SIRIA: ALTRE 5 PERSONE MORTE DI FAME A MADAYA

11 Gennaio 2016

Nella città assediata di Madaya, nel Governatorato del Rif di Damasco in Siria, i medici supportati da MSF confermano che ieri, domenica 10 gennaio, 5 persone sono morte di fame, tra loro un bambino di 9 anni e 4 uomini con più di 45 anni. 10 pazienti hanno bisogno di ospedalizzazione urgente per malnutrizione acuta. 200 pazienti affamati potrebbero diventare critici e aver bisogno di ospedalizzazione entro questa settimana se gli aiuti non arriveranno in tempo.

A Madaya i medici non mangiano nulla da una settimana. Sono stanchi, deboli mentre il numero di pazienti malati aumenta. Loro, come tutti a Madaya, sono disperati.

In questa zona montuosa,inoltre, le temperature sotto zero attuali peggiorano gravemente le condizioni, soprattutto dei pazienti malati che sono meno in grado di recuperare al freddo. Il combustibile per il riscaldamneto deve essere incluso negli aiuti umanitari: le persone che cercano di raccogliere legna da ardere rischiano di essere colpiti dagli spari o di saltare in aria sulle mine.

Una distribuzione una-tantum non mitigherà i problemi nei mesi a venire. MSF continua a chiedere l’evacuazione urgente dei pazienti malati verso un posto sicuro dove essere curati e l’accesso immediato e senza impedimenti delle forniture mediche salva-vita per la popolazione civile a Madaya. È l’unico modo per uscire da una situazione ormai catastrofica.

Assedio e fame a Madaya. Leggi l’update dell’8 gennaio

 

 

Fonte:

http://www.medicisenzafrontiere.it/notizie/news/siria-altre-5-persone-morte-di-fame-madaya

UN ALTRO OSPEDALE SUPPORTATO DA MSF E’ STATO BOMBARDATO IN YEMEN

10 Gennaio 2016

Un altro ospedale supportato da MSF è stato colpito nel nord dello Yemen causando almeno quattro morti e dieci feriti e il crollo di diversi edifici della struttura medica.Tre feriti sono dell’equipe di MSF di cui due in condizioni critiche.

Secondo lo staff di MSF sul campo, alle 9:20 di questa mattina è stato colpito l’ospedale di Shiara nel distretto di Razeh dove MSF sta lavorando da novembre 2015.

MSF non può confermare l’origine dell’attacco ma sono stati visti degli aeroplani volare sulla struttura proprio in quel momento. Almeno un missile è caduto vicino all’ospedale.

Il numero dei feriti potrebbe aumentare dato che potrebbero esserci ancora persone intrappolate tra le macerie. Tutto lo staff e i pazienti sono stati evacuati e i pazienti trasferiti all’ospedale Al Goumoury a Saada, supportato da MSF.
”

Tutte le parti in conflitto, incluso la coalizione guidata dall’Arabia Saudita (SLC) sono regolarmente informate delle coordinate GPS delle strutture mediche dove MSF lavora e siamo in dialogo costante affinché comprendano l’entità delle conseguenze umanitarie del conflitto e la necessità di rispettare la fornitura di servizi medici” afferma Raquel Ayora, direttore delle operazioni di MSF. E’ impossibile che qualcuno con la capacità di sferrare un attacco aereo o lanciare un missile non sapesse che l’ospedale di Shiara fosse una struttura medica funzionante sostenuta da MSF e che forniva un servizio sanitario fondamentale”.

“Ribadiamo a tutte le parti in conflitto che i pazienti e le strutture mediche devono essere rispettate e che il bombardamento di ospedali rappresenta una violazione del diritto umanitario internazionale” dice Ayora.
Il conflitto è particolarmente acceso nel distretto di Razeh. La popolazione dell’area è stata pesantemente colpita dai continui bombardamenti e dal peso di dieci mesi di guerra.L’ospedale di Shiara era già stato bombardato prima che MSF iniziasse a supportarlo e i servizi erano ridotti alle emergenze, la maternità e attività salvavita. Questo è il terzo pesante incidente a una struttura medica di MSF negli ultimi tre mesi.

Il 27 ottobre l’ospedale di Haydan è stato distrutto da un bombardamento aereo ad opera della coalizione guidata dall’Arabia Saudita (SLC) e il 3 dicembre il centro di salute a Taiz è stato colpito sempre dalle forze della coalizione ferendo 9 persone.Le equipe di MSF faticano ogni giorno ad assicurare il rispetto delle strutture mediche da parte dei gruppi armati.

“Condanniamo pesantemente questo incidente che conferma un preoccupante disegno di attacchi a strutture mediche essenziali e esprimiamo il nostro più forte sdegno dato che lasciano una popolazione già fragile senza assistenza medica per settimane” afferma Ayora” Ancora una volta sono i civili a subire l’impatto maggiore di questa guerra”.

MSF chiede l’immediata cessazione degli attacchi a strutture mediche e chiede a tutte le parti coinvolte nel conflitto di impegnarsi per creare le condizioni per la fornitura di assistenza umanitaria in condizioni di sicurezza. MSF richiede, inoltre, che i responsabili di questo attacco investighino sulle circostanze dell’incidente.

Le nostre attività nel Paese

In Yemen, MSF sta lavorando nei governatorati di Aden, Al- Dhale, Taiz, Saada, Amran, Hajjah, Ibb e Sana’a. Sin dall’inizio di questa crisi nel marzo 2015 le equipe di MSF hanno curato più di 20.000 feriti di guerra. MSF ha inviato più di 790 tonnellate di materiale medico finora. MSF sta gestendo 11 ospedali e centri sanitari e supporta regolarmente 18 centri sanitari. Con un sistema sanitario che funziona a fatica, MSF sta fornendo anche servizi sanitari non di emergenza.

 

 

Fonte:

http://www.medicisenzafrontiere.it/notizie/comunicato-stampa/un-altro-ospedale-supportato-da-msf-%C3%A8-stato-bombardato%C2%A0-yemen

 

SIRIA, BOMBARDAMENTO “DOPPIO” SU UN OSPEDALE SUPPORTATO DA MSF

2 Dicembre 2015

Un bombardamento “doppio” su un ospedale supportato da MSF  in una zona assediata nel nord del governatorato di Homs, in Siria, ha causato 7 morti, la parziale distruzione dell’ospedale e un afflusso di 47 pazienti feriti con la necessità di essere trasferiti nei vicini ospedali da campo, alcuni dei quali sono morti lungo il percorso.

Intorno alle 09:40, ora locale, di sabato 28 novembre, una barile bomba è stata sganciata da un elicottero su un’area popolata della città di Al Zafarana, a nord est della città di Homs, in Siria, uccidendo un uomo e una giovane donna, e ferendo 16 persone. In seguito all’afflusso di feriti in massa, questi pazienti sono stati ricoverati nell’ospedale di Al Zafarana.

Poco dopo, un’altra barile bomba si è abbattuta vicino all’ospedale, causando danni all’apparecchio di dialisi renale. 40 minuti più tardi, intorno alle 10:30, ora locale, quando i feriti a causa della prima bomba sono stati curati in ospedale, altre due barili bombe sono state sganciate proprio all’ingresso principale, uccidendo un passante e ferendo 31 dei pazienti sotto trattamento e il personale medico, compresi i due paramedici che lavorano per il servizio di ambulanza della Protezione civile siriana, uno dei quali ha subito gravi lesioni alla testa. La seconda esplosione ha causato anche una parziale distruzione dell’ospedale.

I pazienti più gravemente feriti sono stati trasferiti in tre ospedali vicini. I 16 pazienti dell’afflusso iniziale sono stati immediatamente inviati a un ospedale. Una seconda struttura ha ricevuto 21 feriti e 4 che sono morti durante il viaggio, mentre la terza struttura ha ricevuto 10 feriti e 1 morto all’arrivo.

In totale, questi bombardamenti hanno ucciso sette persone e ne hanno ferito 47. La metà dei feriti – 23 su 47 persone – erano bambini sotto i 15 anni e donne.

“Questo attacco mostra tutti i segni di un bombardamento “doppio”, durante il quale una zona viene bombardata e, dopo, un secondo bombardamento colpisce le squadre di soccorso o l’ospedale più vicino che fornisce cure”, dice Brice de le Vingne, direttore delle operazioni di MSF. “Questa tattica a doppio colpo mostra un livello di distruzione calcolato che difficilmente si riesce a immaginare.”

Non è chiaro in questa fase se l’ospedale sarà in grado di riprendere le attività dopo il bombardamento. Sezioni della parete esterna sono state spazzate via dallo scoppio e l’unità di dialisi e parte del magazzino sono state distrutte. MSF sta offrendo supporto per riparare o ricostruire la struttura e si appresta a inviare forniture mediche essenziali per l’équipe in ospedale in modo che sia possibile per loro continuare a operare. “Questo ospedale di fortuna rappresentava un’ancora di salvezza per fornire cure a circa 40.000 persone nella città Al Zafarana e nei dintorni”, dice De le Vingne.

“È già una tragedia che sette persone – tra cui una bambina – siano state uccise, ma se l’ospedale è costretto a chiudere o a ridurre le attività, si tratta di una doppia tragedia per le persone che vivono sotto la minaccia permanente della guerra, con nessun altro cui rivolgersi per l’assistenza medica.”

MSF ribadisce ancora una volta il suo appello affinché tutte le parti coinvolte nel conflitto siriano si impegnino a risparmiare i civili e le infrastrutture civili, compresi gli ospedali e le ambulanze. L’aumento di questi attacchi atroci, con un numero elevato e schiacciante di civili, tra cui donne, bambini e personale medico, feriti o uccisi, deve cessare.

 

 

Fonte:

http://www.medicisenzafrontiere.it/notizie/news/siria-bombardamento-%E2%80%9Cdoppio%E2%80%9D-su-un-ospedale-supportato-da-msf

AFGHANISTAN, INTRUSIONE DI UN TANK USA PER RIMUOVERE LE PROVE DELL’OSPEDALE MSF BOMBARDATO

Sabato 17 Ottobre 2015 15:52

20151017kunduz

L’ associazione di Medici senza Fontiere denuncia l’abuso delle forze militari statunitensi in Afghanistan per cui un tank ha forzato la zona dell’ospedale bombardato 13 giorni fa.

Sempre i portavoce di MSF hanno aggiunto che questa inaspettata intrusione ha danneggiato materiali, distrutto potenziali prove relative alle indagini per risalire alla natura del disastro, nonché messo naturalmente paura e stress ha chi sta operando tra le macerie dell’ospedale.

L’ ospedale di Kunduz è stato bombardato dalle forze USA il 3 Ottobre scorso uccidendo 10 pazienti e 12 persone appartenenti all’ organizzazione mondiale dei medici.

Un altro probabile episodio di efferata viltà si aggiunge oggi alla pagina di sangue scritta dal Pentagono, che non ha ancora ufficialmente risposto alle dichiarazioni dei portavoce di MSF.

 

 

Fonte:

http://www.infoaut.org/index.php/blog/conflitti-globali/item/15676-afghanistan-intrusione-di-un-tank-usa-per-rimuovere-le-prove-dellospedale-msf-bombardato

 

 

ATTACCO A KURDUZ: SALITO A 12 IL NUMERO DEGLI OPERATORI MSF UCCISI. MORTI ANCHE 10 PAZIENTI, TRA CUI 3 BAMBINI.

4 Ottobre 2015

“Con il fondato sospetto che sia stato commesso un crimine di guerra, MSF chiede che venga avviata un’investigazione completa e trasparente sull’accaduto, condotta da un ente internazionale indipendente.” ha detto Christopher Stokes, direttore generale di Medici Senza Frontiere.“Basarsi soltanto sull’investigazione interna di una parte del conflitto sarebbe del tutto insufficiente.”

“Nemmeno una persona del nostro staff ha riferito di combattimenti nel compound dell’ospedale di MSF prima del bombardamento aereo di sabato mattina” continua Stokes. “L’ospedale era pieno di operatori MSF, pazienti e persone che li accudivano. Nell’attacco sono stati uccisi 12 operatori di MSF e 10 pazienti, tra cui 3 bambini.  Ribadiamo che l’edificio principale dell’ospedale, dove il personale si prendeva cura dei pazienti, è stato colpito in modo ripetuto e molto preciso durante ciascuno dei raid aerei, mentre il resto del compound è stato per la maggior parte risparmiato. Condanniamo questo attacco, che rappresenta una grave violazione del Diritto Internazionale Umanitario.”

In questo momento l’ospedale di MSF non è più in funzione. Non è possibile effettuare attività mediche all’interno della struttura, lo staff di MSF è stato evacuato o trasferito, i pazienti sono stati portati in altri centri medici .

Da quando sono esplosi i combattimenti, lunedì scorso, MSF ha aumentato la capacità del proprio ospedale fino a 150 letti e ha curato 394 persone lavorando giorno e notte per curare chiunque ne avesse bisogno, secondo i principi dell’imparzialità e dell’etica medica.

Per MSF è doloroso dover chiudere nel momento in cui i bisogni medici sono così acuti, ma è troppo presto per sapere se le attività possono riprendere in sicurezza e al momento MSF non ha ricevuto spiegazioni né garanzie. MSF è molto vicina alle persone di Kunduz e non appena si avranno risposte chiare sull’accaduto, vaglierà le possibili opzioni per riaprire le attività mediche a Kunduz. L’Afghanistan è uno dei maggiori paesi d’intervento per MSF, presente in altri 4 progetti che continuano le attività.

MSF ha iniziato a lavorare in Afghanistan nel 1980. Oltre a Kunduz, MSF supporta il Ministero della Salute nell’ospedale Ahmad Shah Baba, nella zona orientale di Kabul, la maternità Dasht-e-Barchi nell’area occidentale di Kabul e al Boost Hospital a Lashkar Gah, provincia di Helmand. A Khost, in Afghanistan orientale, MSF gestisce un ospedale specializzato in maternità. MSF lavora in Afghanistan esclusivamente grazie a fondi privati e non accetta finanziamenti da nessun governo.

Gli aggiornamenti su Twitter di @MSF_ITALIA

 

 

Fonte:

http://www.medicisenzafrontiere.it/notizie/comunicato-stampa/attacco-al-nostro-ospedale-kunduz-confermati-12-operatori-msf-uccisi-e-10

KUNDUZ, AFGHANISTAN: BOMBARDATO OSPEDALE DI MSF. FINORA 9 OPERATORI UCCISI.

Kunduz: Tutte le parti in conflitto avevano coordinate del nostro ospedale

3 Ottobre 2015

 

Medici Senza Frontiere condanna nel modo più assoluto il terribile bombardamento che ha colpito l’ospedale dell’organizzazione a Kunduz, coinvolgendo staff e pazienti. MSF vuole chiarire che tutte le parti in conflitto, comprese Kabul e Washington, erano perfettamente informate della posizione esatta delle strutture MSF  – ospedale, foresteria, uffici e unità di stabilizzazione medica a Chardara (a nord-ovest di Kunduz). Come in tutti i contesti di guerra, MSF ha comunicato le coordinate GPS a tutte le parti del conflitto in diverse occasioni negli ultimi mesi, la più recente il 29 settembre.

Il bombardamento è continuato per più di 30 minuti da quando gli ufficiali militari americani e afghani, a Kabul e Washington, ne sono stati informati. MSF chiede urgentemente chiarezza per capire esattamente cosa sia successo e come sia potuto accadere un evento di questa gravità.

AGGIORNAMENTO SULLE VITTIME

È con grande tristezza che confermiamo la morte di 9 operatori MSF durante il bombardamento di questa notte all’ospedale di MSF a Kunduz. L’ultimo aggiornamento parla di 37 feriti, tra cui 19 membri dello staff MSF. Alcuni dei feriti più gravi sono in corso di trasferimento in un ospedale a Puli Khumri, che dista 2 ore di auto. Di molti pazienti e staff non si hanno ancora notizie. L’impatto di questo terribile bombardamento sta diventando più chiaro e i numeri continuano a crescere.

SU TWITTER GLI AGGIORNAMENTI IN TEMPO REALE DI @MSF_ITALIA

 

MIGRANTI, A REGGIO LA “NAVE DEI BAMBINI”

Sono 113 i minori arrivati a bordo della Phoenix dei coniugi Catrambone. Solo quelli non accompagnati rimarranno in Calabria. «La gente deve sapere cosa succede in mare»

Migranti, a Reggio la “nave dei bambini”

REGGIO CALABRIA Scendono dalla passerella in braccio alle madri o quasi aggrappati alle loro mani. Gli occhi sono pozzi di paura che quasi divorano visi scavati da fame, sole, salsedine, da una vita che – da subito – non è stata generosa. Alcuni sono stati desiderati, voluti da coppie che hanno scelto di guardare a un futuro al di là del mare, altri sono frutto delle violenze che durante il lungo viaggio dal cuore dell’Africa all’Europa, tante, troppe donne hanno subìto. Figli dell’amore, figli della violenza, ma soprattutto sopravvissuti e figli di sopravvissute.

 

LA NAVE DEI BAMBINI Un piccolo miracolo nei mesi in cui il Mediterraneo si è trasformato in un gigantesco cimitero di tombe senza nome. I 113 bambini accompagnati al porto di Reggio Calabria insieme a 107 donne e 124 uomini dalla Phoenix – il sogno solidale dei coniugi Catrambone, divenuta la prima nave di privati inquadrata nel dispositivo di soccorso migranti nel Mediterraneo – ce l’hanno fatta. Portano addosso i segni di un viaggio complesso e lungo e di una traversata complicata. In molti, appena sbarcati, hanno avuto bisogno dell’assistenza dei medici del Viminale che sul molo si occupano di controllo, assistenza e soccorso. Ma per i più sono bastati una merendina e un succo di frutta per reintegrare velocemente gli zuccheri, vestiti asciutti, un guanto di lattice che gonfiato si trasforma in un palloncino e le coccole dei volontari per recuperare forze e sorriso. «I bambini erano molto provati, molto tristi e molto spaventati», dicono gli operatori che però, su quei volti stanchi e ancora terrorizzati, con il passare delle ore hanno visto disegnarsi la serenità di essersi lasciati alle spalle – forse- la parte più difficile.

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IL SOGNO SOLIDALE DEI CONIUGI CATRAMBONE «Il centro di coordinamento di Roma ieri ci ha segnalato due barconi di legno al largo delle coste libiche – dice Regina Catrambone – ma non abbiamo potuto prendere tutti a bordo perché erano più di settecento. Oltre alle duecento, duecentocinquanta persone che viaggiavano sul ponte ce n’erano altrettante che viaggiavano in stiva, vicino ai motori. Abbiamo distribuito a tutti i giubbotti di salvataggio ma per il recupero del secondo barcone abbiamo dovuto attendere la nave Dattilo della Guardia Costiera». Non è la prima volta che la Phoenix approda a Reggio Calabria. Da due anni i coniugi Christofer Catrambone e Regina Egle Liotta – statunitense lui, reggina lei, ma entrambi residenti a Malta – hanno deciso di fare qualcosa di concreto per arginare la strage che si consuma quotidianamente sulla rotta fra Libia e Italia. Per questo hanno trasformato la Phoenix – un’ex imbarcazione di ricerca della Marina degli Stati Uniti – in una “nave della solidarietà” al servizio del dispositivo di soccorso e recupero che opera nel Mediterraneo. Dal 2 maggio scorso, insieme a loro è imbarcata anche un’equipe di Medici senza frontiere in grado di affrontare le prime emergenze a bordo: ustioni, disidratazione, ipotermia, complicanze di patologie croniche dovute a condizioni di viaggio proibitive o a violenze e torture che i rifugiati hanno subito in Libia. Un lavoro che sembra non avere mai fine.

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«LA GENTE DEVE SAPERE COSA SUCCEDE IN MARE» Accompagnato al porto di destinazione un gruppo di migranti, c’è un nuovo barcone da intercettare, un gommone da recuperare, nuovi disperati da soccorrere. Ma nonostante la fatica, i risultati concreti ci sono e sono misurabili. Oltre undicimila persone sono state tratte in salvo e accompagnate sulla terraferma dalla Phoenix. «A me non è mai capitato di vedere bambini affogati nel corso delle traversate, ma penso che in mare ci siano tantissimi Aylin. Questa è la mia grande disperazione. Foto come quella del bambino curdo ritrovato senza vita su una spiaggia in Turchia vanno diffuse e viste, perché la gente si deve rendere conto di cosa succeda in mare. Famiglie che muoiono, bambini che muoiono. Non possiamo rimanere indifferenti, dobbiamo aiutarli». Anche perché chi mette a rischio la propria vita per mare, lo fa – spiega la Catrambone – perché nel suo Paese non può più stare. Perché è dilaniato da una guerra, come la Siria, o perché messo in ginocchio da regimi paradittatoriali che fondano la propria esistenza sulla repressione, come Etiopia ed Eritrea. Ed è da qui che la stragrande maggioranza dei profughi arrivati oggi a Reggio Calabria ha iniziato un viaggio che non può dirsi concluso. Solo i minori non accompagnati e chi ha bisogno di ospedalizzazione rimarrà a Reggio Calabria. Gli altri – ha deciso il ministero dell’Interno – appena concluse le procedure di identificazione dovranno salire sui pullman che li porteranno in Toscana, Veneto, Puglia ed Emilia. E per i più non si tratta che di una tappa.

 

MIOPIA EUROPEA In molti sognano il Nord europa dove nella maggior parte dei casi hanno familiari, amici o conoscenti che li hanno preceduti. Ma nonostante le dichiarazioni di pubblico cordoglio seguite alla pubblicazione delle immagini delle vittime più piccole delle stragi nel Mediterraneo, la fortezza Europa sembra essere ancora imbrigliata da una discussione viziata da troppe gelosie e poche soluzioni. Anche la proposta di aumentare le quote di migranti che i vari paesi dell’Ue sono tenuti ad accogliere – pena sanzioni – appare del tutto insufficiente di fronte a un’ondata migratoria di portata epocale, provocata in larga parte dalla scellerata politica estera delle varie potenze europee negli ultimi decenni. Nel frattempo, in mare si continua a morire.

 

Alessia Candito
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Fonte:

ALEPPO: MSF HA CURATO PAZIENTI CON SINTOMI DI ESPOSIZIONE A AGENTI CHIMICI

25 Agosto 2015

Venerdì scorso, 21 agosto, nell’ospedale di Aleppo gestito da MSF, l’organizzazione medico umanitaria ha curato quattro pazienti che presentavano sintomi di esposizione ad agenti chimici.

I pazienti sono una famiglia di quattro persone (i genitori, una bambina di 3 anni e una di soli 5 giorni). Arrivati in ospedale un’ora dopo l’esposizione a queste sostanze, presentavano arrossamento agli occhi, eritema cutaneo e difficoltà respiratorie seguite dalla comparsa di vesciche e un peggioramento delle condizioni respiratorie circa tre ore dopo. Sono stati somministrati trattamenti di supporto e ossigeno fino al trasferimento presso un’altra struttura per una cura specifica.

La famiglia proviene dalla città di Marea (nord di Aleppo, distretto di Azaz) che è stata colpita da pesanti bombardamenti durante tutta la giornata di venerdi scorso, dopo una settimana di violenti attacchi a colpi di mortaio e artiglieria. Secondo la testimonianza dei pazienti, un colpo di mortaio ha colpito la loro casa intorno alle sette e mezza di sera. Dopo l’esplosione, un gas giallo è entrato nel loro salotto. Entrambi i genitori con l’aiuto dei vicini hanno tentato di proteggere i bambini coprendoli con i loro corpi. Sono stati trasferiti all’ospedale di Marea, dove hanno ricevuto le prime cure. Quando le loro condizioni sono peggiorate, sono stati trasferiti presso l’ospedale di MSF.

“MSF non ha test di laboratorio che confermino le cause di questi sintomi. Tuttavia, gli aspetti clinici, l’evoluzione delle condizioni dei pazienti che la nostra equipe ha curato e il racconto di come è avvenuta l’intossicazione, lasciano pensare a un’esposizione ad agenti chimici” ha detto Pablo Marco, responsabile del progetto MSF in Siria.

Questa terribile notizia rappresenta l’apice di una situazione umanitaria in peggioramento nel governatorato Aleppo, dove in differenti attacchi almeno 11 strutture mediche sono state deliberatamente colpite con barili bomba negli ultimi mesi e dove le poche strutture mediche che continuano ad operare non sono in grado di far fronte agli bisogni urgenti della popolazione.

“Qualsiasi uso di armi chimiche rappresenta una gravissima violazione del diritto umanitario internazionale. Rappresenterebbe un’ulteriore sofferenza per la popolazione che sta già sopportando le conseguenze della peggiore crisi umanitaria degli ultimi anni. Facciamo appello a tutte le parti, affinché osservino il rispetto per le vite umane e fermino l’uso indiscriminato della violenza contro i civili” afferma Pablo Marco.

Le attività di MSF:

MSF opera in sei strutture ospedaliere in Siria e supporta direttamente più di 100 cliniche e ospedali nel paese. Fornisce inoltre cure mediche ai siriani che sono fuggiti in Giordania, Libano, Turchia e Iraq.

 

 

Fonte:

http://www.medicisenzafrontiere.it/notizie/comunicato-stampa/aleppo-msf-ha-curato-pazienti-con-sintomi-di-esposizione-ad-agenti-chimici

ENNESIMA TRAGEDIA NEL MAR MEDITERRANEO. AUMENTARE SUBITO OPERAZIONI DI RICERCA E SOCCORSO

5 Agosto 2015

L’ennesima tragedia nel Mediterraneo, in cui centinaia di persone sono annegate dopo il capovolgimento di un barcone che portava circa 600 persone, evidenzia la grave carenza di un adeguato sistema di ricerca e soccorso in mare. Lo afferma l’organizzazione medico-umanitaria Medici Senza Frontiere (MSF), che oggi ha partecipato ai soccorsi.

La barca di legno si è capovolta vicino alla costa libica, poco prima che arrivasse sul posto la nave di MSF Dignity I.

MSF ha ricevuto una prima chiamata dal Centro di Coordinamento del Soccorso Marittimo di Roma alle 9 di questa mattina per la barca di legno in difficoltà, ma è stata poi dirottata sul soccorso di un altro barcone. Quest’ultima operazione, che ha soccorso 94 persone, è terminata intorno alle 12.30. La Dignity I ha poi ricevuto un’altra chiamata che chiedeva di tornare a soccorrere la prima barca. All’arrivo della Dignity I, una nave irlandese arrivata per prima sul luogo aveva giàavviato le operazioni di salvataggio perché la barca si era già capovolta. Sembrano essere sopravvissute circa 300 persone.

“È stata una vista orribile, persone che si aggrappavano disperate ai giubbetti di salvataggio, alle barche, a qualunque cosa trovavano per cercare di salvarsi la vita, in mezzo alle persone che stavano annegando o a chi era già morto” racconta Juan Matías, coordinatore di MSF a bordo della Dignity I. coordinatore di MSF a bordo della Dignity I. “Il fatto che siamo stati chiamati prima per assistere questa barca e subito dopo per un altro salvataggio, dimostra la grave carenza di risorse disponibili per operazioni di soccorso nel Mediterraneo.”

Video dalla nave MSF che ha partecipato ai soccorsi.

https://twitter.com/MSF_ITALIA/status/629009834386456578

Altre navi sono poi giunte sul luogo del naufragio per partecipare alle operazioni. La Dignity I ha fornito assistenza medica a 10 persone, di cui 5 erano in condizioni cosìgravi da richiedere l’evacuazione via elicottero. Anche le altre navi su cui opera MSF, la Bourbon Argos e la MY Phoenix gestita dal MOAS, sono accorse sul posto.

“Oggi in mare abbiamo vissuto da vicino un nuovo, grandissimo dolore” ha detto Loris De Filippi, presidente di MSF. “Èun imperativo che le operazioni di soccorso si avvicinino il piùpossibile alle zone di partenza: solo due giorni fa 5 persone sono morte per disidratazione dopo 13 ore su un barcone e oggi questa tragedia ad appena 15 miglia dalla Libia. L’unica soluzione per porre fine a lutti e sofferenze in mare è aprire vie legali e sicure per consentire a queste persone, costrette a fuggire da guerre e povertà, di trovare sicurezza senza rischiare la vita.

Prima della tragedia di oggi, 1941 persone hanno già perso la vita nel tentativo di attraversare il Mediterraneo. MSF ha avviato la propria azione di ricerca e soccorso in mare a maggio e finora ha soccorso più di 10.000 persone.

Le nostre operazioni nel Mediterraneo

A partire dallo scorso maggio, abbiamo avviato per la prima volta attività di ricerca e soccorso in mare a bordo di tre navi la MY Phoenix (in collaborazione con il MOAS), la Bourbon Argos e la Dignità I. Non possiamo porre fine alle guerre e alla miseria che costringono le persone a lasciare i loro paesi d’origine, ma possiamo fornire assistenza e  ridurre il numero di morti. Le nostre équipe nel Mediterraneo stanno lavorando per salvare vite, finché la situazione non sarà adeguatamente e umanamente affrontata dall’Unione Europea. Per saperne di più >>

 

 

Fonte:

http://www.medicisenzafrontiere.it/notizie/comunicato-stampa/ennesima-tragedia-nel-mar-mediterraneo-aumentare-subito-operazioni-di

ISIS MASSACRA CIVILI A KOBANE E RAQQA

Isis massacra civili a Kobanê e Raqqa

È stato riferito che gruppi di Isis che si sono infiltrati a Kobanê dal versante turco hanno ucciso molti civili.Gli scontri continuano in città e le forze delle YPG/YPJ hanno circondato i gruppi di Isis.

I gruppi di ISIS si sono infiltrati a Kada Azadi,l’ospedale aperto da MSF,al centro culturale nel quartiere Martire Moro e nella zona di Kanya Kurda come in altre zone della città.

I gruppi di ISIS hanno aperto il fuoco casualmente sui civili in queste zone dove si sono infiltrati.Stanno giungendo rapporti che affermano che molti civili hanno perso la vita negli scontri.

Le forze delle YPG/YPJ hanno circondato i gruppi di ISIS e continuano aspri scontri. Almeno 10 esponenti di ISIS sono stati uccisi negli scontri attorno all’ospedale di MSF e a Kana Azadi.

Una famiglia che stava lasciando la città per fuggire a Girê Spî è stata fermata ad un checkpoint dai gruppi di ISIS nel villaggio di Skîrwa ed è stata colpita con armi da fuoco.A seguito della sparatoria 10 persone sono rimaste gravemente ferite,molte delle quali donne e bambini.

I feriti sono stati portati a Girê Spî da altre persone che stavano compiendo lo stesso viaggio e volevano andare in Turchia (Kurdistan del nord) per ricevere cure mediche,ma sono stati tenuti in attesa al confine da funzionari.

Meryem Ehmed Bozan 28 anni è morto mentre aspettava al valico di confine.

Le persone che hanno accompagnato i feriti a Girê Spî hanno dichiarato che ISIS ha iniziato a uccidere arbitrariamente civili a Raqqa e che è iniziata una vera e propria pulizia etnica.

I nomi dei feriti sono: Şemsa Xelîl /(40 anni), Hesen (22), Umer Ehmed (4), Aya Ehmed (11), Elya Ehmed (12), Sebha Ebid (60), Mustefa Mihemed (60) e altri due i cui nomi non sono stati confermati.

Si teme che il bilancio delle vittime possa salire.

Fonte: