Appello per una mobilitazione nazionale a Roma il 24 Settembre a sostegno del popolo curdo e della rivoluzione democratica in Rojava, per la liberazione di Ocalan

Appello per una mobilitazione nazionale a Roma il 24 Settembre a sostegno del popolo curdo e della rivoluzione democratica in Rojava, per la liberazione di Ocalan

Da oltre un anno nelle zone curde della Turchia è in corso una sporca guerra contro la popolazione civile. Dopo il successo elettorale del Partito Democratico dei Popoli (HDP), che ha bloccato il progetto presidenzialista di Erdogan, il governo turco intraprende un nuovo percorso di guerra ponendo termine al processo di pace per una soluzione duratura della irrisolta questione curda. Intere città – Diyarbakir, Cizre, Nusaybin, Sirnak, Yuksekova, Silvan, Silopi, Hakkari, Lice – vengono sottoposte a pesanti coprifuochi e allo stato di emergenza, con migliaia tra morti, feriti, arrestati e deportati.

Dopo il fallito “tentativo di golpe” del 15 Luglio, attribuito ai seguaci di Gülen, Erdogan dà il via al terrore che sta eliminando qualsiasi parvenza di democrazia, con il repulisti di accademici, insegnanti, giornalisti, magistrati, militari, medici, amministratori, impiegati statali, invisi al regime: 90.000 tra licenziamenti e rimozioni, 30.000 arresti; chiusura di giornali, stazioni radio-televisive, centri di cultura e sedi di partito.

Inoltre vi è la forte preoccupazione per le condizioni di sicurezza e di salute del leader del popolo curdo Abdullah Öcalan, di cui non si hanno più notizie certe: dal 5 aprile 2015 Öcalan è segregato in isolamento, gli vengono negati il diritto a comunicare e a incontrare i familiari e gli avvocati in spregio e alle convenzioni e ai diritti internazionali. Abdullah Öcalan, legittimo rappresentante del popolo curdo, è indispensabile alla risoluzione della questione curda nell’ambito della democratizzazione della Turchia e del Medio Oriente, così come tracciato nel disegno del Confederalismo Democratico.

Il 24 agosto 2016 l’esercito turco ha invaso la città di Jarablus con il pretesto di combattere il terrorismo e lo Stato Islamico (IS) che ha consegnato la città all’esercito turco e alle organizzazioni jihadiste a loro fianco, come Jabhat Fatah al-Sham e a gruppi come Ahrar El-Sham, senza colpo ferire. Gli attacchi dell’esercito turco non sono diretti contro ISIS ma contro le Forze Democratiche Siriane (SDF), esclusivamente ai danni dell’insorgenza liberatrice curda nei territori del Rojava.

È un dato di fatto che gli Stati Uniti e l’Europa non solo hanno chiuso un occhio su questi attacchi, ma stanno fornendo il sostegno allo Stato turco che con la complicità dell’UE continua a usare i profughi come arma di ricatto. L’invasione turca del nord della Siria aumenta il caos esistente nella regione inferocendo la guerra civile, creando nuovi rifugiati e nuovi disastri umanitari.

TUTTO QUESTO DEVE FINIRE! RIFIUTANDO IL VERGOGNOSO ACCORDO UE-TURCHIA, CHE LEDE I DIRITTI UMANI DEI PROFUGHI E FINANZIA LA GUERRA SPORCA CONTRO IL POPOLO CURDO.

Il popolo curdo insieme agli altri gruppi etnici, religiosi e culturali ha costituito una Confederazione Democratica nel nord della Siria, il Rojava, dove coesistono pacificamente e nel rispetto reciproco popoli e fedi religiose diverse tra loro: assiri, siriani, armeni, arabi, turcomanni. Questa Confederazione rappresenta una prospettiva ed un valido esempio per una Siria democratica; per questo è necessario sostenere questa esperienza di rivoluzione sociale di cui sono state protagoniste in primo luogo le donne.

Ora questa decisiva esperienza democratica per le sorti di un altro Medio Oriente rischia di essere cancellata dall’invasione turca. E’ dunque urgente la mobilitazione internazionale a fianco del Rojava e della resistenza del popolo curdo.

Rispondendo all’appello internazionale sottoscritto da intellettuali, scrittori, artisti, politici e difensori dei diritti umani, invitiamo tutti e tutte coloro che in questi anni hanno sostenuto la lotta di liberazione del popolo curdo e la rivoluzione democratica, A SCENDERE IN PIAZZA IL 24 SETTEMBRE A ROMA

* Per fermare l’invasione turca del Rojava; contro la sporca guerra della Turchia al popolo curdo e sulla pelle dei profughi e rifugiati
* Contro la repressione della società civile, del movimento curdo e di tutte le forze democratiche in Turchia
* Contro la barbarie dell’Isis per l’universalismo dei valori umani;
* Per il Confederalismo Democratico
* Per bloccare il supporto delle potenze internazionali e locali, in particolare USA e UE alla Turchia e mettere fine al vergognoso accordo sui profughi
* Per la fine dell’isolamento e per la liberazione del leader del popolo curdo Abdullah Öcalan

IN PIAZZA PER IL KURDISTAN
ROMA – PORTA PIA ORE 14.00
SABATO 24 SETTEMBRE

Ufficio di Informazione del Kurdistan in Italia
Rete Kurdistan Italia

Per Adesioni :

[email protected][email protected]

 

 

 

Fonte:

http://www.uikionlus.com/appello-per-una-mobilitazione-nazionale-a-roma-il-24-settembre-a-sostegno-del-popolo-curdo-e-della-rivoluzione-democratica-in-rojava-per-la-liberazione-di-ocalan/

Manifestazione nazionale per la liberazione di Nekane Txapartegi

Giovedì 08 Settembre 2016 16:37

nekane

Sabato 24 SETTEMBRE a BERNA si terrà una grande manifestazione nazionale per la liberazione di Nekane Txapartegi, giornalista basca e militante della sinistra indipendentista, la quale è stata arrestata dalle autorità svizzere e incarcerata a Zurigo l’8 aprile 2016, a seguito di una domanda di estradizione depositata dallo Stato spagnolo.

Nel 1999, Nekane è stata arrestata e incarcerata una prima volta dalla Guardia Civil, corpo paramilitare della polizia spagnola, incaricato delle “operazioni antiterroriste”. Durante i primi giorni di detenzione, lei e un altro prigioniero sono state rinchiusi in isolamento (incomunicacion), pratica nella quale le detenute e i detenuti accusati di “terrorismo” scompaiono in un buco nero per giorni, senza poter aver contatti con l’esterno, neppure un avvocato, subendo un utilizzo quasi sistematico della tortura durante gli interrogatori. In quell’occasione Nekane è stata violentemente torturata dai militari spagnoli è ha subito uno stupro da parte dei suoi torturatori. Ciò che ha dovuto patire in carcere è stato denunciato poche settimane più tardi.
Dopo una rapida archiviazione della denuncia da parte delle autorità spagnole, gli avvocati di Nekane sono riusciti a fare riaprire la procedura qualche anno più tardi, prima che il caso fosse definitivamente insabbiato. Nonostante numerosi certificati medici che dimostrano che Nekane sia uscita dall’incomunicacion con numerosi ematomi su tutto il corpo e nonostante testimonianze di compagni di cella indicando che una volta giunta in carcere Nekane fosse in stato di shock e non riusciva né a camminare, né a muovere le mani, i magistrati spagnoli hanno rifiutato di identificare i suoi aguzzini. Solo uno di loro è stato finalmente sentito, per video conferenza e in forma anonima, senza però rispondere alle domande della difesa. Così come in decine di altri casi, che hanno portato alla condanna della Spagna da parte di organi internazionali, la denuncia è stata archiviata dalle autorità spagnole e i torturatori di Nekane sono rimasti impuniti.

Dopo nove mesi di detenzione preventiva, Nekane è stata rilasciata su cauzione e nel 2007 è fuggita dallo Stato spagnolo per evitare una nuova incarcerazione basata unicamente sulle testimonianze ottenuta sotto tortura. Infatti, durante il maxiprocesso contro numerose organizzazioni della sinistra indipendentista basca, denominato “Sumario 18/98”, è stata condannata a una pena di sei anni e nove mesi con l’accusa di appartenenza in prima istanza, e di collaborazione in appello, con un’ ”organizzazione terrorista” (ETA). Nel corso di questo processo Nekane ha nuovamente denunciato quanto ha dovuto subire in carcere nel 1999 (video) e, come massima ignominia, ha dovuto pure confrontarsi con uno dei suoi torturatori, intervenuto in tribunale in qualità di “esperto”. Le colpe principali che le sono state imputate sono quelle di aver partecipato a una riunione con degli attivisti indipendentisti baschi a Parigi e di aver consegnato due passaporti a dei membri di ETA.

Il Collettivo Scintilla organizzerà un trasporto collettivo dal Ticino per essere presenti in massa a questa manifestazione.
Chi volesse partecipare può scrivere un messaggio privato a questa pagina oppure a [email protected]Questo indirizzo e-mail è protetto dallo spam bot. Abilita Javascript per vederlo.

EVENTO FB: https://www.facebook.com/events/1845934795625795/

 

 

Fonte:

http://www.infoaut.org/index.php/blog/conflitti-globali/item/17565-manifestazione-nazionale-per-la-liberazione-di-nekane-txapartegi

17 ottobre 1977: i “suicidi” di Stammheim

Venerdì 17 Ottobre 2014 05:04

 

La notte tra il 17 e il 18 ottobre 1977 i militanti della Rote Armee Fraktion Andreas Baader, Gudrun Ensslin e Jan Carl Raspe furono 17 ottobretrovati morti nella loro cella.
Il primo ucciso da un colpo di pistola alla nuca, la seconda impiccata ad un filo elettrico, il terzo trovato in fin di vita in cella a causa di una botta in testa, morì il giorno seguente in ospedale.

Inoltre Irmagard Moller, altra militante della RAF venne salvata in ospedale nonostante le gravissime ferite (quattro coltellate al petto).

Il 5 settembre 1977 la RAF rapì a Colonia il presidente della confidustria tedesca, nazista, era stato gestore dell industrie di Boemia e Moravia ai tempi dell’occupazione nazista, Hans-Martin Schleyer.
La RAF comunicò che l’ industriale sarebbe stato tenuto prigioniero fino alla liberazione dei sei detenuti a Stammheim.

La reazione dello Stato tedesco fu dura, per legge, venne decretato il totale isolamento di tutti i militanti della RAF detenuti nelle carceri della Germania Federale.
Il 9 maggio 1976 dopo anni di duro isolamento e di sciopero della fame collettivo dei mebri della RAF contro le condizioni inumane della loro detenzione Ulrike Meinhof fu trovata impiccata alle sbarre della cella.

Anche in questo caso la polizia e la direzione del carcere parlarono di suicidio collettivo, fu da subito evidente che non poteva trattarsi di un suicidio.
Sia perchè non era credibile che dei detenuti in regime di isolamento, che giornalmente venivano cambiati di cella e che erano sorvegliati a vista dai secondini, fossero riusciti a far entrare armi nel carcere e sia per le modalità con cui si sarebbero ammazzati.

Il 19 ottobre con una lettera inviata al giornale francese Liberation, la RAF annunciò di aver posto fine, dopo 43 giorni, alla “miserabile e corrotta esistenza” di Hans-Martin Schleyer.
Il giorno successivo la legge che imponeva l’isolamento per i militanti della RAF in galera fu revocata dal presidente tedesco.

 

 

Fonte:

http://www.infoaut.org/index.php/blog/storia-di-classe/item/2896-17-ottobre-1977-i-suicidi-di-stammheim

La storia di Gonzales Sola Xabier in carcere in Italia in regime duro di isolamento totale

13 set 2014

solidarietà ai prigionieriIn Italia c’è un detenuto basco in regime duro di isolamento totale. Ristretto in una cella con un blindato rigorosamente chiuso nonostante le alte temperature del periodo estivo, con una finestra a bocca di lupo, ovvero con una lastra di metallo all’esterno da cui passa pochissima aria. Nessuna ora di socialità con gli altri detenuti. Gli viene concesso non più di mezz’ora al giorno per sgranchirsi le gambe, rigorosamente da solo, in un cortile angusto. Un trattamento disumano e degradante peggiore del carcere duro: il diritto alla socialità con gli altri detenuti viene concesso perfino ai detenuti del 41 Bis.

Parliamo di Gonzales Sola Xabier, nato a Bilbao nel 1974, attualmente detenuto nel carcere di Rebibbia in regime di alta sorveglianza. Gonzales viene tratto in arresto il 31 Luglio scorso a Roma, grazie al mandato internazionale emesso dall’autorità giudiziaria spagnola per aver violato la libertà vigilata. Viene dapprima rinchiuso nel carcere di Regina Coeli, in condizioni di isolamento totale e senza il rispetto minimo dei suoi diritti. Alla richiesta di spiegazioni da parte dell’ avvocato difensore Caterina Calia, circa il protrarsi del regime di isolamento, il personale di polizia ha risposto che ciò è determinato dall’assenza della sezione di alta sicurezza (AS2).

La spiegazione è stata insoddisfacente perché ciò non giustifica il trattamento riservato. A seguito delle legittime rimostranze della difesa, il dipartimento amministrativo penitenziario ha disposto il trasferimento di Gonzales presso il carcere di Rebibbia dove è presente un circuito di alta sorveglianza. Il 3 settembre, appena giunto al nuovo istituto, gli viene assicurato che sarebbe stato ammesso alla socialità. Per questo gli viene chiesto di porre fine allo sciopero della fame che aveva intrapreso perchè erano venute meno le ragioni della protesta. Ma contrariamente a quanto gli hanno promesso verbalmente, la detenzione dura prosegue. Ma con più ferocia. Dal giorno del trasferimento, Gonzales è rimasto chiuso per ventiquattro ore al giorno: nemmeno più la mezz’ora d’aria al giorno che nel carcere precedente gli veniva concessa. Dopo quattro giorni di detenzione totale, a causa di fortissimi mal di testa presumibilmente dovuti dalla scarsa ossigenazione, ha chiesto di essere visitato dal medico. Ma le sue richieste sono state totalmente inascoltate.

Gonzales è accusato dalle autorità giudiziarie iberiche di appartenere ad un gruppo anarchico, con finalità sovversive, denominato “Collettivo Bandiera Nera”. Il “delitto” contestato è quello di appartenere ad un gruppo sovversivo e di fare apologia di reato perchè dedito all’incitamento per il “sovvertimento dell’ordine costituzionale”. Un po’ come accade con gli anarchici nostrani e i militanti no tav. Ma c’è una differenza sostanziale. In Spagna i magistrati hanno scarcerato d’ufficio Gonzales, insieme agli altri coimputati, dopo quattro mesi di detenzione e sottoposto gli stessi alla libertà vigilata. Da noi invece viene applicato il carcere duro preventivo per molto tempo.

L’avvocato Calia ritiene quindi paradossale che per le stesse ipotesi di reato la Spagna ha ritenuto sufficiente la misura non detentiva, mentre l’amministrazione penitenziaria disponga invece che la detenzione venga eseguita con la sospensione di tutte le regole di trattamento ordinario. Lo stato rinchiude facilmente in regime duro le persone che avrebbero incitato al sovvertimento dell’ordine costituzionale, ma nello stesso tempo, nelle patrie galere, lo stato stesso non rispetta con altrettanta facilità la costituzione. Ovvero la sovverte.

Damiano Aliprandi da Il garantista

 

Citato in http://www.osservatoriorepressione.info/?p=6700

 

Ulrike Meinhof

Dal blog di Salvatore Ricciardi, http://contromaelstrom.com/

Il 9 maggio 1976 la mattina alle 7,30 Ulrike Meinhof viene trovata impiccata nella sua cella. La corda era fatta da pezzi dell’asciugamano. Il corpo fu rimosso in fretta, nessuno poté vederlo.  L’autopsia viene condotta senza la presenza di un legale della famiglia della vittima né un medico di fiducia…. Vedi qui e qui e qui

 

Fonte:

http://contromaelstrom.com/2012/05/09/ore-739-del-9-maggio-1976-ulrike-meinhof-viene-suicidata-dallo-stato-della-germania-ovest/

 

Leggi anche qui:

http://contromaelstrom.com/2013/05/10/i-rivoluzionari-vanno-assassinati-e-anche-psichiatrizzati/