Expo 2015 e le diverse forme di violenza

Voglio scrivere una mia personale riflessione su quello che è accaduto e sta accadendo in questi giorni per l’Expo 2015. A me fa schifo l’Expo, sono sempre stata contraria e mi fa schifo anche quello che è successo il primo maggio a Milano, non tanto perchè mi preoccupi la conta dei danni, ma perchè quelli che hanno spaccato e bruciato alla cazzo per l’ennesima volta, non c’entrano nulla con la politica. E’ solo gente che non ha niente di meglio da fare. E così rovinano tutto il lavoro dei movimenti No Expo che da tempo si davano da fare per cercare di far capire le ragioni del perchè non si può pensare di nutrire il pianeta con la merda delle multinazionali – come McDonald’s e Coca Cola, solo per fare qualche esempio – nè con lo sfruttamento gratis nascosto sotto il termine “volontariato” nè con l’inquinamento causato dalla Via d’Acqua  nè con le politiche di occupazione, permettendo la partecipazione di paesi come Israele. Io sono dell’idea che le proteste per essere efficaci e sensate dovrebbero essere fatte con intelligenza, non bruciando alla cazzo, ma facendo casino in altro modo, con modi che facessero sentire la propria voce, portando per strada veri lavoratori, con l’arte, con la musica, con gli slogan, con strumenti musicali, con strumenti qualsiasi, mostrando facce pulite contro l’ipocrisia dei potenti. E questo in qualche modo è stato fatto durante il corteo dai movimenti No Expo. Ma, sì sa, i media preferiscono dare spazio alle immagini di violenza e questo fa sì che episodi simili coprano la vera faccia dei movimenti. Io penso che se  poi proprio si volessero fare delle azioni dimostrative avrebbe più senso farle invece che contro vetrine e macchine a caso, contro le sedi delle istituzioni per esempio. Ma credo pure che queste siano cose che lascerebbero il tempo che trovano e che l’invito al boicotaggio e a seguire percorsi alternativi, su modelli di produzione sostenibili, resterebbe, nel lungo periodo, la forma migliore per un  progetto politico dal basso.
Detto questo,  mi preme ora evidenziare quelle che per me sono diverse forme di violenza. Credo non ci sia solo la violenza dei black block. C’è la violenza dei media che sbattono sulle pagine di tutti i giornali foto e un’intervista fatta chissà come di un vecchio compagno anarchico, Lello Valitutti, presente in questura durante l’omicidio di Pinelli. Un compagno che nonostante l’età e la disabilità da una grande testimonianza essendo presente alle più importanti mobilitazioni e che si è visto prima picchiato e minacciato di morte da parte della polizia – come lui stesso riferisce – e poi etichettato dai giornali come il black block in carrozzina. C’è la violenza di una legge fascista da codice Rocco, come quella del reato di devastazione e saccheggio per cui sono previste pene fino a 15 anni di carcere, che gli arrestati di questi giorni (ammesso siano colpevoli) adesso rischieranno. Si ripete così lo stesso copione degli arresti per il g8 2001.
C’è, inoltre, una violenza ancora più taciuta: quella della morte di un giovane ragazzo di soli 21 anni di origine albanese, Klodian Elezi. Klodian lavorava al cantiere della Teem, la tangenziale est esterna milanese, una delle tre opere infrastrutturali di Expo. A poche settimane dall’apertura dell’Esposizione Universale, Klodian è morto cadendo da più di dieci metri d’altezza mentre smontava un ponteggio. Secondo diverse testimonianze, l’azienda per cui lavorava, la Iron Master, non avrebbe fornito né imbracatura né casco di sicurezza.
Per un evento mondiale, che pretende di nutrire il pianeta attraverso lo sfruttamento di giovani al servizio di multinazionali, un ragazzo è morto per mancanza di sicurezza sul lavoro. Ma nessuno ha tempo per pensarci. C’è una città da ripulire e un grande evento da portare avanti, anche se i padiglioni sono fatiscenti e cadono a pezzi, come le illusioni che nascondono.

D. Q.

 

elezi-klodian

(Fonte immagine: http://www.giuliocavalli.net/2015/05/01/buon-primo-maggio-klodian-morto-po-dexpo/