MADAYA, SIRIA: SE NON SI MUORE DI BOMBE SI MUORE DI FAME

Dal profilo Facebook di Fiore Sarti:

 

“Dal post di chi è in contatto con i siriani di Madaya, in particolare il personale medico:

“Cattive notizie….
ieri 9 gennaio alle 14:54 ora locale
Ero fino a poco fa in contatto con il Dr. Ali Burhan, capo dello staff medico di ‪#‎Zabadani‬, e mi ha detto: ‘Sorry, la mia voce è molto debole perchè sono stato 48 ore senza cibo. Il regime sta mentendo, non ha acconsentito ad alcun aiuto alimentare o sanitario di entrare a ‪#‎Madaya‬ e #Zabadani .. ‘

E poi ha aggiunto che non ci sono medicine in ospedale, e che si sente impotente di fronte a perdita di sensi, diarrea, e casi di avvelenamento da erbe tossiche. Ha detto anche che qualsiasi uomo armato che si arrende sparisce nel nulla, e che Hezbollah controlla completamente la periferia di Zabadani, Madaya, e Bluedan, e che gli apparati militari del regime non possono fare niente senza il permesso di Hezbollah;
ha continuato dicendo che lui stesso ha visto un elemento del regime alzare le mani di fronte ad un membro di Hezbollah, sembra che il regime abbia consegnato quest’area direttamente nelle mani di Hezbollah…. Sorry, non so cosa dirti, ho finito le parole… ”

Muhannad Al Boshi

توفيق الحلاق

كنت الآن على اتصال مباشر مع الدكتور على برهان رئيس اللجنة الطبية في الزبداني وقال لي : لاتآخذني صوتي ضعيف صرلي 48 ساعة بدون طعام . قال إن النظام يك

Altro…

توفيق الحلاق

Ero ora un contatto diretto con il dottor a prova di presidente della Commissione Medica in lzbdạny e mi ha detto: non mi porta la mia voce debole şrly 48 ore senza cibo. Ha detto che il sistema sta mentendo e non permette di inserire qualsiasi materiale alimentare o medica all’acido e burro. Ha detto: non c’e ‘ in ospedale qualsiasi farmaco e impotente di fronte a casi la sincope e diarrea e morte che arrivare per prendere la gente per erbe. Ha detto che il rapinatore che costituirsi andare alla filiale di sicurezza e smetterai di dirglielo. Ha detto: se hezbollah controllo completamente sul perimetro lzbdạny e Maya e blwdạn e disciplina sistema per trovare il coraggio di fare niente senza il loro permesso. Ha detto visto ufficiale di colonnello, compagnia a seguire le mani al muro schiena elementi Hezbollah aggiunto: come nu sistema venduto zona Hezbollah. Gli ho detto: mi scusi, non so che dirti. Ha detto: hai ragione sbarazzarsi di parlare.

Tradotto da: muhannad al boshi

Ero ora in un contatto diretto con il dottor Ali burhan, capo della Commissione Medica in ‪#‎zabadani‬ e lui mi ha detto: mi dispiace la mia voce è molto debole, perche ‘ io sono stata per 48 ore senza mangiare, ha detto : il regime sta mentendo e non consentire a qualsiasi cibo o cose mediche per entrare a ‪#‎madaya‬ e ‪#‎zabadani‬.. Ha detto anche: non ha nessuna medicina in ospedale e lui è impotente di fronte a svenimenti, diarrea, e nei casi di morte che arrivano a lui dovuti a mangiare le erbe da abitanti. Ha detto anche che qualsiasi uomo armato, chi si arrende, sarà scomparso nell’ignoto..! Ha detto: Hezbollah è controllare completamente la periferia di zabadani, madaya, e bluedan e il regime ufficiali non osate fare niente senza il permesso di Hezbollah, ha dichiarato che lui si e ‘ visto un regime ufficiale con il grado di colonnello alzando le mani davanti a Un muro mentre voltando le spalle a Hezbollah elementi. Egli ha aggiunto: sembra come se il regime ha venduto l’area completamente a Hezbollah, ho detto: mi spiace, non so cosa dire a te, formulazione è finito..

‪#‎Syria‬
‪#‎OneSyria‬
‪#‎We_Will_Not_Be_Silent‬

Fonte:
https://www.facebook.com/fiore.sarti/posts/811637058944688?pnref=story

 

 

 

Morire di fame a Madaya, Siria: le immagini che non avreste mai voluto vedere

Forty thousand people live in this Syria town, Madaya, where they have been starving to death and surrounded by landmines for the past six months. Photo credit: Madaya page on Facebook

Quattrocento persone vivono in questa cittadina siriana, Madaya, dove negli ultimi sei mesi sono state ridotti alla fame e circondate da mine antiuomo. Crediti della foto: pagina Facebook di Madaya

Quarantamila persone che vivono attualmente nella cittadina siriana di Madaya [it], vicino al monte Qalamoun, stanno morendo di fame mentre il mondo le osserva in silenzio, riferiscono gli attivisti. La piccola città montana, situata a 1,400 metri sopra il livello del mare, si trova a 40 chilomentri a nord di Damasco, sotto il governtorato di Rif Dimashq, accanto al confine libanese, ed è stata assediata delle forze del governo siriano sostenute dalla milizia di Hizbulla che sta bloccando l’entrata di cibo e degli aiuti umanitari da luglio.

Si trova al centro della lotta tra diverse fazioni coinvolte negli scontri in corso in Siria, e queste persone ne stanno pagando il caro prezzo.

In un’inchiesta pubblicata ieri, insieme a strazianti foto di siriani affamati e di residenti di Madaya morti per fame, l’Osservatorio Siriano per i Diritti Umani (SOHR) con sede in Gran Bretagna, ha spiegato cosa sta accadendo [en, come tutti i link seguenti, salvo diversa indicazione] (Nota dell’Editor: Global Voices ha scelto di non ripubblicare le foto in questione a causa del loro contenuto grafico esplicito).

Gli abitanti della cittadina di Madaya stanno morendo di fame da 174 giorni a causa di un assedio strettissimo ad opera delle forze del regime e di di Hezbollah. La città ospita 40,000 persone inclusi 20,000 civili che hanno abbandonato le loro case a Zabdani, dopo aver assistito a scontri violentissimi e ai pesanti bombardamenti da parte del regime e delle forze aeree.

Il SOHR ha rilevato centinaia di mine antiuomo piazzate da Hezbollah e dalle forze di al-Assad attorno alla città di Madaya, oltre ad aver bloccato le aree circostanti con fili spinati e alte recinzioni per prevenire furti o operazioni dall’esterno. In città sono presenti 1200 pazienti in condizioni mediche croniche e 300 bambini stanno soffrendo di malnutrizione e diverse malattie. La grave mancanza di scorte di medicine e cibo sta portando i prezzi dei generi alimentari drammaticamente alle stelle: 1 kg di zucchero o riso cosano 3600 SP, circa 90 dollari. Il SOHR ha documentato la morte di 17 civili incluse 17 donne e bambini per mancanza di cibo e medicinali o di mine antiuomo, e di cecchini che si attivano durante i tentativi di raccogliere cibo nei dintorni della città.

Le agenzie di stampa riportano che la gente di Madaya si sta nutrendo di foglie, insetti e perfino di gatti, dopo che il cibo a loro disposizione è finito. Sulla sua pagina Facebook, Hand in Hand for Syria disegna un’immagine ancora più orripilante:

La maggioranza delle foto che vengono dalla piccola cittadina di Madaya (nei sobborghi di Damasco) sono troppo esplicite da condividere. Immagini scioccanti che rappresentano il vero volto della disperazione umana; persone ridotte a meri scheletri – con occhi scavati e costole sporgenti, che aspettano la morte per rivendicare il proprio nome.

Negli ultimi 6 mesi, la gente di Madaya è vissuta sotto un gravissimo assedio. I raccolti e le scorte di cibo si sono ridotte, lasciandosi dietro nient’altro che disperazione. Il cibo rimanente in città è diventato così costoso che la maggioranza delle persone semplicemente non può comprarlo.

Hanno iniziato a bollire i raccolti. Quando questi finiranno, dovranno bollire l’erba e le piante… poi gli insetti. Quando la malnutrizione diventerà insostenibile la gente inizierà a mangiare i gatti.

I gatti.

Ad oggi, la fame ha tolto la vita a più di 50 persone in città. La malnutrizione si sta diffondendo, e con il freddo clima invernale che sta arrivando, centinaia di persone sono a rischio di ipotermia.

Ma il mondo non sta battendo ciglio secondo il blogger BSyria, che scrive:

Assad sta affamando Madaya. Bambini, donne e uomini ridotti alla fame. Il mondo resta a guardare.

Secondo Raed Bourhan, un montatore siriano di base a Beirut, Libano, l’inverno in arrivo aggraverà ulteriormente la situazione già disastrosa di Madaya.

Migliaia di persone stanno vivendo in un gelo invernale rigidissimo a -5° e la legna disponibile è molto rara.

In un altro tweet, egli ha condiviso le foto di bambini “derubati dei loro diritti” mentre la guerra in Siria continua:

I bambini hanno perso i loro diritti di base alla felicità, all’educazione, al calore e alla speranza.

E in un terzo tweet spiega come i prezzi degli alimenti siano saliti alle stelle nelle zone assediate, circondate dalle mine antiuomo e dai cecchini che impediscono ai residenti di andarsene:

I prezzi del cibo sono arrivati al record di 1 kg di cereali e riso al costo di almeno 100 dollari.

Proprio sulla pagina Facebook di Madaya è stato lanciato un appello di richiamo agli attivisti affinchè mostrino solidarietà a Madaya protestando davanti le ambasciate russe (la Russia è impegnata negli attacchi aerei in Siria) e agli uffici delle Nazioni Unite:

Invito agli attivisti e alle organizzazioni umanitarie e per i diritti umani di tutto il mondo, per mostrare solidarietà all’assediata Madaya protestando davanti le ambasciate russe e agli uffici delle Nazioni Unite.
‪#‎save_madaya‬ (#salvate_madaya)
‪#‎respond_to_us‬ (#rispondeteci)

Un altro post supplica il mondo di salvare i bambini di Madaya:

A Syrian child from Madaya, besieged for the past six months. Photo credit: Madaya page on Facebook

Un bambini siriano di Madaya, cittadina assediata negli ultimi sei mesi. Crediti della foto: pagina Facebook di Madaya

Su Facebook, il siriano Kenan Rahbani ha condiviso le foto dei residenti di Madaya affamati e ha aggiunto:

Scusatemi per aver condiviso queste immagini esplicite, ma devo farlo.

Queste persone non sono affamate perchè sono povere o perchè non hanno cibo. Hezbollah e il regime di Assad stanno facendo morire di fame la città di Madaya. E’ stata completamente assediata e cibo, medicinali o acqua non possono entrare. Anche le Nazioni Unite sono qui ma non possono entrare in città perchè Hezbollah e il regime di Assad non glielo permettono.

Questo sta accadendo nel 2016 in Siria. E l’ISIS non ha niente a che fare con tutto ciò.

E l’attivista siriana Rafif Joueati si domanda quante altre persone dovranno morire prima che il mondo agisca:

Madaya non è la prima a soffrire la fame sotto assedio, e nemmeno l’ultima. La domanda è, quante altre decine di migliaia di persone dovranno morire prima dell’intervento internazionale?

E chiede anche:

Cosa succederà quando non ci saranno più foglie da mangiare?

E si domanda:

Ciechi. Se avessimo detto che 40,000 cuccioli stavano morendo di fame il mondo intero sarebbe sceso in marcia a protestare. Umani? Non proprio.

Ulteriori articoli sul tema:

*

Dal blog di Germano Monti un appello per dure basta alle bombe in Siria:

SIRIA: BASTA BOMBE!

AGGIORNAMENTO: ADESIONI AL 10 GENNAIO 2016 IN FONDO AL TESTO

aleppo

Lettera aperta ai movimenti italiani per la pace, il disarmo e la solidarietà.

Il conflitto in corso in Siria dall’inizio del 2011 ha provocato più di 250.000 vittime, oltre 10 milioni di persone (la metà della popolazione!) sono state costrette ad abbandonare le loro case, centinaia di migliaia di donne e uomini sono stati arrestati, torturati e fatti sparire, mentre altri 650.000 esseri umani vivono in aree sotto assedio, senza accesso garantito ad acqua, cibo e medicinali.
Nonostante il Consiglio di Sicurezza dell’ONU, con la Risoluzione n. 2139, abbia chiesto all’unanimità sin dal febbraio 2014 la cessazione dei bombardamenti sulla popolazione civile, questi sono continuati, e a quelli operati dal regime – anche con l’utilizzo dei famigerati barili bomba – si sono aggiunti quelli delle “coalizioni internazionali” che dovrebbero combattere i terroristi del sedicente Stato Islamico, ma che, a tutt’oggi, hanno colpito prevalentemente i civili, non risparmiando nemmeno scuole ed ospedali. Nel 2015 oltre il 73% delle vittimi civili pesano sulla coscienza delle forze governative, seguite da ISIS con l’8%, il 6% per le opposizioni armate ed in soli tre mesi l’aviazione russa ha raggiunto il 5% del bilancio annuale delle vittime. L’ ingresso diretto nel conflitto da parte della Russia – che già sosteneva e armava il regime del clan Assad, insieme all’Iran e ai miliziani di Hezbollah – non ha fatto che peggiorare una situazione già disperata: a tre mesi dai primi bombardamenti degli aerei di Putin, risulta che meno del 20% degli stessi abbia colpito obiettivi legati all’ISIS, mentre la stragrande maggioranza delle bombe sono state sganciate su altri obiettivi, senza alcun riguardo per la popolazione civile.
Sono stati colpiti ospedali e scuole, forni e abitazioni civili, aggiungendo altro sangue a quello già copiosamente versato negli ultimi cinque anni. Secondo l’organizzazione non governativa Syrian Network for Human Rights, che ha recentemente pubblicato un dettagliato rapporto, fra l’ 85 e il 90% dei bombardamenti russi hanno colpito aree controllate da gruppi dell’opposizione al regime del clan Assad e su zone densamente popolate, colpendo – fra l’altro – 16 scuole, 10 ospedali o strutture sanitarie, 10 mercati, 5 forni per il pane, 2 cimiteri archeologici e 1 ponte.
Ancora più recentemente, anche Amnesty International ha documentato le conseguenze sui civili siriani dei bombardamenti russi, sostenendo che si possono configurare come crimini di guerra e definendo “vergognoso” il tentativo del governo russo di negare di aver commesso questi crimini.
Appare evidente, dunque, come le rinnovate iniziative dei governi internazionali – nate nel solco delle conferenze di Vienna e New York degli ultimi due mesi e tese ad arrivare ad una soluzione politica del conflitto in Siria – siano a forte rischio di fallimento, nel momento in cui (oltre ad essere state avviate in assenza di qualsiasi interlocutore siriano) non prevedono l’immediata cessazione degli attacchi contro i civili. Significativo che, dopo l’approvazione della risoluzione 2254 del Consiglio di Sicurezza dell’ ONU del 18 dicembre, siano pesantemente aumentati attacchi e bombardamenti su tutte le aree non più sotto il controllo del regime di Assad, in impennata l’uso di cluster bomb, mentre sul sobborgo damasceno di Moaddamye è stato denunciato persino un nuovo attacco chimico.
Di fronte a questo scenario, il silenzio dei movimenti e delle organizzazioni pacifisti, per il disarmo e della sinistra in Italia è veramente imbarazzante. Spiace dirlo, ma sembra quasi che si pensi che le bombe della Casa Bianca siano criminali e quelle del Cremlino innocue o, addirittura, positive. Per quanto si ricerchi, non è possibile trovare un comunicato o un semplice commento sulle devastazioni provocate in Siria dalle bombe russe, mentre non mancano le proteste – sacrosante – contro l’invio di bombe ed altre armi italiane all’Arabia Saudita, nella legittima presunzione che tali bombe saranno impiegate nel conflitto in corso nello Yemen. Questo doppiopesismo, a nostro avviso, sta delegittimando l’iniziativa dei movimenti e della sinistra: non è credibile la denuncia dei bombardamenti sui civili quando sono operati dagli U.S.A. accompagnata dall’omertà quando analoghi bombardamenti sui civili vengono compiuti da un’altra potenza. L’alibi secondo cui gli States sarebbero nostri alleati e quindi è verso Washington e le cancellerie ad essa vicine che dovremmo concentrare le nostre attenzioni è debole, dal momento in cui il governo di Assad ha schierato mezzi di produzione italiana fornitigli da Mosca ed impiega tuttora sistemi di puntamento italiani sui suoi carri armati, come sono italiane le tecnologie di spionaggio usate per individuare e reprimere gli attivisti non violenti che diedero vita alla rivolta siriana fin dal 2011. Anche le armi italiane vendute alla russa Rosoboronexport rischiano di essere impiegate contro i civili.
Con questa lettera aperta, ci proponiamo di sollecitare i movimenti e la sinistra ad un’iniziativa coerente che chieda la cessazione di tutte le operazioni militari in Siria contro i civili, da chiunque siano compiute, così come dobbiamo chiedere la cessazione degli assedi e la creazione di corridoi umanitari per le città, i villaggi ed i campi profughi  sottoposti a questa punizione collettiva ormai da anni, oltre alla liberazione di tutti i prigionieri politici.
In assenza di una tale iniziativa, ogni discorso sul sostenere la pace in Siria non può che apparire del tutto ipocrita.

Comitato Khaled Bakrawi

Per aderire e sostenere questa lettera aperta: [email protected]

Adesioni pervenute al 10.1.2016

Associazione Rose di Damasco Como
Comitato in appoggio ai popoli arabi Karama Napoli
Alessia Colonnelli Castel Giorgio
Yara Tlass Turkey founder of Watanili, grassroots organisation
Rim Banna Palestine artist
Raed Fares Kafranbel
Barbara Capone Roma Presidente Sunshine4Palestine NGO
Alberto Savioli Udine Archeologo
Simona Pisani Crotone Volontario privato
Donatella Quattrone Reggio Calabria Blogger
Mohammed Alkhalid Berna Ricercatore
Arcangela Minio Ladispoli
Eva Tallarita Milano
Franco Casagrande Novi Ligure (AL) Pensionato VVFF – Attivista Diritti Umani
Angela Bellocchi Milano
Lisanna Genuardi Palermo Madre
Stefania Aloi Como commessa
Alberto Scrinzi Milano Operaio
Gizele Alves Costa Napoli Casalinga
Veronica Bellintani Verbania studente
Riccardo Bella Milano
BDS Oudàh Milano
Stefania Sipi Roma
Carmelo Donato Agrigento
Marianna Barberio Avellino
Alessandra Santantonio Cutrofiano
Fulvia Tiziani Monza
Nicola Gandolfi Barcellona
Silvia Moroni Asso (Como) associazione Rose di Damasco
Marina Morandini Concorezzo
Chiara Rizzo Bologna
Costanza Lasagni Roma operatrice umanitaria
lzanasi Luciano Bologna
Daniela Lozzi Magliaso
Enza Guazzi Concorezzo Insegnante
Loris Caldana Milano
Hagar Ibrahim Milano Studentessa
Pietro Menghini Napoli studente
Mary Rizzo San Benedetto del Tronto Traduttrice, Restauratrice, Blogger
Carlotta Dazzi Milano Giornalista
Samantha Falciatori Terni volontaria Onsur Italia
Tanya Pensabene Milazzo Studente
Deborah Arbib Milano
Salvatore Albanese Siderno M. (RC)
Salvatore Di Carlo Palermo Studente
Francesca Diano Roma
Sara Manisera Beirut Giornalista
Anna Maria Costa Roma pensionata inv.civ.
Angela Bernardini Roma
Paolo Pasta Roma operaio in pensione
Laura Di Tosti Viterbo
Elena Babetto
Loretta Facchinetti Roma
Anna Pasotti Milano
Pete Klosterman New York, NY USA
Stefania Barsi Roma insegnante di scuola per l’infanzia
Jonathan Brown Chichester, UK Risk Manager
Manuela Giuffrida
Alessandra Mosca Monterotondo (Roma)
Marco Di Renzo Roma
Roberta Ferrullo Milano resp. marketing
Sara Grassiano Banchette impiegata
Sara Manca Pisa Arabista
Alessandra Notari Roma impiegata
Marco Rotondi Roma
Silvia Di Tosti Roma
Federica Pistono Roma Traduttrice letteraria
Silvia Pietricola Terracina impiegata
Patrizia Mancini Tunisi
Antonio Ronchi Ferrara
Nicola Bonelli Trento Studente/volontario
Mauro Canovi Reggio Emilia Conducente bus
Stefania Aloi Como
Franca Angelillo Mola di Bari Educatrice
Raffaella Cosentino Roma Giornalista
Fiorella Sarti Napoli Attivista per i Diritti Umani
Luca Rafanelli Ripatransone agricoltore
Mauro Destefano Reggio Calabria arabista, traduttore
Prisca Destro Legnano
Joshua Evangelista Pescara Giornalista
Giuseppina Iuliano Napoli
Antonino Tripi Caltavuturo Studente
Saveria Petillo Roma architetto
Giulia De Angelis Blagho Corigliano d’Otranto nonna
Sara Buzzoni Copparo (FE) Operatrice umanitaria e consulente
Siria Tallarico Modena Impiegato
Valentina Chesi Livorno Commessa
Giovanna De Luca Barcelona
Wisam Zreg Torino Giurista
Magmoud Saeed
Talal Zraik Dayton, Ohio. USA
Abdulrahim Aleppo Doctor
Iyad Kallas Bordeaux – France
Saad Soufi Washington, DC
Tim Ramadan Raqqa sound and picture
Obai Sukar Flint Media Producer
Tarek Alghorani Tunis Activist
Armando Mautone Napoli
Monis Bukhari Berlin Syrisches Haus
Hadi Albahra Damascus Engineer, businessman
Eugenia Magnaghi Verbania lavoratrice della scuola pubblica e attivista UNIONE SINDACALE ITALIANA
Piero Maestri Milano Comitato sostegno popolo siriano – Milano
Rafif Jouejati USA Syrian-American Activist
Maria Alabdeh Paris
Muhammad Abdel-Kader Roma
Zreik Nawar Paris Architecte
Giovanni Ciccone Roma Segreteria provinciale, sindacato di base Flaica Roma
 Frontiere News  Roma
Valerio Evangelista Pescara
Nando Grassi Palermo insegnante
Ruth Buchli Magliano/Gr
Filomena Annunziata Napoli Studentessa
Elisabetta Crippa Milano insegnante, Comitato di sostegno al popolo siriano Mi

 

Fonte: https://vicinoriente.wordpress.com/2016/01/05/siria-basta-bombe/