Catania, un medico obiettore ha ucciso una donna?

 

«Finché è vivo io non intervengo», così un medico obiettore avrebbe lasciato crerpare una donna ricoverata a Catania. E’ femminicidio, in nome di un dio crudele. Il 26 novembre la marcia delle donne a Roma

di Ercole Olmi

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Si sarebbe rifiutato di estrarre il feto che aveva gravi difficoltà respiratorie fino a quando fosse rimasto vivo perché obiettore di coscienza. Lo dichiara uno dei medici che, a Catania, ha assistito la 32enne morta in un’ospedale, assieme ai due gemelli che aspettava, secondo quanto ricostruito dai familiari della donna e contenuto nella denuncia presentata alla Procura dal loro legale, l’avvocato Salvatore Catania Milluzzo. «La signora al quinto mese di gravidanza – sostiene il penalista – era stata ricoverata il 29 settembre per una dilatazione dell’utero anticipata. Per 15 giorni va tutto bene. Dal 15 ottobre mattina la situazione precipita. Ha la febbre alta che è curata con antipiretico. Ha dei collassi e dolori lancinanti. Lei ha la temperatura corporea a 34 gradi e la pressione arteriosa bassa. Dai controlli emerge che uno dei feti respira male e che bisognerebbe intervenire, ma il medico di turno, mi dicono i familiari presenti, si sarebbe rifiutato perché obiettore: “fino a che è vivo io non intervengo”, avrebbe detto loro». E’ un caso di femminicidio, di uomini che odiano le donne in un Paese talmente deteriorato che, oltre a inventarsi il fertility day, smantella il welfare, chiude i centri antiviolenza e intasa il servizio sanitario nazionale di medici obiettori che mettono a rischio la vita delle donne oltre a compromettere il diritto alla salute e all’autodeterminazione. Gli obiettori sono dei serial killer invasati? Certo che è un curioso e grottesco rispetto della vita che li fa agire.

Tutto ciò in una giornata già insanguinata dall’uccisione a Napoli di Stefania Formicola, 28 anni, madre di due bimbi di 4 e un anno e mezzo.  Un colpo al petto, in automobile. Sparato da Carmine D’Aponte, 33 anni, marito che non sopportava la separazione. Marito violento. Stefania non aveva mai denunciato queste violenze, «perché aveva paura che succedesse quanto successo, aveva paura che lui diventasse ancora più violento», dice la madre. Una denuncia, agli atti, c’è, confermano i carabinieri di Giugliano che indagano: a presentarla è stata l’omicida a carico del suocero con l’accusa di essere lui vittima di minacce.
Dall’inizio dell’anno sono oltre settanta le donne uccise in Italia dal partner o ex partner, 157 da gennaio 2015, 1742 negli ultimi dieci anni, stando ai dati del Telefono Rosa. Ma mentre in Italia aumenta tragicamente il numero dei femminicidi, mentre il senatore Grasso, la ministra Boschi e tutte le istituzioni nazionali e locali s’indignano, diversi centri antiviolenza sono stati chiusi e molti altri sono a rischio chiusura per mancanza di fondi.
Per dare voce alle donne vittime di femminicidio e a tutte le altre calcolate in 9 milioni che subiscono violenza tra le mura domestiche, la rete romana IoDecido, l’UDI, e l’associazione Donne in Rete contro la Violenza (DIRE) che rappresenta 75 centri antiviolenza su tutto il territorio nazionale, hanno lanciato un appello che segna la mappa di un percorso che dovrebbe portare ad una manifestazione nazionale a Roma il prossimo 26 novembre e il giorno dopo a un convengo sul tema della violenza di genere, perché la giornata internazionale contro la violenza alle donne non resti solo una mera celebrazione sulla Carta dell’ONU.
“Ni una menos! Non una di meno”, inizia così l’appello che riprende lo slogan delle battaglie delle donne latinoamericane, perché se la violenza di genere non ha confini anche la guerra contro deve internazionalizzarsi. Il 26 novembre un corteo attraverserà le strade della capitale e il giorno dopo sarà dedicato “all’approfondimento e alla definizione di un percorso comune che porti a politiche più efficaci e alla revisione del Piano straordinario nazionale antiviolenza”. Per info e adesioni: [email protected] Testo integrale dell’appello sulla pagina Fb “Io Decido”

 

Fonte:

http://popoffquotidiano.it/2016/10/19/catania-un-medico-obiettore-ha-ucciso-una-donna/

 

Qui i link  con le notizie sulle vicende sopra riportate:

http://palermo.repubblica.it/cronaca/2016/10/19/news/catania_donna_incinta_muore_con_i_due_gemellini_procura_apre_inchiesta-150113267/

http://www.napolitoday.it/cronaca/omicidio-stefania-formicola-madre-commento.html

 

Omicidio di Ciro Lo Muscio, chi ha visto contatti la famiglia

L’appello dei familiari di Ciro Lo Muscio, travolto e ucciso da un’auto civetta della polizia a Torino mentre attraversava Corso Grosseto. Chi ha visto scriva a [email protected]

di Ercole Olmi

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La notte del 29 dicembre 2015 intorno alle ore 21.00 Ciro Lo Muscio viene investito e ucciso da un auto civetta della Polizia senza sirena e senza simboli che sembra viaggiasse a forte velocità lungo corso Grosseto a Torino, all’altezza del civico 58. Questo è l’appello diffuso da Acad per cercare testimoni di quella sera, magari fra i tanti che sono scesi, non appena accaduto lo schianto, per evitare che eventuali pirati della strada potessero dileguardi.

Ciro è un uomo di 39 anni ed è appena sceso dall’autobus 2 che viaggiava in direzione Don Bosco.

Quello che ad oggi sappiamo è questo: il 29 dicembre 2015 alle ore 21 circa, Ciro è sull’autobus 2 in direzione Don Bosco. Cinquanta metri prima dell’incrocio con via Ala di Stura scende alla fermata ed attraversa la strada.

Corso Grosseto è una strada composta da un viale centrale di tre corsie (la prima preferenziale per i mezzi di trasporto pubblico) e da un controviale con una corsia ed auto parcheggiate. Il fatto è accaduto tutto nelle tre corsie del viale.

Si sa che l’auto è un’utilitaria fiat punto “civetta” delle FF.OO., che non era una pattuglia di zona e che non ci sono segni di frenata lungo il tragitto prima dell’impatto. La pattuglia non stava rispondendo a chiamate di emergenza e non era impegnata in quel momento in nessuna operazione.

Sappiamo che alcuni condomini dei palazzi intorno hanno da subito circondato la vettura che stava a circa 80 metri dal punto d’impatto e che fino all’arrivo della polizia stradale nessuno degli occupanti del mezzo è sceso. I due poliziotti sono stati costretti a chiamare altre pattuglie per evitare la rabbia delle persone che, avendo assistito alla scena, erano scese in strada a protestare.

Infine si sa che la vittima è rimasta sola parecchi minuti prima dei soccorsi, all’arrivo della polizia stradale i due occupanti della punto sono stati portati via dalle pantere; a nessun parente è stato concesso di vedere la salma fino alla sera del 4 gennaio, presso la camera ardente e lo stesso giorno hanno concesso il nulla osta alle esequie ed il 5 è stata fatta sepoltura.

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L Ass ACAD e i Familiari di Ciro chiedono a CHIUNQUE SIA STATO TESTIMONE dell’INCIDENTE (anche non per fini giudiziari ma anche solo informativi) di mettersi in contatto scrivendo alla mail [email protected] specificando nel titolo “per Ciro Lo Muscio”.

I Familiari di Ciro – ACAD Ass. Contro Gli Abusi in Divisa.

L’agente alla guida sosterrebbe di aver visto troppo tardi Ciro e di non essere riuscito ad evitarlo; di fatto lo ha colpito in pieno mentre viaggiava sulla corsia riservata al trasporto pubblico, uccidendolo sul colpo. Dando la notizia, il sito torinese Infoaut ha rilevato che, come spesso accade, alcuni quotidiani si siano subito lanciati in maldestri tentativi di diffamazione della vittima per cercare di scaricare gli agenti dalla responsabilità dell’omicidio: «Lo hanno visto correre in mezzo alla strada, barcollando, mentre attraversava ieri sera corso Grosseto…» (La Stampa, cronaca di Torino); “I test verranno probabilmente eseguiti anche sul cadavere per capire se l’investito fosse sotto l’effetto di alcol o droga…” (sempre La Stampa).

 

 

Fonte:

http://popoffquotidiano.it/2016/01/07/omicidio-di-ciro-lo-muscio-chi-ha-visto-contatti-la-famiglia/

Nasce a Bolzaneto l’inquietante legalità di Marino

Dalla più grande sospensione dei diritti umani d’Occidente [Genova 2001] all’assessorato alla legalità di Roma: un controsenso insostenibile. La denuncia dei Giuristi democratici

di Ercole Olmi

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Dall’inferno di Bolzaneto al Campidoglio, per garantire la legalità nel rimpasto della Giunta Marino. Si parla di Alfonso Sabella, pm e, all’epoca di Genova 2001, inviato del Dap a supervisionare il carcere provvisorio per le retate di manifestanti.

Il primo atto di indagine della procura di Genova su quanto accaduto nella caserma lager di Bolzaneto nelle giornate genovesi fu nei confronti del responsabile della struttura detentiva di Bolzaneto: il magistrato Alfonso Sabella. Fu ascoltato il 1° agosto 2001, ad appena nove giorni dalla fine del G8. Ex sostituto procuratore a Palermo al fianco di Giancarlo Caselli, Sabella nei giorni dei fatti di Genova era il dirigente della polizia penitenziaria, inviato a Genova dal Dap, il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria.

Prima di essere smentito dalle deposizioni dei torturati a Bolzaneto, Sabella, scolpì negli atti – e sulle agenzie – che “la Polizia Penitenziaria a Bolzaneto ha gestito due camere di sicurezza dove non ci sono state violenze”. Il 29 agosto Sabella insisteva nel minimizzare quanto accaduto: “E’ probabile che ci siano stati singoli e isolati comportamenti, che potrebbero anche costituire dei reati, ma allo stato non emerge assolutamente una situazione di confusione o di disorganizzazione riconducibile al dipartimento dell’amministrazione penitenziaria”.

“Per quanto potevo constatare allora tutto si era svolto tranquillamente. Ora, invece, abbiamo più di qualche dubbio che non sia stato effettivamente così”. Ma lui dov’era?, si chiede il sito Misteri d’Italia. Era a Bolzaneto: “Mi ci recavo tre-quattro volte al giorno e anche qui non ho visto niente di particolare, se non il fatto che gli arrestati venivano fatti sostare in piedi, con le mani alzate addosso al muro”. Una cosa, quindi, assolutamente normale in tutte le carceri…

L’11 maggio 2004, quando i magistrati formulano le loro richiesta di rinvio a giudizio per 47 persone tra poliziotti, secondini, carabinieri e medici presenti a Bolzaneto, la posizione di Sabella viene stralciata e destinata ad essere archiviata. Così fu chiesto il 31 marzo 2005: “Risulta, per sua stessa ammissione, che Sabella ebbe a vedere personalmente che i detenuti nelle celle erano tenuti nella posizione vessatoria in due occasioni. Da ciò e dal non avere dato l’ordine di fare immediatamente sedere i detenuti potrebbe inferirsene una responsabilità quanto meno ex art. 608 cp, stante la posizione di garanzia rivestita dal magistrato che comportava anche un dovere di controllo”. I pm aggiungono però: “Peraltro, da un lato la già rilevata intermittenza della presenza in Bolzaneto del magistrato non consente di ritenere la consapevolezza del perdurare della posizione vessatoria e ciò tanto più perché aveva dato ordine a Gugliotta (responsabile della sicurezza della caserma di Bolzaneto, ndr) di contenerla in un tempo massimo di un quarto d’ora e perché non vi erano ragioni di pensare che il proprio ordine sarebbe stato invece disatteso; dall’altro lato deve osservarsi che, secondo il suo incarico, il magistrato aveva il compito di ‘organizzare il controllo e non quindi di effettuarlo personalmente (non essendo tra l’altro Ufficiale di Polizia Giudiziaria) e che indubbiamente la precisa individuazione – effettuata da parte del magistrato – di responsabili per ciascun settore del sito (ispettore Gugliotta per la sicurezza, ispettore Tolomeo per la matricola, dottor Toccafondi per l’Area Sanitaria, Capitani, Cimino e Pelliccia per il servizio traduzione) può ritenersi adempimento dell’obbligo di organizzazione del controllo”.

L’archiviazione arriverà il 25 Gennaio 2007. A cinque anni e mezzo dagli orrori della Bolzaneto, il Gip Lucia Vignale archivia la posizione del magistrato che però nell’ordinanza scrive: “Sabella non adempì con la dovuta scrupolosa diligenza al proprio dovere di controllo e non impedì il verificarsi di eventi che avrebbe dovuto evitare”. E più avanti aggiunge: “Sarebbe stato opportuno cercare di comprendere ciò che, pur nella confusione e nella difficoltà del momento, poteva essere almeno intuito. In questo senso si può affermare che il comportamento del dott. Sabella non fu adeguato alle necessità del momento”.

L’Associazione Giuristi Democratici di Roma è piuttosto angosciata per la scelta del Sindaco di Roma Capitale, Ignazio Marino, di prendere in considerazione per l’incarico di assessore alla legalità proprio Alfonso Sabella. “Ciò, nel ricordo dell’operato dello stesso nelle drammaticamente storiche giornate del G8 di Genova 2001. In quel contesto, ormai universalmente definito come la più grande sospensione dei diritti di democrazia in un paese occidentale dopo la seconda guerra mondiale, il Dr. Sabella si trovò a operare quale coordinatore dell’organizzazione e del controllo su tutte le attività dell’amministrazione penitenziaria, che si svolsero anche nella caserma N. Bixio di Bolzaneto. I comportamenti illegali, i trattamenti inumani e degradanti inflitti agli ospiti di tale struttura ad opera di alcuni degli agenti ivi presenti sono ormai dato incontrovertibile. In quel quadro, «il comportamento del dott. Sabella non fu adeguato alle necessità del momento. Egli fu infatti negligente nell’adempiere al proprio obbligo di controllo, imprudente nell’organizzare il servizio (…) imperito nel porre rimedio alle difficoltà manifestatesi”, scrivono citando l’ordinanza e ricordando che Sabella “non impedì il verificarsi di eventi che sarebbe stato suo obbligo evitare”.

Per i giuristi democratici tutto ciò dimostra che, “sebbene l’operato del Dr. Sabella non sia stato ritenuto illecito, lo stesso non è stato ritenuto in grado di svolgere i ruoli organizzativi e di controllo sulla commissione di reati affidatigli, avendo per di più creduto alle giustificazioni di chi fu poi condannato per quei fatti gravissimi, circa il trattenimento dei fermati in piedi, faccia al muro e mani in alto; e ancora avendo, fin da subito, affermato pubblicamente che «A Genova l’operato degli agenti penitenziari è stato esemplare». Sicuramente, non è questo il viatico che può accompagnare chi si appresta a ricoprire un incarico quale quello per il quale il Dr. Sabella sarebbe stato prescelto”.

 

 

 

Fonte:

http://popoffquotidiano.it/2014/12/21/nasce-a-bolzaneto-linquietante-legalita-di-marino/

 

Messina, che c’entra Peppino Impastato con i rosso-bruni?

 

Una inquietante sigla nazionalista, filo Assad e filo Putin, starebbe strumentalizzando il nome del militante di Dp ucciso da Cosa Nostra

di Ercole Olmi

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“L’Associazione di Promozione Sociale Peppino Impastato Messina e la nascente cellula messinese di Socialismo Patriottico hanno incontrato e portato solidarietà ai lavoratori del Birrificio Messina, ri-organizzatisi in cooperativa dopo le vicende legate ai licenziamenti ed alla dismissione della fabbrica degli ultimi anni”. E’ successo il 21 novembre scorso e ne dà notizia il sito di Socialismo patriottico con la foto ricordo dell’accaduto. Nel sito dell’organo ufficiale di Sp, Stato e Potenza, ci sono un paio di articoli del presidente di un’associazione Peppino Impastato, Sonny Foschino.

Socialismo patriottico? Qualcuno a Messina sta usando il nome di Peppino Impastato per un’operazione rosso-bruna? Cosa c’era di patriottico nella vita di Peppino Impastato, militante di Democrazia proletaria, organizzazione antistalinista, libertaria, pacifista e internazionalista?

Lo chiedo proprio a Sonny Foschino su fb che prima mi strapazza un po’, nega, poi dice che ci sarebbe un equivoco, poi minaccia di chiamare Ingroia, dice che mi rovinerà, dice di non avere paura di me e di aver già querelato Crocetta un paio di volte. Poi decide di rilasciare la seguente importante dichiarazione: “Il gruppo APS Peppino Impastato messina è un collettivo che lavora autonomamente e che non ha nulla a che spartire con l’associazione che presiedo”.

Sì, ma ci sono quegli articoli su Stato e Potenza? “Si, li pubblica e non vedo nulla di male in questo. Non sono tesserato a stato e potenza ma ciò non mi preclude il diritto di divulgare i miei articoli. Mi attacchi sui contenuto eventualmente, non sulla testata”.

Retitfico anch’io: qualcuno, non Foschino, sta strumentalizzando il nome di Peppino Impastato? Ma che cosa è “Socialismo patriottico”? A scorrere il sito sembra una sigla filo russa (con buona pace del patriottismo) con un programma militaresco, xenofobo, omofobo, familista, nuclearista, con l’ossessione della famiglia naturale, della solidarietà a tipetti tutto pepe come Bashar Al-Assad e il “compagno Kim Jon-Un” e soprattutto per la ratifica dei trattati commerciali con Putin.

Fate un lungo respiro, servitevi un cordiale, perché stiamo per sciorinare alcuni punti del programma di Socialismo patriottico: “Collaborazione con i BRICS e richiesta di ingresso nella SCO. Completamento del progetto italo-russo “South Stream” e avviamento di piani coordinati Eni-Gazprom per l’esplorazione e l’analisi geologica del sottosuolo nazionale, delle conformazioni montuose, dei bacini e degli arcipelaghi del territorio nazionale. Costruzione o completamento dei grandi collegamenti viari: Ponte sullo Stretto di Messina, Autostrada Due Mari, ristrutturazione dell’Autostrada del Sole, potenziamento della viabilità nelle due Isole maggiori. Completamento e sviluppo della rete TAV e della altre reti ferroviarie nazionali. Ritorno pianificato e compatibile all’energia nucleare per abbattere l’emissione di CO2. Istituzionalizzazione dei sindacati. Revisione delle politiche di accoglienza in base alle esigenze strutturali del paese. Aiutare economicamente le famiglie naturali che desiderano figli. Lotta serrata al commercio e al consumo di narcotici e all’abuso di alcoolici. Riconoscimento dell’unione tra uomo e donna come unico nucleo familiare istituzionale. Scioglimento delle società segrete e delle sette religiose in contrasto con gli interessi nazionali. Sgombero immediato delle occupazioni abusive a scopo associativo e politico. Aumento dei finanziamenti per la Difesa. Incremento dell’impiego di Polizia e Carabinieri nelle strade, trasferendo alcuni loro compiti burocratici agli uffici civili. Espulsione dei clandestini entro 24 ore verso il Paese di provenienza salvo comprovato impedimento. Intensificazione della collaborazione nella lotta al terrorismo, alla criminalità organizzata, al traffico di stupefacenti e all’immigrazione clandestina con i Paesi dell’altra sponda del Mediterraneo. Espulsione e sconto della pena nei Paesi d’origine dei cittadini extracomunitari, dopo la condanna per reati superiori ad 1 anno. Carcere riabilitativo attraverso forme di lavoro socialmente utile alla comunità per pene inferiori ad anni 2. Ergastolo ostativo per i reati di estrema gravità (alto tradimento, attività mafiosa, terrorismo, genocidio e pedofilia)”.

Di Stato e Potenza s’è parlato a lungo, nel recentissimo passato, per certe sue collusioni con pezzi del Pdci, con gli ambienti siriani, con organizzazioni dichiaratamente di estrema destra come Zenit (sospettata di antisemitismo) e Casapound (ora in tandem con il leghista Borghezio) con le quali ha dato vita a manifestazioni “antimperialiste” a sostegno di Gheddafi o Assad.

Cosa c’entra tutto questo con Peppino Impastato che si batteva contro lo sfruttamento di classe che è lo stesso nei paesi Brics e in Occidente?

Sul profilo fb del capo di Sp, il reggiano Bonilauri, spicca una citazione di Costanzo Preve, ex filosofo di sinistra poi divenuto maestro rossobruno di personaggi ambigui come il “marxista” Diego Fusaro che ogni tanto abbindola anche circoli di sprovveduti a sinistra: «I centri sociali sono la guardia gratuita del ceto intellettuale di sinistra. La loro cultura è inesistente, trattandosi di ghetti consentiti e foraggiati dalla Sinistra Politicamente Corretta (SPC), che li può sempre usare come potenziale guardia plebea.
Privi di qualsiasi ragion d’essere storica, costoro, composti di semianalfabeti, intontiti dalla musica che ascoltano abitualmente ad altissimo volume e dallo spinellamento di gruppo, hanno una cultura della mobilitazione, dello scontro e della paranoia del fascismo esterno sempre attuale, ed è del tutto inutile porsi in un razionale atteggiamento dialogico, che pure potrebbe teoricamente chiarire moltissimi equivoci. Ma il paranoico non è un interlocutore.
Anche l’interesse per i migranti è un pretesto, perché essi li vivono come un raddoppiamento mimetico della loro marginalità». Stefano Bonilauri, è indicato sul web come veterano delle delegazioni italiane a Damasco per omaggiare il dittatore Assad. Il gruppo è in ottimi rapporti, oltre che con il Partito Nazional Socialista Siriano, con i governi di Iran e Corea del Nord, nonché con il Partito Comunista della Federazione Russa ed altre formazioni staliniste.

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Siamo sicuri che Peppino Impastato sarebbe stato un alfiere di questo tipo di socialismo nazionale?

Sonny Foschino, leader messinese dell’associazione, poliedrica figura di musicista, letterato e politico, collaboratore di Stato e Potenza, dice anche di essere un leader politico: “Peppino Impastato avrebbe sorriso vedendo i sorrisi, gli abbracci, la gioia che ha trasudato il corteo del 9 maggio 2014. Più di mille e duecento, secondo le stime, i giovani che hanno invaso Piazza Antonello. In testa una presenza importante: quella dell’istituto nautico Caio Duilio. Poi AUT, la corrente di pensiero che si ispira a Peppino Impastato, donnAUT e i ragazzi del progetto AULA AUT ormai presente in numerosi istituti di Messina e Provincia e da poco presente anche su Palermo. Gruppi di attivisti del movimento AUT stanno iniziando a formarsi anche su Catania, Roma, Reggio Calabria, Bologna e Forlì”.

Aut, la corrente di pensiero? A cosa pensa Aut? “Il Movimento Studentesco Aut – Unione degli Studenti Messina è un coordinamento di studenti messinesi in collaborazione con il sindacato studentesco Unione degli Studenti. E’ totalmente apartitico ed è politico solo nell’accezzione [la doppia z dev’essere uno sfizio patriottico, ndr] più antica e vera del termine: Diamo un servizio alla comunità tutta, mettendoci al servizio degli studenti. Ogni studente, di qualsivoglia posizione politica è bene accetto.La collaborazione con l’Uds nazionale consegna al movimento il carattere di sindacato studentesco, in grado di portare avanti battaglie legali contro ingiustizie quotidiane all’interno delle scuole…”.

Nè di destra, né di sinistra, dunque. Proprio come ogni esperienza rosso-bruna prescrive. Anche Sp ha una vera fissa su questo: “L’apertura della sezione si pone l’obiettivo di fornire un punto di riferimento per tutti i soggetti che rifiutano la dicotomia liberale destra-sinistra – recita un comunicato della sezione di Terni – garantendo una credibile alternativa al sistema anti-popolare e anti-nazionale, che condanna l’Italia ad essere un’appendice dell’offensiva ultra-liberista che Stati Uniti e Unione Europea stanno sferrando contro le potenze emergenti e il mondo in via di sviluppo… Famiglia, lavoro e militanza, sono le fondamenta su cui si regge la vita pubblica/privata del nostro militante”, recita la dichiarazione di apertura di una sezione ternana scimmiottando altre trinità del genere (da diopatriafamiglia a credereobbedirecombattere, c’è solo l’imbarazzo della scelta).

La sezione è stata intitolata all’Operaio Ternano Luigi Trastulli, ucciso dalla polizia nel 1949 mentre contestava la Nato e la guerra e ora ucciso di nuovo da questa operazione inquietante, ambigua da gente che rivendica niente meno che la vittoria della Grande Guerra e la trimurti “Patria, Popolo, Lavoro”.

 

Che cosa succede a Terni, Messina e altrove? Si tratta di un gruppo di “socialconfusi” che vivono nell’eterno presente globale, incapaci di decodificare quello che gli accade intorno? E’ la punta dell’iceberg di un’operazione di ricerca della legittimazione come molte esperienze nazimao o rossobrune hanno tentato negli anni (da Rinascita, organo della Sinistra nazionale, alla rivista Indipendenza)? E’ qualcuno che vivacchia con qualche finanziamento di ambasciate e partiti fratelli? E’ ancora peggio?

Il complottismo lo lasciamo ai professionisti di questa corrente di pensiero. Per ora poniamo solo domande a chiunque abbia a che fare con questi personaggi, ad esempio l’Uds che potrebbe capire se il proprio nodo messinese sia coerente con lo spirito che anima il sindacato studentesco, così come ha dovuto fare il Pdci nazionale a Terni in occasione di una manifestazione di fascisti filo Assad a cui presero parte anche militanti cossuttiani al seguito di Sp. Questi ultimi ci rimasero male a sentirsi maltrattati e se la cavarono con queste parole: “E’ opportuno ribadire, inoltre, che, almeno nella fase dei primi diciotto mesi di guerra in Siria, aver preso parte ad eventi pubblici ai quali contemporaneamente hanno preso parte (per proprio conto ed indipendentemente dal contesto) anche persone o sigle riconducibili al mondo della destra radicale, si è reso POLITICAMENTE NECESSARIO per evitare che la questione siriana (da noi trattata e sostenuta sin dall’estate del 2011) fosse lasciata nelle mani di una sola parte politica, con tutte le scontate conseguenze sia in termini di immagine internazionale per il governo siriano che in termini di credibilità per l’ambiente social-comunista, resosi in gran parte responsabile di gravissime omissioni e latitanze sul tema della politica internazionale, quando non di vere e proprie “complicità” politiche e/o morali con gli aggressori imperialisti (vedasi l’assalto all’Ambasciata Libica a Roma del 23/2/2011)”.

Davvero Peppino Impastato si sarebbe mobilitato per il Ponte di Messina, uno degli affari cruciali per Cosa Nostra, e per dittatori osceni come Assad, Gheddafi, Putin. Osceni come Obama e Renzi.

Rosso bruni: c’è un luogo del mondo, in questa epoca, dove se ne possono incontrare: è il Donbass, crocevia (oltre che di sincere aspirazioni internazionaliste) di tardive nostalgie campiste e di gesta pugnaci di soggetti di Forza Nuova, dei loro camerati francesi di Troiseme Voie, del Movimento sociale europeo e, come rivelava domenica il Fatto quotidiano, perfino di ammiratori di Salvini che hanno deciso di fare la guerra guerreggiata. E’ nella lettura delle vicende ucraine che tra i rosso-bruni si fa avanti la tesi dell’inattualità della dicotomia fascismo/antifascismo. Con buona pace dei carovanieri in buona fede che da molto tempo sono costretti a prendere nota della presenza nel Donbass di personaggi francesi, spagnoli, padani e italiani legati a doppio filo ai gruppi neofascisti.

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Prima di chiudere l’articolo l’ennesima precisazione di Foschini: “Io non minaccio nessuno! Sono abituato alle cose concrete. Come insegnava Peppino! Scriva scriva, è chiaro che alle sue dichiarazioni seguiranno le mie… È questa non è una minaccia, ma una constatazione. La saluto! HASTA la victoria! Siempre!”. Oddio! E adesso che c’entra il Che?

 

 

 

Fonte:

http://popoffquotidiano.it/2014/12/01/messina-che-centra-peppino-impastato-con-i-rosso-bruni/