PERCHE’ DI NUOVO LA FREEDOM FLOTILLA

Posted on 12 maggio 2015 by paola

ship to gaza marianne
Freedom Flotilla Italia ribadisce le ragioni politiche espresse ieri dal comunicato stampa di Ship to Gaza che il 10/5 ha messo in mare Marianne, la prima imbarcazione della Freedom Flotilla III, direzione Gaza. Marianne si unirà ad altre imbarcazioni della Freedom Flotilla e assieme faranno l’ennesimo tentativo di interrompere il disumano, illegale blocco della popolazione di Gaza assediata in una striscia costiera tra Israele e l’Egitto.
Quante imbarcazioni costituiranno la Freedom Flotilla III dipende dai contributi di ciascuna campagna della coalizione internazionale della Freedom Flotilla e di ciascuno di noi. Nessuna donazione è troppo piccola, ciascuno contribuisce in base alle proprie possibilità
• Bonifico , conto APRIAMO GAZA IL PORTO DELLA PALESTINA, IBAN: IT33 L 07601 03200 0010 2500 2419
• Carta di Credito, paypal, postepay, carta prepagata, tramite pagina crowdfunding
• Bollettino postale o versamento sul conto APRIAMO GAZA IL PORTO DELLA PALESTINA, c/c 10 2500 2419
Per maggiori informazioni sulla raccolta fondi leggi qui
Traduzione dalla versione originale di Ship to Gaza :
“(…)Una obiezione ovvia ci viene fatta: non abbiamo bisogno di barche per altri scopi nel Mediterraneo?
Le persone sono costrette a scappare dalla guerra per salvare la vita e fuggire da persecuzioni in Medio Oriente e in Nord Africa. Trafficanti cinici si arricchiscono trasportando carichi umani con imbarcazioni ad alto rischio. In altre zone della regione, tra cui Gaza, le persone non possono neanche fuggire dalle proprie case bombardate. L’assedio Israelo/Egiziano è virtualmente totale.
Di conseguenza, la catastrofe nel Mediterraneo e il catastrofico blocco di Gaza sono in relazione. Entrambi sono causati da politiche misantropiche, regimi dispotici, stati fatiscenti. Entrambi con il consenso di una “comunità internazionale” che preferisce guardare altrove piuttosto che assumersi le proprie responsabilità. In questa situazione, organizzazioni umanitarie come Ship to Gaza e Medici Senza Frontiere sono costretti ad agire e inviare imbarcazioni a Gaza City e Tripoli per far progredire la dignità umana.
Un’ altra obiezione è prevedibile come lo spam nelle nostre caselle di posta. Il blocco di Gaza non è forse causato dal fatto che l’area è governata da Hamas, da cui Israele ed Egitto devono difendersi? Questo è il messaggio strombazzato dal governo della destra israeliana e relativi megafoni. Di recente, in un editoriale su Dagens Nyheter (4 Mggio) l’editore ripeteva una descrizione retorica che è diventata un mantra nei giornali mediorientali e che trasforma il punto principale in secondario, e viceversa. Per dirla chiaramente : il problema principale non è il blocco Israelo/Egiziano, ma il governo di Hamas. Il blocco e l’occupazione Israeliana sono trasformati in problemi secondari. Con questa premessa, sostengono che i bombardamenti israeliani non sono diretti contro un milione e settecentomila palestinesi, ma contro Hamas.
La fallacità di questa visione diventa spaventosamente chiara quando si leggono le testimonianze che l’organizzazione israeliana Breaking the Silence ha raccolto e diffuso la scorsa settimana. Soldati israeliani raccontano di aver ricevuto ordini precisi di non fare distinzioni tra obiettivi militari e civili quando attaccarono Gaza il 17 luglio dello scorso anno. Nella terminologia di guerra israeliana “Hamas” significa qualsiasi cosa sia palestinese, ogni essere umano a Gaza.
Non è una coincidenza che Ship to Gaza invii un peschereccio a Gaza questa volta. Il blocco, che dura da nove anni, priva la popolazione assediata della libertà di movimento, di commercio, di assistenza medica, priva la popolazione di sicurezza alimentare e diritto all’istruzione. I pescatori palestinesi, a cui la forza di occupazione israeliana vieta di pescare oltre le 6 miglia nautiche dalla costa, sono soggetti a minacce quotidiane, attacchi e confische delle imbarcazioni.
Al pari della Estelle nel 2012, Marianne si fermerà in numerosi porti durante il proprio viaggio, ci saranno eventi pubblici in sostegno alla fine del blocco di Gaza. Dopo Goteborg, si fermerà a Malmo/Copenhagen e poi giù verso la costa europea. Marianne si unirà ad altre navi della Freedom Flotilla Coalition nel mediterraneo orientale e poi assieme si dirigeranno verso Gaza City. Per consentire una pace giusta e fare in modo che lo stato di Palestina, che la Svezia e molti altri stati hanno già riconosciuto, possa funzionare, Ship to Gaza chiede :
• la cessazione immediata dell’assedio;
• l’apertura e il funzionamento di un porto a Gaza City;
• l’apertura di una via di trasporto in sicurezza tra la Cisgiordania e la Striscia di Gaza.
Spokespersons
Ann Ighe: +46 709 740 739 Dror Feiler: +46 702 855 777 Victoria Strand: +46 727 356 564
Media Contact
[email protected]
Media co-ordinator: Staffan Granér – +46 70 35 49 687
Stay updated
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Fonte:

http://www.freedomflotilla.it/2015/05/12/perche-di-nuovo-la-freedom-flotilla/

LA FREEDOM FLOTILLA 3 HA BISOGNO DEL NOSTRO CONTRIBUTO PER PARTIRE

http://www.freedomflotilla.it/wp-content/uploads/2015/04/Apriamo-Gaza.jpg

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Freedom Flotilla Italia e la Coalizione Internazionale della Freedom Flotilla stanno organizzando una flottiglia che partirà entro la prima metà del 2015 verso Gaza, per sfidare ancora una volta l’illegale blocco israeliano della Striscia.
Le Freedom Flotille sono iniziative di base, autofinanziate, e sono sempre state realizzate grazie ai contributi versati dalle persone di coscienza in tutto il mondo. A queste persone di coscienza ci rivolgiamo adesso, per chiedere di contribuire alla realizzazione della Freedom Flotilla 3.
La campagna italiana Apriamo Gaza, il porto della Palestina include anche il lancio di due nuovi progetti : uno scuolabus e un centro per le donne a Gaza, che porteremo avanti anche dopo la partenza della FF3.
La popolazione di Gaza, sotto assedio oramai da più di nove anni, ha bisogno di solidarietà, di sostegno immediato per continuare a resistere. Ma ha bisogno anche di azioni politiche, di lotta, di sfida diretta all’assedio, coordinate a livello internazionale, che siano in grado di riportare l’attenzione delle istituzioni internazionali sul blocco di Gaza, per cambiare definitivamente lo stato di fatto.
Dopo l’attacco violento della marina israeliana alla prima Freedom Flotilla, il Parlamento Europeo votò la Risoluzione P7-TA-2010-0235 che al punto 6 sollecita gli stati membri a “fare i passi necessari per assicurare la sostenibilità dell’apertura di tutti i valichi da e per Gaza, tra cui il porto di Gaza, con adeguato monitoraggio internazionale dell’utilizzo finale, per consentire il passaggio senza impedimenti delle merci umanitarie e commerciali necessarie per la ricostruzione e un’economia indipendente, come pure i flussi di valuta e la libera circolazione delle persone.”
Nel frattempo, Gaza è ancora sotto blocco, il porto è chiuso e quei “passi necessari” non sono stati ancora fatti.
Al contrario, la situazione umanitaria a Gaza è più critica che mai e peggiora giorno dopo giorno. L’apatia dei media e l’inattività (quando non la connivenza) di molti dei nostri governi costringe noi, le organizzazioni di base, a farci carico della sfida al blocco. Le nostre flottiglie continueranno a navigare finché il blocco illegale di Gaza avrà fine in modo definitivo.
La data di partenza della FF3 si avvicina, abbiamo bisogno del sostegno di tutti: morale, politico e finanziario.
Nessuna donazione è troppo piccola o troppo grande.

Insieme metteremo fine al blocco di Gaza.

 
Freedom Flotilla Italia
Amici della Mezzaluna Rossa Palestinese
Comunità Palestinese di Roma e del Lazio

 

Fonte:

http://www.freedomflotilla.it/2015/04/19/abbiamo-bisogno-del-tuo-contributo-per-partire/

SHIP TO GAZA HA VINTO LA CAUSA – ISRAELE DEVE RESTITUIRE S/V ESTELLE

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31/8/214 Comunicato stampa di Ship to Gaza Svezia  http://newsletter.shiptogaza.se/?mId=1409513335

 Oggi, (31 agosto) una corte Israeliana ha emesso il verdetto per il caso Ship to Gaza Svezia contro il governo Israeliano, riguardante i diritti sulla S/V Estelle. Il verdetto è completamente a favore dell’istanza di Ship to Gaza. Originata quando alla richiesta di Ship to Gaza di avere indietro Estelle, lo stato Israeliano aveva risposto chiedendo invece che fosse confiscata. La corte ha rifiutato questa istanza confermando invece i diritti della nostra organizzazione. Inoltre, lo stato di Israele pagherà le spese legali.

La S/V Estelle fu utilizzata dalla Coalizione della Freedom Flotilla per un’azione volta a interrompere il blocco di Gaza nel 2012. Allora percorse 5000 miglia nautiche dal Mar Baltico fino al Mediterraneo Orientale, prima di essere dirottata dalla marina israeliana, a 30 miglia circa dalle coste di Gaza. Da allora, la barca e il suo cargo sono stati trattenuti dallo stato di Israele . Questo è contro la legge internazionale e anche quella israeliana e Ship to Gaza ha sempre mantenuto una posizione ferma su questo punto.  Dror Feiler, portavoce di Ship to Gaza Svezia afferma : “Reiteriamo la nostra richiesta di restituzione immediata della barca e del suo cargo, e di pagamento degli eventuali danni riportati durante la cattura”

Contatti :
Media co-ordinator: Staffan Granér – +46 70 35 49 687
[email protected]

 

 

 

 

Fonte:

http://www.freedomflotilla.it/2014/08/31/ship-to-gaza-ha-vinto-la-causa-israele-deve-restituire-sv-estelle/

LA FREEDOM FLOTILLA RIPARTE PER ROMPERE L’ASSEDIO DI GAZA

Posted on 12 agosto 2014 by

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12 Agosto 2014

La Freedom Flotilla Coalition salpa di nuovo verso Gaza: in risposta alla aggressione israeliana ed alla complicità dei governi del mondo. La Freedom Flotilla Coalition (FFC) si è riunita ad Istanbul, all’ombra dell’ultima aggressione israeliana a Gaza. Asistiamo ad atrocità commessecontro una popolazione che era già sotto assedio. Nei due giorni di meeting (10-11 Agosto), la FFC ha concluso che è responsabilità della società civile di tutto il mondo salpare verso Gaze e sfidare il blocco israeliano, fonte della maggior parte dei problemi che affliggono la popolazione palestinese di Gaza.
Abbiamo intenzione di salpare nel corso del 2014, dichiarato anno internazionale di solidarietà con il popolo palestinese da parte delle Nazioni Unite: http://unispal.un.org/unispal.nsf/solidarity.htm?OpenForm
Questa iniziativa, che segue le orme delle flottiglie del 2010 e del 2011, così come altri tentativi di sfidare il blocco di Gaza (tra il 2008 ed il 2014), spera di coinvolgere una partecipazione internazionale più ampia e diversificata. Questa nuova flottiglia è un riflesso della crescente solidarietà di tutto il mondo con il popolo palestinese: dagli Stati Uniti alla Malesia, dalla Scandinavia al Sud Africa.
“Gli appelli a porre fine al blocco di Gaza devono passare dalle parole ai fatti” – dice Ann Ighe, presidentessa di Ship to Gaza Sweden e membro della FFC – “Invitiamo tutti i cittadini interessati del mondo, a partecipare a questa iniziativa in ogni modo possibile”.
Si prevede che queste barche trasportino prodotti commerciali palestinesi, acquistati da compratori internazionali, così da completare il lavoro dell’Arca di Gaza, la nave cargo costruita da palestinesi e FFC a Gaza, bombardata da Israele l’11 Luglio.
“Invitiamo tutti i governi a difendere i Diritti Umani e il diritto della popolazione palestinese alla libertà di movimento, per facilitare la navigazione delle nostre barche a Gaza. E’ loro responsabilità” – aggiunge Ehab Lotayef, della coalizione.
Oltre a salpare verso Gaza, la FFC organizzerà manifestazioni in mare e nei porti del mondo nei prossimi mesi. Insieme ad altri progetti, l’iniziativa supporterà il diritto dei palestinesi a gestire le linee marittime internazionali, all’interno e all’esterno del porto di Gaza.
Sosteniamo la richiesta palestinese di aprire il porto di Gaza al traffico marittimo internazionale. La FFC lavorerà inoltre sul gemellaggio di Gaza city con altri porti sul Mediterraneo e non solo, come segno di solidarietà e sostegno.
Infine, dichiariamo che quello che facciamo sono azioni pacifiche, non governative, condotte dalla società civile.

I membri della Freedom Flotilla Coalition:

European Campaign to End the Siege on Gaza
Freedom Flotilla Italia
Gaza’s Ark
IHH
International Committee for Breaking the Siege on Gaza (ICBSG)
Rumbo a Gaza
Ship to Gaza Greece
Ship to Gaza Norway
Ship to Gaza Sweden

altri partecipanti al progetto:

Palestine Solidarity Alliance – South Africa
Free Gaza
Haluan Palestin – Malaysia
Life Line to Gaza – Jordan
Miles of Smiles
Sahabat Al-Aqsha – Indonesia

 

 

 

Fonte:

http://www.freedomflotilla.it/2014/08/12/la-freedom-flotilla-riparte-per-rompere-lassedio-di-gaza/

APPELLO PER UNA SOTTOSCRIZIONE STRAORDINARIA IN FAVORE DELL’OSPEDALE AL AWDA E DELLE ALTRE STRUTTURE DELL’UNION OF HEALTH WORK COMMITTEES OPERANTI NELLA STRISCIA DI GAZA

Posted on 1 agosto 2014 by

al awda

L’aggressione israeliana contro i Palestinesi della Striscia di Gaza si è rivelata ancora più feroce e distruttiva dell’operazione “Piombo Fuso”. I morti sono quasi 1.500, i feriti migliaia, le distruzioni sono immani, in un territorio che si trovava già al limite del collasso a causa del pluriennale assedio israeliano, con la complicità del regime egiziano. Le infrastrutture della Striscia sono state distrutte dai bombardamenti israeliani, che non risparmiano nemmeno gli ospedali ed i centri di ospitalità dell’ONU.
L’ospedale Al Awda, nel nord della Striscia di Gaza, è il solo presidio sanitario in uno dei territori più colpiti dalla violenza dell’aggressione israeliana. Anni di rapporto fraterno ci legano all’ospedale Al Awda ed ai suoi medici, infermieri, volontari. Conosciamo le difficoltà che incontrano nel loro lavoro in favore dei settori più poveri e disagiati della popolazione palestinese, il loro impegno per garantire il diritto alla salute ed i diritti e la dignità delle donne palestinesi, come è prassi per tutti gli operatori e le operatrici della rete di associazioni di cui, oltre all’ospedale Al Awda ed altri ambulatori, fa parte anche l’associazione “Ghassan Kanafani”, nostro partner nella realizzazione dell’asilo “Vittorio Arrigoni”.
Lanciamo, quindi, un appello per una sottoscrizione straordinaria in favore dell’ospedale Al Awda e delle altre strutture dell’Union of Health Work Committees operanti nella Striscia di Gaza. In questo momento, è pressoché impossibile far giungere a Gaza medicinali ed altri aiuti umanitari, mentre è possibile far pervenire il denaro necessario per acquistare i materiali indispensabili, a cominciare dal carburante per i generatori, fonte di energia vitale a fronte della distruzione della sola centrale elettrica di Gaza.

LE DONAZIONI POSSONO ESSERE EFFETTUATE :

ON LINE : con carta di credito da questo sito (icona DONATE nella colonna a sinistra) sulla carta PayPal numero 5338750110925023

BONIFICO BANCARIO: Conto 5000 1000 65881 di Banca Prossima S.p.A. intestato a “Associazione Dima”

IBAN  IT83 Q033 5901 6001 0000 0065 881

A donazione effettuata, inviare mail a [email protected] con nome e mail, così sarete aggiunti alla lista dei donatori. Alla stessa mail potete scrivere per chiedere ulteriori informazioni.

 

 

 

Fonte:

http://www.freedomflotilla.it/2014/08/01/appello-per-una-sottoscrizione-straordinaria-in-favore-dellospedale-al-awda-e-delle-altre-strutture-dellunion-of-health-work-committees-operanti-nella-striscia-di-gaza/

 

UN NUOVA FREEDOM FLOTILLA PACIFICA VERSO GAZA

Posted on 28 luglio 2014 by

comunicato stampa
La Coalizione della Freedom Flotilla
Condanna l’attacco israeliano a Gaza, il blocco in atto e la complicità internazionale.

Pianifichiamo l’invio di una nuova Freedom Flotilla per sfidare il blocco

La Coalizione Internazionale della Freedom Flotilla (composta da campagne Inglesi, Francesi, Svedesi, Norvegesi, Spagnole, Italiane, Greche, Turche, Statunitensi, Canadesi e Australiane) condanna l’attacco militare israeliano contro i civili di Gaza, denuncia l’insuccesso della comunità internazionale nel fermare l’attacco, e rinnova l’opposizione al blocco economico imposto da Israele ai Palestinesi di Gaza e la collaborazione di altri governi.

Notiamo che la richiesta di rimuovere il blocco è un punto centrale dei colloqui in corso per fermare la violenza, e che i governi che rifiutano il blocco dovrebbero utilizzare la propria influenza ora per far sì che un accordo che pone fine alla violenza, ponga fine anche al blocco dannoso.

Contestualmente annunciamo che stiamo progettando una nuova Flotilla nel prossimo futuro, per sfidare l’assedio di Gaza, con partecipanti da tutto il mondo. Annunciamo la nostra intenzione di ripartire da Gaza trasportando prodotti palestinesi da esportazione, continuando così il lavoro dell’Arca di Gaza.

Siamo civili pacifici, che agiscono in solidarietà con il popolo palestinese, indipendenti da qualsiasi governo. Contrariamente a quanto espresso di recente da alcuni media, non abbiamo chiesto scorta militare, non abbiamo alcuna intenzione di farlo, e partiremo, come sempre, senza alcuna scorta militare.

La  Mavi Marmara,  la nave madre della Freedom Flotilla del 2010, che ha pagato il prezzo dell’assalto della marina militare israeliana che uccise  nove cittadini turchi e uno statunitense, sarà presto pronta ad unirsi alla Flotilla che trasporterà centinaia di attivisti pacifici da tutto il mondo.

Maggiori informazioni sui nostri piani saranno disponibili in poche settimane. Chiediamo ai sostenitori in tutto il mondo di stare allerta per gli  aggiornamenti e di prepararsi  a prender parte alla nostra campagna per far cadere il blocco israeliano di Gaza.

Freedom Flotilla Coalition:
European Campaign to end the Siege on Gaza
International Committee for Breaking the Siege on Gaza (ICBSG)
Freedom Flotilla Italia
Gaza’s Ark
IHH
Rumbo a Gaza
Ship to Gaza Greece
Ship to Gaza Norway
Ship to Gaza Sweden

Per maggiori informazioni:
Zohar Chamberlain Regev (Rumbo a Gaza/Spain)  +34 (647) 077-426   [email protected]
Dror Feiler (StG-Sweden)  +46 (70) 285-5777  [email protected]
İzzet Shahin (IHH/Turkey)  +90 (530) 341 2134  [email protected]
Ehab Lotayef (Gaza’s Ark/Canada)  +1 (514) 941-9792  [email protected]

 

 

Fonte:

http://www.freedomflotilla.it/2014/07/28/6203/

 

GAZA, LUGLIO 2014: UMANITA’ DOVE SEI? – PARTE PRIMA

Se le “democrazie” di tutto il mondo – compreso lo stato italiano – forniscono a Israele armi di distruzione di massa; se i media mainstream gridano allo scandalo di centinaia di razzi lanciati – che per fortuna non hanno fatto vittime ( e spero non ne faranno) – e chiamano terroristi i palestinesi, di cui la maggior parte donne e bambini, ammazzati come mosche; se i coloni israeliani si godono lo spettacolo dei bombardamenti seduti come a un cinema all’aperto e applaudendo a ogni esplosione; se Israele continua a fare vittime innocenti, dov’è l’umanità? Negli oltre cento martiri palestinesi di questi giorni.

D. Q.

 

Qui la foto che ritrae i coloni di Sderot mentre vanno al “cinema”:

“[…] gli abitanti di Sderot, nel sud di Israele, ieri notte hanno portato le loro sedie in cima alla collina che sovrasta la Striscia di Gaza per godersi lo spettacolo “cinematografico” dei bombardamenti: secondo il giornalista Allan Sorensen, che ha postato la foto su Twitter, gli spettatori applaudivano a al suono di ogni esplosione.”

sderot cinema

Fonte: Nena News

 

Qui un articolo de il manifesto sulle armi fornite a Israele:

Ecco il contributo dell’Italia ai raid dell’aviazione di Tel Aviv

— Manlio Dinucci,

Armi. La cooperazione sancita da una legge del 2005. Coinvolte le forze armate all’interno di un vincolo di segretezza

I cac­cia­bom­bar­dieri che mar­tel­lano Gaza sono F-16 e F-15 for­niti dagli Usa a Israele (oltre 300, più altri aerei ed eli­cot­teri da guerra), insieme a migliaia di mis­sili e bombe a guida satel­li­tare e laser.

Come docu­menta il Ser­vi­zio di ricerca del Con­gresso Usa (11 aprile 2014), Washing­ton si è impe­gnato a for­nire a Israele, nel 2009–2018, un aiuto mili­tare di 30 miliardi di dol­lari, cui l’amministrazione Obama ha aggiunto nel 2014 oltre mezzo miliardo per lo svi­luppo di sistemi anti-razzi e anti-missili. Israele dispone a Washing­ton di una sorta di cassa con­ti­nua per l’acquisto di armi sta­tu­ni­tensi, tra cui sono pre­vi­sti 19 F-35 del costo di 2,7 miliardi. Può inol­tre usare, in caso di neces­sità, le potenti armi stoc­cate nel «Depo­sito Usa di emer­genza in Israele». Al con­fronto, l’armamento pale­sti­nese equi­vale a quello di chi, inqua­drato da un tira­tore scelto nel mirino tele­sco­pico di un fucile di pre­ci­sione, cerca di difen­dersi lan­cian­do­gli il razzo di un fuoco artificiale.

Un con­si­stente aiuto mili­tare a Israele viene anche dalle mag­giori potenze euro­pee. La Ger­ma­nia gli ha for­nito 5 sot­to­ma­rini Dol­phin (di cui due rega­lati) e tra poco ne con­se­gnerà un sesto. I sot­to­ma­rini sono stati modi­fi­cati per lan­ciare mis­sili da cro­ciera nucleari a lungo rag­gio, i Popeye Turbo deri­vati da quelli Usa, che pos­sono col­pire un obiet­tivo a 1500 km. L’Italia sta for­nendo a Israele i primi dei 30 veli­voli M-346 da adde­stra­mento avan­zato, costruiti da Ale­nia Aer­mac­chi (Fin­mec­ca­nica), che pos­sono essere usati anche come cac­cia per l’attacco al suolo in ope­ra­zioni bel­li­che reali.

La for­ni­tura dei cac­cia M-346 costi­tui­sce solo una pic­cola parte della coo­pe­ra­zione mili­tare italo-israeliana, isti­tu­zio­na­liz­zata dalla Legge n. 94 del 17 mag­gio 2005. Essa coin­volge le forze armate e l’industria mili­tare del nostro paese in atti­vità di cui nes­suno (nep­pure in par­la­mento) viene messo a cono­scenza. La legge sta­bi­li­sce infatti che tali atti­vità sono «sog­gette all’accordo sulla sicu­rezza» e quindi segrete. Poi­ché Israele pos­siede armi nucleari, alte tec­no­lo­gie ita­liane pos­sono essere segre­ta­mente uti­liz­zate per poten­ziare le capa­cità di attacco dei vet­tori nucleari israe­liani. Pos­sono essere anche usate per ren­dere ancora più letali le armi «con­ven­zio­nali» usate dalla forze armate israe­liane con­tro i palestinesi.

La coo­pe­ra­zione mili­tare italo-israeliana si è inten­si­fi­cata quando il 2 dicem­bre 2008, tre set­ti­mane prima dell’operazione israe­liana «Piombo fuso» a Gaza, la Nato ha rati­fi­cato il «Pro­gramma di coo­pe­ra­zione indi­vi­duale» con Israele. Esso com­prende: scam­bio di infor­ma­zioni tra i ser­vizi di intel­li­gence, con­nes­sione di Israele al sistema elet­tro­nico Nato, coo­pe­ra­zione nel set­tore degli arma­menti, aumento delle eser­ci­ta­zioni mili­tari con­giunte.
In tale qua­dro rien­tra la «Blue Flag», la più grande eser­ci­ta­zione di guerra aerea mai svol­tasi in Israele, cui hanno par­te­ci­pato nel novem­bre 2013 Stati uniti, Ita­lia e Gre­cia. La «Blue Flag» è ser­vita a inte­grare nella Nato le forze aeree israe­liane, che ave­vano prima effet­tuato eser­ci­ta­zioni con­giunte solo con sin­goli paesi dell’Alleanza, come quelle a Deci­mo­mannu con l’aeronautica ita­liana. Le forze aeree israe­liane, sot­to­li­nea il gene­rale Ami­kam Nor­kin, stanno spe­ri­men­tando nuove pro­ce­dure per poten­ziare la pro­pria capa­cità, «accre­scendo di dieci volte il numero di obiet­tivi che ven­gono indi­vi­duati e distrutti». Ciò che sta facendo in que­sto momento a Gaza, gra­zie anche al con­tri­buto italiano.

Fonte:

http://ilmanifesto.info/ecco-il-contributo-dellitalia-ai-raid-dellaviazione-di-tel-aviv/

 

Qui gli ultimi aggiornamenti da Nena News:

11 lug 2014
by Redazione

Israele intima a 100mila gazawi residenti a Beit Lahiya e Beit Hanoun di lasciare le proprie case. Abbas fa lo stesso appello: “Negoziati falliti”. Obama si offre come mediatore

 

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Giorno 3 – giovedì 1o luglio

Giorno 2 – mercoledì 9 luglio

Giorno 1 – martedì 8 luglio

 

dalla redazione

AGGIORNAMENTO ore 18 – ONU: “L’ATTACCO ISRAELIANO POTREBBE VIOLARE IL DIRITTO INTERNAZIONALE”

Secondo l’ufficio per i diritti umani delle Nazioni Unite, l’operazione israeliana in corso contro Gaza solleva dubbi sul rispetto del diritto internazionale, il diritto internazionale umanitario e quello di guerra. La portavoce, Ravina Shamdasani, ha detto che l’ufficio ha ricevuto rapporti su “numerose vittime civili, compresi bambini, dovuti al bombardamento di case. Tali rapporti sollevano dubbi sul rispetto da parte israeliana del diritto internazionale”. La Shamdasani ha aggiunto che gli attacchi alle case sono una violazione del diritto di guerra a meno che non siano usate per fini militari, ma che “in caso di dubbio, se l’edificio è normalmente utilizzato per fini civili, come abitazione, non può essere considerato un target legittimo”.

 

AGGIORNAMENTO ore 17.30 – COLPITA LA MOSCHEA DI ZEITOUN

La moschea del quartiere di Zeitoun è stata colpita dall’aviazione israeliana dopo la preghiera del venerdì. Almeno sette i feriti.

 

AGGIORNAMENTO ore 15.15 – HAMAS MINACCIA: “COLPIREMO L’AEROPORTO DI TEL AVIV”

Le Brigate Al Qassam, braccio armato di Hamas, hanno emesso un comunicato diretto alle compagnie aeree internazionali, nel quale avvertono dell’intenzione di colpire con i missili l’aeroporto Ben Gurion di Tel Aviv, perché sede della base aerea militare n. 27.  ”Decliniamo ogni responsabilità legale e etica per danni ai vostri passeggeri o ai vostri aerei da e per il suddetto aeroporto”, si legge nel comunicato. Secondo l’Autorità israeliana per gli aeroporti, le attività dello scalo sono state sospese per 10 minuti dopo l’allarme lanciato da una sirena di emergenza, ma tutti i voli programmati sono partiti e arrivati senza problemi.

AGGIORNAMENTO ORE 14.10: LE REAZIONI INTERNAZIONALI

OIC: L’organizzazione per la Cooperazione islamica ha condannato i continui raid israeliani su Gaza e ha esortato il  Consiglio di Sicurezza dell’Onu a impegnarsi per il cessate-il-fuoco.

TURCHIA: Il primo ministro turco Recep Tayyip Erdogan avverte Tel Aviv: “Fermate l’oppressione, altrimenti la distensione dei rapporti tra Turchia e Israele non sarà possibile”.

Le relazioni tra i due Paesi erano precipitate ai minimi storici nel 2010, in seguito al blitz delle forze speciali israeliane sula Mavi Marmara, una delle navi della Freedom Flotilla che tentava in maniera pacifica di rompere il blocco su Gaza. Nell’assalto, avvenuto in acque internazionali, erano stati uccisi nove attivisti turchi. L’azione aveva provocato l’espulsione l’ambasciatore israeliano, la richiesta di scuse formali, di un risarcimento per le vittime e della fine dell’embargo sulla Striscia.

Lo crisi diplomatica tra i due Paesi, trasformatasi in uno stallo delle relazioni, è durata oltre un anno e la svolta, che dovrebbe portare a una normalizzazione, è arrivata con l’intervento del presidente Usa, Barack Obama.

Ieri Erdogan, candidato per le presidenziali di agosto, ha detto che sebbene le prime due condizioni – scuse e risarcimento – siano state soddisfatte, l’operazione militare contro Gaza mostra che Israele non ha intenzione di soddisfare la terza condizione posta da Ankara, cioè la fine dell’embargo. Condizione che comunque Tel Aviv non sembrava affatto intenzionata a soddisfare.  Nena News

 

AGGIORNAMENTO ORE 13.15: L’Egitto ha chiuso il valico di Rafah dopo appena un giorno di apertura durante il quale sono riuscite a passare soltanto 11 persone. Nei raid israeliani sono stati feriti 600 palestinesi e il Cairo aveva aperto il valico ieri per consentire ai feriti gravi di curarsi in Egitto.

 

AGGIORNAMENTO ORE 13.00: LE REAZIONI INTERNAZIONALI

EGITTO: Oggi il Cairo ha stigmatizzato l’attacco israeliano a Gaza, parlando di “oppressive politiche di punizione collettiva” con un impiego “eccessivo e non necessario della forza militare” che sta provocando la “morte di innocenti”.

Una critica che arriva dopo il rifiuto egiziano di mediare una cessate-il-fuoco tra Tel Aviv e Hamas, che aveva fatto sperare in una fine delle violenze. L’intervento egiziano era stato richiesto da Abbas che ieri ha dovuto arrendersi di fronte al diniego del Cairo.

Il ministero egiziano degli Esteri ha rivolto un appello alla cosiddetta comunità internazionale per il raggiungimento di quella tregua che però il Cairo non ha voluto mediare, come accaduto nel 2012 per la precedente campagna militare contro Gaza denominata ‘Pilastri di difesa’.

Da allora la situazione in Egitto è molto cambiata. Il golpe del 3 luglio dell’anno scorso ha portato al potere il generale Abdel Fattah al-Sisi, nemicoga giurato dei Fratelli Musulmani legati ad Hamas. Soltanto ieri l’Egitto ha aperto il valico di Rafah, l’unica via di fuga oltre a Erez controllato dagli israeliani, per consentire il passaggio dei feriti più gravi. Nena News

 

AGGIORNAMENTO ORE 12.00: Sono 11 le vittime della quarta notte consecutiva di raid israeliani sulla Striscia di Gaza, tra cui cinque membri della famiglia Ghannam la cui casa, a Rafah, è stata rasa al suolo. L’offensiva denominata ‘Barriera Protettiva’ sinora ha fatto cento morti tra i palestinesi intrappolati in questo piccolo lembo di terra e circa la metà sono donne e bambini. È la più grande operazione militare israeliana contro Hamas a Gaza dal 2012: sono stati colpiti 1.090 obiettivi, mentre i razzi lanciati dalla Striscia sarebbero 407 e altri 118 sono stati intercettati dal sistema di difesa israeliano Iron Dome, secondo quanto riferito dalle Forze armate israeliane.

Nonostante le dichiarazioni di Tel Aviv che parla di attacchi mirati, nel mirino dell’aviazione israeliana non ci sono soltanto basi di Hamas e della Jihad islamica, o gli edifici pubblici, ma le case di decine di famiglie di gazawi. Oltre 300 abitazioni private sono state distrutte o danneggiate e circa duemila persone sono rimaste senza casa.

Durante la notte la marina israeliana ha puntato i suoi cannoni sul porto di Gaza City, colpendo anche l’Arca di Gaza, l’imbarcazione già bruciata lo scorso aprile che avrebbero dovuto compiere un viaggio simbolico nel Mediterraneo per rompere l’embargo israeliano.

 

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L’allerta è alta per il timore di un’offensiva di terra. Israele ha schierato i suoi carri armati al confine, ha richiamato almeno 40.000 riservisti  e ieri ha bombardato il versante palestinese del valico di Erez. Sami Abu Zuhri, portavoce di Hamas, ha accusato di codardia gli israeliani, dicendo che un’offensiva di terra sarebbe un errore. In una dichiarazione separata, il braccio armato del movimento islamico che governa Gaza dal 2007, le Brigate al-Qassam, ha di fatto minacciato di rapire soldati israeliani: “Un’offensiva via terra sarebbe un’opportunità per i prigionieri palestinesi”.

TERRITORI OCCUPATI

C’è rabbia nei Territori Occupati per la sorte dei palestinesi di Gaza. Ieri sera Betlemme una marcia di solidarietà è finita in scontri con i soldati israeliani: almeno nove i feriti tra i palestinesi, tra cui un ragazzo colpito da un proiettile al piede. Intanto, nel secondo venerdì di Ramadan, le autorità israeliane hanno limitato l’accesso alla moschea di al-Aqsa. Nena News

 

AGGIORNAMENTO ORE 9.30: Un razzo sparato dalla Striscia di Gaza ha colpito una stazione di rifornimento nei pressi di Ashdod, stamattina, 28 chilometri dal nord di Gaza, provocando un’esplosione in cui sono rimaste ferite tre persone, di cui una in maniera grave, secondo quanto riferito da fonti israeliane.

Nella Striscia, invece, il bilancio delle vittime continua ad aumentare. Secondo il portavoce del Servizio di emergenza di Gaza, Ashraf al-Qudra, sono circa 95 i gazawi uccisi da quando è iniziata l’operazione ‘Barriera Protettiva’ quattro giorni fa.

AGGIORNAMENTO ORE 9.00: Due razzi sono stati lanciati dal Libano, dall’area di Hasbaya, alle 6.30 di stamattina e sono caduti nei pressi dell’insediamento di Kfar Yuval, senza provocare danni, secondo quanto riferito dalle Forze armate israeliane che hanno risposto con l’artiglieria.

 

Gerusalemme, 11 luglio 2014, Nena News – L’offensiva via terra si avvicina. La tragedia che soffoca Gaza potrebbe intensificarsi ancora di più: con una serie di sms il governo di Tel Aviv ha intimato a 100mila gazawi residenti nel nord della Striscia, a Beit Lahiya, Beit Hanoun e Abasan al-Saghira, di lasciare le proprie case. Il presidente dell’ANP Abbas – dopo aver annunciato il fallimento di ogni tentativo di dialogo anche attraverso la mediazione parziale dell’Egitto – ha fatto appello alla popolazione perché se ne vada nel timore di una carneficina.

Israele ha richiamato 20.000 riservisti e stanotte è entrata in azione la marina israeliana che ha lanciato almeno due missili verso il porto di Gaza City. In fiamme anche Arca di Gaza della FreedomFlotilla.

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Novanta palestinesi sono morti nei raid. Ogni tentativo diplomatico è fallito. Ieri, durante una riunione di emergenza del Consiglio di Sicurezza dell’Onu, il Segretario Generale Ban Ki-moon ha lanciato un appello al cessate-il-fuoco, mentre il presidente Usa, Barack Obama ha parlato con il premier Netanyahu offrendosi come mediatore per un cessate-il-fuoco con Hamas. Negli ultimi giorni sono stati lanciati circa 550 razzi dalla Striscia di Gaza, mentre i raid israeliani sono stati oltre 800.

Fonte:

LA MARINA ISRAELIANA DISTRUGGE L’ARCA DI GAZA

Guarda il video:
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11 lug 2014
by Redazione

Ieri notte la marina israeliana ha sparato missili verso la costa. Colpito il porto e distrutta l’Arca di Gaza. Sarebbe dovuta partire a settembre con a bordo prodotti tipici gazawi.

 

L'Arca di GAza distrutta (Foto: Michele Giorgio/Nena News)

L’Arca di GAza distrutta (Foto: Michele Giorgio/Nena News)

 

dalla redazione – video di Michele Giorgio

Gaza City, 11 luglio 2014, Nena News – Ieri notte, nell’ambito dell’operazione militare “Barriera Protettiva”, la Marina israeliana ha bombardato il porto di Gaza City. L’Arca di Gaza, progetto internazionale e palestinese della campagna Freedom Flotilla, sarebbe dovuta partire a settembre con a bordo prodotti tipici gazawi. L’obiettivo era quello di rompere l’assedio via mare, imposto da Israele contro la Striscia dal 2007, non dall’esterno come in passato, ma dall’interno.

L’Arca in precedenza doveva salpare la scorsa primavera ma ad aprile un incendio scoppiato durante la notte impedì la partenza. La nave fu rimessa in sesto, con l’obiettivo di salpare il prossimo settembre.

 

 

Fonte:

http://nena-news.it/video-la-marina-israeliana-distrugge-larca-di-gaza/

1 LUGLIO: IL COORDINAMENTO FREEDOM FLOTILLA DI ROMA INVITA TUTTE E TUTTI A PARTECIPARE AL SIT-IN PROMOSSO DAI GIOVANI PALESTINESI, OGGI ALLE 18.00 A PIAZZA VENEZIA

Posted on 1 luglio 2014 by

PIAZZA VENEZIA

 

Fonte:

http://www.freedomflotilla.it/2014/07/01/1-luglio-il-coordinamento-freedom-flotilla-di-roma-invita-tutte-e-tutti-a-partecipare-al-sit-in-promosso-dai-giovani-palestinesi-oggi-alle-18-00-a-piazza-venezia/

ASILO “VITTORIO ARRIGONI”: NOVITA’

Posted on 18 giugno 2014 by

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L’attività per l’apertura dell’asilo “Vittorio Arrigoni” a Gaza è in pieno svolgimento. Dobbiamo comunicare alcune novità che – non lo nascondiamo – ci hanno provocato qualche apprensione.
In breve, è avvenuto che il proprietario dello stabile di Gaza City opzionato dagli operatori dell’associazione “Ghassan Kanafani” (dopo che l’ipotesi di Khan Younis si era rivelata impraticabile a causa della lievitazione dei costi) ha pensato bene di pretendere molti più soldi di quanti ne erano stati pattuiti. Naturalmente, i compagni hanno rifiutato il ricatto, individuando immediatamente una nuova struttura che, a conti fatti, si è rivelata molto più vantaggiosa, da tutti i punti di vista.
La struttura sorge nel campo profughi di El Burej, nel centro della Striscia di Gaza. Il campo, sorto nel 1949, nel corso degli anni ha più che raddoppiato la popolazione, passando dagli originari 13.000 residenti agli attuali 29.000 profughi ufficialmente registrati dall’UNRWA (ma il totale dei residenti raggiunge le 35.000 unità). Come negli altri campi della Striscia, le condizioni di vita sono estremamente difficili: la densità della popolazione è altissima e non esistono impianti per lo smaltimento dei rifiuti, con i conseguenti pericoli continui per la salute collettiva. Le sole scuole esistenti sono quelle gestite dall’UNRWA, le quali non accolgono i bambini in età che qui da noi corrisponde a quella degli asili e delle scuole materne, cioè non prima del compimento del sesto anno, quando iniziano le scuole primarie, corrispondenti alle nostre elementari. L’asilo “Vittorio Arrigoni” sarà, dunque, la sola struttura a disposizione delle bambine e dei bambini più piccoli del campo e delle zone circostanti.

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Veniamo alla struttura: si tratta di un’ex scuola privata e dunque – a differenza dell’edificio di Gaza City – già completamente arredata ed in regola con le norme previste per l’edilizia scolastica, il che comporta un notevole risparmio, sia economico, sia in termini di tempo. Queste condizioni permetteranno l’apertura dell’asilo ancora prima di quanto originariamente previsto per l’inizio dell’anno scolastico, il prossimo 1 settembre: infatti, l’attività inizierà già da luglio, con un summer camp , mentre a settembre inizierà l’anno scolastico vero e proprio, con la capacità di accogliere più di un centinaio di bambine e bambini, che arriveranno a 200/250 quando l’asilo sarà a pieno regime.

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Ci dispiace per lo stress inferto alle tante persone ed associazioni che hanno contribuito e contribuiscono alla realizzazione del progetto, perché ci rendiamo conto che i cambiamenti di locazione possono aver generato preoccupazioni sul successo dell’iniziativa, ma dobbiamo dire con grande chiarezza che questo progetto è nato sulla base di un rapporto di fiducia nei confronti dei compagni dell’associazione “Ghassan Kanafani”, e che – stante la nostra forzata lontananza dai luoghi – senza questa fiducia, non ci saremmo certo lanciati in un’impresa del genere. La nostra fiducia nei compagni palestinesi non ha nulla di ingenuo, perché si fonda nella conoscenza del loro lavoro e nel rapporto che con loro si è sviluppato in questi anni, a partire dalla prima raccolta di fondi per l’ospedale Al Awda, subito dopo l’operazione “Piombo Fuso”, e dalla prima nostra delegazione che riuscì ad entrare a Gaza, nel marzo del 2009. Le difficoltà incontrate dai nostri amici sono state grandi, ma ancora più grande è stata la loro determinazione nell’affrontarle e superarle… non possiamo che essere orgogliosi di loro.
Il nostro lavoro non è finito. Innanzitutto, dobbiamo perseguire nell’iniziativa per il recupero dei 2.500 euro sequestrati dalla magistratura insieme a tutti gli altri beni presenti all’interno dell’Angelo Mai a Roma, sgomberato nei mesi scorsi ma recentemente riaperto e nuovamente in attività. Non ci sono informazioni sui tempi del dissequestro dei beni, anche se ci auguriamo che non siano troppo lunghi. In ogni caso, la sottoscrizione continua, almeno fino all’inizio dell’anno scolastico.
In secondo luogo, pensiamo che sia necessario ampliare e sviluppare ulteriormente il progetto, per esempio realizzando scambi culturali e visite sia fra i bambini palestinesi e quelli italiani, sia fra gli educatori palestinesi ed italiani, come avviene per le scuole in condizioni di normalità. Il problema è che Gaza, come tutta la Palestina occupata, non vive una situazione normale: è sotto assedio, con Israele che sigilla il mare e due lati del confine, mentre la giunta militare egiziana si occupa di sigillare il solo confine non controllato direttamente da Tel Aviv. Per realizzare compiutamente il progetto dell’asilo “Vittorio Arrigoni” è dunque necessario combattere l’assedio, riaprire al mondo la Striscia di Gaza, ed è per questo che siamo impegnati, insieme alla coalizione internazionale della Freedom Flotilla, nel sostegno all’Arca di Gaza, che sfiderà il blocco israeliano nei prossimi mesi. Sempre con Vik e la Palestina nel cuore.

P.S. Un grandissimo grazie al volontario italiano che ci ha inviato le nuove fotografie della struttura.

Fonte:

http://www.freedomflotilla.it/2014/06/18/asilo-vittorio-arrigoni-novita/