L’Osservatorio Disagio Abitativo sull’emergenza rifiuti nell’area della ex Polveriera di Ciccarello

Venerdì, 30 Agosto 2019 10:56

L'Osservatorio Disagio Abitativo sull'emergenza rifiuti nell'area della ex Polveriera di Ciccarello

La tutela dell’ambiente e il rispetto per le persone non hanno nessuna connotazione etnica ma rammarica dover leggere sulla stampa come la frustrazione di alcuni cittadini del quartiere Ciccarello venga riproposta, senza alcuna esitazione, con toni di tipo razziale. È ben comprensibile il malcontento delle persone che vivono a Reggio, in zone sommerse dai rifiuti e dall’assenza delle piú elementari regole del vivere civile, ma dare una spiegazione etnica, additando solo un gruppo di cittadini, come la causa di ogni male è fuorviante, quanto inutile.

L’abbandono dei rifiuti per strada è un fenomeno che non ha etnia né classe sociale ma soprattutto colpisce la salute di tutti, indistintamente. È un fatto molto grave che si verifica in tutti i quartieri della città ad opera di moltissimi cittadini, appartenenti a tutti i gruppi sociali e non ad uno solo.

Nell’area della baraccopoli dell’ex Polveriera di Ciccarello, poco meno di 20 famiglie convivono con rifiuti di ogni tipo, soprattutto prodotti dalla demolizione delle baracche operata dal Comune . Sono soprattutto queste famiglie, insieme alle associazioni dell’Osservatorio sul disagio abitativo, a denunciare e a pretendere una bonifica del territorio, insieme alla sistemazione abitativa delle stesse famiglie.

Non c’è alcun dubbio che il conflitto su basi etniche non sia utile a risolvere il problema comune del deturpamento ambientale e del disagio sociale, ma serve ad alimentarlo ulteriormente e a nascondere la gran parte delle responsabilità.

La collaborazione per la diffusione del senso del bene comune che non implichi l’odio per categorie sociali o etniche, insieme alle lotte per la trasparenza e la giustizia sociale, garantirebbero, di certo, un miglioramento socio-ambientale per tutti.

Reggio Calabria, 30 agosto 2019

Osservatorio sul disagio abitativo

Un Mondo Di Mondi –Cristina Delfino – Giacomo Marino

CSOA Angelina Cartella

Società dei Territorialisti/e Onlus

Centro Sociale Nuvola Rossa

Comitato Solidarietà Migranti

Reggio Non Tace

Collettiva AutonoMia

 

 

Fonte:

https://www.calabriapost.net/politica/l-osservatorio-disagio-abitativo-sull-emergenza-rifiuti-nell-area-della-ex-polveriera-di-ciccarello?fbclid=IwAR2tHUVKIK21DYBuoXE8Us0fiNUzgR5ppc2bH-5lRnd4Byo4SVwfVnOsvWY#.XWkFtfpyqIs.facebook

PROTESTA A REGGIO CALABRIA PER IL DIRITTO ALL’ABITARE

  1. Oggi a Reggio c’è stata l’ennesima protesta al Comune per chiedere l’assegnazione degli alloggi popolari. Il sit-in è stato come sempre organizzato dalle Associazioni “Un mondo di mondi”, Reggio Non Tace, il Csoa Angelina Cartella, la Società dei Territorialisti/e Onlus, la Collettiva Autonomia, il Centro Sociale Nuvola Rossa, il Comitato Solidarietà Migranti, l’Osservatorio sul disagio abitativo, il quale riunisce questa rete di associazioni). Come si legge nel comunicato stampa, distribuito in volantini durante il sit-in, continua ad essere negato il diritto delle famiglie a basso reddito. Negli ultimi due anni sono stati ottenuti dei risultati preliminari (delibera di Consiglio Comunale 10 febbraio 2017, verifiche della società Hermes, regolamento articolo 31) che non sono stati ancora applicati. Le associazioni sono scese ancora una volta in piazza per chiedere, innanzitutto, di effettuare le decadenze ed il recupero degli alloggi per portare a termine le verifiche che, da mesi, sono state completate dalla società  di servizi Hermes. Ciò, secondo legge e la delibera di Consiglio Comunale del 10 febbraio 2017, permetterebbe al Comune di riprendere decine di alloggi e assegnarli alle famiglie che ne hanno diritto. Le associazioni chiedono anche l’assegnazione degli alloggi confiscati alla ‘ndrangheta alle famiglie in disagio abitativo oltre che alle famiglie dell’ ex  Polveriera. Il dato che preoccupa di più i cittadini bisognosi degli alloggi è il blocco della graduatoria per i vincitori del bando del 2005. La mancanza di una casa rende difficile la vita quotidiana di questi cittadini e vanifica ogni altro diritto. Non sono mancati perciò  i toni esasperati dei cittadini durante l’incontro con il delegato comunale per il patrimonio edilizio Giovanni Minniti. Questi ha tentato di rassicurare cittadini e associazioni facendosi carico di contattare la Hermes, attraverso un’istanza di sollecito. Tali parole non hanno però convinto i partecipanti al sit-in, i quali da troppo tempo si sentono fare sempre le stesse rassicurazioni.

D. Q.

Qui di seguito le foto da me scattate durante la protesta.

 

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Reggio Calabria, nasce l’Osservatorio sul disagio abitativo

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Nasce l’Osservatorio sul disagio abitativo

Venerdì 12 maggio, al Nuvola Rossa di Villa San Giovanni, si è tenuta una pubblica assemblea sul tema del disagio abitativo nella città metropolitana di Reggio Calabria, promossa dalla stessa realtà autogestita villese, insieme al Co.S.Mi. (Comitato Solidarietà Migranti), al c.s.o.a. Angelina Cartella, all’associazione Un Mondo di Mondi e alla Società dei Territorialisti.
I promotori dell’iniziativa, partendo da punti di vista e ambiti di intervento a volte diversi, convergono tutti verso la stessa idea: in Italia – e soprattutto in Calabria – non dovrebbe esistere alcun disagio abitativo, né bisogno di case.
I dati esistenti lo confermano pienamente: ci sarebbero case per tutti ed anche di più!
Dal censimento Istat 2011 e successivi datascape (es. ricerche “Riutilizziamo l’Italia” e “L’Italia del riciclo”) si rilevano “oltre otto milioni di case ed appartamenti sottoutilizzati”, circa un quarto dell’intero patrimonio abitativo italiano, di cui quasi cinque milioni effettivamente vuoti o inutilizzati. In Calabria il dato supera le 500 mila unità abitative, a fronte di una domanda, tra locali e immigrati, di “appena” 20 mila unità!
Al dato del “vuoto” poi andrebbe sommato quello del patrimonio ERP, in parte ancora nella disposizione di persone che, per vari motivi, hanno perso i requisiti necessari all’assegnazione: si stima che gli alloggi che si liberebbero dalle doverose verifiche, spesso inesistenti, già da soli coprirebbero la domanda locale di casa.
Appare evidente che tutto ciò, ai diversi livelli nazionale, regionale, locale, costituisce un enorme spreco economico ed ambientale, che accentua i termini del degrado territoriale, dovuto a consumo di suolo, cementificazione irrazionale, dissesti, inquinamenti e abbandono.
Uno spreco inaccettabile che ha indotto le realtà promotrici dell’assemblea pubblica ad avviare un nuovo percorso, ambizioso ma necessario per rompere quel meccanismo odioso che al bisogno di abitazioni degne risponde con la costruzione di nuove case: risposta facile, ma poco intelligente, per le amministrazioni poco attente al problema, risposta conveniente per speculatori e palazzinari.
Per questo percorso, aperto a chiunque voglia collaborare e portare il proprio contributo, si sono già individuate delle direttrici di lavoro. Un primo obiettivo è approfondire l’indagine sul patrimonio abitativo, per aggiornare e contestualizzare continuamente i dati, aspirando a realizzare un vero e proprio censimento delle strutture abitative immediatamente accessibili.
Accanto ad una necessaria analisi del vuoto, però, è fondamentale spronare gli enti competenti ad una maggiore efficacia ed efficienza nella gestione del proprio patrimonio (che rischia una totale dequalificazione), e alla ratifica di protocolli per un uso sociale del patrimonio privato; è evidente non solo che l’attuale linea governativa consista nella repressione di ogni disagio, in nome del “decoro” e della “sicurezza”, ma che le stesse leggi vigenti in materia facciano riferimento ad una concezione vecchia e anacronistica del diritto all’abitare, legata solo alla “casa” fisica, mentre una visione moderna del diritto all’alloggio adeguato, così come definito dalla stessa ONU, è molto più complessa e contempla anche e soprattutto il contesto sociale in cui la casa insiste, nonché le trasformazioni dei nuclei familiari al suo interno.
In base a questo “nuovo” concetto di diritto all’abitare, non solo il ghetto di Arghillà – ad esempio – non dovrebbe esistere, ma non troverebbero terreno fertile neanche progetti come quello comunale sull’ex-Polveriera, che vede ancora la realizzazione di nuove case dove concentrare e ghettizzare il disagio.
«Ammassare le povertà è l’errore più grande che si possa fare. Raccogliendo tutte le disperazioni in un unico posto, si creano delle zone franche in cui il più forte detta legge» diceva qualche giorno fa all’auditorium Calipari don Maurizio Patriciello, parroco di Caivano, tra i principali centri della cosiddetta Terra dei fuochi. Eppure è un errore che chi amministra continua a ripetere, senza scusante alcuna.

Co.S.Mi. (Comitato Solidarietà Migranti) – c.s.c. Nuvola Rossa – c.s.o.a. Angelina Cartella – Associazione Un Mondo di Mondi – Società dei Territorialisti

 

Fonte:

https://www.facebook.com/permalink.php?story_fbid=1510587632325727&id=1510568985660925

Per il PD di Renzi la “serenità” è una testa spaccata

Mercoledì 12 Ottobre 2016 09:26

testaspaccatademariaNel PD di Renzi ad essere consigliati di “stare sereni” c’è minimo da guardarsi le spalle con tre occhi, dato che un simile augurio prelude ad accoltellamenti alle spalle e colpi sporchi e bassamente sleali – che spesso si risolvono ai danni degli stessi colleghi di partito, in una primordiale faida di potere.

Così non deve sorprendere che nella giornata di ieri, nel corso delle violente operazioni di sgombero del Condominio Sociale Occupato di via Mario de Maria a Bologna, piccoli cloni renziani come la neo-assessora alla casa Virginia Gieri parlino, dopo aver dichiarato di “non conoscere la strategia di operazione della polizia”, di occupanti “usciti serenamente”.

Non solo la mattinata bolognese è stata costellata da minacce e intimidazioni da parte della celere ai cronisti, fisicamente impossibilitati a documentare gli eventi da vicino (anche se non è mancato chi ha sgomitato fino all’ultimo per accaparrarsi l’osso rancido mollato dal banchetto della questura: “sembra di vedere bambini usati come scudi umani…”); non solo l’estrema resistenza degli occupanti ed il corteo selvaggio dei solidali hanno comunicato un’atmosfera nel quartiere Bolognina non esattamente da Mulino Bianco; ma c’è chi effettivamente è rimasto intossicato dai gas al peperoncino, raggiunto dagli agenti dopo l’abbattimento da parte di questi di un muro interno (in un edificio il cui sgombero è stato caldeggiato da taluni media per presunti dissesti strutturali) e finito in ospedale, con la testa aperta. Non è mancato il tentativo da parte degli agenti di insabbiare i propri misfatti sequestrando i telefoni cellulari degli occupanti e cancellando foto e video che li inchiodavano.

murodemariaLa realtà viene così ad essere contraddetta in modo assolutamente plateale e grottesco: una costante istituzionale degli ultimi tempi laddove nella vicina Piacenza, davanti all’uccisione dello scioperante Abdesselem, la locale procura si era sprecata a dichiarare che al momento della tragedia “non fosse in corso nessun picchetto”. Oppure che a Roma, durante la sua custodia nelle mani dello Stato, il povero Stefano Cucchi sia morto di “epilessia”.

Non possiamo a questo punto che augurare a nostra volta tanta serenità al PD nei mesi a venire; ed un grande NO sociale, dal basso e da più parti, che dia finalmente la sveglia a questo disastrato paese.

 

 

Fonte:

http://www.infoaut.org/index.php/blog/varie/item/17712-per-il-pd-di-renzi-la-serenit%C3%A0-%C3%A8-una-testa-spaccata

Messina – Emergenza casa

Messina.Lavoro e diritto alla casa. Alle porte una serie di sfratti

L’emergenza casa corre. E non aspetta

SGB: storie di perdita di lavoro e casa che non possono diventare ordinarie

364 sfratti per morosità incolpevole nel 2014” Questi i dati, per altro incompleti, relativi solo alla provincia di Messina, diffusi dalla federazione provinciale di SGB Sindacato Generale di Base.

E francamente negli ultimi 2 anni non abbiamo riscontrato soluzioni politiche che facciano sperare in una diminuzione dei numeri .

Anzi, la situazione diventa sempre più allarmante per molte famiglie: si perde il lavoro, arriva la disoccupazione, niente reddito, non si riesce più a pagare l’affitto, arrivano lo sfratto e l’ufficiale giudiziario, il baratro per famiglie intere.

Numeri da vera e propria emergenza sociale anche nel nostro territorio, conseguenza di un attacco senza precedenti al Welfare nazionale, al diritto al lavoro, al diritto all’abitazione, dei tagli dei fondi per l’edilizia agevolata e per le case popolari.

Storie ormai sempre più ordinarie, che passano dal nostro sportello casa

Ve ne raccontiamo alcune…

C’è Stello, i nomi sono di fantasia, le situazioni purtroppo no, 50 anni, disoccupato, 5 figli di cui 2 minori, ogni tanto qualche lavoro saltuario in nero che gli permette di portare almeno il pane a tavola. Qualche anno fa la perdita del lavoro, non riescono più a pagare l’affitto ed ecco lo sfratto. Adesso esecutivo. Hanno fatto richiesta in deroga per una casa d’emergenza, hanno aderito al bando per la morosità incolpevole, nessuna risposta”.

Valeria, ex rappresentante commerciale. Arrivano la crisi e la fine del lavoro. Ed adesso lo sfratto. Esecutivo: per lei, il marito, il bimbo di 18 mesi e l’altro, maschietto o femminuccia, in arrivo. Ed ora? Anche qui tanta energia, ottimismo, speranza per il futuro e la solita trafila di domande senza risposta”.

Ed ancora, “la famiglia di Cettina, marito dializzato con pensione minima, moglie disoccupata, 3 figli a carico, di cui 2 minorenni, anche loro sfratto esecutivo forzato; la famiglia di Rosa, composta da madre disoccupata e figlio di 22 anni disabile con una pensione d’invalidità minima: da un anno vivono in un cantinato, costretti a far fronte anche alle minacce del padrone di casa”.

E la famiglia di Vittoria, entrambi i genitori invalidi, un figlio di 21 anni disoccupato e uno di 18 che studia. Tutti con un’unica piccola pensione d’invalidità e, ovviamente, lo sfratto esecutivo in corso”.

“Poi c’è Francesco che ha perso la casa in un incendio, disoccupato, e adesso ospite da un amico”.

C’è anche Giovanni, da anni malato di sclerosi multipla, anche lui ha perso il lavoro e adesso è anche sfrattato “.

“Ludovica, separata, tre figli a carico ed in più anche il fratello invalido che vive con lei, per adesso ospiti da un’amica.

Punte di un iceberg di un’emergenza che non può diventare ordinaria  

Questo il quadro, storie di grande dignità, forza ed ottimismo. Ma col baratro davanti. C’è bisogno di risposte immediate, purtroppo i tempi burocratici delle istituzioni non coincidono con i bisogni concreti .

L’emergenza corre e non aspetta !

Federazione Provinciale

Sindacato Generale di Base Messina

Fonte:

NEI GIORNI DELLA MISERICORDIA I BIMBI ANNEGATI NON FANNO PIU’ NOTIZIA

Nella notte di ieri in un naufragio sulle coste turche sono morti sei bambini tra cui un neonato. E’ stato trovato anche il cadavere di un’altra bimba di cinque anni annegata in un altro naufragio di qualche giorno fa, identificata come Sajida Ali. L’immagine diffusa dai media locali richiama alla mente quella di Aylan Kurdi, anche lui bimbo profugo annegato su una spiaggia turca tre mesi fa. Se ne parlò tanto allora, scattò l’indignazione generale sul web come va di moda adesso, quando succedono tragedie che, per qualche giorno, scuotono coscienze da troppo tempo sopite. E che troppo presto tornano a dormire. Si scatenarono polemiche chiedendosi se fosse giusto o no diffondere l’immagine di quel corpicino esanime. Dibattiti su dibattiti, commenti su commenti com’ è normale che sia per la libertà d’opinione e informazione, ancor di più nell’era digitale. Solo che poi l’indignazione va dove porta il vento, si sposta su nuove “emergenze” e paure di volta in volta indotte. C’è il terrorismo di cui preoccuparsi adesso. La “sicurezza” è la sola cosa che conta, di cui si può parlare  e su cui si deve investire. Ma non è che non abbiamo altri valori e interessi oltre a questo. No, a modo nostro c’è ne abbiamo e le guide non ci mancano: ci sono i grandi della terra che si riuniscono a Parigi (divenuta simbolo della lotta al terrorismo, che ci ha fatto diventare tutti francesi, fino all’ascesa del Fronte Nazionale di Marine Le Pen, ma questo è un altro discorso) per una conferenza sul clima e, soprattutto, c’è un papa che ama tanto la misericordia da decidere un giubileo straordinario. Proprio oggi papa Bergoglio ha inaugurato quest’anno santo nel bel mezzo del delirio securitario, che schiera truppe di uomini armati a difendere la città eterna da eventuali attacchi di terrorismo.
Ma cos’è la misericordia se non (come dice la parola stessa) aprire il proprio cuore a chi è misero? La nostra smania dei grandi eventi di portata mediatica dirige tutta la nostra attenzione all’apertura della Porta Santa. Siamo ormai capaci solo di guardare quello che ci inducono a guardare, di sentire (non ascoltare, che questo presuppone una profondità d’animo sempre più rara) quello che ci vogliono far sentire e di parlare. Amiamo ormai nella stragrande maggiornaza dei casi solo a  parole. Staremo un anno a parlare di misericordia senza sapere di cosa stiamo parlando.

Fortunatamente c’è ancora chi non si livella, chi resiste,come i No Tav in una valle stuprata da un’idea di progresso che (a dispetto delle conferenze sul clima) se ne sbatte della natura o come i movimenti per il diritto all’abitare che inaugurano il loro “giubileo dei poveri” con due occupazioni di stabili del Vaticano  (eppure in tempi di presepi dovremmo ricordarci che Gesù è nato in una stalla occupata e che le prime persone a averci insegnato che abitare è un diritto sono state proprio la Sacra Famiglia). Ma il resto del mondo è occupato a preoccuparsi ora del terrorismo, della sicurezza, dell’evento Giubileo e del Natale vicino. E’ così la piccola Sajida Ali e gli altri sei bimbi annegati non fanno notizia. Nessun Je suis per loro, nessuna lacrima, nessuna indignazione e nessun dibattito sul web o in Tv.
Buon anno santo, dunque, e amen.

 

D. Q.

 

Qui gli articoli sui naufragi tratti dal sito dell’Ansa:

Migranti, la strage senza fine degli innocenti

Le drammatica immagine del corpo di una bimba sulla spiaggia di Pirlanta, ricorda quella del piccolo Aylan

 – Il corpo di una bimba siriana di 5 anni è stato ritrovato sulla spiaggia di Pirlanta a Cesme, nella provincia turca di Smirne sul mar Egeo. La piccola, identificata come Sajida Ali, sarebbe annegata in un naufragio di alcuni giorni fa.

La drammatica immagine del corpo della bimba sulla spiaggia, diffusa dai media locali, ricorda quella del ritrovamento del piccolo Aylan Kurdi, il bambino curdo-siriano di 3 anni annegato a inizio settembre con la madre e il fratellino di 5 anni. La scorsa notte in un naufragio sempre al largo di Cesme sono annegati altri 6 bambini.

– Sono tutti bambini, tra cui un neonato, i 6 morti nel naufragio avvenuto intorno alle 2:30 della scorsa notte di un gommone di profughi afghani al largo di Cesme, nella provincia di Smirne, sulla costa egea della Turchia. Lo sostiene l’agenzia di stampa statale Anadolu. La Guardia costiera di Ankara ha salvato altre 8 persone.

 

RIPRODUZIONE RISERVATA © Copyright ANSA
Fonte:

Naufragio in Turchia, 6 bambini morti. Tra le vittime anche un neonato

Altre otto persone salvate da Guardia costiera, proseguono ricerche in mare

Almeno sei bambini sono annegati la scorsa notte nel naufragio di un barcone di migranti al largo di Cesme, nella provincia di Smirne, sulla costa egea della Turchia. Lo riportano media locali, secondo cui la Guardia costiera di Ankara ha tratto in salvo 8 persone. Proseguono le ricerche di altri possibili dispersi.  Tra le vittime anche un neonato. Lo sostiene l’agenzia di stampa statale Anadolu. La Guardia costiera di Ankara ha salvato altre otto persone.

Il corpo di una bimba siriana di 5 anni è stato ritrovato sulla spiaggia di Pirlanta a Cesme. La piccola, identificata come Sajida Ali, sarebbe annegata in un naufragio di alcuni giorni fa.

 

RIPRODUZIONE RISERVATA © Copyright ANSA

Fonte:

Roma, movimenti per la casa: “Occupate due palazzine del Vaticano a Prenestina: è il nostro Giubileo”

Roma, movimenti per la casa: "Occupate due palazzine del Vaticano a Prenestina: è il nostro Giubileo"

Fonte:

2 SETTEMBRE: PRESIDIO AL TRIBUNALE DI MESSINA IN SOLIDARIETA’ CON UNA COMPAGNA E UN COMPAGNO ARRESTATI

Martedì 1 settembre 2015

Dopo i vergognosi arresti di ieri, i centri sociali messinesi si mobilitano. Inoltriamo il comunicato dei compagni del Pinelli

Sui fatti di ieri, sulla repressione e sull’urgenza di aprire nuovi spazi di libertà

La sequenza dei fatti accaduti ieri e l’arresto di due compagni, attualmente ai domiciliari, mostrano con chiarezza quale sia il quadro securitario dentro cui ci muoviamo. Al massimo controllo sui deboli (migranti, sfrattati, disoccupati,”pazzi”) e su chiunque si opponga allo stato di cose presenti, corrisponde la totale deregolamentazione per imprese, lobby e speculatori.

Con la questione del decoro urbano, in questa vicenda, si vorrebbe celare un’incapacità di fondo ad affrontare questioni sostanziali come ad esempio il problema abitativo, quello degli abusi psichiatrici e più in generale quello di un’opposizione sociale sempre più slegata dai dispositivi istituzionali.

Al netto delle falsità raccontate sulla dinamica dei fatti, le misure sproporzionate adottate verso chi partecipava ad un presidio contro la criminalizzazione della miseria e del disagio, sono chiaramente un atto di repressione nei confronti di militanti impegnati in un percorso di mobilitazione contro una “governance autoritaria” non certo confinata nella città dello stretto.

Le paranoie di un consigliere comunale, nostalgico del ventennio, ingastrito alla vista di una tenda, diventano scenario di criminalizzazione e repressione di tutte le forme di dissenso e di conflittualità eccedenti lo spazio – sempre più asfittico e sclerotico – del discorso politico dominante. Non a caso la compagna arrestata è anche una militante del Movimento NOMUOS.

Complici e solidali con Irene e Sergio ne pretendiamo la immediata liberazione.

Per questo chiediamo a tutte e tutti di essere al Tribunale Mercoledì 2 settembre alle 9, per dire ancora una volta che rifiutiamo una organizzazione della società che produce solo povertà, paure e solitudini.

TEATRO PINELLI

Qui le circostanze degli arresti di ieri

Leggi anche

 

 

Fonte:

http://www.officinarebelde.org/spip.php?article1119

 

Qui l’evento su Facebook:

https://www.facebook.com/events/118460885171475/

 

Cosa succede quando la polizia interviene per sgomberare un’occupazione abitativa?

Dal blog di Cristiano Armati:

Cosa succede quando la polizia interviene per sgomberare un’occupazione abitativa?

Cosa succede quando la polizia interviene per sgomberare un’occupazione abitativa?

Qualcuno ha iniziato a parlare di riot porn per descrivere l’attrazione del “pubblico” nei confronti delle immagini dedicate agli scontri di piazza e ai tafferugli con le forze dell’ordine. Le cariche indiscriminate, le manganellate a persone inermi, le istantanee di poliziotti che calpestano o schiaffeggiano i fermati credendo, magari, di non essere visti, in realtà si sprecano e sono abbondantemente disponibili in rete e altrove, insieme alle riprese, molto più rare, di reparti costretti alla ritarata grazie a una controcarica o a un fitto lancio di oggetti.

Merito dell’imperante economia dei click: una caratteristica dell’informazione ai tempi di Internet, capace di attirare i giornalisti sui luoghi del conflitto sociale come le mosce sul miele. Perché in fondo la fotografia di una testa spaccata o l’istantanea di manifestanti presi a calci è una delle poche cose che, sulla colonna destra dei quotidiani on-line, riesce a reggere il confronto con le gallery dedicate ai gattini o alle donne nude. E anche perché, sovraesponendolo, il dolore finisce per decontestualizzarsi: il manifestante colpito dal lacrimogeno, i cadaveri di decine di migranti stipati in un camion, il gol in rovesciata di un campione dello sport, il lato B di una famosa attrice di Hollywood, l’arte di impiattare i dessert sono soltanto tessere di un palinsesto e, in questo schema, rispondono alla necessità di andare incontro agli sfaccettati gusti degli spettatori, non certo alla reale esigenza di riflettere su ciò che accade e su perché accade.

Per questa ragione, dopo lo sgombero di un’occupazione abitativa, a scomparire non sono le immagini dell’eventuale resistenza offerta dalle famiglie buttate in mezzo alla strada. Nei corpi scomposti di chi oppone resistenza a un nemico tanto più forte, numeroso e meglio armato come quello rappresentato da interi battaglioni di polizia, infatti, si cerca di cristallizzare ciò che, grazie all’esposizione, palesa una sconfitta presentata come inevitabile. Piuttosto, dopo lo sgombero di un’occupazione abitativa, a scomparire sono le immagini che parlano di ciò che fanno le forze dell’ordine, lasciate sole con se stesse, degli averi degli occupanti e degli spazi che questi hanno faticosamente strappato al degrado, recuperandoli alle proprie umanissime esigenze.

Ebbene, lasciate sole con se stesse, negli spazzi appena sgomberati, per prima cosa le forze dell’ordine si accaniscono contro i bagni. È un grande classico, ma sulla scia di una psichiatria insondabile gli uomini in divisa sembrano godere nel distruggere gabinetti e docce, quasi a voler implicitamente affermare che la loro controparte – uomini, donne, bambini… – non può davvero avere utilizzato un water o una vasca da bagno. Accade perché, se pensasse di fare tutto ciò che fa a uomini, donne e bambini, il personale in divisa finirebbe per abbandonare in masse il proprio servizio, da qui il bisogno di presentare il “nemico”, cioè il comune cittadino, come una sorta di animale, operare su di lui un’operazione di despecificazione fisica e morale utile al suo annientamento. Per questa ragione, le tazze del cesso degli spazi occupati, trasudando umanità, vengono immediatamente spaccate e divelte: la polizia afferma con quel gesto ricorrente che tutto ciò che ha fatto non lo ha fatto contro esseri umani e, considerando come né le cose né gli animali hanno mai usato i bagni, quei bagni non esistono, non devono esistere, quindi vengono distrutti.

Immancabile, dopo la devastazione dei servizi igienici, segue il bisogno da parte della polizia di marcare il territorio conquistato. Tradizionalmente tutto questo avviene pisciando sui vestiti degli sconfitti e sui loro letti. Cacare sui materassi, da parte della polizia, è un simbolo di vittoria e una modalità tipica di festeggiamento.

Una volta avvenuto tutto questo si può procedere alla spartizione del bottino: televisioni, macchine fotografiche e videocamere i beni più ambiti. Ma anche un bel paio di scarpe sparisce spesso e volentieri: avete mai visto degli animali girare provvisti di calzature?

E soprattutto, da che mondo e mondo, il saccheggio è il primo diritto concesso dalle stesse gerarchie di comando ai soldati dell’esercito invasore. Il tutto accade al di fuori e oltre ogni razionalità tecnica legata all’occupazione militare. Il furto è solo una piccola parte di ciò che accade in questi casi, considerando che lo stupro e la tortura vengono largamente praticati, segni indelebili della sopraffazione e punizione supplementare inflitta ai vinti.

Anche gli sgomberi delle occupazioni abitative parlano di guerra. In modo particolare parlano della guerra contro i poveri e della sopraffazione degli oppressori ai danni degli oppressi. E infatti immagini come quelle riprese dalla scena dello sgombero dello studentato occupato Degage non finiranno mai in una delle tante gallery dei quotidiani on-line. Perché mostrarle significherebbe ammettere l’odio brutale provato dalle forze dell’ordine nei confronti degli stessi cittadini che avrebbero il compito di tutelare (altro che “ripristino della legalità”!), riconoscendo in ultima istanza il corso – e l’aumento di intensità – di quella che è la nuova guerra civile italiana.

 

 

Fonte:

http://www.armati.info/cosa-succede-quando-la-polizia-interviene-per-sgomberare-unoccupazione-abitativa/

Tonino Micciché

Venerdì 17 Aprile 2015 07:21

17 aprile 1975, 19 di sera, quartiere operaio della periferia nord di Torino. Un gruppo di compagni e compagne del comitato di lotta

17 aprileper la casa di Falchera sta sistemando la sua nuova sede appena liberata. Tra loro c’è Tonino Micciché, 25 anni, emigrato siciliano, ex operaio Fiat licenziato per motivi politici. Un uomo col soprabito si avvicina al gruppo. Cammina tranquillo. Quando si trova a un metro da Tonino estrae una calibro 7.65, di quelle in dotazione alle guardie giurate, e spara. Dritto in fronte: Tonino muore all’istante.
Emigrare al nord per trovare lavoro significa rinunciare alla propria terra, alla vicinanza degli affetti, alla casa. Perché i grandi industriali del Piemonte si sono scordati, nei loro piani di produzione, di pensare che quelle migliaia di operai che risalgono la penisola, abbiano anche bisogno di un tetto sotto il quale passare le poche ore che separano un turno dal successivo. Così nascono le speculazioni. Il centro storico è pieno di soffitte in cui i letti vengono condivisi da tre o più persone, “che quando arrivi per coricarti devi svegliare il compagno che ti liberi il posto“. La risposta della Fiat all’emergenza abitativa sarebbe quella di sistemare le maestranze in vecchi stabilimenti della cintura torinese isolati dallle città, che vengono pubblicizzati come “ fiore all’occhiello, con tutti i comfort, con attorno giardini verdi, dove i buoni operai [potrebbero] rigenerarsi dalle fatiche della catena di montaggio e liberare il corpo e lo spirito al contatto con la natura“. Addirittura Cgil, Cisl e Uil si oppongono a quelli che definiscono “villaggi di concentrazione”.
Le case popolari esistono, e formano veri e propri ghetti fuori dalle “mura” della Torino bene. Sono stati fatti costruire interi quartieri dormitorio alla periferia estrema della città, e a Falchera e Mirafiori lo IACP (Istituto Autonomo Case Popolari) inizia ad edificare nuovi lotti per un totale di 20.000 abitanti. Le pratiche per l’assegnazione sono lente e sempre più famiglie si trovano strette nella morsa di affitti esorbitanti e alloggi fatiscenti.
Da queste premesse iniziano le occupazioni, che se nascono in modo molto spontaneo, non tardano a convergere in percorsi politici di appositi comitati di quartiere. A Falchera, quartiere costruito negli anni ’50 in barriera di milano, si assiste al fenomeno più ampio. Centinaia e centinaia di famiglie arrivano da tutta la città e si organizzano per occupare e amministrare le case non ancora assegnate. La risposta istituzionale non si fa attendere. Immediatamente lo IACP riprende a piena lena le assegnazioni degli alloggi, in modo da mettere assegnatari e occupanti gli uni contro gli altri. Dal canto loro i giornali iniziano subito a spendersi per dipingere il fenomeno come parte della tanto comoda “guerra tra poveri”.
Nel comitato di occupazione di Falchera, Tonino Micciché diventa presto una figura tra le più importanti: è lui che va a parlare con le istituzioni quando è necessario, ed è lui che spesso si prende la briga di assegnare gli alloggi alle nuove famiglie di occupanti. E’ lui che viene eletto dai suoi compagni “il sindaco di Falchera”. Il motivo del suo omicidio va ricercato nel clima di tensione che l’IACP ha tentato di creare tra occupanti e assegnatari. Nonostante la maggior parte degli assegnatari condivida con gli altri le esperienze di lotta e la militanza nei comitati, restano comunque alcuni, pochi, che dal loro status di “privilegati” vogliono trarre il massimo. Tra questi ultimi anche Paolo Fiocco, guardia giurata iscritta alla CISNAL, che si è preso un box auto in più oltre a quello già assegnatogli dall’Istituto. In quel box il comitato per la casa vorrebbe fare le sue riunioni, e non valendo a nulla le richieste di liberarlo fatte a Fiocco, decide di prenderselo quel 17 aprile 1975.

 

Fonte:

http://www.infoaut.org/index.php/blog/storia-di-classe/item/1173-17-aprile-1975-lomicidio-di-tonino-miccich%C3%A9