KURDISTAN: AGGIORNAMENTI AL 4° GIORNO DALL’INIZIO DELL’ATTACCO TURCO

Articoli tratti da http://www.uikionlus.com/
Sirrin e’ Liberato !

Sirrin e’ Liberato !

Dopo 27 giorni di combattimenti, YPG/YPJ/Burkan Al Firat hanno liberato l’importante e strategica città di ‪#‎Sarrin‬ a sud di Kobane. Segnalati ancora scontri a fuoco. Purtroppo s …

YPG: l’esercito turco attacca postazioni delle YPG e del FSA vicino a Kobane

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l Comando generale delle YPG ha rilasciato una dichiarazione che denuncia l’attacco da parte dell’esercito turco contro le postazioni della Unità di difesa del popolo (YPG) e dell’ …

Il DBP chiede di protestare contro gli attacchi politici e militari

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Il Partito democratico delle regioni (BDP) ha inviato una comunicazione ai consigli dei giovani e delle donne,ai co-presidenti dei distretti e delle città,agli amministratori local …

La polizia uccide un giovane a Nusaybin

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I giovani che sono scesi in strada a Nusaybin,distretto di Mardin, per protestare contro gli attacchi aerei turchi contro la zona di difesa della Medya controllata dalla guerriglia …

Comunicato congiunto di emergenza dei partiti curdi

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I co-presidenti dell’HDP (Partito democratico dei popoli),del DBP (Partito democratico delle regioni,ex BDP),dell’ HDK (Congresso democratico dei popoli) e del DTK (Congresso democ …

3° giorno di operazioni dello Stato Turco

3° giorno di operazioni delle forze speciali Turche nella guerra lanciata da Erdogan contro i Curdi ed il PKK: gli arresti salgono a 618 persone, di cui 518 sono Curdi e militanti …

KCK: La resistenza deve immediatamente aumentare

KCK: La resistenza deve immediatamente aumentare

La co-presidenza del Consiglio Esecutivo del KCK in una dichiarazione scritta prende posizione sugli attacchi aerei dell’esercito turco: “Alla fine del 2012 è iniziata di fatto una …

Erdogan all’attacco, In casa e fuori

Erdogan all’attacco, In casa e fuori

July 26, 2015

PALMIRA, QUELLA PRIGIONE ORA IN MANO ALL’ISIS DI CUI NESSUNO HA MAI PARLATO

Pochi luoghi al mondo concentrano in sé bellezza e tragedia come Palmira. Questa metafora esistenziale, se così possiamo definirla, accomunava tutta la Siria prima del 2011. Chi vi andava in vacanza, o chi veniva a contatto con questo Paese, rimaneva affascinato dalla bellezza di questa terra. Palmira era, ed è, il simbolo vivente e pulsante di quello che è riuscito molto bene al regime siriano in questo mezzo secolo: cercare con la bellezza della Siria di nascondere gli orrori della dittatura. Infatti, chi andava a Palmira si fermava ad ammirare i resti dell’antica città di Zenobia e non conosceva, perchè gli veniva nascosto, il significato che per i siriani aveva questa città. Palmira per i siriani significa due cose: radici (quelle visibili ancora oggi) e morte, la morte di decine di migliaia di siriani nel carcere di questa città.

palmira prigioneQuesta prigione è stata descritta da molti sopravvissuti come l’inferno in terra. Faraj Bayrakdar, poeta ed ex carcerato, in un suo libro, “I tradimenti della lingua e del silenzio”, ricorda quando era su di un autobus, insieme ad altri condannati, e il poliziotto annunciò che la loro destinazione sarebbe stata Palmira, alcuni detenuti cominciarono ad urlare: “Palmira no!”. Per la maggioranza dei carcerati, Palmira era il preludio della morte.

Bara Sarraj, arrestato il 5 marzo del 1984 e liberato 12 anni dopo, in un’intervista riguardo al suo libro “Da Tadmur (nome in arabo di Palmira) ad Harvard”, tentò di descrivere a parole cosa significasse per lui Palmira: “Il linguaggio non basta per descriverla. La paura era una sensazione interna che ti faceva sentire il cuore tra i piedi e non nel petto. La paura è lo sguardo sui volti delle persone, i loro occhi nervosi quando il momento della tortura si avvicina”.

Palmira è un luogo che dovrà essere consegnato al patrimonio della memoria, un esempio di come la crudeltà umana abbia raggiunto nuove vette proprio di fianco a turisti ignari che si scattavano foto tra le rovine a pochi km da questo macello a cielo aperto. Ma nella banalizzazione che si fa quotidianamente della Siria, forse tutto ciò è già consegnato al dimenticatoio.

Solo oggi, quando il nemico perfetto, l’Isis, (sorto dalle ceneri del Ba’th iracheno, dal malessere dei sunniti iracheni messi all’angolo dallo strapotere sciita in Iraq e dalle complicità di regimi arabi e stati occidentali) conquista questa città, il mondo accende i riflettori su Palmira con la stessa ipocrisia con cui li ha spenti mentre sapeva quello che succedeva.

Si invoca il salvataggio dei resti di Palmira dalla furia iconoclasta dell’Isis ma si dimentica il popolo. Come ha vissuto il popolo in questi quattro anni? Che fine farà la popolazione? I prigionieri del carcere dove sono?

Ancora una volta, si chiede di garantire prima di tutto la popolazione ma c’è la consapevolezza che non verrà fatto.

Fonte:

http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/05/21/palmira-quella-prigione-ora-in-mano-allisis-di-cui-nessuno-ha-mai-parlato/1705506/

CHI HA SALVATO KOBANE

Le forze coinvolte nei combattimenti di terra – INFOGRAFICA

La città di Kobane, al confine tra Siria e Turchia, è stata assediata dalle milizie dello Stato Islamico dell’Iraq e del Levante il 16 settembre 2014. In pochi giorni l’ISIS conquista 350 tra villaggi e città limitrofe a Kobane, spingendo oltre 300.000 curdi a cercare un rifugio, principalmente in Turchia e Iraq.

Nelle settimane successive centinaia di guerriglieri Peshmerga, membri del PKK e quattro brigate del Free Syrian Army vengono in soccorso delle truppe del YPG e del YPJ, circondate dall’ISIS. Una coalizione internazionale guidata dagli Usa fornisce supporto aereo alle truppe di terra con raid mirati alle milizie jihadiste. Il 26 gennaio 2015 i curdi riconquistano la citta di Kobane. Allontanando – ma non eliminando – il pericolo ISIS.

Ecco quali sono le forze di fanteria coinvolte nei combattimenti di terra:

 

milizie - kobane - infografica di valerio evangelista - frontiere newsinfografica di Valerio Evangelista

 

Fonte:

http://frontierenews.it/chi-ha-salvato-kobane/

 

CON LA RESISTENZA DEL POPOLO PALESTINESE E CON LA RESISTENZA DELLE POPOLAZIONI KURDE-IRAKENE CONTRO GLI INVASORI

Dal blog di Germano Monti:

ypg_fsa_kobane

 

In piazza a Roma il 27 settembre :

Con la resistenza del popolo palestinese e con la resistenza delle popolazioni kurde – irakene contro gli invasori !

La guerra scatenata dallo Stato Sionista di Israele ha mietuto migliaia di vittime. Lo Stato di Israele, con la complicità attiva degli stati democratici, è il responsabile storico dell’oppressione del popolo palestinese.
Nonostante la tregua, continua il processo di colonizzazione, come testimoniano i recenti insediamenti in Cisgiordania, e Gaza rimane una prigione a cielo aperto per migliaia di palestinesi. Chiediamo la fine dell’assedio e dell’embargo a Gaza, lo smantellamento dei check point nella West Bank, la fine del processo di colonizzazione, la liberazione dei prigionieri palestinesi.
Le logiche belliche e gli interessi di regime dividono i Palestinesi, indeboliscono la loro resistenza, rendono impossibile la loro autodeterminazione.
Nel contesto mediorientale divampa la guerra e crescono le minacce verso tutti i popoli, le diverse componenti e minoranze religiose ed etniche. In Irak, alla storica oppressione imperialista si aggiungono l’invasione e i progetti neonazisti dell’Isis, che, usando strumentalmente il richiamo all’Islam, massacra donne, bambini e civili inermi. L’Isis, in convergenza fattuale con il  regime criminale di Al Assad, ha schiacciato nel sangue e nel terrore la pacifica rivoluzione del popolo siriano per la libertà, cominciata nel 2011. Perciò sosteniamo la resistenza delle popolazioni kurde e irakene per fermare i neonazisti dell’Isis.
Esprimiamo la nostra solidarietà con le persone di fede musulmana, denunciamo la campagna razzista di criminalizzazione da parte degli Stati occidentali verso i credenti musulmani, la cui stragrande maggioranza invece è fermamente contrapposta all’Isis.
Per una nuova solidarietà con il popolo palestinese e tutti i popoli oppressi dell’area che lottano per la libertà contro regimi tirannici e reazionari, dalla Tunisia all’Egitto ed alla Siria, i cui popoli sono fraternamente solidali con i Palestinesi! Per il diritto al ritorno dei profughi e in solidarietà con i rifugiati palestinesi di Yarmouk e degli altri campi assediati!
Sulla base di questi contenuti, rivolgiamo un appello a partecipare alla manifestazione in solidarietà con il popolo palestinese del 27 settembre a Roma ore 14,30 in Piazza della Repubblica.

Appello approvato alla riunione  del 13 settembre

primi firmatari :

Comitato romano di Solidarietà con il popolo siriano, La Comune, Campagna per Yarmouk, Rete Italiana di Solidarietà con il Popolo Kurdo, Germano Monti ( Freedom Flotilla), Fouad Roueiha ( giornalista )

Per adesioni :  [email protected] 

 

 

 

Fonte:

http://vicinoriente.wordpress.com/2014/09/21/con-la-resistenza-del-popolo-palestinese-e-con-la-resistenza-delle-popolazioni-kurde-irakene-contro-gli-invasori/

Dieci anni fa la morte di Enzo Baldoni

Un intervista alla moglie di Enzo Baldoni, Giusi Bonsignore, alla vigilia del decennale dall’uccisione del reporter in Iraq:

https://www.facebook.com/photo.php?fbid=10203007643884755&set=a.1058251209229.9467.1014337603&type=1&theater

La vignetta appena disegnata da Mauro Biani per ricordare il decennale:

https://www.facebook.com/ilmanifesto/photos/a.86900427984.101789.61480282984/10152822643897985/?type=1&theater

Un’altra di sette anni fa con l’immagine delle prime pagine di Libero che denigrarono il giornalista:

https://www.facebook.com/photo.php?fbid=10204596371335336&set=a.2131442211721.2132544.1415986360&type=1&theater

 

Qui le parole scritte da Vittorio Arrigoni sul suo blog per salutare Baldoni:

lettere mai pervenute (addio enzo)
27/08/2004
 

ho cercato un suo contatto,
ieri sera,
quel qualcosa in me che difficilmente riesco  ogni volta a decifrare.
Un’impulso magnetico da una parte dello spirito di cui conosco ben poco.
Oggi tutto sembrava tranquillo,
le notizie a lui riferite parlavano di cauto ottimismo.
tutti troppo esageratamente tranquilli, parsimoniosi,
per il destino di un uomo che rimaneva nelle mani di guerriglieri disposti a tutto.
allora ho iniziato anche oggi a provare un crepitio in quella parte dello spirito…
Quasi certo che l’avrebbe letta al suo ritorno, ieri ho inviato una lettera a Enzo Baldoni.
 Pensando che  magari mi avrebbe anche risposto.
Ero convinto che fosse fra uomini, ma mi sono enormemente sbagliato,
si trovava in un covo di  bestie.
Non bisogna mai confondere le bestie cogli uomini,
e come in iraq la maggior parte (ne sono certo) che combatte, che muore
cercando provviste per strada,
che sfila senz’armi incontro ai check point, che corre a difendere una
moschea o semplicemente la propria casa,
sono uomini di valore,
fra di essi si cela come in tutte le società,
e all’ennesima potenza nelle società distrutte dalla guerra,
la bestia sanguinaria.
Il marciume della violenza genera mostri, e dà potere a quei mostri che in
epoca di pace o sarebbe reclusa o sarebbe disoccupata.
Bisogna sempre distinguere i mostri dagli uomini vigorosi che cobattono  in
nome di ideali valorosi.
Valori come la pace, la libertà,
la compassione.

Non guardiamo ora alle gente d’iraq in maniera differente, con crescente
disprezzo, o foga di vendetta,
dobbiam esser certi,
che per primi loro si sentono in lutto.
Perchè chi l’ha conosciuto laggiù sa quali ideali muovevano il suo spirito,
e  l’iraq tutto sa di aver perso uno dei suoi primi alleati in questi dannati
giorni.

 
nonostante se ne sia andato,
c’è una parte di me che continuerà ad aspettare una sua risposta.

 
 
 
stralci dalla mia lettera per enzo-
 
 
“giovedì 26 agosto, ore 2255
-empatia sotto la kefia-
 
Enzo!
ti sento!
 
so che stai sorseggiando te alla menta,
mentre armi intorno a te e uomini scuri dalla barba incolta.
sembra che litighino con quella lingua di cui tu conosci solo qualche vocabolo.
ma è il loro modo di fare.
sciuccran,
sadik.
usa sharmuta!
 
Girano intorno a te…
…….
ti scrutano, e vogliono sapere tutto di te, di cosa pensi di questa dannata guerra, degli americani
e addirritura il perchè dei tuoi usi e costumi non ammessi nell’Islam.
 
Non cedere alla tentazione della paura,
quella magari di soddisfarli con tue risposte preordinate, non sincere.
……..
Riappropiati di tutto il tuo orgoglio, dei reali motivi perchè ti sei sentito di affrontare questo viaggio.
Io credo che tu sei laggiù perchè qui ti sentivi divorato dai crampi dell’ingiustizia.
Di quella specie che crea giornalisti manovali dal potere,
che producono manovrati notizie cinicamente artefatte,
qui nel nostro paese per creare favore nell’opinione pubblica  all’intervento armato in Iraq.
 
Ritrova l’inossidabile forza dei tuoi ideali,
sii uomo  di valore,
e nessuno fra questi che ti circondano ti potrà torcere un capello,
………..
 
Ti dico questo,
dopo aver trascorso infinite notti
coi mujaheddin palestinesi, che io rispetto
e che  alla fine  mi hanno concesso il loro rispetto.
 
ti scrivo questo anche se so che non potrai leggermi,
non per il momento almeno.
 
ma il mio pensiero empatico supera ogni confine e ogni prigionia,
mi ritroverai in uno specchio,
sarò nel tuo sguardo in me riflesso.
 
take care.
 
un amico invisibile per te soffre.
la tua irrequietudine.
 
your vik”
—————————
Fonte:

1° ANNIVERSARIO DELL’ATTACCO CHIMICO SU AL GHOUTA – MOBILITAZIONE INTERNAZIONALE

10574265_513421402124505_497035575808450689_nUn appello a mobilitarsi il 21 agosto e creare una rete di solidarietà e supporto alla rivoluzione siriana.

Dichiarazione in solidarietà con la rivoluzione siriana

Mentre i siriani commemorano il primo anniversario degli attacchi chimici su Al-Ghouta, noi sottoscritti siamo solidali con i milioni di siriani che lottano per la dignità e la libertà fin dal marzo 2011. Rivolgiamo un appello ai popolo del mondo perchè agiscano in sostegno della rivoluzione ed i suoi scopi, pretendendo la fine immediata della violenza e del regime illegittimo di Assad.

Per il primo anniversario dell’attacco con armi chimiche, il 21 agosto, invitiamo i sostenitori della Rivoluzione siriana e delle sollevazioni per la libertà, la dignità e la giustizia sociale in tutta la regione e nel mondo, di organizzare eventi per denunciare le atrocità, la disinformazione, le menzogne ed i silenzi vergognosi e per mostrare la propia solidarietà, sia a livello politico che concreto, con la lotta dei cittadini siriani.

I rivoluzionari siriani hanno continuato a lottare per la libertà nonostante gli innumerevoli ostacoli che gli si sono parati innanzi. Per uccidere la rivoluzione, il regime siriano ha perseguito quattro strategie:
1) militarizzazione delle rivolte attraverso una campagna di repressione violenta delle proteste pacifiche che erano durate sei mesi;
2) l’islamizzazione dell’insurrezione, concentrandosi contro i gruppi secolari e lasciando mano libera ai jihadisti;
3) settarizzazione del conflitto attraverso l’assunzione di un numero crescente di combattenti sciiti da altri paesi, abbinata alla presa di mira di città e villaggi a maggioranza sunnita;
4) internazionalizzazione del conflitto, invitando l’Iran, la Cina e la Russia a svolgere un ruolo centrale. Allo stesso tempo, paesi come gli Stati Uniti, Arabia Saudita e Qatar hanno dato il loro sostegno a gruppi reazionari per sconfiggere la rivoluzione.

Anche il caso dei “Douma4” [https://www.facebook.com/douma4?fref=ts] dimostra come i rivoluzionari stiano lottando su due fronti: quattro coraggiosi attivisti che lavorano per il Centro di Documentazioni dei Violazioni sono stati rapiti nel dicembre 2013 da uomini armati, mascherati e sconosciuti. Il motivo principale dietro il rapimento è che questi militanti rappresentano il popolo siriano auto-cosciente e attivo, consapevole della sua forza quando agisce unitariamente, ma soprattutto dimostrano che il popolo rifiuta qualsiasi forma di sottomissione all’autoritarismo. Il sequestro di questi quattro militanti ricorda che il popolo siriano della rivoluzione per la libertà e la dignità non è solo contrario alla dittatura di Assad, ma anche e sempre schierato contro i gruppi reazionari ed opportunisti che sono contrari agli obiettivi della rivoluzione: la democrazia, la giustizia sociale, la fine di settarismo.

Il primo anniversario degli attacchi chimici è l’occasione per riaffermare l’importanza del processo rivoluzionario non solo in Siria ma anche in tutto il mondo arabo. La lotta dei siriani contro la dittatura, contro il jihadismo globale e contro l’imperialismo occidentale non deve essere visto come locale e nemmeno come regionale. È parte di un momento d’insurrezione in cui il mondo è diventato il campo di battaglia. Il nuovo sviluppo in Iraq, fra l’altro, la guerra a Gaza hanno mostrato che il destino della rivoluzione è interconnesso con la situazione in tutta la regione. La lotta dei siriani per la dignità, la libertà e l’autodeterminazione non può quindi essere separata dalla storica ribellione palestinese contro il sionismo, dalle lotte delle donne egiziane contro i militari e le molestie sessuali, dalla coraggiosa insurrezione in Bahrein contro il totalitarismo, dalla lotta curda per l’autodeterminazione, da quella del’ EZLN e delle altre popolazioni indigene nelle loro resistenza contro il razzismo ed il neoliberismo o le grandi ribellioni dei lavoratori contro le misure di austerity che portano solo povertà ai cittadini.

La rivoluzione siriana si trova ad un crocevia. Il mancato arresto dell’ondata contro-rivoluzionaria in Siria avrebbe enormi ripercussioni sulla società siriana per un lungo periodo di tempo e le sue implicazioni nella regione saranno enormi. Il successo della rivoluzione in Siria invece scatenerebbe le aspirazioni rivoluzionarie nel mondo arabo ed oltre, tra popoli che sono stati oppressi per troppo tempo.

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Syrian Revolution Support Baseshttps://www.facebook.com/Syrian.Revolution.Support.Bases?fref=ts
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Per favore, firmate la petizione ed aiutateci a diffonderla in tutto il mondo:

https://www.change.org/petitions/social-movements-activists-global-civil-society-a-global-day-of-action-and-solidarity-with-the-syrian-revolution

[Per sottoscrivere questa dichiarazione inviate una mail con nome, cognome, paese ed eventuale organizzazione/ruolo all’indirizzo srsbases@gmail.com]

Evento a Milano sabato 23:  https://www.facebook.com/events/534190049950791/

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Fonte:

http://diariodisiria.wordpress.com/2014/08/17/1-anniversario-dellattacco-chimico-su-al-ghouta-mobilitazione-internazionale/

 

Qui l’evento su Facebook:

https://www.facebook.com/events/844951738857890/?ref_dashboard_filter=upcoming

 

 

Fonte:

http://diariodisiria.wordpress.com/2014/08/17/1-anniversario-dellattacco-chimico-su-al-ghouta-mobilitazione-internazionale/

#Not_in_our_name: le guerre e il terrorismo stanno uccidendo il dialogo


Prendo il seguente appello di Asmae Dachan dal suo blog http://diariodisiria.wordpress.com:

Di Asmae Dachan:


1397298_611763265539907_779226832_oDi fronte al clima di odio, terrore, paura che stiamo vivendo in questi giorni diventa imperativo fermarsi e ristabilire alcuni concetti fondamentali, per evitare di farsi trascinare dal vortice del caos mediatico e politico.

Le notizie che giungono dalla Siria e dall’Iraq, sulle persecuzioni delle minoranze cristiane e yazidi, da parte di Isis stanno scuotendo l’opinione pubblica mondiale. Non è accettabile, né moralmente, né civilmente, né religiosamente, che una persona o un gruppo di persone vengano minacciate e subiscano violenza per la loro appartenenza etnica e/o religiosa e ogni atto che sia contrario al principio universale dell’uguaglianza tra esseri umani è da condannare senza riserva alcuna.

Il rispetto della sacralità della vita umana è alla base di ogni società civile e deve essere il presupposto su cui fondare ogni ragionamento e ogni azione.

Oggi il dialogo, la fratellanza, la solidarietà, l’umana vicinanza vengono fortemente minacciati. Si rischia di veder bruciati, insieme a case, luoghi di culto, monumenti e libri, anche secoli di convivenza, rispetto e confronto. La Siria e l’Iraq sono infatti la culla delle religioni monoteiste e della civiltà e sono da sempre un esempio di tolleranza, fratellanza e apertura all’altro, con tutte le difficoltà che si sono presentate nel tempo. Ed è proprio da questo punto che bisogna partire: i drammatici accadimenti di questi giorni non devono farci dimenticare che la convivenza serena e fraterna tra cristiani e musulmani in questi due paesi dura da secoli, da quando, cioè, sono nate e si sono sviluppate queste due grandi civiltà. È un errore storico attribuire il merito della pacifica e costruttiva convivenza ai regimi che governano questi due paesi. Tutt’altro: le loro politiche hanno comportato l’inasprimento dei rapporti tra le diverse comunità che compongono le rispettive società civili, creando un clima di tensione che è l’avamposto del settarismo.

La situazione in Iraq e Siria negli ultimi anni è diventata quantomeno drammatica: la guerra scatenata contro l’Iraq nel 2003 e di fatto mai finita (quella che è stata venduta al mondo come guerra per esportare la democrazia) e la repressione del regime di Damasco contro quello che dovrebbe essere il suo stesso popolo, iniziata nel 2011 dopo quarant’anni di dominio della dinastia degli Assad , hanno provocato centinaia di migliaia di morti. Son due situazioni diverse, ma le conseguenze sulla popolazione e sugli equilibri sociali sono tristemente simili. Di fatto la guerra, i bombardamenti, gli stupri, i sequestri, la tortura, le violenze sono l’humus in cui nascono e crescono i germogli malefici del terrorismo. Sono in molti ad approfittare della situazione di generale caos per condurre guerre parallele e fare i propri interessi e gli interessi dei loro mandanti. Il caso di Daesh/Isis, il famigerato Stato islamico di Siria e Levante, ne è una prova. Orde di barbari mercenari si sono infiltrati nei due paesi, armati e formati da potenze straniere e di fatto sostenuti e lasciati liberi dai governi dei due paesi e approfittando della situazione di totale anarchia, sono diventati una potenza. Da più di un anno i siriani gridano che Isis non è contro Assad, ma contrasta, stupra e uccide i suoi oppositori e soprattutto bestemmia e calunnia l’islam dicendo che opera in nome della fede. Nessuno ha dato ascolto ai siriani, anzi, parte della politica e della stampa ha continuato a etichettare Isis come ribelli anti-Assad, cosa del tutto falsa perché In Siria Isis si muove e opera solo dove le truppe governative si sono ritirate e apre il fuoco, perseguita e massacra i civili e gli oppositori al regime.

Oggi Isis è una potenza militare che spaventa e di fronte all’escalation della sua violenza, che ha portato in Iraq all’avvicinamento a zone dove sorgono giacimenti petroliferi, sembra che il mondo si stia svegliando. Nessuno ha mosso un dito per i civili siriani (+ dell’80 per cento musulmani), uccisi da questi barbari, arrivando persino a negare il massacro, ma oggi che si grida alla persecuzione delle minoranze, in Siria come in Iraq, scatta l’allarme. Passerebbe quindi il messaggio che se a morire è la maggioranza musulmana poco importa, ma guai a toccare gli altri. Così facendo si fa solo il gioco di Isis che vuole creare tensione e fomentare l’odio settario. In questo quadro i regimi cantano vittoria, spacciandosi come tutori delle minoranze e la già inaccettabile morte di innocenti viene persino strumentalizzata.

È necessario, quindi, fermarsi e fare chiarezza:

1- In Siria la principale causa di morte sono i bombardamenti aerei operati dal regime siriano, che colpiscono in maniera scellerata e indiscriminata tutta la popolazione, distruggendo e uccidendo a prescindere dalla fede e dall’etnia; ad oggi si contano oltre 200 mila vittime in 41 mesi, di cui oltre 18 mila sono bambini sotto i 16 anni. In Siria muoiono musulmani, cristiani, laici, atei, curdi e armeni da oltre 3 anni. E’ un genocidio che colpisce l’intera popolazione.

2- In Iraq persino l’Onu ha smesso di contare i morti, ma ormai più fonti affermano che sarebbero circa un milione; i cristiani sono tra il 5 e l’8% della popolazione, hanno subito e subiscono le sofferenze e le atrocità che subiscono tutte le altre componenti sociali. Con l’avanzata di Isis la loro situazione è persino peggiorata e sono iniziate le minacce, le persecuzioni casa per casa con tanto di marchiatura in stile nazista. Alle persecuzioni contro gli yazidi si sta dando una valenza religiosa, ma in realtà Isis è interessata ad occupare le loro terre per mettere mani sui giacimenti petroliferi.

3- Isis non rappresenta il sentimento, i valori, i principi dell’islam, tutt’altro: Isis va definito per quello che è, ovvero un gruppo (anche se si definisce Stato) di terroristi mercenari il cui operato è contrario alla fede islamica. Isis sta uccidendo i musulmani in Siria e in Iraq e sta uccidendo con loro le altre componenti etniche e religiose. Isis strumentalizza, mortifica e bestemmia il nome di Dio. L’unica divinità a cui risponde Isis è il denaro. Isis non rappresenta i siriani, non rappresenta gli iracheni, non rappresenta l’islam.

4-Isis è formata da mercenari stranieri che non hanno nulla a che spartire con la causa del popolo siriano che si è opposto a quasi mezzo secolo di tirannia, né con la causa del popolo iracheno che ormai lotta per la sua sopravvivenza dopo anni di genocidio. Isis è una creatura dei servizi segreti internazionali che trova sostegno in diverse monarchie e stati stati finalizzata a “creare scompiglio”, a condurre guerre per procura. Per approfondire di leggano questi articoli: http://www.sirialibano.com/tag/isis, http://www.pagina99.it/news/mondo/6681/Che-succede-in-Iraq.html, http://popoffquotidiano.it/2014/08/11/hillary-clinton-lisil-e-roba-nostra-ma-ci-e-sfuggito-di-mano/, http://megachip.globalist.it/Detail_News_Display?ID=107832&typeb=0.

5 – La strategia della falsa informazione sta mietendo tante vittime: foto spacciate per quello che non sono (seguirà un mio articolo sulla bufala della decapitazione dei bambini cristiani) stanno provocando reazioni anche dall’alto, tra i potenti del mondo. Basterebbe un minimo di attenzione e professionalità per verificare l’origine e la matrice di una foto e di una notizia, ma quella mediatica è una guerra che i regimi e i terroristi combattono senza esclusione di colpi e la stampa disattenta e persino complice ne diventa un amplificatore.

Per chi ha fede, per chi crede, per chiunque abbia una coscienza e un minimo di onestà intellettuale sembra persino scontato dover ribadire che non esiste una guerra in nome di Dio, che nulla e nessuno può giustificare la persecuzione, la minaccia, l’offesa e l’uccisione di un innocente. Non cadiamo nel tranello dell’odio settario, non smettiamo di dialogare, non lasciamo che i seminatori di conflitto prevalgano sui costruttori di ponti. Ci vuole tanta determinazione e tanto coraggio, soprattutto ora, ma è proprio di fronte a queste difficoltà che il mondo dei credenti delle diverse religioni e la società civile tutta, laica, atea, debbono stringersi le mani e far sentire che la vera forza è il dialogo e l’impegno per la pace. Non si tratta di buonismo, anzi: è molto più impegnativo ribadire le ragioni del dialogo e tendere verso l’altro che ergere muri e chiudersi nell’inferno dell’odio.

Volendo immaginare un manifesto dei siriani, degli iracheni, dei musulmani che in questo momento vengono associati erroneamente e ingiustamente al terrorismo bisogna ripetere all’infinito: “no, non in nostro nome”. I cristiani sono nostri fratelli, gli esseri umani di ogni religione ed etnia sono nostri fratelli.

Come autrice di questo blog, come siriana, come musulmana lo ripeto anche io e propongo la campagna: “Not_in_our_name”, per dire no alle persecuzioni, alle false notizie, ai seminatori di odio.

 

 

Fonte:

http://diariodisiria.wordpress.com/2014/08/12/not_in_our_name-le-guerre-e-il-terrorismo-stanno-uccidendo-il-dialogo/

SIRIA: ISIS E L’INFIBULAZIONE DEI CERVELLI

Dal blog di Asmae Dachan:

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Cosa può legittimare e giustificare il silenzio del mondo di fronte al genocidio in corso in Siria, che in 40 mesi ha causato più di 200 mila vittime accertate, tra cui oltre 15 mila bambini? Nulla, assolutamente nulla e allora è importante creare un capro espiatorio. L’aviazione di bashar al assad sta bombardando le città siriane con i barili Tnt, distruggendo interi quartieri, ospedali, acquedotti, scuole e luoghi di culto, provocando la fuga di oltre 4 milioni di persone (3 milioni si trovano nella condizione di profughi nei paesi limitrofi e circa 1 milione sono partiti per altre destinazioni) e generando 9 milioni di sfollati interni (gente senza più una casa) “perché sta colpendo i terroristi”. Già, perché secondo quanto riportano i media siriani e chi sostiene ancora il regime di Damasco in Siria è scoppiata un’improvvisa epidemia di terrorismo che ha contagiato i bambini, le donne, i giovani, gli anziani, per cui tutti meritano di morire. Via allora, si rada al suolo l’intero paese, si proceda con l’arresto, la tortura e l’uccisione degli oppositori pacifici e di quelli che hanno disertato per non uccidere il proprio stesso popolo e al contempo si liberino tutti quei criminali detenuti da anni per reati legati al terrorismo. Questi ultimi si sono organizzati, sono stati pagati e armati, con il bene placito del regime e la complicità di servizi segreti internazionali e governi che hanno tutto l’interesse a mantenere lo stato di instabilità sociale, politica, economica in Siria.

E così i civili siriani, che nel 2011 hanno dato il via ad un movimento pacifico, laico, eterogeneo, comprensivo di tutte le componenti etniche e religiose della società siriana, oggi si trovano a dover subire i bombardamenti e le incursioni del regime da un lato e dall’altro le aggressioni, le violenze, le barbarie dei terroristi di daesh/isis il cui capo si è anche autoproclamato califfo.

I media internazionali che alla Siria non hanno mai riservato lo spazio che questo dramma richiede, i media che hanno sempre giustificato il fatto di non condividere e diffondere video girati da citizen reporter che documentano in tempo reale la situazione negli ospedali da campo, nelle città colpite dai barili, nelle tendopoli perché “non si possono verificare le fonti”, continuano a citare le agenzie del regime e a dare la più ampia visibilità possibile a isis e al suo capo criminale al baghdady (evidentemente considerato attendibile). In questo modo, sulla Siria si sente solo parlare del giuramento di assad per il prossimo settennato e al contempo delle minacce alle minoranze religiose e alle donne del famigerato isis/califfato. Quindi? La conclusione, per chi della Siria sa poco o nulla, sarà quella di dire che “assad non è poi così male e così cattivo ed è sempre meglio lui che i terroristi fondamentalisti persecutori”. Concetti che vengono ripetuti e argomentati anche da personaggi nostrani…

In questo quadro delirante trovano voce solo quelle che per milioni di siriani e di donne e uomini liberi nel mondo – che non ci stanno a farsi prendere in giro – sono le due facce della stessa medaglia: assad e il suo terrorismo di stato, isis e il terrorismo internazionale in finti abiti religiosi. A tal proposito basta ammirate le vignette disegnate da artisti siriani, come quelli di Kafranbel (https://www.facebook.com/kafrev?fref=ts) per capire cosa pensi veramente la Siria su questo argomento.

Non ci si dimentica di nulla? Già, ma è una dimenticanza “collaterale” … in fondo cosa sono milioni di civili inermi? Da che mondo è mondo in ogni conflitto sono i civili, gli ultimi, i dimenticati a pagare e lo fanno in silenzio, per cui anche ai siriani tocca la stessa sorte. Qualcuno sa quante persone sono cadute ieri in Siria? No, perché i media non ne parlano, non fa più notizia, non ha mai fatto notizia (non dimentichiamo che l’Onu ha cessato la conta dei morti e questo la dice lunga…). Nessuno mostra le immagini dei bombardamenti, che arrivano incessantemente attraverso la rete, nessuno mostra le immagini dei civili pelle e ossa nelle città assediate, nessuno raccoglie le denunce dei medici che di fronte a più di 1 milione di feriti, tra cui circa 650 mila mutilati e a migliaia di casi di malati oncologici, diabetici ecc. rimasti senza cure non sanno più cosa fare, nessuno ascolta gli appelli delle donne che non hanno più nemmeno acqua potabile per dissetare i propri figli. La gente non deve sapere del dolore e delle sofferenze dei civili. La Siria deve morire e deve farlo in silenzio.

Si alzano così solo le bandiere e gli inni all’odio; le preghiere per la pace e le richieste d’aiuto cadono nel vuoto. Così l’alter ego del regime, isis/califfato si è invece guadagnato le copertine dei media di tutto il mondo con la sua nuova uscita: infibulazione alle donne di Iraq e Siria. Come se le donne di questi due paesi non abbiano già subito abbastanza: senza più una casa, senza più alcun sostegno, stuprate, rese vedove, costrette a tumulare i propri figli a causa delle violenze del regime, ora si trovano minacciate da questa nuova barbara, disumana, blasfema sentenza. Blasfema, sì, perché ormai dovrebbero saperlo anche i muri che l’infibulazione è una pratica abominevole che nulla ha a che vedere con l’islam, ma evidentemente dire che è un insegnamento del Profeta (bestemmia) è funzionale ad alimentare il clima di odio anti-islamico e a ritrarre il criminale al baghdady come l’incarnazione dell’”islam fondamentalista, persecutore misogino e criminale che il bravo assad combatte a suon di bombe”.

È evidente che questi criminali non conoscono la Siria e i siriani se pensano che avranno campo libero nel voler allungare le loro insulse mani sulle donne: gli uomini e le donne siriani pagheranno anche con la vita pur di non farli avvicinare. Ma in fondo è quello che loro vogliono, nuove vittime, nuove morti. L’infibulazione non fa parte della cultura siriana ed è un’abominevole violenza che non trova alcun riscontro negli insegnamenti dell’islam e questo bisogna ripeterlo fino allo sfinimento perché la gente capisca. Bisogna che la politica, la società civile, gli intellettuali comprendano che questi terroristi sono funzionali ai regimi liberticidi e che catalizzando su se stessi e sui loro deliri l’attenzione del mondo tolgono importanza al dramma taciuto di un popolo che continua a morire sotto le bombe, che continua a fuggire e che spesso, cercando di raggiungere l’Europa, non trova altro che la morte in mare.

Ma la cosa forse più importante è che la notizia di questo decreto, ripresa, amplificata, pubblicata e commentata ovunque, si basa su un fake. A tal proposito si legga la ricostruzione minuziosa e approfondita del collega Lorenzo Trombetta: http://www.sirialibano.com/short_news/infibulate-tutte-le-donne-come-un-falso-fa-notizia.html. L’ennesima bufala mediatica, come quella della crocifissione dei cristiani (vedi http://www.diariodisiria.wordpress.com/2014/05/10/siria-sulla-croce-lumanita-intera/) costruita ad arte per distogliere la già flebile attenzione sul dramma dei civili e alimentare nella gente la convinzione che in Siria sia in atto un’offensiva contro le minoranze a cui il regime si trova a dover rispondere. Naturalmente molti discutibili personaggi hanno colto la palla al balzo per far parlare di sé denunciando questo famigerato proclama, pur non essendosi mai interessati al genocidio in atto da più di tre anni in Siria.

Anche in questo caso, le macchinazioni del regime e dei suoi sostenitori, compresi quindi coloro che questi mercenari barbari li stanno pagando, hanno prodotto un’infibulazione dei cervelli e delle coscienze della gente. Quella gente che ora grida giustamente contro l’infibulazione ma che in 40 mesi non si è accorta degli stupri e delle torture subite dalle donne, persino dalle bambine per mano degli uomini di assad. Quella gente che ora applaude soddisfatta dicendo “come volevasi dimostrare, l’alternativa ad assad è solo il terrorismo fondamentalista”. Quella stessa gente che è pronta a gridare il suo dissenso per altri drammi che si stanno consumando nel mondo, come il genocidio a Gaza, ma che sulla morte quotidiana di civili siriani non si pronuncia e arriva persino a negare ciò che sta accadendo.

La Siria sta morendo con i suoi figli, i suoi giovani, le sue donne e i suoi uomini, la sua storia, le sue città. Non fingiamo di non saperlo. Bisogna gridare contro l’infibulazione e contro tutti i crimini commessi ai danni dei civili, ma non farlo a spot, farlo prendendo una posizione ferma e urgente, chiedendo che si parli del dramma dei civili e si ascoltino le loro voci, senza lasciarle soffocare dalle grida dei violenti guerrafondai. I piccoli angeli morti nella sacralità delle loro case, i giovani uccisi in piazza mentre cantavano libertà, gli innocenti inghiottiti dal mare mentre tentavano di fuggire dalla morte, meritano rispetto e considerazione, non di finire nel dimenticatoio o, peggio ancora, di essere inseriti nell’elenco degli “effetti collaterali di una guerra”. La guerra è crimine contro l’umanità intera.

 

 

Fonte:

http://diariodisiria.wordpress.com/2014/07/24/siria-isis-e-linfibulazione-dei-cervelli/

L’ ISIS, uno Stato senza Stato legittimato da Assad

giugno 30, 2014

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di Elena Calogiuri – inviata in Siria

Lunedì 16 giugno il regime siriano ha dato all’ISIS dodici ore di tempo per evacuare la città di Raqqa prima di iniziare a colpirla con raid aerei. Magnanimi, dato che per gli attacchi con barili esplosivi sulle zone libere del FSA non ha mai dato preannunci. Così martedì mattina ha lanciato quattro missili provocando la distruzione di varie zone ma nessun morto; sette i civili feriti, sempre loro a rimetterci, mentre l’ISIS aveva evacuato la zona già nella notte. I primi tentativi, volti a colpire la sede centrale, falliscono.

Poi un altro raid, questa è la volta buona che a venir distrutto è il quartier generale. Martedì 24 dei droni colpiscono l’ISIS alla frontiera siriana-iraqena; gira voce che siano americani o siriani. Kerry smentisce; ad aver colpito l’ISIS, una seconda volta, è il regime siriano. Mercoledì 25 giugno l’Esercito siriano colpisce ancora Raqqa, mirando però ai luoghi pubblici e non ai tribunali, né alle sedi amministrative degli estremisti. L’ambigua Syrian Observatory for Human Rights riporta 19 morti e molti feriti.

Apparentemente, per chi legge la notizia ora e per chi, da soli pochi giorni sa cosa significa la sigla ISIS perché, all’irrefrenabile corsa degli estremisti in Iraq è seguito il terrore degli occidentali sfogato sui media nazionali, non vi sarebbe nulla per cui scomporsi. Per chi, invece, segue la guerra siriana da tempo, sa che il governo siriano considera gli adepti dell’organizzazione criminale-terroristica quali mercenari da pagare per “liberare” la Siria dal FSA. Peccato che ai 5,500 stranieri occidentali e agli altri 5000 adepti dell’ISIS non importi nulla del motivo per cui lotta l’Esercito siriano regolare e che, la loro guerra, è spinta da ideali e obiettivi completamente differenti.

C’è quindi da sorprendersi se Assad, che sino a poche settimane fa si muoveva a braccetto con ISIS nella regione orientale di Deir ez Ezor (il regime a sud, gli estremisti a nord) ora decida di bombardare, simbolicamente, la roccaforte dell’ISIS. Che Assad se ne sia finalmente accorto del grave errore che ha commesso immettendo l’ISIS in Siria?

Il dittatore siriano, infatti, dal momento in cui ha permesso l’immissione dei jihadisti dell’ISIS nel Paese, ha automaticamente legittimato la loro organizzazione che, prima ancora di essere terroristica, è criminale, dando loro modo di acquisire potere (sociale, economico, territoriale) e di mirare ad aspettative solite di un’istituzione governativa. Prima fra tutte la costituzione di uno stato territoriale che, ufficialmente, non possiedono. L’ISIS è l’abbreviazione di Stato islamico dell’Iraq e del Levante (o dell’Iraq e della Siria) ma, nei fatti, non è ancora uno stato e il nome stesso con cui si definisce fa comprendere la sua prima, pericolosa ambizione.

L’ISIS è uno stato senza stato, un’organizzazione criminale che non ha riconoscenza governativa, ha un popolo, pericoloso e violento, che ha bisogno di un territorio, territorio che riguarda appunto la Siria, l’Iraq e, a giudicare da ciò che pubblicano e dagli eventi degli ultimi tempi, l’intero territorio medio orientale, per certo l’Iran. L’acume di Assad non è arrivato a comprendere che, permettendo a costoro di penetrare in Siria si sarebbe torto con le sue stesse mani, giocandosi il suo potere ma, sopratutto, il presente e il futuro della Siria. Assad ha legittimato l’esistenza dell’ISIS, innalzandola al livello di un’organizzazione governativa e dando loro una terra futura, uno Stato territoriale che non possiedono o, almeno, non possedevano.

In linea con questa ipotesi Assad, presa coscienza dell’errore che ha commesso, ora avrebbe deciso, di punto in bianco, di devastare, oltre che i civili e i soldati dell’Esercito siriano libero, anche i suoi (ex) dipendenti, ormai divenuti una minaccia. Dipendenti, tra l’altro, che non hanno mai riconosciuto l’autorità del capo.
Un’altra teoria, coerentemente con le sceneggiate assadiane che hanno raggiunto il culmine con la farsa delle elezioni nei primi di giugno, seguirebbe questo ragionamento: dal momento che l’ISIS, satollo abbastanza di armi e di adepti accalappiati con l’azione in Siria dove ha deposto fieramente le sue bandiere nere dalla scritta bianca “Dio è unico, non c’è Dio all’infuori di me” ha deciso di tornare nella casa iraqena per concentrarsi tutto ad Oriente, annunciando nei social network che finito con l’Iraq volgeranno all’Iran, e dal momento in cui quest’azione ha suscitato la preoccupazione di tutto il mondo occidentale, Assad ha deciso bene di sceneggiare un’altra farsa.

All’inarrestabile traversata dell’ISIS che, in pochissimi giorni, li ha visti conquistare il border siriano-iraqeno, la città di Mosul (banca con 450 milioni di dollari compresa), raffinerie petrolifere (tra cui la più importante del Paese, Bajii) è seguita (e segue) l’attenzione mediatica che il premuroso Assad tiene a manipolare. Troppi occhi che guardano, troppe domande: da dove viene l’ISIS, dov’è attualmente l’ISIS? Chi combatte contro e con l’ISIS? In tre anni di guerra siriana, e in due (di silenzio occidentale) in cui l’ISIS è in Siria, il regime non ha mai osato attaccare o osteggiare l’organizzazione terroristica, permettendo che si impossessasse di un quarto e più del territorio siriano, permettendo che eseguisse condanne, fucilazioni, decapitazioni, che esercitasse prematuramente la sha’ria, che costruisse i suoi centri di potere e i suoi tribunali dalle strutture rettangolari e dai muri neri. Permettendo che, il “virus Daesh” lievitasse ben bene.

Quando poi è divenuto talmente grande da non starci più in Siria, tornando quindi in Iraq, e l’Occidente, allora, America per prima, ha iniziato a preoccuparsi per le ricchezze del Paese fiutando nell’aria una guerra già combattuta dieci anni fa, Assad si è sentito osservato da troppi occhi. Allora ha deciso di far credere al mondo di combattere l’ISIS, di eseguire raid aerei sul centro di potere degli estremisti e sul confine con l’Iraq.

Insomma, tre raid che sono stati preannunciati da 12 ore di preavviso e che hanno ucciso solo civili per far credere che anche lui, come l’Occidente, come l’ESL, come gli amici sciiti combatte contro l’ISIS. I pro Assad scriveranno sul web, sui commenti ai post dei media e anche sui giornali che questa è un’evidente prova di come il regime lotti, sin dal 2011, contro gli estremisti, ma chi ha acume rivoluzionario noterà che questa è solo una delle tante mosse di Assad di far credere al mondo di lottare sin dall’inizio una guerra contro l’estremismo religioso e di avere tutto il diritto di continuare imperterrito il suo democratico, stoico (alle nefandezze della guerra sicuro!) mandato.

 

 
Fonte:
http://caratteriliberi.eu/2014/06/30/mondo/l-isis-legittimato-assad/

OFFENSIVA DELLO “STATO ISLAMICO IN IRAQ E LEVANTE”: ISIL CONQUISTA LARGA PARTE DELL’IRAQ OCCIDENTALE

Dal blog di Fouad Roueiha: