negli Stati Uniti che in Brasile: Alton Sterling a Baton Rouge, in Louisiana; Philando Castiglia nel Minnesota; Michael Brown a Ferguson, Missouri; il massacro nel 1993 di otto bambini di strada al di fuori della chiesa della Candelaria di Rio; l’uccisione nel dicembre dello scorso anno di cinque giovani nella periferia di Rio, con la polizia che aprì il fuoco contro di loro mentre si trovavano dentro la loro auto (ndt. il caso del quartiere Costa Barros, dove cinque ragazzi tra i 16 ed i 20 anni che tornavano a casa dopo aver festeggiato in un parco pubblico il primo stipendio di uno di loro, vennero massacrati senza alcun motivo da 111 colpi di fucile sparati da poliziotti militari. Per approfondire: http://carlinhoutopia.wix.com/carlinhonews…).

John Selders, un pastore di Hartford, Connecticut, ha detto che i punti in comune tra la situazione dei neri in Brasile e negli Stati Uniti creano un legame che trascende barriere linguistiche e culturali.

“Voi non siete soli qui in Brasile,” ha detto Selders, mentre l’interprete faceva eco alle sue parole in portoghese. “Noi siamo voi. Voi siete noi. Noi siamo un solo popolo.”

guarda anche il video:
https://www.facebook.com/RestoDelCarlinhoUtopia/videos/831491776950263/

*fonte: http://www.nytimes.com/…/ap-lt-brazil-black-lives-matter.ht…

“Il Resto del Carlinho (Utopia)”
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foto di Il Resto del Carlinho Utopia.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Louisiana, la polizia Usa uccide un altro afroamericano

Un video agghiacciante rivela l’omicidio, l’ennesimo, di un afroamericano per mano di agenti di polizia. Una strage silenziosa che ha fatto 1134 vittime nel 2015: tre al giorno

di Checchino Antonini
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Le organizzazioni per la difesa dei diritti degli afroamericani hanno chiesto che venga licenziato o che si dimetta il capo della Polizia di Baton Rouge, in Louisiana, dove un agente ha sparato e ucciso Alton Sterling, afroamericano di 37 anni. Il video agghiacciante, divenuto virale, mostra l’uccisione dell’uomo, già immobilizzato a terra, con colpi di pistola alla schiena e al petto. L’ennesimo caso di un afroamericano ucciso da un agente di polizia ha scatenato un’ondata di proteste per le strade e sul web: l’episodio è avvenuto a Baton Rouge, in Louisiana, dove un agente ha sparato e ucciso Alton Sterling. Alcune ore dopo l’incidente circa 200 persone sono scese in strada nella città per protestare contro i metodi duri delle forze dell’ ordine nei confronti degli afroamericani. «Questo non è il modo di gestire la situazione», ha detto la sorella della vittima. L’uomo aveva cinque figli.

I manifestanti, riporta la stampa Usa, hanno bloccato le strade circostanti il luogo dell’incidente. Secondo quanto riportato dai media statunitensi, la polizia sarebbe stata chiamata perché l’uomo, che vendeva cd musicali per strada, stava minacciando i passanti con una pistola.
Nel filmato, diffuso poche ore dopo l’incidente, si vedono i due agenti avere una accesa discussione con Sterling. In seguito, i due poliziotti gettano a terra l’uomo e si sente il suono di cinque colpi di arma da fuoco. Una voce, grida, «ha una pistola». Un altro testimone, Abdul Muflahi, proprietario del negozio davanti al quale si è verificato l’incidente, ha riferito all’emittente locale Wafb Tv che uno dei due agenti ha usato su Sterling una pistola paralizzante e che dopo ne è seguita una colluttazione con il secondo agente. Il primo poliziotto ha quindi esploso «dai quattro a i sei colpi» di arma da fuoco. Il proprietario del negozio ha anche detto che la vittima non sembrava impugnare alcuna arma durante la discussione con gli agenti, ma di aver visto i due poliziotti estrarre una pistola dalle tasche della vittima dopo la sparatoria. La polizia di Baton Rouge non ha confermato al momento il suo racconto.
Mentre scriviamo, familiari, amici e sostenitori di Alton Sterling parlano in diretta tv per condannare l’uccisione dell’uomo. Il figlio del 37enne scoppia in lacrime disperato davanti alle telecamere, mentre la madre del ragazzo dice che gli agenti hanno «strappato un padre ai loro figli». «Dovete vedere queste scene – continua puntando il dito contro i poliziotti mentre il teenager singhiozza – io dovrò crescere un figlio che ricorderà cosa è successo a suo padre». «Vedi tuo figlio soffrire e non c’è nulla che puoi fare per impedirlo», conclude la donna.
The counted è un contatore attivato dal Guardian che tiene conto di tutte le uccisioni avvenute per mano della polizia Usa. Nel 2015 ha contato 1134 omicidi da parte di persone in divisa: una strage silenziosa. The counted funziona anche grazie alle segnalazioni dei lettori, delle persone che ogni giorno vengono uccise negli Stati Uniti per mano di un agente locale o delle forze dell’ordine federali. Scopo del contatore è colmare il vuoto d’informazione e di consapevolezza dimostrato dalle autorità all’indomani dell’8 agosto 2014 quando Michael Brown, un ragazzo nero di 18 anni, è stato ucciso dalla polizia locale nonostante fosse disarmato. Ci furono scontri e tensioni da tempo dimenticate dalle strade di Ferguson, Missouri, e a macchia d’olio in tutto il paese. Il tasso di cittadini neri uccisi è doppio rispetto ai bianchi e ai latini e agli ispanici (6,56 neri uccisi ogni milione di abitanti, contro 2,72 bianchi e 3,08 latini). In termini assoluti, i bianchi uccisi finora sono 538, i neri sono 276 e 171 gli ispanici. Spiega il Guardian che negli Stati Uniti, 316 milioni di abitanti, sono state uccise 59 persone in 24 giorni dalle forze dell’ordine nel 2015, mentre in Inghilterra e Galles, che contano quasi 57 milioni di abitanti, la polizia ha ucciso 55 persone in 24 anni. 19 i neri disarmati uccisi nei primi cinque mesi del 2015 negli States mentre in Germania sono stati uccisi 15 cittadini armati o disarmati di qualsiasi colore o etnia in due anni, dal 2010 al 2011. In Norvegia gli agenti hanno sparato solo due colpi di pistola senza uccidere, né ferire nessuno nel 2014.
A Baltimore County uno degli episodi più sconcertanti: l’agente David Earomirski ha sparato a un ragazzo nero di 19 anni, Keith Harrison McLeod, colpevole solo di aver fatto il gesto della pistola con le mani, e di averla puntata contro l’agente gridando “Ti uccido”.

 

Fonte:

http://popoffquotidiano.it/2016/07/06/louisiana-la-polizia-usa-uccide-un-altro-afroamericano/

 

 

 

Usa, la polizia bianca spara e uccide un giovane nero. Ancora

Succede ancora a St.Louis, Missouri, a un anno dall’omicidio di Michael Brown nel sobborgo di Ferguson. La vittima un diciottenne afroamericano

di Francesco Ruggeri

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Uno sparo fatale su un adolescente nero da parte di poliziotti bianchi ha nuovamente scatenato rivolte di rabbia per le strade di St. Louis, Missouri. Riporta l’Indipendent che tensioni razziali eccezionalmente elevate continuano a correre nello stato degli Usa, a un anno dall’omicidio del teen ager nero Michael Brown a Ferguson.

Nove persone sono state arrestate la scorsa notte dopo le proteste scoppiate in tutta la città con tanto di mattoni e bottiglie di vetro lanciate verso gli agenti di polizia, allineati in tenuta antisommossa, e costretti a lanciare a loro volta gas lacrimogeni per disperdere la folla.

Il capo della polizia locale,Sam Dotson, ha raccontato che il ragazzo sarebbe fuggito con un altro uomo quando i suoi uomini stavano presentando un mandato di perquisizione «alla ricerca di armi, di criminali violenti, di persone che avevano commesso crimini nel quartiere».

Due agenti bianchi, 29 e 33 anni, avrebbero intimato ai fuggiaschi di fermarsi e hanno sparato quattro volte fino ad uccidere il diciottenne Mansur Ball-Bey che sarebbe stato munito di un pistola.

Fonte:

Usa, poliziotto uccide giovane afroamericano disarmato

Incidente in Texas a un anno da Ferguson. Indagini in corso

Un agente di polizia uccide un giovane afroamericano disarmato dopo una lite. E’ quanto accaduto in Texas. L’incidente si verifica a un anno di distanza dall’uccisione, sempre per mano di un poliziotto, di Michael Brown a Ferguson, in un caso che ha spaccato l’America a riaperto il dibattito razziale.

La polizia di Arlington, in Texas, ha gia’ avviato indagini sul caso per verificare se l’agente, Brad Miller, abbia usato eccessiva forza. Il poliziotto e’ stato messo in congedo. ”Le indagini saranno approfondite e trasparenti. La comunita’ lo merita”, afferma il sergente Paul Rodriguez del Dipartimento di polizia di Arlington, sottolineando che il ragazzo 19enne era sospettato per un furto e ”dopo una lite e’ stata usata la forza”.

Il ragazzo afroamericano, identificato come Christian Taylor, e’ finito con la sua auto contro la vetrina di un concessionario di auto Buick. Gli agenti stavano rispondendo a una chiamata per furto, quando si sono accorti della vettura di Taylor contro la vetrina. Si sono avvicinati e, dopo un confronto, almeno un poliziotto ha sparato. Taylor era una giocatore di football alla Angelo State University di San Angelo, in Texas.

Le indagini saranno svolte con l’aiuto delle telecamere posizionate all’interno del concessionario, per verificare se l’uso della forza contro il ragazzo sia stato eccessivo e se fosse in linea con quanto previsto dal Dipartimento di polizia.

RIPRODUZIONE RISERVATA © Copyright ANSA

Fonte:

Ancora un afroamericano ucciso dalla polizia durante un controllo della patente

Un colpo di pistola “assolutamente non necessario”, ha detto il procuratore locale, Joe Deters, sottolineando che la vittima, Samuel Dubose, di 43 anni, non aveva fatto “nulla di violento”.

duboseNuova ondata di polemiche sulla polizia americana, dopo la diffusione di un video che ritrae l’uccisione di un altro cittadino afroamericano, Samuel DuBose 43 anni. Le immagini, diffuse ieri, risalgono però al 22 luglio scorso e sono state riprese dalla telecamera in dotazione allo stesso protagonista, l’agente Ray Tensing, 25 anni. A Cincinnati, nell’Ohio, il poliziotto blocca l’auto di DuBose che viaggia senza la targa anteriore. L’uomo in divisa si avvicina e chiede la patente, ma l’afroamericano al volante gli porge la bottiglia di un superalcolico. A quel punto comincia un alterco.

La macchina si muove, l’agente la insegue correndo. La sequenza si chiude con una scena che ieri il procuratore generale della contea di Hamilton, Joe Deters, ha definito «scioccante». Il poliziotto si avvicina alla portiera laterale e punta la pistola verso il fuggitivo. Il filmato si interrompe poco prima dello sparo.Un altro agente, arrivato poco dopo sul posto, ha scritto nel suo rapporto che Tensing gli aveva detto di essere stato strattonato all’interno dell’auto da Dubose, “e di aver dovuto sparare”. Ma secondo Deters, Dubose era invece “sottomesso”.  Il suo ufficio, ha detto ancora il procuratore, “ha esaminato probabilmente centinaia di sparatorie della polizia e questa è la prima volta che abbiamo pensato senza dubbio che si tratta di omicidio“. Il resto è cronaca dei giorni scorsi: DuBose è stato ucciso da un colpo alla testa. E ieri Ray Tensing è stato incriminato per omicidio. Si allunga così la catena degli afroamericani uccisi dalle forze dell’ordine negli Stati Uniti: da Eric Garner, New York, a Michael Brown a Ferguson; da Walter Lamer Scott, North Charleston, a Freddie Gray, Baltimora.

 

Fonte:

http://www.acaditalia.it/2015/07/ancora-un-afroamericano-ucciso-dalla-polizia-durante-un-controllo-della-patente/

USA, poliziotto uccide giovane afroamericano a St. Louis. Ancora manifestazioni a New York

 Mercoledì 24 Dicembre 2014 14:20

altNon accenna a placarsi l’ondata di violenza poliziesca nei confronti della comunità afroamericana degli Stati Uniti. A distanza di quattro mesi dall’uccisione di Mike Brown a Ferguson è di nuovo un distretto di St. Louis il teatro dell’omicidio che vede coinvolto un giovane nero colpito a morte da un agente di polizia.

Il ragazzo, appena diciottenne, si chiamava Antonio Martin, e secondo alcune testimonianze si trovava nei pressi di un distributore di benzina a Berkeley, in Missouri, forse con la fidanzata o con un amico, quando un agente di polizia ha tentato di perquisirlo. In seguito al rifiuto del ragazzo, quest’ultimo ha estratto la pistola e dopo avergliela puntata contro ha esploso diversi colpi, che sono poi risultati mortali. L’assurdità dell’episodio, che ricorda da vicino i tantissimi casi di omicidio – uno ogni 28 ore, secondo le statistiche – di giovani afroamericani, risulta ancora più marcata dopo che in tutto il paese si susseguono, ormai da diverse settimane, manifestazioni e iniziative contro la brutalità e la violenza gratuita delle forze di polizia.

Immediatamente dopo l’uccisione di Antonio Martin, diverse centinaia di persone si sono radunate sul luogo dell’omicidio urlando slogan contro le forze dell’ordine e richiedendo che il corpo del giovane non fosse lasciato sul selciato come capitato a Mike Brown (sembra infatti che i soccorsi abbiano atteso almeno un’ora prima di arrivare). Tra i primi ad accorrere anche la madre, Toni Martin, che ha immediatamente identificato il figlio scatenando le proteste dei presenti. Mentre un negozio nelle vicinanze veniva preso d’assalto e distrutto, una parte di manifestanti veniva brutalmente malmenata e gasata con spray al peperoncino dai poliziotti presenti, che nel frattempo avevano militarizzato l’area circostante nel timore di proteste. Al tentativo di arrestare coloro che rifiutavano l’ordine di disperdersi, gli agenti hanno però ricevuto in risposta bombe carta e fuochi d’artificio lanciati dai manifestanti; il bilancio è stato comunque di almeno 3 arresti e numerosi feriti.

Una vigilia di Natale ad altissima tensione, provocata soprattutto dalle ripetute escalation di violenza poliziesca e dal continuo rifiuto dei tribunali di processare i poliziotti colpevoli di omicidio: è notizia delle scorse ore, infatti, che anche Juventino Castro, l’agente di polizia di Houston che uccise il 26enne di colore disarmato Jordan Backer, non sarà incriminato.

Non accennano però a placarsi anche le azioni di protesta e i cortei in tutti gli stati, e l’epicentro di questo nascente movimento sembra essere ancora la città di New York. La scorsa notte, poche ore prima dell’uccisione di Antonio Martin, almeno 2000 persone hanno preso parte alla marcia “Shut Down 5th Ave” partita da Central Park con l’intenzione di bloccare diverse arterie cittadine in una delle zone più interessate dallo shopping pre-natalizio. La polizia ha tentato in tutti i modi di arginare la manifestazione, arrivando a creare un cordone di moto e automezzi intorno al corteo, ma le difficoltà legate al traffico e la grande rapidità dei manifestanti ha di fatto bloccato i poliziotti che non sono così riusciti a interrompere la marcia.

Il segnale di ieri è positivo oltre che molto importante ai fini della lotta contro gli abusi della polizia: appena due giorni fa, infatti, il sindaco di New York Bill De Blasio aveva chiesto un’interruzione delle proteste in seguito all’uccisione di due poliziotti e alle proteste del Dipartimento di sicurezza che ha accusato il primo cittadino di aver “tollerato” troppo a lungo questo tipo di iniziative. Le organizzazioni e i collettivi promotori del movimento – tra cui Occupy Wall Street – non si sono ovviamente lasciati intimidire dalle minacce, ma hanno anzi rilanciato sulle mobilitazioni, probabilmente destinate ad intensificarsi nei prossimi giorni in seguito all’episodio di Berkeley.

 

Fonte:

http://www.infoaut.org/index.php/blog/conflitti-globali/item/13578-usa-poliziotto-uccide-un-altro-giovane-afroamericano-a-st-louis-ancora-manifestazioni-a-new-york

Usa: a New York poliziotto uccide giovane papà di colore disarmato

Mentre a Ferguson si attende col fiato sospeso la decisione sull’omicidio di Michael Brown, in una palazzina di Brooklyn un agente spara e ammazza un 28enne afroamericano che era andato a trovare la fidanzata. Per il Nypd si è trattato di “tragico incidente”

NEW YORK – Mentre a Ferguson, in Missouri, si attende con il fiato sospeso la decisione sull’omicidio del 18enne nero Michael Brown ucciso da un agente di polizia, a New York si registra un nuovo caso di afroamericano disarmato ammazzato da un agente recluta in quello che la polizia ha definito “un tragico incidente”. Ieri notte alle 23,15 locali a Brooklyn un poliziotto di origini asiatiche, Peter Liang, ha sparato dalla propria arma contro un nero di 28 anni, Akai Gurley, disarmato, padre di un figlio di 2 anni, la cui unica colpa è stata quella di trovarsi nel posto sbagliato al momento sbagliato. Lo riferisce il New York Times.Due agenti stavano effettuando quella che in gergo si definisce una perlustrazione ‘verticale’ di uno stabile a Brooklyn, scendendo per le scale piano dopo piano a partire dall’ottavo, quando la vittima è sbucata all’altezza del settimo. A quel punto l’agente Liang ha aperto il fuoco scaricando l’arma nel torace dell’uomo. Il 28enne era andato a trovare la fidanzata, Melissa Buttler, che abita nell’edificio, e – ha poi raccontato la famiglia della ragazza – poco dopo che aveva lasciato l’appartamento sono stati sentiti i colpi. Gurley lascia un bimbo piccolo: la polizia ha fatto sapere che la madre vive in Florida.

VIDEO A Saint Louis “giustizia per Michael Brown”

La fidanzata del giovane ha raccontato al Daily News of New York che stava accompagnando il fidanzato fuori dall’appartamento al settimo piano, dopo avere fatto una treccia ai capelli, quando è avvenuta la sparatoria. “Non aveva fatto niente di sbagliato, era solo lì in piedi e gli hanno sparato, era un uomo innocente”, ha detto la Buttler. Dopo gli spari, Gurley e la fidanzata sono riusciti a scendere ancora per due rampe di scale, ma al quinto piano lui è crollato e ha perso coscienza. A quel punto è stato trasportato in un ospedale vicino, dove è morto.

Il fatto è stato definito “una tragedia” dal sindaco Bill de Blasio, il quale ha affermato che la scarsa illuminazione nella tromba delle scale del complesso residenziale evidenzia la necessità di una migliore illuminazione nelle case popolari dopo anni di trascuratezza. Il termine “tragedia” è stata usato poi dal commissario della polizia di New York, William Bratton, che ha spiegato in una successiva conferenza che si è trattato di un “incidente”. Citando il recente aumento dei crimini all’interno di questo complesso immobiliare, Bratton ha riferito che Gurley e la fidanzata avevano provato a prendere l’ascensore, ma dal momento che non arrivava erano andati verso le scale. Poi ha detto anche che l’agente ha usato la sua pistola perché la scalinata era buia.

Al poliziotto che ha ucciso Gurley – un “totale innocente” e “non coinvolto in alcuna attività criminale”, ha sottolineato ancora Bratton – sono stati rimossi il distintivo e la pistola di servizio. Il suo ruolo è stato cambiato e per 15 giorni studierà l’uso delle armi da fuoco. L’agente che ha sparato dovrà anche essere interrogato dall’ufficio del procuratore, il quale deciderà se formulare accuse in sede penale contro di lui

Intanto, nel Missouri, Darren Wilson, il poliziotto di Ferguson che il 9 agosto scorso ha sparato e ucciso Brown mentre era disarmato, sta pensando di dimettersi dal suo dipartimento mentre il Gran Giurì è in procinto di decidere se incriminarlo o meno. A dirlo è la Cnn, secondo cui Wilson starebbe valutando la possibilità di lasciare le forze dell’ordine di Ferguson “come modo per allentare la pressione e proteggere i propri colleghi”. Le dimissioni formali però non sono ancora arrivate: una forma di cautela prima della decisione del Gran Giurì visto che il gesto potrebbe passare come un’ammissione di responsabilità.

Nel frattempo la cittadina di Ferguson è in attesa di sapere se Wilson subirà o meno un processo per la morte di Brown. Il governatore del Missouri, Jay Nixon, lunedì ha dichiarato 30 giorni di stato d’emergenza, mentre si è registrata un’impennata nelle vendite di armi da fuoco tra gli abitanti. Le manifestazioni sono già in corso, e diverse persone sono state arrestate ieri notte.

Un ragazzo nero di 18 anni è stato ucciso da un poliziotto a St. Louis

9 ottobre 2014 – 17.01


Manifestazioni contro la polizia a St. Louis, in Missouri, l’8 ottobre 2014. (David Carson, St. Louis Post-Dispatch/Ap/Lapresse)

La polizia statunitense è di nuovo al centro delle polemiche dopo che l’8 ottobre un poliziotto fuori servizio ha ucciso un ragazzo nero di 18 anni durante uno scontro a fuoco a St. Louis, in Missouri. La vicenda ha scatenato le proteste della popolazione locale. Nella notte una folla di persone si è radunata vicino al Missouri botanical garden per contestare la polizia.

Alcuni manifestanti hanno urlato slogan per ricordare l’omicidio di Michael Brown, il ragazzo nero di 18 anni ucciso da un agente bianco il 9 agosto a Ferguson, sempre in Missouri. Nessun manifestante è stato arrestato e dopo qualche ora la folla si è dispersa, scrive l’Associated Press.

Alcune immagini delle proteste.

Cosa è successo. Secondo le ricostruzioni diffuse dalla polizia l’8 ottobre un agente, del quale finora si conosce solo l’età (32 anni), stava pattugliando il quartiere di Shaw per conto di un’azienda privata alle 7.30 di sera. Quando ha visto tre uomini, si è avvicinato lanciando un avvertimento, e uno degli uomini è scappato. Il poliziotto, in servizio nel dipartimento di St. Louis da sei anni, ha cominciato a rincorrerlo, prima in auto e poi a piedi. Durante l’inseguimento c’è stata una zuffa, al termine della quale il ragazzo è stato ucciso.

Durante una conferenza stampa convocata dopo l’omicidio, il capo della polizia di St. Louis, Sam Dotson, ha detto che il primo a sparare è stato il ragazzo nero . L’agente ha risposto al fuoco, uccidendolo. Gli esami balistici, ha aggiunto Dotson, mostrano che il ragazzo ha sparato tre colpi e ha cercato di spararne un altro, ma la sua pistola si è inceppata. Il poliziotto ha sparato 17 proiettili. Dotson ha detto che non sa quanti proiettili abbiano colpito il ragazzo, né sa perché il poliziotto abbia sparato così tante volte. “Sarà aperta un’inchiesta per chiarire il comportamento dell’agente”, ha concluso Dotson.

I parenti che hanno identificato la vittima hanno detto al quotidiano locale St. Louis Dispatch che il ragazzo si chiamava Vonderrit Myers Jr. e hanno contestato la versione delle forze dell’ordine. Secondo il loro il ragazzo era disarmato.

L’assassinio di Kajieme Powell. Il 19 agosto, sempre nella contea di St. Louis, c’è stato un altro caso simile: Kajieme Powell, un afroamericano di 25 anni, è stato ucciso da due agenti con vari colpi d’arma da fuoco a pochi chilometri di distanza da Ferguson.

Fonte:

http://www.internazionale.it/news/stati-uniti/2014/10/09/un-ragazzo-nero-e-stato-ucciso-da-un-poliziotto-a-st-louis/

Missouri, ecco come la polizia uccide i neri

Dodici colpi a bruciapelo: un video mostra il secondo omicidio di St.Louis. E in un altro video un agente minaccia di morte la folla. L’hanno sospeso

di Checchino Antonini

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Un agente di polizia della cittadina di St. Ann, nel Missouri, è stato sospeso a tempo indeterminato per aver puntato un fucile contro i manifestanti a Ferguson minacciandoli di morte. Una notizia che non ha precedenti in Italia dove da anni chi fa servizio di ordine pubblico ha le modalità identiche a chi opera nei teatri della guerra globale. Tutto ciò grazie a una riforma del reclutamento delle forze dell’ordine che prevede la precedenza assoluta per i reduci di guerra.

L’ufficiale è stato successivamente identificato come il luogotenente Ray Albers, un veterano con vent’anni di servizio, come ha spiegato Aaron Jimenez, della polizia di St.Ann, al St. Louis Post-Dispatch.

In un video si vede il corpulento, poliziotto calvo è puntare il suo fucile semi-automatico contro una folla di persone, tra cui alcuni giornalisti, che camminavano lungo una strada di Ferguson poco prima della mezzanotte di martedì.

Ecco dunque altre foto e altri video dal Missouri, sconvolto dalle proteste della popolazione nera dopo la sequela di omicidi da parte di poliziotti perlopiù bianchi.

Immagini forti, che potrebbero urtare la vostra sensibilità. Anzi, che potrebbero, dovrebbero, sconvolgerci. E indignarci. Perché cose del genere accadono spesso anche a queste latitudini come dimostra la triste litania di nomi che abbiamo imparato a conoscere grazie alle denunce di amici, familiari di vittime di malapolizia, o grazie ad associazioni che si battono per memoria, verità e giustizia. Ieri, 20 agosto, la polizia di St. Louis, nel Missouri, ha diffuso il video della morte di Kajieme Powell, un ragazzo afroamericano di 25 anni ucciso martedì dalla polizia a circa 5 chilometri da Ferguson, dove da settimane si protesta per l’uccisione di un altro ragazzo nero, Michael Brown, 18 anni. Nel video si vede Powell camminare su un marciapiede con un oggetto in mano (un coltello, secondo la polizia e alcuni testimoni). Powell viene raggiunto da due agenti che gli puntano le pistole addosso ordinandogli di sdraiarsi in terra. Powell non obbedisce e si muove verso i due agenti che a quel punto sparano. Dodici colpi di pistola. Questo il video:

Intanto, a Ferguson, è comparso il ministro della Giustizia, Eric Holder, mandato da Obama dopo che anche la notte precedente ha tenuto scena la piazza per l’uccisione del 18/enne nero Michael Brown da parte di un poliziotto. Nella protesta più pacifica degli ultimi dieci giorni, nella notte si sono comunque verificati tafferugli con la polizia che ha arrestato altre 47 persone. La popolazione afroamericana di Ferguson non si fida della giustizia bianca locale e sul luogo sono arrivati già da una settimana fa 40 agenti dell’Fbi che hanno già interrogato oltre 100 testimoni; ora faranno il punto con Holder sull’inchiesta relativa al rispetto dei diritti civili. Il ministro della Giustizia ha promesso un’inchiesta “equa e approfondita” e incontrerà anche i genitori di Michael Brown i cui funerali di terranno lunedì prossimo.

 

La visita del ministro della Giustizia coincide con la convocazione del Gran Giurì locale, che esaminerà le prove contro il poliziotto Darren Wilson – secondo l’autopsia indipendente, il giovane è stato colpito da sei proiettili, due dei quali alla testa – e dovrà decidere se incriminarlo per l’uccisione di Michael. Da quel maledetto giorno, l’agente è stato solo sospeso con paga. Nessuno sa dove sia dopo che la polizia ha deciso di allontanarlo da casa per le minacce ricevute, ma la solidarietà nei suoi confronti cresce su Facebook dove il profilo aperto per sostenerlo ha già superato i 30 mila “mi piace”. Intanto, crescono le richieste per far rimuovere il pubblico ministero Bob McCulloch del Missouri dal caso di Michael Brown.

 

La famiglia del giovane ha tentato invano di ottenere la sua ricusazione, in quanto teme che possa non essere imparziale a causa dei suoi legami con il dipartimento di polizia. Il padre di McCulloch era un agente che venne ucciso da un nero; la madre è impiegata per il dipartimento, il cugino e lo zio sono pure poliziotti. Ma il pubblico ministero ha fatto sapere che non intende rinunciare al caso.

 

 

 

 

Fonte:

http://popoffquotidiano.it/2014/08/21/missouri-ecco-come-la-polizia-uccide-i-neri-video/

 

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