“Il Cara e la Misericordia erano bancomat della ‘ndrangheta”

caracrotone“Il Centro di accoglienza e la Misericordia di Isola Capo Rizzuto erano il bancomat della mafia”. Così il comandante del Ros Giuseppe Governale ha sintetizzato l’operazione Jonny che ha portato in carcere il governatore della Misericordia di Isola Leonardo Sacco ed il parroco don Edoardo Scordio, sottoposti a fermo insieme ad altre 66 persone, perché accusate di avere collaborato con la cosca Arena a lucrare sui finanziamenti destinati all’assistenza dei migranti. “La ‘ndrangheta – ha detto Governale – presceglie i suoi uomini e li fa lavorare per i proprie interessi. E tra questi c’erano Sacco e Scordio. Quest’ultimo ha infangato la Misericordia che fa tanto bene. Sacco, a cui lo Stato affida la tutela di persone in difficoltà, nel 2020 denunciò un reddito di 800 euro al fisco. Stamani, nel corso della perquisizione a lui ed a persone a lui vicine, abbiamo trovato 200 mila euro”. “Edoardo Scordio – ha aggiunto il comandante del Ros – è un parroco di provincia antitesi di quello che il Santo Padre descrive come uno dei più grandi pericoli della Chiesa. La Chiesa, ha detto il Papa, ha bisogno di persone con una sola vita, di servire il prossimo e le persone in difficoltà. In questo caso questo parroco ha dato indicazione di una doppia vita, di una vita al servizio di chi per tanti anni, per troppo tempo, ha messo sotto i propri piedi la gente di questa terra”. Un sacerdote, ha spiegato Governale, che nel 2007 risulta avere preso 650 mila euro dalla Misericordia di Isola Capo Rizzuto. Il comandante del Ros ha anche spiegato il nome dato all’operazione, Jonny: “Era in nome di battaglia di un maresciallo del reparto morto per una grave malattia mentre stava indagando sul Cara di Isola”.

“In Calabria è mancato il controllo dello Stato sul gioco online. Un business milionario su cui la cosca Arena ha sbaragliato la concorrenza con una rete gestita da una società maltese”. Lo ha detto il procuratore aggiunto di Catanzaro Vincenzo Luberto nel corso della conferenza stampa tenutasi questa mattina per illustrare i particolari dell’operazione Jonny. “Grazie alle dichiarazioni di un collaboratore di giustizia – ha aggiunto – abbiamo scoperto come la cosca potesse contare su un software neanche tanto sofisticato che consentiva di eludere il prelievo fiscale”. In un anno e mezzo, ha reso noto il colonnello Pantaleo Cozzoli comandante provinciale della Guardia di finanza di Crotone, il clan, grazie al gioco online, avrebbe “incamerato circa un milione e 300mila euro. Oggi abbiamo sequestrato beni per 12 milioni di euro e durante le perquisizioni abbiamo rinvenuto migliaia di euro in contanti”. Gli uomini del clan Arena avevano anche il monopolio sul traffico di reperti archeologici. “La cosca – ha spiegato il capo della Mobile di Crotone Nicola Lelario – aveva la prelazione sugli oggetti che se non interessavano agli uomini della ‘ndrina venivano venduti sul mercato nero grazie anche all’intermediazioni di consulenti ed esperti, anche molto conosciuti, del settore”. Ma, come spiegato dal direttore dello Sco Alessandro Giuliano, “la cosca aveva un alto grado di pervasività in ogni settore della vita economica della provincia di Crotone e Catanzaro”. Le indagini hanno svelato la penetrazione della cosca Arena nel capoluogo calabrese: “Catanzaro – ha sottolineato Luberto – non è una isola felice. Le cosche sono radicate e si impongono con intimidazioni violenti e drammaticamente simbolici”. Il questore di Catanzaro Amalia Di Ruocco e il comandante provinciale dei carabinieri Marco Pecci hanno rivolto un accorato appello ai cittadini affinché denuncino i loro aguzzini e facciano “squadra con le forze dell’ordine”.

Forse allertati da qualche articolo di giornale, alcuni degli indagati finiti nella rete tesa dalla Dda di Catanzaro con l’operazione “Jonny” sulla gestione del Cara di Isola Capo Rizzuto temevano di essere intercettati. Lo ha rivelato il procuratore aggiunto Vincenzo Luberto, riferendo il contenuto di alcune riprese video effettuate dagli inquirenti. “L’aspetto piu’ inquietante del centro di accoglienza – ha detto – e’ che abbiamo notato articoli che praticamente avvisavano gli interessati delle indagini. Ho visto Poerio e Sacco (due dei fermati), ndr mettere i cellulari su una siepe e allontanarsi e li’ ho capito che tutti sapevano e temevo che non saremmo riusciti a carpire i segreti piu’ intimi della cosca, come invece accaduto con fotogrammi della consegna del denaro”.

Creato Lunedì, 15 Maggio 2017 15:28

 

Fonte:

http://ildispaccio.it/crotone/144610-il-cara-e-la-misericordia-erano-bancomat-della-ndrangheta

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Il ruolo del consigliere comunale di Isola nel meccanismo che allontanava i soldi dai servizi del Cara per portarli nelle casse della ‘ndrangheta Lunedì, 15 Maggio 2017 14:58 Pubblicato in Cronaca

CATANZARO Consigliere comunale, recordman di preferenze, sempre in prima fila nelle manifestazioni antindrangheta. In realtà, secondo le Dda, cosciente prestanome di uno dei principali ingranaggi societari che hanno permesso ai feroci clan di Isola Capo Rizzuto di mettere le mani sull’accoglienza. Un business per la ‘ndrangheta, un quotidiano inferno per gli ospiti del Cara, le cui condizioni sono finite più volte sotto i riflettori. È per questo che il consigliere comunale Pasquale Poerio è finito in carcere con la pesante accusa di essere uno dei partecipi all’associazione a delinquere di stampo ‘ndranghetistico, con il compito precipuo di collaborare nella «distrazione dei capitali serventi la gestione del catering per il Cara, apprestando all’uopo falsi documenti contabili e utilizzando, quali soggetti contabili emittenti, le imprese commerciali dalle stesse gerite», ma anche di «acquisire quote sociali di imprese appositamente costituite per veicolare il danaro provento delle illecite condotte di distrazione, sì da ripulire lo stesso per essere destinato in parte ad incrementare la c.d. bacinella della cosca». Traduzione, il politico era uno degli ingranaggi del sistema di scatole cinesi che ha permesso al clan di rubare i soldi dell’accoglienza per finanziare nuove imprese criminali. Rubava ai poveri (e senza diritti) per dare ai ricchi (e presunti ‘ndranghetisti). E al parroco, don Scordio, che grazie al business dell’accoglienza ha incamerato milioni. Poerio – spiegano gli investigatori –  «non conduce alcuna strategia aziendale, sia essa di natura meramente amministrativa sia di natura organizzativa, che invece risulta condotta, per il tramite di Poerio Antonio, da quest’ultimo, da Poerio Fernando e da Sacco Leonardo». Lo conferma la segretaria della società, che interrogata dai finanzieri assicura di aver avuto a che fare con Pasquale Poerio, ma di essere stata assunta e di aver sempre trattato con Leonardo Sacco e Antonio Poerio. Ma lo ammette – intercettato – anche quest’ultimo, che a Salvatore De Furia raccomanda: «Tu evita di farti vedere, io qua manco li faccio entrare». E a maggior chiarezza spiega: «Io non mi trovo il nome mio qua, che è a nome di altri perché apposta, perché mi vedono con quello, mi vedono con quell’altro … non va bene!». “Qua” è la società Quadrifoglio. Ma di fortuna oggi sembra avergliene portata poca.

Alessia Candito

Fonte:

http://www.corrieredellacalabria.it/cronaca/item/57822-jonny-poerio,-recordman-di-voti-e-uomo-del-clan