ActionAid e CONI per le favelas di Rio de Janeiro

ActionAid e CONI per le favelas di Rio de Janeiro

Lavoriamo insieme per dare delle reali opportunità ai bambini che vivono a Cidade de Deus e Rocinha, a due passi da Casa Italia e dal quartiere olimpico.

Per le Olimpiadi di Rio de Janeiro, il Comitato Olimpico Nazionale Italiano ha scelto ActionAid, in Brasile da oltre 20 anni, per finanziare due progetti destinati ai bambini di Cidade de Deus e Rocinha, dove vivono rispettivamente 60.000 e 180.000 persone in condizioni di estrema povertà e senza adeguati servizi e infrastrutture.

Cosa sono le favelas? Immensi slums, presenti in tutto il Sud America, che dagli anni Novanta in poi sono cresciuti a dismisura nei pressi delle città, spesso a pochi passi dai quartieri benestanti. Le case sono costruite con materiali di scarto, spesso dannosi per la salute come nel caso delle lamiere di Eternit e le infrastrutture (fognature, acquedotto per la fornitura di acqua potabile, elettricità) estremamente carenti, così come i servizi essenziali (scuola e sanità).

In queste baraccopoli vivono decine di migliaia di bambini, che spesso costituiscono la maggioranza della popolazione e che vengono, purtroppo, coinvolti nelle attività delle bande di narcotrafficanti come vedette o fattorini.

E’ in queste zone che siamo intervenuti per far sì che le Olimpiadi siano un’opportunità anche per gli abitanti delle favelas. Vogliamo creare spazi sicuri dove i bambini possano imparare, giocare, crescere, e che l’intera comunità riconosca come punti di aggregazione.

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Per questo, collaborando con partner locali e partendo dalle richieste della popolazione locale, abbiamo costruito e ristrutturato asili, biblioteche, sale giochi, campi da calcio, mense e orti biologici. Luoghi dove vengono portate avanti attività educative, ricreative e sportive, con l’obbiettivo finale di crescere e formare i cittadini del futuro.

Scopri di più nella sezione dedicata e aiutaci anche tu a portare avanti questi importanti progetti.

Le Olimpiadi devono essere una grande occasione per tutti.

Fonte:

https://www.actionaid.it/informati/notizie/actionaid-e-coni-per-le-favelas-di-rio-de-janeiro

AREA GRECANICA IN MOVIMENTO PROPONE PETIZIONE PER RIMUOVERE L’AMIANTO

Petizione per rimuovere l’amianto

Logo AREA GRECANICA IN MOVIMENTOArea Grecanica in Movimento propone una petizione, ai sensi dell’articolo 34 dello statuto comunale, contro la presenza di amianto nel comune di Melito di Porto Salvo.

L’amianto è una sostanza di natura minerale a base di silicio, in grado di formare fibre molto flessibili resistenti al calore e chimicamente inerti.

Per le sue proprietà isolanti, in passato, è stato largamente utilizzato: nella coibentazione di edifici, tetti, navi e treni; nella costruzione per l’edilizia sotto forma di composito fibro-cementizio, meglio noto come Eternit, per fabbricare tegole, pavimenti, tubazioni, vernici, canne fumarie; nei materiali d’attrito per i freni di veicoli e nelle guarnizioni ed, infine, come coadiuvante nella filtrazione dei vini.

Nel corso del tempo però studi scientifici hanno dimostrato che l’amianto ha un ruolo determinante nell’innesco del processo cancerogeno.

Per questo motivo, nel 1992, l’Italia è stato il primo paese europeo a metterlo al bando disponendone la rimozione e lo smaltimento.

Considerata la presenza capillare di eternit su tutto il territorio del comune di Melito di Porto Salvo, Area Grecanica in Movimento avvierà, per i prossimi tre fine settimana, una raccolta firme che si terrà presso il Lungomare dei Mille dalle ore 21:00 alle ore 24:00.

La relativa petizione sarà consegnata al Sindaco Meduri, in qualità di primo responsabile della salute pubblica della città, affinché emani un provvedimento comunale con cui disporre il censimento di tutte le opere, strutture e manufatti in eternit esistenti nel territorio del comune di Melito di Porto Salvo e ponga in sicurezza l’intera area attraverso un oculato piano di smaltimento o incapsulamento dei suindicate costruzioni allo scopo di eliminare o ridurre potenziali condizioni di rischio per la salute pubblica.

 

 

Fonte:

https://areagrecanicainmovimento.wordpress.com/2015/09/04/petizione-per-rimuovere-lamianto/

Eternit, la regola dell’ingiustizia

La tutela contro gli attacchi portati alla vita e alla salute dei lavoratori e dei cittadini in genere da lavorazioni pericolose o produttive di inquinamento ambientale è, nel nostro Paese, totalmente ineffettiva. Il tutto nell’attesa che il Parlamento definisca un’accettabile ipotesi di disastro ambientale (da anni inutilmente in discussione in Parlamento…)

Trent’anni fa, agli ope­rai della Eter­nit di Casale che chie­de­vano spie­ga­zioni su quella pol­vere bianca e sot­tile che si depo­si­tava sulle loro tute, i capi reparto rispon­de­vano di non pre­oc­cu­parsi e di imma­gi­nare di essere sulle spiagge dei Caraibi rese incan­te­voli da una sab­bia simile a quella. Intanto i con­su­lenti in pub­bli­che rela­zioni del magnate sviz­zero Ste­phan Sch­mi­d­heiny, ammi­ni­stra­tore della Eter­nit, ter­ro­riz­zato dalla even­tua­lità che gli effetti deva­stanti dell’amianto venis­sero alla luce, si impe­gna­vano a depi­stare la stampa e scri­ve­vano: «Il con­ti­nuo aumento di atten­zione dei mezzi di comu­ni­ca­zione nazio­nale nei con­fronti dell’amianto è allar­mante. Nono­stante le vicende citate (soprat­tutto il “con­ti­nuo rumore” a Casale Mon­fer­rato) siano docu­men­tate super­fi­cial­mente e (i media) si inte­res­sino solo di spe­ci­fici sog­getti locali, aumenta l’attenzione sulla que­stione amianto in gene­rale. Non si può esclu­dere che qual­cuno, pre­sto o tardi, metta insieme i diversi pezzi del puzzle e sol­levi un ben docu­men­tato caso amianto a livello nazio­nale (o inter­na­zio­nale), di cui l’Eternit sarà ine­vi­ta­bil­mente uno dei pro­ta­go­ni­sti prin­ci­pali» (così L. Gaino. Falsi di stampa, Edi­zioni Gruppo Abele, 2014).

Poi sono arri­vati i morti. Migliaia di morti. E in migliaia con­ti­nuano a morire. E qual­cuno — un pro­cu­ra­tore aggiunto e due sosti­tuti della Pro­cura di Torino — «ha messo insieme i diversi pezzi del puzzle». Così è ini­ziato un pro­cesso per «disa­stro doloso» con­tro i ver­tici di Eter­nit, con­clu­sosi con pesanti con­danne sia in primo che in secondo grado (dove Sch­mi­d­heiny è stato con­dan­nato a 18 anni di car­cere). Ma ieri la Corte di cas­sa­zione ha can­cel­lato con un tratto di penna la con­danna, affer­mando che il reato è ormai pre­scritto, cioè non più per­se­gui­bile in con­si­de­ra­zione del tempo tra­scorso. Non per la durata del pro­cesso (che, pur nella sua enorme com­ples­sità, si è con­su­mato, dall’udienza pre­li­mi­nare alla Cas­sa­zione, in cin­que anni) ma per­ché — qui sta il para­dosso — è pas­sato troppo tempo tra i com­por­ta­menti dell’imputato e le morti a esso con­se­guenti. In sin­tesi: la chiu­sura degli impianti con­se­guente al fal­li­mento di Eter­nit e, dun­que, i com­por­ta­menti dell’imputato risal­gono al 1986 e quanto è acca­duto dopo (cioè la morte di 2.191 per­sone) è una con­se­guenza del reato e non un ele­mento che incide sulla sua strut­tura. Que­sto, almeno, secondo la Cassazione…

Non è la prima volta che un pro­cesso per un disa­stro con­se­guente a lavo­ra­zioni peri­co­lose, nocive o inqui­nanti si con­clude senza col­pe­voli. Anzi ciò è, nel nostro Paese (e non solo), la regola: basti pen­sare a Porto Marghera.

E — va aggiunto — nubi assai cupe si adden­sano sui pros­simi pro­cessi per fatti ana­lo­ghi: da Vado Ligure a Taranto. Ancora una volta, dopo la sen­tenza, al pianto e alla dispe­ra­zione dei parenti delle vit­time, si affian­cano rea­zioni poli­ti­che che lasciano sgo­menti per la loro stru­men­ta­lità, prive come sono di ogni ana­lisi sulle ragioni per cui tutto que­sto è acca­duto e accade. Eppure almeno due con­si­de­ra­zioni si impongono.

Primo. C’è anzi­tutto, alla base di que­sti esiti, una col­pe­vole carenza legi­sla­tiva. La tutela con­tro gli attac­chi por­tati alla vita e alla salute dei lavo­ra­tori e dei cit­ta­dini in genere da lavo­ra­zioni peri­co­lose o pro­dut­tive di inqui­na­mento ambien­tale è, nel nostro Paese, total­mente inef­fet­tiva, affi­data com’è a reati con­trav­ven­zio­nali di mode­sta entità o all’ipotesi di omi­ci­dio (per defi­ni­zione con­te­sta­bile solo dopo la morte e, in ogni caso, di dif­fi­cile prova in punto rap­porto cau­sale tra la lavo­ra­zione peri­co­losa e il sin­golo evento mor­tale). Di qui l’operazione giu­ri­spru­den­ziale di fare ricorso al reato di «disa­stro»: opzione indub­bia­mente fon­data ma non priva di pro­blemi inter­pre­ta­tivi essendo il reato, risa­lente al codice penale del 1930, costruito con imme­diato rife­ri­mento a diverse e più sem­plici fat­ti­spe­cie. Il tutto nell’attesa che il Par­la­mento defi­ni­sca un’accettabile ipo­tesi di disa­stro ambien­tale (da anni inu­til­mente in discus­sione in Parlamento…).

Secondo. La Corte d’appello di Torino, a dif­fe­renza della Cas­sa­zione, aveva rite­nuto che le morti con­se­guenti alle lavo­ra­zioni nocive (alcune delle quali recen­tis­sime) fos­sero ele­menti costi­tu­tivi del reato di disa­stro così esclu­dendo in radice l’operatività della pre­scri­zione. La domanda è ovvia: come è pos­si­bile che due diversi giu­dici abbiano dato una inter­pre­ta­zione così diversa? È pos­si­bile per­ché l’interpretazione non è un sil­lo­gi­smo auto­ma­tico ma un’operazione rico­strut­tiva com­plessa e deli­cata in cui entrano aspetti tec­nici e giu­dizi di valore. Una cosa è certa. Uso, per dirla, parole di un giu­ri­sta raf­fi­nato come V. Zagre­bel­sky: «Se non è pos­si­bile dire che le inter­pre­ta­zioni adot­tate dai primi giu­dici fos­sero “esatte” e sia “sba­gliata” quella della Cas­sa­zione, è però lecito chie­dersi se non c’era davanti ai giu­dici una scelta, ragio­nata e seria­mente argo­men­ta­bile, tra una inter­pre­ta­zione che met­teva d’accordo diritto e giu­sti­zia e un’altra che pro­cla­mava sum­mum jus, summa inju­ria». Non credo — non ho mai cre­duto — alle “scor­cia­toie” pro­ba­to­rie ma sono con­vinto che, alla luce delle dispo­si­zioni costi­tu­zio­nali a tutela della vita e della salute, una scelta inter­pre­ta­tiva diversa da quella dei giu­dici di legit­ti­mità fosse pos­si­bile e auspicabile.

 

 

Fonte:

http://ilmanifesto.info/la-regola-dellingiustizia/

L’ultima battaglia di Bianca la rossa. È mancata Bianca Guidetti Serra

Stamane Torino ha perso una grande donna, figura centrale della giustizia e della politica per molti anni. A darne notizia il figlio Fabrizio Salmoni.

la Redazione

Bianca Guidetti Serra è stata l’avvocato dei deboli, delle minoranze, degli sfruttati, ha difeso operai, studenti, e minorenni che hanno subito abusi, ha lavorato per ottenere leggi moderne sull’adozione. È mancata stamane, 24 giugno alle 8,30, dopo lunga malattia a 95 anni nella sua casa di Torino che era stata anche il suo studio legale. Lo comunica il figlio Fabrizio Salmoni con la moglie Cecilia e la figlia Loretta Lisa.

 

Al di là delle sue brevi esperienze istituzionali (consigliere comunale indipendente con Democrazia Proletaria 1985-87; deputata indipendente per DP 1987-90*; poi ancora con il Pds 1990-99), Bianca è stata un grande avvocato anche quando si è trattato di confrontarsi con i poteri forti: fu parte civile con i sindacati contro la Fiat per le schedature illegali dei dipendenti (unica, storica condanna penale della Fiat); fu difensore del Direttore del giornale Lotta continua Pio Baldelli contro il commissario Calabresi e fu parte civile nel processo contro i Frati Celestini di Prato, imputati di maltrattamenti nei confronti dei bambini a loro affidati. La ricordiamo anche per altri processi storici (banda Cavallero, banda XXII Ottobre, Brigate Rosse, Ipca di Ciriè, Eternit di Casale Monferrato) ma la gente la ricorderà soprattutto per la miriade di processi in difesa di militanti politici degli anni Sessanta-Settanta.

Alberto Salmoni (primo), Bianca Guidetti Serra (seconda). e Primo Levi (ultimo )

All’avvocatura era approdata nel 1947, dopo la Resistenza che l’aveva vista staffetta partigiana in Val di Susa e in Val Chisone; impegnata ad aiutare, con Ada Gobetti amici e conoscenti ebrei, considerati di “nazionalità nemica” dalla Repubblica Sociale italiana; e ancora come organizzatrice dei Gruppi di Difesa della Donna a Torino.

Quando sui muri di Torino apparvero i primi manifesti antisemiti, Bianca – con la più giovane sorella Carla (che avrebbe poi sposato Paolo Spriano), con Alberto Salmoni (che sarebbe, in seguito, diventato suo marito) e altri giovani – si mise metodicamente a strapparli. Forse in questa determinazione (che la polizia, per fortuna dei ragazzi, considerò soltanto un atto di vandalismo), giocò l’amicizia con Primo Levi. (Anpi)

Iscritta al Pci dal 1943, ne uscì nel 1956 a seguito dei fatti d’Ungheria e si dedicò quindi completamente all’attività professionale, pur sempre nell’ambito della più ampia sinistra italiana, da indipendente: si occupa con determinazione del diritto di famiglia e della tutela dei più deboli, dei minori e dei carcerati; è presente nelle fabbriche torinesi per assistere gli operai per conto della Camera del lavoro; negli anni Settanta combatte la battaglia contro le schedature politiche degli operai alla Fiat.

Nel maggio del 2009 intervistata dal  quotidiano «La Stampa» in occasione dei suoi 90 anni, le fu chiesto quale significato ebbe il processo, che la vide protagonista come parte civile, sulle schedature scoperte dall’allora pretore Guariniello – processo che si concluse con l’assoluzione degli imputati:

Io credo che un significato l’abbia avuto: quello di non accettare un sistema iniquo senza protestare. Era una storia di abusi. Che giustificava la volontà di ribellarsi. Dopo di allora nessuno poté più pensare di trattare così gli operai. La Stampa»)

Bianca Guidetti Serra

Nel 1987 si dimise da consigliere per presentarsi, sempre come indipendente nelle fila di Dp, alle elezioni per la Camera dei Deputati. In Parlamento prese parte ai lavori delle Commissioni giustizia e antimafia. Nel 1990, insieme a Medicina Democratica e all’Associazione Esposti Amianto (AEA) partecipò alla presentazione, come prima firmataria, di una proposta di legge per la messa al bando dell’amianto, approvata poi nel 1992 (“Norme relative alla cessazione dell’impiego dell’amianto”, Legge n. 257 del 27 marzo 1992).

Aveva smesso di esercitare nei primi anni Novanta per le prime difficoltà fisiche, poi nel 1997 il primo ictus ne aveva definitivamente interrotto l’attività.

Il suo impegno nel campo del diritto ci dice che, in coerenza con le sue scelte di sempre e con la sua indole combattiva, oggi la vedremmo certamente dare battaglia in Tribunale in difesa dei valsusini e di chiunque subisce gli abusi del Potere. Per questo, e in omaggio alla sua vita, siamo sicuri che saranno in molti a volerla andare a salutare per l’ultima volta. Si attendono nelle prossime ore informazioni più dettagliate sulle sue esequie.

La redazione di TG Vallesusa si stringe con affetto attorno all’amico e collega Fabrizio Salmoni in questo momento di dolore per la perdita della mamma Bianca.

* Diede le dimissioni da parlamentare dopo poco più di due anni per incompatibilità personale con quel tipo di lavoro

Bibliografia di Bianca Guidetti Serra:

Il paese dei celestini (con Francesco Santanera), Einaudi, Torino 1973

Compagne. Testimonianze di partecipazione politica femminile (II vol.), Einaudi, Torino 1977

Le schedature Fiat, Rosenberg & Sellier, Torino 1984

Storie di giustizia, ingiustizia e galera, Linea d’Ombra 1994

Da segnalare la sua biografia autorizzata: Santina Mobiglia, Bianca la rossa, Einaudi, Torino 2009.

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