Egitto, si suicida l’attivista Sarah Hegazi: arrestata per una bandiera arcobaleno

Rifugiata in Canada dopo il carcere, non è riuscita a superare il trauma delle torture e degli abusi subiti.
ROMA – Non ce l’ha fatta Sarah Hegazi, rifugiata di origine egiziana che tre anni fa ha dovuto lasciare il suo Paese e trasferirsi in Canada dopo essere stata incarcerata per il fatto di essere lesbica. Dietro le sbarre la donna aveva denunciato violenze e torture, poi una volta fuori si erano aggiunte pressioni e stigma sociale. Due giorni fa la 30enne si e’ tolta la vita, e come riferisce il quotidiano ‘Egypt today’, prima di morire ha lasciato un biglietto con su scritto: “Ho cercato di sopravvivere, ma non ce l’ho fatta”.

La donna era un’attivista per i diritti umani e della comunita’ Lgbt. Le difficolta’ per lei avevano avuto inizio nel 2017, quando era stata arrestata con l’accusa di aver esposto una bandiera arcobaleno durante un concerto al Cairo. A incriminare lei e un suo amico, una foto che la ritraeva sorridente mentre sventolava il simbolo della comunita’ Lgbt. La procura del Cairo accuso’ entrambi di far parte di un movimento che intendeva diffondere l’ideologia omosessuale nel Paese.

In Egitto non esiste una legge che criminalizza esplicitamente gay, lesbiche, bisessuali e transessuali ma queste persone possono incorrere in denunce e arresti per aver tenuto “comportamenti immorali”, giudicati come “attacchi” alla cultura tradizionale.

In carcere, Hegazi ha raccontato di aver subito torture, anche dalle altre detenute, con accuse di violenze sessuali.
Nel 2018 l’attivista era stata rilasciata ma qualche tempo dopo aveva chiesto l’asilo politico in Canada, poiche’ temeva nuovi procedimenti penali e soprattutto stava ricevendo pressioni da parte della societa’ egiziana, prevalentemente conservatrice. In Canada, pero’, la donna sarebbe caduta in uno stato depressivo.

Qualche giorno prima di togliersi la vita, Hegazi ha pubblicato una foto su Instagram accompagnata dal commento: “Il cielo e’ meglio della terra, e io voglio il cielo, non la terra”.

“I segni e il ricordo della tortura non ti lasciano in pace neanche in esilio” ha dichiarato all’agenzia Dire Riccardo Noury, portavoce di Amnesty international Italia. Secondo Noury, questa e’ “un’altra storia che chiama in causa le autorita’ egiziane”.

 

Fonte:

https://www.dire.it/15-06-2020/473930-egitto-si-suicida-lattivista-sarah-hegazi-arrestata-per-una-bandiera-arcobaleno/?fbclid=IwAR3S1bdiulYBctLwJ0PF3_PYXgBvFF-gXxnY3a6_rENBl7sxct5WiGlUK4Q

17 maggio, giornata internazionale contro l’omolesbobitransfobia: la campagna di Arcigay Rete Donne Transfemminista

Dalla pagina Facebook di Arcigay Rete Donne Transfemminista:

Per celebrare il #17maggio abbiamo scelto storie d’odio per raccontare #omofobia#lesbofobia#transfobia#bifobia e #afobia esattamente nelle forme in cui le incontriamo, tutti i giorni, nella realtà. Le cinque storie sono tratte dalla cronaca degli ultimi 12 mesi, mostrano l’attitudine dell’odio a cambiare forma, sembianze, linguaggio, attori, occasioni. Ma sempre odio resta, anche quando chi lo pratica lo rivendica in nome di una fraintesa libertà, quasi fosse un diritto.

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https://www.facebook.com/retedonnetransfemminista/

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Elisa e la colpa di essere donna (e lesbica)

Ci colpisce tutte e tutti l’ennesimo caso di femminicidio ai danni della giovane Elisa Pomarelli, la ragazza piacentina uccisa da quello che credeva un amico (http://www.ansa.it/emiliaromagna/notizie/2019/09/07/scomparsi-piacenza-catturato-sebastiani_0d3acac5-5037-407f-b83c-548e1806f8fd.html).

Colpisce noi donne in quanto donne, non solo per i numeri elevati dei casi di violenza ma per la stessa discriminazione di genere perpetuata in tutti i campi, persino quello dell’autodeterminazione personale. Ogni volta che una donna è uccisa da un uomo si parla di raptus, di gelosia, di amore non corrisposto, quasi a voler giustificare in qualche modo l’assassino. Come se, in una società ancora troppo patriarcale, noi donne dovessimo essere in qualche maniera sottomesse agli uomini in tutte le nostre scelte: che lavoro fare, come vestirci, se e quando avere figli, perfino chi e come amare. Se pensiamo questo capiamo il senso del termine femminicidio.

Colpisce – questa vicenda – la comunità lgbt+: un’amica di Elisa e del suo assassino, Massimo Sebastiani, ha raccontato che Elisa amava le donne e lo aveva detto  all’amico ossessionato da lei (https://www.lagazzettadilucca.it/rubriche/2019/09/lamica-di-elisa-pomarelli-e-massimo-sebastiani-rivela-elisa-amava-le-donne/). Data l’ossessione di Sebastiani,  Elisa sarebbe stata uccisa anche se fosse stata eterosessuale; tuttavia il fatto che lui, pur sapendo dell’orientamento sessuale di lei, non abbia desistito dai suoi desideri  malati denota una componente lesbofobica in questo femminicidio. Sebastiani non poteva accettare non solo che Elisa non lo corrispondesse ma anche che non fosse attratta dagli uomini; etero o omo lui la voleva per sé e basta, incurante dei sentimenti di lei.

Colpisce – questa e simili vicende – tutti gli uomini che rispettano le donne e tutte le persone di buon senso che, giustamente, anche di fronte al cattivo gusto – per usare un eufemismo –    di come certa stampa ha raccontato questa tragica storia, (http://www.gaypost.it/elisa-gigante-buono-il-giornale-titolo-vergogna?fbclid=IwAR0N3KD1mTa3V4h54HYAwTtOnJ18bhOqkdvJSfp8lYa534TdUjKc4rpeWLw) si sono indignate/i.

A tutte le Elise, uccise da un uomo solo per aver cercato di essere se stesse, va il mio pensiero.

 

D. Q.

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Argentina, libertà e assoluzione per Higui

ARGENTINA #LibertadYAbsolucionParaHigui
Oggi, 17 maggio, Giornata Nazionale di mobilitazione per la libertà immediata e per l’assoluzione di Eva Analia de Jesus, detta Higui,ingiustamente detenuta da sette mesi per essersi difesa dall’ attacco di una banda di dieci uomini che volevano infliggerle uno stupro correttivo perchè lesbica.

Aveva con sè un coltello, perchè minacciata più volte in altre occasioni e, mentre era a terra con dieci uomini che la picchiavano e la minacciavano di stupro, non ha esitato ad autodifendersi, ferendo a morte uno degli assalitori. Quando è arrivata la polizia Higui era ancora lì, sanguinante, ferita e con gli abiti strappati. Si è ritrovata in una cella, dove è agli arresti dall’ottobre 2016, accusata di omicidio. I suoi assalitori sono tutti a piede libero. Questa in breve la vicenda drammatica che sta mobilitando nel Paese numerose organizzazioni e associazioni femministe perchè Higui venga rilasciata e assolta per legittima difesa. A tutt’ oggi non è ancora stata definita la data del processo, sono stati negati gli arresti domiciliari e tutto il fascicolo che riguarda Higui è pieno di gravi irregolarità. Per tutte queste ragioni è stata indetta per oggi, giornata globale di lotta contro l’omolesbotransfobia, una mobilitazione nazionale per la libertà immediata di Higui.

In questi mesi la mobilitazione militante ha prodotto diversi video che raccontano la vicenda e la vita di Higui. La sua famiglia è molto attiva nell’ organizzare la mobilitazione per liberarla. Qui di seguito i link di video, articoli e la traduzione del comunicato del Coordinamento per la Libertà e l’Assoluzione di Higui postato dal collettivo Cagne Sciolte di Roma.
http://agenciapresentes.org/…/negaron-excarcelacion-a-higu…/
https://vimeo.com/216850987
https://www.facebook.com/notes/cagne-sciolte/siamo-tutt-per-limmediata-liberazione-e-assoluzione-per-higui/1552050808152903/

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